La mia mano
indugia sul legno ben lavorato del
cassetto. Le dita si appoggiano piano sulle rifiniture, quasi a trovare
una
scusa qualunque per quel gesto che non avevo il coraggio di compiere.
Distolgo lo
sguardo, ma ormai è troppo tardi.
Lo apro.
Ad accogliermi
il tuo sorriso su quel pezzo di carta
un po’ stropicciato dalla vita.
Il tuo sorriso
che illuminava da sempre la mia
solitudine nera.
Da quanto tempo
non ti guardo, Lily?
Con le dita
sfioro il contorno discontinuo della
foto, fino ad arrivare al tuo volto.
E mi sembra di
toccare il calore della tua pelle
contro la mia, fredda e ostile.
Sento degli
schiamazzi e mi avvicino al vetro che,
complice, permette alla realtà di schernirmi ancora una
volta.
La luce del
tramonto colora la distesa di erba che
circonda come un mare infinito il castello. Dalla grande finestra della
stanza
si vedono le fronde degli alberi muoversi, come per scappare dalle mani
del
vento.
Alcuni studenti
si attardano agli ultimi raggi di
sole.
Era quello che facevi
anche tu, che facevamo noi, le
lunghe sere primaverili, prima che ognuno sedesse al suo tavolo.