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Autore: Castiel Who    01/07/2011    6 recensioni
Un'abbagliante dolore gli macchiò la vista di vermiglio, tutto intorno vorticava senza arrestarsi e lo spingeva giù: più in basso di quanto si sarebbe mai potuto immaginare. Una vera e propria caduta libera senza fine. Una forza lo trascinava accelerando la caduta: la salda morsa del cerbero sulla sua anima.
[Dean/Castiel]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Scovare il demone non era risultato un lavoro di estrema complessità; sarebbe più giusto dire che era stato lui a trovare loro. Un caso non poco curioso da seguire e qualche informazione di troppo: questo era bastato ai due fratelli Winchester per finire nei guai fino al collo.

Troppa voglia di agire per passare avanti a ben cinque omicidi compiuti con una violenza quasi animale. I corpi esaminati fino ad allora erano risultati terribilmente martoriati, la carne all'altezza del petto ridotta in poltiglia sanguinolenta e le articolazioni spezzate e piegate in angoli innaturali. Ma quello che interessò maggiormente i due fratelli fu il sangue, o meglio, l'assenza di esso; indizio che portava direttamente tra le fauci di un vampiro. Peccato che sul cadavere non fossero presenti segni di morsi di alcuna sorta. Non ebbero molto tempo per indagare ulteriormente, prima che sparissero tre giovani studentesse universitarie. L'unico punto in comune fra loro - come avevano potuto scoprire interrogando le coinquiline - era la loro verginità, poco importante se si parla di un crimine umano, ma fortemente rilevante nei casi dei Winchester.

Il problema principale al momento non era quello di salvare quelle povere ragazze, erano evidentemente arrivati troppo tardi ormai: giacevano inermi appoggiate tutte intorno a una lapide di pietra consumata dal tempo. L'area ne era sufficientemente fornita da darne il tipico aspetto tetro da cimitero abbandonato a se stesso, dimora di tristi ricordi ormai lontani.

L'aria di quella zona aveva un odore pungente, i due cacciatori avrebbero giurato di sentire un vago sapore di ferro sulla punta della lingua.

- Sam e Dean Winchester, i due ficcanaso più guastafeste che ci siano in circolazione. -

Esordì il demone senza nemmeno guardarli, indaffarato con contenitori di varie forme e dall'orripilante contenuto: sangue, organi su cui non si soffermarono abbastanza per poterli distinguere e ossa provenienti da chissà dove.

- La nostra fama ci precede, direi. - ribatté acido Dean, l'orrore per ciò che aveva davanti gli bloccava le gambe, aveva bisogno di essere assimilato.

- Poveri stolti, credete davvero di poter risolvere qualcosa? Siete esattamente dove vi desideravo. - ghignò voltandosi, le mani impegnate ad amalgamare un miscuglio di interiora e fluidi corporei con un pestello. 

Prontamente, Sam abbassò lo sguardo disgustato, le uova della colazione gli stavano tornato su reclamando di voler uscire dal suo stomaco. Il maggiore resistette senza battere ciglio. Aveva visto e compiuto abbastanza orrori durante il soggiorno all'inferno da poter bastare per un'intera vita da cacciatore.

- Spiacente lurido bastardo, non te la do questa soddisfazione! - sbottò Dean prima di avvertire una mano invisibile stritolargli la gola con prepotenza impedendogli di respirare.

- Modera i termini, stronzetto. -

- Baciami il culo. - sibilò col poco fiato rimasto in corpo. La presa si strinse ulteriormente, le dita che comprimevano pericolosamente la laringe bloccando ogni via per poter far entrare l'ossigeno nei polmoni. Ad aggravare il tutto, iniziò a sentire la mancanza della terra sotto i piedi.

- Dean! – urlò il minore in direzione del fratello, preoccupato. Accidenti alla sua boccaccia maledetta, era sempre in grado di metterli nei guai come se non ci fossero già abbastanza.

Tentando di non farsi notare più del dovuto, estrasse il coltello di Ruby prima di avventarsi violentemente sul demone. Questi scartò di lato facendolo colpire a vuoto e, di conseguenza, perdere leggermente l’equilibrio a causa del peso e della forza tutti concentrati in avanti. Dopo qualche passo ritrovò la stabilità sulle proprie gambe e tornò in posizione di attacco, questa volta con l’arma puntata con fare minaccioso, pronto a scattare nuovamente.

Questa volta si spostò insieme all’avversario sperando che l’affondo sortisse risultati migliori del precedente. Ci riuscì: il demone non fece in tempo a evitarlo del tutto, troppo impegnato a tenere per la gola il maggiore dei Winchester. Lasciò cadere a terra il mortaio riversando l’intero contenuto accuratamente preparato alla polvere.

Sam scorse con soddisfazione un lucente squarcio alla spalla colpita, ma la sua attenzione fu subito catturata dal fratello che con un tonfo, rovinò al suolo di punto in bianco. Era già qualcosa.

- Maledetto moccioso! – ringhiò il demone a denti stretti, gli occhi completamente neri che se avessero potuto fulminarlo lo avrebbero fatto all’istante.

Bastò un rapido gesto della mano e Sam si ritrovò sbalzato lontano da dove si trovava. Un salto a ritroso che lo portò a sbattere il sedere sulla terra polverosa e la testa contro una lapide. Il colpo fu abbastanza forte e doloroso da annebbiargli la vista. Provò a muoversi, ma il corpo non reagì come avrebbe voluto:  la botta lo aveva stordito abbastanza da metterlo al tappeto. Inaspettatamente, un sonno improvviso lo colmò. Aveva una forza talmente travolgente che lo investì come un’onda anomala, tutto quello che il giovane poté fare fu assecondarlo. Nonostante una voce sempre più lontana che lo chiamava.

- Sam, rispondimi! Sammy! – urlò preoccupato Dean nonostante il dolore che gli graffiava la gola.

- Temo che il cliente da lei chiamato non sia al momento raggiungibile, prova più tardi. –

Dean lo squadrò pieno di odio, la rabbia che gli ribolliva nelle vene. Con uno scatto che gli costò non poca fatica, si pose fra il fratello e il demone, una pistola in pugno.

- Giuro che se non si riprende, sparerò così tante volte da farti vomitare sale, dannato figlio di puttana! –  gli sputò contro, trovata una buona posizione di tiro. I muscoli tesi tradirono un lieve tremore dovuto alla confusione creata dai movimenti veloci eseguiti prima di aver ripreso del tutto il respiro.

Ma delusione del cacciatore, l’avversario non si smosse di una virgola, anzi, un angolo della bocca si curvò in un sorriso compiaciuto. Che diavolo aveva da sorridere?

Dean ebbe appena il tempo di domandarselo prima che un ringhio spettrale venisse alle sue orecchie: il suono che per mesi aveva popolato i suoi incubi peggiori e i ricordi più tetri, che gli faceva rizzare i peli sulla nuca al solo pensiero. Non esiste alcun verso eguagliabile a quello delle bestie infernali.

- Li riconosci, non è vero? Sono qui per te, Dean. –

Il giovane ci mise un po’ ad accorgersi che aveva smesso di respirare. Senza nemmeno pensarci, iniziò a indietreggiare lentamente. Il disagio peggiore era l’invisibilità: Dean poté affidarsi solo ai suoni, ma al primo accenno di movimento più brusco sarebbe andato nel panico, e non poteva assolutamente permetterselo.

- Ti illustrerò brevemente il piano: ora ordinerò gli di attaccarti e tu nutrirai la terra del tuo sangue e gli inferi della tua anima. Non è un quadretto meraviglioso? –

Incantevole, pensò Dean. Non poté fare a meno di notare che il latrato si faceva sempre più vicino, abbastanza forte da poterlo sentire vibrare dentro di sé ricordando vagamente l’effetto che gli dava la musica al massimo dei concerti rock.

Il cacciatore avvertì un’evanescente sensazione di freddo alla nuca: come se delle dita di ghiaccio invisibili lo avessero accarezzato; bastò questo a fargli perdere del tutto la razionalità che gli era rimasta in corpo.

Vissuto in prima persona sarebbe parso durare una vita, ma in realtà accadde tutto nel breve tempo di pochi secondi, Dean si voltò bruscamente sparando ma, con propria sorpresa, scoprì che non c’era niente che avesse potuto toccarlo. In un momento, il cerbero gli fu addosso: un colpo di artigli squarciò una spalla facendolo cadere rovinosamente al suolo. Prima che la bestia lo potesse sovrastare, riuscì a rotolare da un lato con un colpo di reni e iniziò a sparare senza mirare ad un punto preciso. L’unica accortezza che si permise fu di prestare attenzione a non colpire il fratello minore.

Qualche spruzzo denso e nero come la pece gli macchiò gli indumenti; qualche pallottola piena di sale doveva essere entrata attraverso la spessa pelliccia dura come una corazza. Ma non fu sufficiente: un altro colpo invisibile si rivelò fatale e lo scenario intorno a sé cambiò fulmineamente.

 

Un'abbagliante dolore gli macchiò la vista di vermiglio, tutto intorno vorticava senza arrestarsi e lo spingeva giù: più in basso di quanto si sarebbe mai potuto immaginare. Una vera e propria caduta libera senza fine. Una forza lo trascinava accelerando la caduta: la salda morsa del cerbero sulla sua anima.

Avrebbe desiderato urlare di agonia, sfogare la propria sofferenza al meglio, ma l'istinto glielo impediva sostituendolo con un richiamo disperato che vibrava sin dal profondo del suo essere.

Castiel.

Fu come se l'avesse invocato con tanto di precisa posizione. L'angelo si gettò a capofitto nel nulla, spalancando le sue ali incorporee verso l'abisso. Trovare la figura eterea e disperata del cacciatore fu una benedizione: non era sicuro che suo padre potesse rientrare in tale ambito, ma non indugiò a ringraziarlo con un veloce sussurro.

Lo afferrò con decisione, senza indugiare e sentì immediatamente la dolorosa presa del cane infernale affondare nella carne, cercando di arrivare abbastanza in profondità da poter toccare il suo essere celeste. Cercò di liberarsi della bestia a suon di pugni mandati alla cieca, se solo avesse avuto la lucidità sufficiente sarebbe riuscito a colpire nei punti giusti, ma l’arto leso continuava a stringere con forza il cacciatore, testardo. Poi arrivarono gli artigli che affondarono nella sua schiena producendo un agghiacciante schiocco nella zona dell’attaccatura delle ali.

Urlò nella lingua degli angeli, urlò talmente forte da farsi sentire fino in paradiso. In un attimo la spada comparve nella propria mano, lucente e pronta a colpire fino alla morte. La strinse con talmente tanta forza da temere di poter piegare irreparabilmente il sacro metallo che menò alla cieca contro il corpo invisibile del cerbero. 

Servirono una quantità indefinibile di colpi prima di sentire la stretta farsi mano a mano più leggera, ma quando l’ostacolo fu abbattuto del tutto e l’angelo mosse le ali, arrivò il dolore a ondate che gli ottenebrò i sensi. Si irrigidì e arcuò la schiena, in preda agli spasmi. La presa d’acciaio su Dean si serrò ancora di più, l’unico punto a suo favore era il possesso di un tramite: almeno così non lo avrebbe ricoperto di ustioni.

Chiamò a raccolta tutte le proprie forze e la propria determinazione per iniziare una lenta e dolorosa ascesa, poteva sentire qualcosa di immensamente simile al sangue umano uscire dalle proprie ferite e abbandonarlo. Scendere è la cosa più semplice del mondo, ma è salire che diventa è un problema; specialmente se la concentrazione va scemando e sull’unico sostegno che hai a disposizione grava il peso di due corpi: eterei, ma pur sempre due.

Nelle orecchie gli rimbombava il comando che si era auto-assegnato: “salva Dean, salva Dean. Prima di lasciarti andare, salva Dean”. Ma non era sufficiente, nonostante tutto ciò che avrebbe dato per raggiungere di nuovo il mondo dei vivi, non bastava per farcela. Nemmeno il suo amore per quel cacciatore svenuto fra le sue braccia lo avrebbe aiutato contro un ala quasi spezzata e le forse che si diradavano sempre di più. Si fece tutto nero.

 

***

Aprì gli occhi con calma, i ricordi che tornavano al loro posto un pezzo per volta e un doloroso fastidio che gli faceva girare la testa. Sam si alzò sui gomiti, poi dette una rapida occhiata in giro alla ricerca di demoni o qualunque altra figura minacciosa. Quando lo vide scattò immediatamente in piedi.

Lo trovò immerso in un bagno di sangue: i respiri dell'angelo erano corti e radi e la schiena appoggiata scompostamente sul suolo impregnato di rosso. Ciò che saltava immediatamente all’occhio erano i contorni perfetti dell'enorme macchia vermiglia: le linee precise formavano nella parte inferiore delle collinette piegate tutte su un lato, separate l'une dalle altre da piccole rientranze. Nei punti terminali, seguivano due dolci curve, da qui partivano per arrivare quasi direttamente alla schiena dell'angelo. Nel complesso il sangue dipingeva due enormi ali impresse nel terriccio, dava a tutto ciò un aspetto più che lugubre. Tra le sue braccia era distesa la figura inerme di Dean, gli occhi chiusi in un riposo infinito. Non ce l'aveva fatta. Sam trattenne il fiato, suo fratello era definitivamente morto. Di nuovo. Castiel aveva fallito, era finita.

Si avvicinò lentamente, scrutando il volto del fratello maggiore. Era l'incarnazione della pace: i lineamenti distesi, le labbra semiaperte memori dell'ultimo respiro spirato. Bastò vederlo così perché le ginocchia gli cedessero proprio quando fu a un passo da lui.

Gli occhi bruciavano dolorosamente quando le lacrime iniziarono a formarsi. Calde e salate, gli rigarono il volto e bagnavano tutto ciò che incontravano, ma non gli importava. Abbracciò il fratello, vivendo tutto ciò come un doloroso flashback che lo aveva riportato due anni indietro nel tempo.

Si accorse che qualcosa non quadrava quando cercò di trarre a sé il fratello: qualcosa lo tratteneva all’uomo sotto di lui con una presa decisa. Pareva che il braccio di Castiel lo stringesse con una forza che non sarebbe dovuta esserci, d’altra parte era morto, no?

Si avvicinò all’angelo, due dita erano quasi arrivate a toccare la giugulare quando l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettato lo fece ritrarre all’istante. “Sono vivo” annunciò Castiel, “quello di cui devi preoccuparti in questo momento è tuo fratello. Aiutami.”

Sam si riscosse, quindi con l’aiuto dell’angelo, riuscì a tirar su Dean e adagiarlo sulle proprie spalle. Pregò di non aver urtato alcuna ferita, mentre l’angelo barcollava pericolosamente. Se avesse avuto la mente almeno un briciolo più libera, si sarebbe fermato a notare che qualcosa non andava nell’altro uomo, che lo rendeva visibilmente diverso da come era sempre stato.

Dopo qualche passo stentato verso l’Impala, riuscì a trovare una maggiore stabilità sui propri piedi, come un bambino che ha appena imparato a compiere i suoi primi passi.

 

Continua...

   
 
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