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Autore: Herborist    01/07/2011    6 recensioni
Maestro, Nagato-senpai, non so se troverò mai la mia Risposta. Davvero non riesco a capire come si possa fermare l’odio che si sparge nel mondo degli Shinobi. La Risposta probabilmente mi impiegherà tutta la vita. Ma ora ho quello che voi non avevate... La storia della risposta di Naruto. In realtà è una mia interpretazione di un momento che avrei sempre voluto leggere. Spero possa interessare a qualcuno e che quel qualcuno lasci un commento.
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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La storia parte da dopo il combattimento contro Pain; chi non l'ha ancora letto o visto, se non vuole spoiler, farebbe meglio a cambiare storia. Detto questo, spero che ciò che ho scritto possa essere interessante

Naruto stava davanti al monumento dei caduti del villaggio. Era una delle poche cose ancora in piedi, ma anche lui aveva risentito dell’attacco di Pain; non si contavano più ormai i piccoli graffi e le scheggiature, per non parlare della grossa crepa che spaccava il monumento a metà. Per fortuna che il monumento si trovava relativamente lontano dal centro della tecnica di Pain e quindi aveva riportato pochi danni.
Il biondo, ad ogni modo, non stava pensando alla fortuna che aveva avuto il monumento, ma al vuoto che questo rappresentava. Lì c’erano scritti tutti i nomi dei ninja della Foglia che si erano distinti ed erano morti in combattimento; e anche se qualcuno fosse stato dimenticato, quel monumento era riferito anche a lui, come Obito, l’amico di Kakashi, o come il maestro Jiraya.
Si sentì un tuono in lontananza, seguito a breve da una pioggia fitta e intensa, ma il ragazzo, accucciato con la fronte a ridosso del monumento, non si muoveva dalla sua posizione. Pensava e ripensava al maestro, allo scontro con Pain-Nagato e alla missione che i due gli avevano lasciato.
Non sarebbe stata facile, ne era convinto, ed in quel momento non sapeva nemmeno come avrebbe fatto. Naruto ripensò brevemente a tutto quello che il maestro gli aveva insegnato, ma non gli veniva in mente nulla di utile. Inaspettatamente sorrise, ricordando tutti i bei momenti passati in quegli anni assieme al maestro. Come quella volta in cui l’aveva sorpreso a spiare quelle donne alle terme e l’aveva sgridato. Oppure quando, mentre gli insegnava il rasengan, aveva diviso un semplice ghiacciolo con lui. O ancora quando gli aveva consegnato il suo primo libro, “La Leggenda del Ninja Coraggioso”, raccomandandogli di leggerlo attentamente come se fosse stato un testo sacro.
- Tu ed io non siamo affatto diversi. Lavoriamo entrambi per la nostra giustizia… – inopportune e non richieste, le parole di Pain gli spuntarono in testa come se fossero arrivate da sole –Ma quando la vendetta viene chiamata giustizia, questa porta solo altra vendetta e diventa una catena di odio –
Di seguito, senza una minima interruzione o esitazione, venne il ricordo di Jiraya che gli faceva lo stesso discorso quando ancora lui era troppo ingenuo per capire fino in fondo. – Perfino io posso dire che l’odio sta dilagando. Voglio fare qualcosa per questo, ma non so cosa. – Anche il suo maestro aveva questo problema, così come Nagato. Così come suo padre – Ma io credo che verrà un giorno in cui le persone si capiranno a vicenda… -
Alla fine Naruto tornò in sé e si alzò, accorgendosi di essere zuppo di pioggia. Senza farci caso più di tanto, si diresse verso il suo monolocale, ricostruito alla perfezione insieme al resto del villaggio grazie all’abilità del capitano Yamato. Un’ultima frase gli venne alla mente, camminando. – L’ero-sennin ha creduto in me – aveva detto a Nagato – Quindi io crederò in quello in cui credeva lui. –
 
Dall’altra parte della città, Hinata ascoltava il suono della pioggia sulle tegole dei tetti, nel vano tentativo di calmarsi. Il Consiglio degli Hyuga l’aveva convocata per parlare di una questione. Non le avevano detto altro se non che si sarebbe dovuta presentare nell’ufficio del padre. La ragazza diede una veloce occhiata all’orologio bianco appeso al muro; mancavano pochi minuti, meglio prepararsi.
Hinata si chiese cosa stesse facendo Naruto. Erano giorni che non lo sentiva e non lo vedeva, da quando era partito per andare al Consiglio dei Kage a chiedere di risparmiare Sasuke. Quando era tornato, avvelenato per errore da Sakura, era stata più volte sul punto di andare a trovarlo in ospedale, ma le era sempre mancato il coraggio. Dopotutto lei si era dichiarata di fronte a lui, si era sacrificata per lui, aveva ben motivo di essere un po’ in imbarazzo. In più aveva la sensazione che gli Hyuga non fossero molto contenti di quello che lei aveva fatto, anzi la ragazza immaginava che fosse quello il motivo della convocazione. Partendo da questa supposizione, valutò un paio di strategie da adottare contro il Consiglio Hyuga. Per lo più erano una serie di vecchi con lunghi capelli bianchi e sempre pronti a dare giudizi su chicchessia. A capo del Consiglio c’era suo padre; Hinata poteva senz’altro dire che era l’uomo che più temeva al mondo. Più che un vero terrore, si trattava di soggezione, una “malattia” di cui sua sorella Hanabi non aveva mai sofferto e che l’aveva sempre portata a cercare di compiacerlo in ogni modo. Il risultato di questo suo affannarsi, però, si era tradotto in un cumulo di delusioni. Aveva deciso di mollare, di arrendersi quando Naruto era entrato nella sua vita, con tutta la sua determinazione ed energia irrefrenabili. Hinata aveva cambiato quindi la sua decisione, impegnandosi ancora più assiduamente negli allenamenti. Non era servito a molto, o almeno così sembrava dal momento che non era riuscita a battere Neji. Però Naruto le aveva fatto i complimenti e si era addirittura impegnato a vendicarla. Certo, non era esattamente quello che sognava ma era un inizio.
Ma era giunto il momento di smettere di rivangare il passato e di fantasticare su Naruto. Doveva presentarsi davanti al Consiglio degli Hyuga.
Hinata entrò nell’ufficio del padre a testa bassa, mettendosi subito in ginocchio dietro il tavolino che Hiashi usava come una sorta di scrivania. Davanti a sé, con un’occhiata veloce, vide tutto il Consiglio, una sequela pressoché interminabile di barbe bianche e occhi bianchi.
- Dobbiamo parlare, Hinata – iniziò Hiashi con voce severa – Riguardo la tua condotta durante l’attacco di Pain al villaggio. –
Proprio ciò che la ragazza temeva. Dalle sue labbra Hinata non lasciò uscire una parola, ma non riuscì ad impedirsi di pensare “Maledizione!”
 
Era piena notte quando Naruto sentì bussare alla porta. Si alzò a fatica dal cumulo di coperte, rigorosamente arancioni, su cui aveva dormito in posizioni non ben definite. Ricordava una volta in cui aveva trovato addirittura un nodo alle coperte, fatto chissà come nel sonno.
In quel momento, tuttavia, il ragazzo non si stava facendo domande sui suoi movimenti nel sonno. In realtà aveva appena la presenza di spirito di chiedersi chi mai poteva essere a quell’ora. Oltretutto sentiva ancora lo scroscio violento del temporale fuori; davvero non riusciva ad immaginarsi un motivo per sfidare quella specie di tempesta.
Aprì la porta come si trovava, a torso nudo e con i suoi boxer arancioni storti sui fianchi. Dovette anche reprimere uno sbadiglio; dopotutto erano appena le due e mezza… Quando la porta fu aperta, tuttavia, non Naruto non riuscì subito a credere ai suoi occhi.
Hinata era lì ferma sotto la pioggia davanti a casa sua. Era completamente zuppa, ma si intravedevano le lacrime spuntare dagli occhi bianchi. Aveva un espressione triste, ma tentava lo stesso di sorridere al ragazzo. – B-buona sera, N-naruto-kun – disse cercando di controllare il balbettio – P-posso r-restare da te? U-una notte sola, p-promesso… -
Senza pensare il biondo si fece da parte per lasciarla passare. Lei riuscì appena a mormorare un “grazie” sussurrato prima di entrare e fermarsi ad osservare l’interno. Naruto rimase a guardarla, ancora non riuscendo a credere che la ragazza si trovava a casa sua, tranquilla e rilassata. Improvvisamente, come suo solito, si ricordò che Hinata era in mezzo alla sua stanza bagnata ed infreddolita e si attivò immediatamente. Si fiondò in bagno ed andò a prendere un asciugamano di quelli grandi e morbidi e lo portò alla ragazza, avvolgendola velocemente. Lei lo fermò delicatamente – Ehm… Naruto-kun? –
- Dimmi – fece lui bloccandosi. Hinata era in completo imbarazzo, ma riuscì a far uscire le parole dalla bocca con grande sforzo – E-ecco… io a-andrei di là a-ad asciugarmi. P-potresti… - il resto della frase venne disperso, ma Naruto aspettò con pazienza che lei trovasse il coraggio – A-avrei bisogno di un cambio… P-potresti prestarmi q-qualcosa? –
Il biondo sorrise, ormai dimentico di essere a torso nudo – Certamente, Hinata-chan. Il bagno è quella porta là in fondo. Fai come se fossi a casa tua… - Quella frase la fece sentire a disagio, ma lui sembrò non accorgersene. Mentre lei faceva il bagno, Naruto si diede da fare, lasciandole una camicia da notte che non metteva più da tempo e mettendo su un pentolino d’acqua. Quando lei uscì, vestita di quello che le aveva lasciato il ragazzo, lui le offrì il tè con un piccolo sorriso – Pensavo ti sarebbe piaciuto qualcosa di caldo… - Hinata sorrise timidamente in risposta ed accettò con educazione
Solo dopo parecchio tempo, Naruto riuscì a chiedere qualcosa – Allora, perché sei qui? – domandò con sincerità e veramente poco tatto. Lei fu sul punto di parlare, ma non uscì nulla.
Con gli occhi bassi, cercando di non pensare al fatto che si trovava in casa dell’uomo che amava, cercò di giustificarsi – T-ti prego, Naruto-kun, n-ne possiamo p-parlare domani? –
Il biondo annuì, per una volta comprensivo anche se stava letteralmente morendo di curiosità. – Come vuoi. – disse calmo – Adesso sdraiati e dormi un po’, d’accordo? –
Hinata guardò l’unico letto della stanza, perplessa. – M-ma, Naruto-kun! E’ il tuo posto, n-non potrei mai… - Lui insistette. – Non voglio sentire altro, dormirai tu sul letto ovviamente -
Continuarono così per parecchio tempo e nessuno dei due voleva cedere. – Facciamo così – disse alla fine Naruto per terminare quella discussione stupida e inutile alle tre del mattino – Il letto è grande. Dormiremo tutti e due sul letto e non se ne parli più. Va bene, Hinata-chan? –
Lei non riuscì a replicare, scioccata ed insieme esuberante per quella proposta. Si vergognava terribilmente eppure non vedeva l’ora di mettersi a letto con Naruto.
Si sdraiarono l’uno accanto all’altra senza parlare e al biondo venne istintivo abbracciarla in vita per poi tirarla contro di sé. Hinata era davvero al settimo cielo; era circondata dal calore e anche dall’odore del suo Naruto, a partire dalla camicia che le aveva prestato per finire con il corpo solido e caldo di lui che sentiva dietro la sua schiena. Stava tanto bene in quella posizione che poco dopo essersi sdraiata si addormentò profondamente.
 
Quella mattina, Hinata si svegliò stordita, come se avesse pianto tutta la notte; in effetti ricordava di essersi svegliata più volte, piangendo, ma si era riaddormentata quasi subito. Si alzò in fretta, rendendosi conto quasi immediatamente di non essere a casa sua. Dopo un primo momento di spavento e confusione, la ragazza si ricordò della sera prima, di come fosse uscita sotto la pioggia come una furia, di come Naruto l’avesse accolta, le avesse prestato dei vestiti e infine anche lasciato il suo letto.
Ora però non lo vedeva in giro, chissà che fine aveva fatto… Non sapendo che altro fare, si diresse in bagno e si cambiò rimettendo i suoi vecchi vestiti. Per quello che riguarda la maglia di Naruto, la piegò con cura e la pose sul letto, certo non dopo averlo rifatto alla perfezione.
In quel momento Naruto entrò come un uragano dalla porta. – Ehi, Hinata-chan! – la salutò allegramente – Ti ho portato qualcosa da mangiare, ti va? – Ovviamente quel qualcosa si rivelò essere ramen appena comprato da Teuchi.
Nonostante la stranezza di trovarsi il ramen a colazione, Hinata mangiò con gusto quella porzione dal momento che non metteva nulla nello stomaco da parecchio tempo. Insospettabilmente, il biondo rimase zitto per tutta la durata del pasto forse per gustarsi meglio il cibo che tanto amava.
Finito di mangiare, Naruto si fece più serio del solito – Perché sei venuta qui? – domandò. Temendo di essere stato scortese tentò di scusarsi – Non fraintendermi, mi fa piacere che tu sia venuta, ma ieri non c’era esattamente bel tempo… e in più sei venuta in piena notte, quindi ho pensato ci fosse qualche problema, insomma… -
Hinata abbassò gli occhi, completamente in imbarazzo. – Io, e-ecco… S-sono scappata di casa… Ho a-avuto una discussione con mio p-padre – rivelò tenendo gli occhi bassi.
Naruto aspettò pazientemente il seguito, ma la ragazza sembrava restia a continuare il racconto senza esortazioni – Per cosa? – chiese quindi il biondo incitandola ad andare avanti.
- A causa d-dello scontro con Pain. Mio p-padre non approva che io sia venuta ad aiutarti. D-dice che avrei dovuto lasciare che ti c-catturassero… -
Il ragazzo non reagì all’inizio, così Hinata continuò – Ha detto che s-sei solo un jinchuriki e che io, in quanto e-erede della famiglia Hyuga, dovevo pensare alla mia protezione piuttosto che alla tua… -
Naruto rimase a lungo in silenzio, pensando le parole da dire – In realtà è quello che ti ho detto anch’io, Hinata-chan. – la ragazza, che era riuscita ad alzare la testa un attimo, riabbassò di nuovo lo sguardo. Lui non si fermò – Quando Pain ti ha colpito, come sai, io non sono più riuscito a controllarmi. Ho liberato Kyubi spinto dal desiderio di distruggere tutto. E sono arrivato all’ottava coda. – Hinata ascoltava attenta, non aveva mai sentito quella parte della storia; dopotutto lei era ferita in quel momento. Ricordava solo un gran calore e una figura gigantesca che portava Pain lontano dal villaggio. Lontano da lei. – E… come sei riuscito a tornare t-te stesso? –
Il biondo sorrise al ricordo – E’ stato mio padre. – disse. – Lo yondaime Hokage – Lei era assolutamente scioccata. – T-tuo padre è lo Yondaime? –
Naruto annuì – E’ strano da sentire, vero? – chiese, sempre sorridendo leggermente malinconico
La ragazza ci rifletté qualche secondo – Ma… quale padre… -
- … sigillerebbe un mostro come Kyubi dentro il proprio figlio? – terminò il pensiero il ragazzo – Ci ho pensato anch’io. Ed è stata la prima cosa che gli ho chiesto… dopo avergli tirato un pugno –
Hinata ridacchiò piano, immaginando la scena, mentre Naruto andava avanti a spiegare – Dice che l’ha fatto per farmi diventare un eroe per Konoha. Ad ogni modo ha rifatto il sigillo, almeno fino a quando non riuscirò a controllare il biju. –
 
Restarono in silenzio per qualche tempo – Non ti ho mai ringraziato, a proposito – disse infine Naruto, guardandola sorridente – Per… per quello che hai fatto per me. Grazie, Hinata-chan –
La ragazza sorrise, guardandolo brevemente per poi tornare a guardare verso il basso – L’ho fatto volentieri, Naruto-kun… -
Lui sorrise ancora di più – Sei così carina quando non balbetti… - Forse rendendosi conto di quello che aveva appena detto, il ragazzo arrossì violentemente cercando di nasconderlo – Ehm… Posso farti una domanda? – chiese Naruto per togliersi dalla situazione – Che hai intenzione di fare ora? –
- Beh, mio padre ha detto… ha detto che se uscivo dalla porta non dovevo più tornare. – finì Hinata in un soffio. Naruto le mise una mano sulla spalla – Mi dispiace… -
Lei alzò la testa – Non è quello – disse sentendo le lacrime che cominciavano a premerle sugli occhi – E’ che… non ho un posto dove andare. –
Il biondo assunse una faccia perplessa – Senti, lo so che non c’è molto spazio, ma puoi anche restare qui se ti va… - Hinata sorrise, dolce – Mi farebbe piacere. Ma bisognerebbe andare a prendere le mie cose a villa Hyuga e questo di certo non lo posso fare. –
- Ma io sì – Il sorriso di Naruto non era mai stato tanto bello quanto inquietante, per Hinata
Fu così che il biondo, orfano, povero e jinchuriki, entrò nella casa di Hiashi Hyuga. Questo, solitamente vestito di bianco, aveva una fascia nera al braccio destro per indicare il suo lutto. Per lui la figlia Hinata era come morta e con quella farsa pensava di liberarsene completamente.
Naruto entrò quasi prepotentemente, parlando con Neji e Hanabi con tranquillità. Entrambi, nonostante gli sguardi severi del capo famiglia, chiesero notizie di Hinata e lo aiutarono a impacchettare le cose della ragazza per poi portarle a casa sua.
Hiashi osservava a breve distanza le mosse del ragazzo che, dal suo punto di vista, disturbava la pace della sua casa oltre alla sua pace interiore. L’uomo lo sopportò a lungo mentre il ragazzo andava su e giù per la grande villa. Parlando ad alta voce e non rispettando in alcun modo la serena compostezza che aveva sempre caratterizzato gli Hyuga, né tantomeno il timore reverenziale di qualunque ospite ricevesse l’onore di un invito in quella dimora.
Infine però, proprio mentre Naruto stava per uscire con le scatole in braccio, Hiashi decise che aveva superato il limite e lo fermò con una mano sulla spalla. Gelato sul posto, il biondo posò le scatole a terra sotto lo sguardo preoccupato di Neji e Hanabi e si volse verso lo Hyuga.
- Ragazzo – iniziò l’uomo – Perché porti via questi oggetti? –
Lui lo fissò senza alcun timore negli occhi azzurri – Hinata ne ha bisogno. Lei no –
- Mia figlia è morta. – sentenziò Hiashi senza pietà – Non ha più bisogno di questi oggetti. La mia unica figlia è Hanabi Hyuga, erede del clan. Ora ti prego di lasciare questa casa e non farti più vedere –
Naruto lo fissò ancora, stavolta arrabbiato. Come osava quell’uomo dire che Hinata era morta, non doveva assolutamente parlare così. – Non lo dica mai più… -
- E’ inutile che tu ti dia tanta pena – continuò Hiashi senza dar peso alle parole del ragazzo – Hinata non tornerà indietro, Hinata è m… -
Senza poter finire la frase, lo Hyuga fece un salto indietro attivando immediatamente il byakugan. Gli occhi di Naruto erano diventati rossi, con la pupilla verticale, ed il manto del demone già l’aveva ricoperto completamente.
– Per il suo bene, non lo dica – ringhiò il ragazzo – Hinata soffre molto a causa sua e questo basterebbe a distruggerla senza pensarci due volte. Quindi non aggravi la sua situazione. –
Rimasero in silenzio per qualche secondo prima che Naruto si girasse per andarsene. – Un’ultima cosa ancora – disse il ragazzo – Jiraya-sensei credeva che le persone potessero arrivare a comprendersi l’un l’altra. Spero che un giorno lei possa riuscire a comprendere sua figlia e che Hinata riesca a perdonarla; io non sono il tipo, temo –
Smettendo improvvisamente la sua aria seria e tetra, Naruto si rivolse a Neji ed Hanabi. – Siete i benvenuti a casa nostra quando vorrete. –
- Intanto ti prego di portare i nostri saluti a mia sorella, Naruto-san – rispose cortesemente Hanabi con un breve inchino. Il biondo arrossì violentemente; non era abituato a sentirsi trattare con tanto rispetto. – Certamente Hanabi-san. A presto –
 
Naruto si diresse verso casa di umore molto allegro. “Maestro, Nagato-senpai, non so se troverò mai la mia Risposta” pensò in un’immaginaria conversazione con i due “Davvero non riesco a capire come si possa fermare l’odio che si sparge nel mondo degli Shinobi”
Si immaginò le facce perplesse dei due ninja, uno irritato per l’interruzione della sua ispirazione alle terme e l’altro con gli occhi sgranati nel tentativo di capire “La Risposta probabilmente mi impiegherà tutta la vita. Ma ora ho quello che voi non avevate”
Aprendo la porta di casa vide Hinata venirgli incontro con un grembiule in vita per aiutarlo a portare dentro le scatole. – Non ti ringrazierò mai abbastanza, Naruto-kun –
Il biondo sorrise – Non è nulla, davvero. Ho solo avuto da dire con tuo padre. Ma che cos’è questo buon odorino? Hai cucinato tu? –
- Hai avuto da dire con mio padre? – domandò la ragazza, ma lui non se ne diede per inteso ed entrò seguendo la scia di profumo che proveniva dalla cucina. – Nulla di ché – rispose alla fine Naruto sedendosi – E’ solo che continuava a dire che tu sei morta e… non gli ho fatto nulla, tranquilla –
Hinata aveva messo un’espressione molto preoccupata che si sciolse in un sorriso sentendo le rassicurazioni del ragazzo. Il biondo sorrise in risposta, ricominciando a mangiare l’ottimo pranzo cucinato dalla ragazza.
– Dovremo fare qualche cambiamento… - disse lei a metà del pasto – N-non posso continuare ad occuparti spazio nel letto, per non parlare del bagno e inoltre… -
- L’appartamento qui accanto è in vendita – aggiunse lui – Potremmo comprarlo e aprire una porta interna, se ti va – La mora era entusiasta dell’idea e continuò a parlare
“Ho quello che voi non avevate”Naruto sorrideva mentre vedeva Hinata progettare la sua nuova casa in tono eccitato “Ho qualcuno che, ogni giorno, mi ricorderà perché cerco la risposta”

Ed ecco la storia di come Hinata riuscì a liberarsi del padre e di come Naruto trovò un nuovo motivo per non arrendersi nella sua eterna ricerca della risposta. Lasciate un commento, per favore, ad ogni scrittore fa piacere ricevere commenti sulla sua opera
  
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