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Autore: Maryangy91    01/07/2011    3 recensioni
Victoria è sempre stata una ragazza responsabile quanto bella. Però alcuni eventi cambiano la sua vita costringendola a crescere più in fretta. Ma nonostante i suoi problemi, la ragazza, cerca di andare avanti con la sua giovane età.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo la mia vita come un film, dove la protagonista, improvvisando, tra una battuta sbagliata e l'altra corretta è riuscita sempre ad andare avanti, giungendo fin qui senza rimpianti né rimorsi.

Nacqui come una normale bambina che decisero di chiamare Victoria nella speranza che crescessi forte.

Vissi il periodo dell'infanzia nella totale spensieratezza.

Crescendo, quando il mio corpo iniziò a cambiare assumendo forme che sembravano quasi scolpite nel marmo, iniziarono i miei problemi.

Tutti erano colpiti dal mio fascino, dai miei lineamenti marcati, dai miei grandi occhi verdi e dai miei neri e lunghi capelli ondulati che scendevano delicatamente sulla mia pelle scura che sembrava sempre abbronzata.

Ricordo che quando camminavo per le strade lasciavo dietro di me scie di occhiate di uomini di tutte le età. Erano molti coloro che si proponevano di prendersi cura di me e rendermi la regina della loro vita per sempre.

Nonostante tutto ciò mi lusingava moltissimo io avevo qualcosa di molto più importante a cui pensare. Il mio povero padre che, colpito da una terribile malattia che lo costringeva, ormai già da due anni, al letto senza potersi minimamente muovere, aveva bisogno di cure che costavano. Ed essendo io la maggiore di tre figlie mi toccava lavorare insieme a mia sorella Marianne, mentre Ania, la più piccola, frequentava ancora il 4anno di liceo.

All'inizio, quando mio padre non poté più lavorare nostra madre si trovò un lavoro. Ma lei guadagnava poco e i soldi che avevamo da parte finirono. Nonostante i nostri sacrifici non riuscivamo ad andare avanti e fummo costrette a cambiare casa. Così passammo da un normale appartamento di due piani, composto da una cucina, una sala da pranzo, due bagni e quattro camere da letto, ad una molto più piccola composta da quattro misere camere divise in un bagno abbastanza piccolo, una cucina, la camera dei miei e una camera che condividevamo io e le mie sorelle.

All'epoca io avevo 19anni e mi mancava poco per l'esame del quinto anno. Appena terminato subito mi trovai un lavoro vicino casa dove lavorai per 2anni, fino a quando Marianne terminò anche lei il liceo e insieme trovammo lavoro in sartoria.

Il mio sogno era l'università, ma a casa avevano bisogno di entrate e non potevano permettersi ulteriori uscite. Poi preferì lavorare io più che far lavorare mia madre. Ora il suo compito era quello di tenere in ordine la casa e accudire papà.

 

Apparentemente potevo anche sembrare una ragazza tutta curve e poco cervello, e forse così sarei stata se la mia fosse stata una ricca famiglia senza problemi e con una confortevole ed enorme casa.

Sentivo le altre ragazze che si lamentavano di trovare il loro bagno personale sempre occupato o qualche fratello ad usare il loro PC. Ma uno dei loro drammi peggiori era vedere il padre uscire con la loro macchina, un dramma che io pregavo ogni notte e speravo ogni giorno di vivere, perché se mio padre fosse stato capace

almeno solo di scendere dal letto sarebbe stata già una grande conquista per la sua autonomia e per la nostra speranza.

Io continuavo a lavorare, pregare e sperare. Ormai la mia vita era diventata una serie di movimenti meccanici.

Molti mi chiamavano l'irresistibile, e molte ragazze erano invidiose di me, io invece ero invidiosa di loro che avevano tempo di pensare a queste cose. Vedendo la mia indifferenza nei confronti delle mia bellezza esclamavano:"Dio da pane a chi non ha denti!". Ed io intanto pensavo:"Se vi do il mio pane mi date la vostra normalità e spensieratezza?".

 

Era un Lunedì mattina ed io mi alzai alle 6:30 dal letto, svegliai Marianne e insieme rifacemmo i nostri letti, preparammo la colazione per tutti, ci preparammo, salutammo e ci avviammo alla fermata del bus che passava alle 7:30. Nel giro di mezz'ora mi trovai seduta davanti ad una macchina per cucire con una montagna di vestiti incompleti. Passandomi una mano sulla fronte esclamai:"Uffa! È appena iniziata un'altra settimana!". Dopo di che mi misi a lavoro fino alla pausa pranzo e poi ripresi.

Sembrava una giornata come le altre, stesso lavoro, stessa monotonia e stessi movimenti meccanici. Verso le 17:00 finimmo e andammo alla fermata per prendere il bus per ritornare a casa, e mentre aspettavamo mene stavo appoggiata al muro di un negozio. Appena il bus arrivò mentre salivo diedi distrattamente una gomitata ad una persona dietro di me, ma non riuscii a capire chi fosse. Appena prendemmo posto vidi un ragazzo massaggiarsi la spalla, così gli andai vicino e gli chiesi se per caso era stata colpa di una gomitata. Come immaginavo rispose di si ed io, mortificata, gli chiesi scusa. "Non fa nulla!" disse guardandomi negli occhi. Poiché, a causa mia non aveva fatto in tempo a prendere posto, lo feci sedere al mio e mi arrangiai condividendo il sediolino con mia sorella. Mentre ce ne stavamo seduti lui mi fissava e per la prima volta in vita mia mi vergognai così tanto da abbassare il capo arrossendo in viso, e al contempo nei fui felice.

Fu lui a rompere il ghiaccio. "Non ci siamo presentati, mi chiamo Daniele. Ma per gli amici sono Dany."

"Victoria. Piacere." Dissi stringendo la mano che mi aveva posto. Poi continuai:"Lei è mia sorella Marianne!" E lui porse la mano anche a lei, che naturalmente strinse.

"Andate o tornate?" Chiese.

"Torniamo a casa dal lavoro!" Risposi prima che Marianne potesse farlo. "E lei?"

"Oh! Diamoci del Tu!" Insistette lui.

"Ok! Tu?"

"Torno dall'università!"

"Dov'è che lavori?" Mi chiese come se Marianne non ci fosse.

"In una sartoria qui vicino, la proprietaria si chiama Margherita!"

"Si, la conosco!"

Ed a me salì il sangue alla testa pensare che forse avevo cucito anche per lui.

"E tu cos'è che studi?"

"Sto all'ultimo anno di Ingegneria" Dopo una breve pausa continuò chiedendomi: "Quanti anni hai?"

"21, mi sono diplomata due anni fa!"

"Io 23" rispose senza darmi il tempo di chiederglielo.

Ad un tratto si alzò e mentre prendeva tutte le sue cose disse:"Devo scendere, scendete anche voi ora?"

"No, la nostra è la prossima fermata!" Rispose Marianne che, probabilmente, si era sentita esclusa dalla nostra conversazione.

Lui pose la mano per salutarci e disse:"E' stato un piacere, alla prossima!"

Marianne afferrò la mano e si limitò a dire:"Alla prossima!"

Mentre io, dopo aver fatto in modo di salutare per ultima per rimanergli più impressa, gli afferrai la mano stringendola e mente lo guardavo negli occhi dissi:"Piacere mio, spero proprio di incontrarti ancora!"

"Idem!" Disse, poi scese.

Il giorno seguente mi svegliai un ora prima per avere più tempo per prepararmi, e alla fermata del bus non stavo annoiata e assonnata come al solito ma ero ansiosa perché speravo veramente di incontrarlo. Ma non fu così, le mie speranze si spensero sul bus delle 17:00 per poi riaccendersi, inutilmente, il mattino seguente. Dopo il quarto giorno capii che era inutile sperare di rincontrare uno sconosciuto e pretendere che si ricordasse di me. Anche se ancora non dovevo incontrare un ragazzo che non fosse colpito dal mio fascino e una ragazza che non fosse gelosa della mia bellezza, io ero consapevole che nel mondo non possiamo piacere a tutti. E purtroppo, forse, non piacevo proprio a lui.

   
 
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