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Autore: Trick    01/07/2011    11 recensioni
Albus si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
«Sono un uomo di parola, Gellert».
«Ja, das ist wahr. Proprio vero. Troppo di parola, Albus. A volte, sei fatto solo di parole».

Albus Silente e Gellert Grindelwald, quarantacinque anni dopo.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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In risposta alla sfida di Demetra333 per l'epocale I ♥ Shipping indetto da CoS: era sta richiesta una Silente/Gellert che contenesse al suo interno questa meravigliosa citazione di Baricco:
"Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi".

Non sono molto sicura del risultato, giacché questa è la mia prima slash, e mi sa che non è nemmeno poi così tanto slash - al massimo è una mezza slash velata. Chiedo perdono, ma tant'è che questo è quanto. 
*

Willkommen, meine genial Liebling



Il modo in cui il tempo era trascorso aveva notevolmente inasprito i tratti del volto di Gellert; il suo viso ovale di diciassettenne si era scarnito in una maschera dagli zigomi sporgenti e dagli occhi incavati. Le spalle erano più larghe, il suo torace meno femmineo e le mani ruvide e callose: c'era qualcosa di spigoloso, in lui, ma Albus non avrebbe saputo dire se fosse a causa del rigido completo che indossava o perché lui era Gellert Grindelwald, il più terribile mago oscuro ancora in vita e l'uomo che aveva trascinato l'intero pianeta nel più grande conflitto mondiale mai visto. O, forse, gli appariva tale perché, in quanto Gellert, aveva significato tante cose per lui e in quel momento, dopo quarantacinque anni, continuava a significarne troppe.
«Albus» sibilò con profondo accento tedesco e perfino il tono rauco della sua voce sembra spigolosa e sbagliata.
«Gellert» rispose lentamente Albus, chinando con elegante educazione il capo. Si stupì di essere stato capace di pronunciare il suo nome senza esitazione, dopo tutti quegli anni trascorsi senza udirne il suono.
Attraverso le dita intrecciate fra loro, Gellert parve studiare ogni suo dettaglio con feroce curiosità. Sebbene non si fosse mosso dalla propria scrivania, i suoi occhi gelidi sembravano brillare di impazienza.
«Non sono affatto stupito che tu sia riuscito a superare tutti gli uomini che avevo occupato a difesa del palazzo» disse con casualità. «Tu sei sempre tu, dopotutto... e, dimmi, come sta procedendo il tuo soggiorno nella mia Germania?».
«Temo di non essere qui per conversare con te».
«E per quale altro motivo dovresti essere qui, allora?».
Albus socchiuse le palpebre e respirò profondamente.
«Sono qui per ucciderti, Gellert».
L'affabile sorriso di Gellert si trasformò in un provocante sogghigno.
«Willkommen, mein Freund».


Godric's Hollow, quarantacinque anni prima

«Stavo pensando... perché il geniale e intraprendente Albus Silente continua a nascondersi in questo villaggio zeppo di Babbani? Perché la sua meravigliosa e brillante mente non si decide a reclamare al mondo i meriti che le spettano? Perché, Albus, c'è così differenza fra il ragazzo che conosco io e quello che conoscono gli altri?».
Albus si immobilizzò con la penna a mezz'aria. Sollevò lo sguardo su Gellert, fiaccamente appoggiato al muricciolo che circondava la modesta casa di Bathilda Bath. I riccioli biondi che gli ricadevano davanti al bel viso gli davano un aspetto da discolo un po' troppo cresciuto – così diverso da Albus, con quel suo naso lungo e il portamento contegnoso di un uomo di mezz'età.
«Me l'hai già chiesto un'infinità di volte».
«Già» annuì Gellert, grattandosi con aria indifferente una guancia. «E per un'infinità di volte non hai voluto rispondere».
«Sai perfettamente che--».
«--che la tua povera sorella e il tuo zotico fratello sono ciò che sono e bla, bla, bla... oh, ich bin so gelangweilt!».
«Puoi annoiarti fino alla fine del mondo: per quanto mi riguarda, non ho intenzione di rispondere alle tue sciocche provocazioni».
Gellert si alzò e stiracchiò la schiena con l'eleganza boriosa di un gatto; si avvicinò al tavolino dove lui stava lavorando e gli appoggiò le dita sulle spalle. Albus non poté fare a meno di notare l'ineccepibile attenzione con cui il compagno curava le proprie mani.
«Certo che no...» soffiò mellifluo al suo orecchio. «Tu non rispondi mai alle mie provocazioni, no?».
Albus si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
«Sono un uomo di parola, Gellert».
«Ja, das ist wahr. Proprio vero. Troppo di parola, Albus. A volte, sei fatto solo di parole».
«A cosa ti stai riferendo?».
«Lo sai. Sembra quasi che tu stia qui a perdere tempo – a parlare – per paura di afferrare ciò che puoi afferrare... ciò che sai di meritare. E te ne resti qui» aggiunse con voce squillante Gellert, allontanandosi di colpo da lui e iniziando a girargli attorno. «Qui, sperduto e isolato, a far marcire il tuo ingegno a causa di una sorella squilibrata e di un fratello deficiente a cui non interessi. Non gli interessi, Albus, o non ti costringerebbero a stare con loro».
«Stai esagerando, Gellert».
«Nein, no, non sto esagerando. Non sei felice, qui. Lo vedo. Lo sento. Lo so. Ti conosco meglio di quanto nessuno ti abbia mai conosciuto... io ti capisco, Albus. Io so chi sei realmente – io amo chi sei realmente. E chi sei non sarà mai felice, qui. Non ora che sai cosa significa esserlo, perlomeno».
Albus fece un profondo sospiro, lasciò cadere la piuma e intrecciò fra loro le dita, scrutando intensamente Gellert. Lo amava? Oh, sì... lo amava probabilmente più di quanto non avrebbe dovuto e lo ascoltava più di quanto non gli sarebbe convenuto. E ne era perfettamente a conoscenza. Gellert era un'indefinibile unione di rettitudine e perdizione: era giusto, tutto ciò che facevano era giusto, ma Albus aveva la sensazione di essersi spinto un po' troppo oltre. Aveva superato la linea che, tempo prima, aveva promesso a se stesso di non superare mai: non amava Gellert, era già parte di Gellert – e Gellert di lui.
«È troppo presto» ribadì con fiacchezza Albus. «Devi avere pazienza. Non capisco come tu non possa capire la mia situazione».
«Perché è così che ti frega la vita, Albus. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più». Gellert si appoggiò con i gomiti al legno del tavolo e avvicinò il proprio viso a quello di Albus. «Quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi».
Albus lo fissò intensamente, poi scoppiò in una bassa risatina.
«Non sapevo fossi un filosofo» lo canzonò.
«Sono il tuo filosofo. È solo per te che parlo; solo per te, quindi bada di non rendertene conto troppo tardi. Nur für dich, meine genial Liebling... nur für dich».


«Sono qui per ucciderti, Gellert».
L'affabile sorriso di Gellert si trasformò in un provocante sogghigno.
«Willkommen, mein Freund» sibilò freddamente, levandosi in tutta la sua altezza e aprendo le braccia. «Sei il benvenuto».
Albus estrasse la bacchetta dal mantello con un gesto lesto, pregando in cuor suo di avere la forza di respingere qualunque esitazione. Non poteva permettersi alcun passo falso: Gellert, di certo, non se ne sarebbe concesso nemmeno uno. Era sempre stata quella, in fondo, la differenza che li aveva sempre divisi. Albus, da una parte, così incline a sbagliare e a trascinarsi nel pentimento e Gellert, dall'altra, troppo restio a vedere l'errore laddove era più evidente. Perfino in un altro tempo e in un altro modo non avrebbero avuto alcuna possibilità. Ciò che più serrava il cuore di Albus, tuttavia, era la consapevolezza di averlo capito troppo tardi – se solo lo avesse capito prima, quante cose sarebbero andate diversamente!
«Avevi ragione, Gellert» disse d'un tratto, sforzandosi di nascondere il sorriso rassegnato che gli era comparso in volto aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Avevi davvero ragione tu, alla fine. Ho capito tardi... ho capito ogni cosa troppo tardi».
Gellert inarcò confuso un sopracciglio.
«Temo di non capirti» sentenziò con feroce forza, mentre la Bacchetta di Sambuco gli scivolava leggiadramente nella mano destra. «Temo di non averti mai capito, in effetti».
«Nessuno dei due ne è mai stato in grado... è il motivo per cui siamo qui, ora. Io e te».
«Come avrebbe potuto essere, se solo tu avessi avuto il coraggio di seguirmi. Se solo tu avessi avuto la forza di restarmi accanto... era per il Bene Superiore, Albus. Lo giurasti più e più volte. Per il Bene Superiore... ed ora, guardati» ringhiò con furia. «Se solo io fossi in grado di ripescarti da quell'immondo strato di moralità che ti sei fatto appiccicare addosso... dov'è finito il geniale ragazzo che sei stato? Dov'è finito il tuo desiderio, Albus? Wo ist, Albus!?».
«È troppo tardi, Gellert. È troppo tardi per entrambi».
Troppo.




Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
   
 
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