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Autore: ellephedre    02/07/2011    7 recensioni
Storia dedicata alla coppia Rei/Yuichiro e alla loro complessa, divertente e romantica interazione. Il loro incontro, la gita in montagna con tutte le ragazze, l'antefatto di quella frase finale di Rei ('Hai ragione, Usagi. Avrei dovuto dare un bacio a Yuichiro'). Poi la rinascita di lei, accorgersi di avere una seconda occasione ma non volerla cogliere, perché lui non è assolutamente adatto. O sì?
Questa raccolta coprirà tutte le cinque serie, raccontando di momenti legati a episodi che già conosciamo o di altri completamente inventati.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rei/Rea, Yuichiro/Yuri | Coppie: Rei/Yuichiro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie, Seconda serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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ovviamenteimpossibile6 Note:
Questo episodio si svolge nella prima parte della seconda serie, pochi giorni prima dell'episodio 54, quello in cui Rei canta al festival scolastico.
Ecco la versione originale della canzone (video su Youtube), che è quella che tratto in questa storia.
Per tradurla ho usato i lyrics e la traduzione in inglese presenti a questo link.

"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 5 - Eterna melodia



Amore.
Rei strinse con forza la maniglia del frigorifero. Ma ci si doveva per forza innamorare di uomini?!
A lei piacevano i ragazzi. Le piaceva la loro faccia quando erano molto belli, le piaceva quando erano gentili e galanti perché la facevano sentire ammirata e le piacevano perché... le piacevano e basta. Molto, dannazione a loro.
Da quando però aveva cominciato a convivere con un ragazzo - non per scelta sua! - stava iniziando a comprendere perché l'universo femminile si lamentasse degli uomini.
Yuichiro Kumada era un ragazzo, viveva in casa sua e si stava rivelando un danno.
Certo, cucinava, puliva, non le aveva mai fatto trovare la tavoletta del water alzata - che schifo, aveva sentito da Usagi che succedeva - e aiutava suo nonno al tempio, ma erano tutte cose che avrebbe potuto fare anche una donna. Una moglie, ad esempio, se suo nonno si fosse mai deciso a risposarsi. Invece lui aveva avuto la bella idea di prendere Yuichiro come tuttofare e Yuichiro faceva anche quel che non doveva. Ad esempio, far fuori il contenuto del frigo in due giorni, manco fosse una donna incinta.
'E' in fase di crescita!' le aveva detto con una risata suo nonno e Rei aveva ridacchiato malvagiamente assieme a lui: di quel passo a Yuichiro sarebbe cresciuta solo la pancia e a spese loro.
Era un danno, un danno! Non c'era quando serviva - adesso! Per urlargli in faccia che le aveva tolto il cibo di bocca! - e c'era quando lei non lo voleva intorno, come durante quel giorno, quando aveva dovuto sbatterlo fuori di casa perché non stesse ad ascoltarla mentre componeva.
Provò a riconcentrarsi.
Amore, doveva scrivere una canzone sull'amore. Allora, l'amore era bello, romantico, rivoluzionario, divertente, appetitoso...
Fissare gli occhi sulla mensola superiore del frigo, vuota, le causò un brontolio alla pancia. «Yuichirooo!!!» Lo voleva lì adesso! Doveva torcergli il collo e poi mandarlo a calci a comprare ogni tipo di snack e dolcetto mai inventato! «Yuichirooooooo!!!»
Il corridoio si riempì del rumore di una corsa.
«Che c'è, chi ci attacca?!» Sfondando la soglia Yuichiro brandì una scopa rovesciata tra le mani. Con una rapida occhiata ai tre metri per quattro della cucina capì che c'era solo lei nella stanza. «Rei-san?»
«Non ti avevo detto di sparire di casa?»
Lui nascose a stento una smorfia. «Sono appena rientrato. Però... prima ero fuori che pulivo il cortile, andava bene lo stesso?» Tentò di sorriderle, ma ne venne fuori solo un'espressione arrendevole e impaurita.
Rei si chiese per l'ennesima volta che cosa mai avesse visto in lui: quale cortocircuito si era scatenato nel suo cervello per spingerla a ritenerlo degno del benché minimo pensiero amoroso? «Hai svuotato il frigo!» lo accusò. Il giorno che si fosse trovata un fidanzato, lui non avrebbe mai dovuto toccare il suo cibo!
«Eh?»
Lei puntò il frigorifero aperto con una mano tesa. «Qui, qui! C'erano degli yogurt e quegli snack dolci al cioccolato che mangio solo io! Il nonno non li tocca mai, è solo da quando sei arrivato tu che manca tutto!» Tirò fuori un cespo malridotto di lattuga. «Non posso nemmeno prepararmi un'insalata!»
«Ma ho il rimedio!» dichiarò con un gran sorriso lui. «Un attimo!» Sparì nel corridoio e Rei fece appena in tempo ad affacciarsi fuori dalla cucina: Yuichiro stava già tornando indietro con due grossi sacchetti pieni.
«La spesa!» le offrì trionfante.
Rei sentì il suo stomaco che intonava un inno di gioia. «Cos'hai comprato?» Cercò di guardare dentro i sacchetti ma Yuichiro li prese entrambi, portandoli con sé mentre la sorpassava in direzione del frigo.
«Ho preso tutto quello che ho mangiato io.» Appoggiò le buste per terra, cominciando a svuotarle. «Lo so che mangio tanto Rei-san, per questo non devi più preoccuparti. D'ora in poi andrò sempre a fare la spesa prima che le cose finiscano.»
Dalla busta tirò fuori una confezione di yogurt alla fragola. «Per te ho preso questi, come quelli che ho visto stamattina, ma...» Sembrò non voler continuare.
«Ma cosa?» Rei gli strappò la confezione di mano e separò una vaschetta dalle altre. Andò a prendere un cucchiaino.
«Non li ho mangiati io» lo sentì dire mentre gli dava le spalle.
Si immobilizzò. Yuichiro stava forse insinuando che li aveva finiti lei?
«Non li ho proprio mangiati, Rei-san. Forse eri così concentrata nella musica che ti sei dimenticata che-»
«Io mi ricordo sempre di quello che metto in bocca.» A differenza di qualcun altro.
Lui sembrò trattenere un sospiro e sotto la frangia abbassò gli occhi a terra. Nemmeno guardare in basso gli riusciva facile quando il ciuffo più folto gli cadeva davanti, fino a finire quasi sul naso. Lui cercò di scostarlo e Rei scosse mentalmente la testa: Yuichiro era arrendevole in molte cose, ma era ostinato nel mantenere la sua improbabile pettinatura così com'era. Quando lei aveva ripetutamente suggerito di tagliarla un po', almeno per permettergli di vedere meglio, lui si era sempre rifiutato con un sorriso che non lasciava spazio a insistenze. "No, i capelli mi piacciono così." oppure "Mi trovo bene in questo modo". Frasi tipiche, che l'avevano portata a dedurre che lui si sentiva bene nascondendosi, come se si vergognasse di farsi vedere con troppa chiarezza.
Lei era stata persino tentata di dirgli che sotto tutti quei capelli non era male, ma si era fermata in tempo: solo il cielo sapeva le mille speranze che Yuichiro avrebbe costruito su un'osservazione tanto semplice.
Vederlo trafficare con le dita sulla fronte con fastidio crescente la spinse a tornare sull'argomento. «Tagliali. Ci stavo pensando anche adesso: cosa pensi di dover nascondere? La tua faccia?»
Lui appoggiò lentamente una confezione di carne dentro il cassetto basso del congelatore. Guardò pensieroso le uova fresche tra le sue mani. «La tua musica era molto bella, Rei-san. Perché pensavi di doverla nascondere?»
Lei si irrigidì. «Cosa c'entra la mia musica? Ti avevo detto di non stare in casa ad ascoltare.»
Lui annuì. «Perché ti dà fastidio. Mi dispiace. Per me è la stessa cosa... con la mia faccia.» Si grattò la fronte. «Non nascondo niente di importante sotto i capelli, è solo che... non mi sento a mio agio. E'... una cosa lunga da spiegare.»
Una cosa personale, udì tra le righe Rei. Forse, si disse, si era intromessa troppo.
Rilasciò uno sbuffo. «Non ascoltare più la mia musica. Il nonno mi rispetta e non l'ascolta.»
Yuichiro tornò a riempire il frigo di buona lena. «Il maestro mi ha detto che stai scrivendo una canzone per il festival scolastico della tua scuola. Non dovrai farla sentire a tanta gente?»
Sì e non le importava di sembrare incoerente. «La farò sentire a tutti quando sarà pronta. Adesso è solamente una lagna priva di parole.»
I sacchetti della spesa si erano svuotati. Yuichiro chiuse il frigorifero. «A me era piaciuta molto, anche quando ti interrompevi. Non sminuirti, Rei-san. Pochi hanno il talento necessario per comporre musica dal nulla.»
Rei si sentì suo malgrado lusingata. «Ho studiato pianoforte alle elementari. La musica ti sembrerà una lagna tra qualche ora se continui ad ascoltarmi: dovrò suonarla e risuonarla per trovare le parole da metterci.» Aveva creato un'introduzione e la base di tutta la canzone, ritornello compreso, anche se quello poteva essere modificato per adattarsi. Aveva una mezza idea del tono da dare alla fine - un crescendo nato da un coro e dalla voce della cantante - ma le parole! Le maledette parole le sfuggivano.
Amore, amore.
Corrugò la fronte.
«C'è qualcosa che non va?»
Lei aprì il vasetto di yogurt e infilò in bocca una prima cucchiaiata. Fu divino sentire lo zucchero che rientrava nel suo corpo e dentro il suo cervello. «No. Devo solo concentrarmi per il testo. Chiamatemi quando sarà pronta la cena.» Per allora poteva aver finito. Doveva aver finito, erano giorni che passava il suo tempo dietro alla canzone e non ce la faceva più: era in ritardo. Sarebbe stata in ritardissimo con le prove se non si fosse data una mossa: aveva ancora tutti i movimenti di scena da preparare, le luci, il costume...
«E' una canzone d'amore?»
Rei si voltò sulla soglia della cucina, il cucchiaino stretto tra le labbra. Fu solo quello a impedirle una risposta immediata.
Yuichiro sollevò in alto le mani, sempre tremendamente sulla difensiva. Aveva forse paura che lo avrebbe picchiato? Esagerato, solo per un paio di scope brandite in aria.
«A me sembra una melodia calma» le disse. «Non credo che dovresti metterci un testo che parla di tradimenti, di sofferenza o di...» Guardò la sua espressione accigliata e si sgonfiò. «Certo, ci avrai già pensato. Scusami, volevo provare ad aiutarti.»
Rei sospirò. «Grazie per aver fatto la spesa.»
Si diresse in camera sua.

Come cominciavano le grandi canzoni d'amore?
Con un paesaggio, fu l'illuminazione che la colpì all'improvviso, mentre si scervellava nella sua stanza. Non seppe decidersi tra tramonti, albe, grandi distese di prati, spiagge o mari, perciò, per cercare di trovare maggiore ispirazione, uscì in giardino.
Attraversò la staccionata bassa che divideva il cortile dal bosco e, mentre si dirigeva in mezzo agli alberi, pensò di aver trovato la risposta che cercava. Poteva parlare di un bosco!
Con la mano appoggiata su una corteccia ruvida capì che l'idea era sciocca: che razza di scena poteva ambientare in un bosco? Tanta gente nemmeno ci era mai stata in prima persona, se non per qualche scarpinata faticosissima. L'amore era più grande, più libero... Si lasciò scivolare sul terreno, la schiena contro l'albero. Come il cielo, si disse, sollevando lo sguardo verso l'azzurro che si perdeva tra le foglie, continuando eterno fino a toccare il tetto del tempio e l'intera Tokyo.
Sospirò. Parlare del cielo era così banale.
Allungò le gambe in avanti, l'hakama rosso che si strusciava sui radi fili d'erba. La calza bianca che le copriva il piede uscì dall'ombra e finì sotto il sole.
Rei lasciò scivolare il taccuino e la matita sul grembo. Caddero entrambi a terra quando piegò l'altro ginocchio, per poterci mettere sopra il mento.
Il suo secondo sospiro di rassegnazione si mischiò al soffio di un venticello senza stagioni, che sapeva d'inverno e di primavera assieme.
La grande scrittrice di canzoni se ne stava sotto un albero, all'ombra, cercando di farsi venire idee.
Avrebbe dovuto adottare un metodo estremo e mettere su carta proprio quelle parole. O addirittura già nella canzone. Tentò di intonare l'inizio della frase senza successo: musicalità zero. Tentò di cambiare l'ordine alla frase.
'Sotto un albero, all'ombra, stava...'
Le mancò il respiro.
'Ombreggiata sotto un albero...' No. Ombra, albero, sole. Ombra e sole da soli, meglio.
'Ombreggiata daaal sole io'.
Aggiunse il pronome per istinto e saltò in piedi. Sì, sì! Il primo verso!
E ora amore, amore, sentimenti d'amore.
Sentendosi pervasa dall'ispirazione balzò in piedi. C'era un solo oggetto che la faceva pensare all'amore in una maniera superba! Doveva violarne la sacralità ancora una volta.
Si fiondò verso il tempio.

Pulire il cortile senza poter sentire la canzone di Rei-san in sottofondo era quasi noioso.
Yuichiro cercò di radunare più sassolini possibile sotto la scopa. I cortili non erano fatti per essere puliti - erano fatti di terra - ma potevano essere ordinati. A lui non dispiaceva guardare il cortile davanti alla sua stanza quando per tutta l'area non c'erano che ciuffi d'erba e l'occasionale fiore. Era rilassante.
Anche il maestro gli aveva fatto i complimenti per quella sua idea e così, quel pomeriggio, lui si era deciso a mettere a posto anche il cortile di fronte alla stanza di Rei-san.
Sospirò.
No, stava spazzando via sassi da lì solo per provare a rivederla.
Lei non era in camera sua e lui voleva avere l'occasione per dirle... che gli dispiaceva? Non era originale, ne era cosciente. A Rei-san non diceva sin troppo spesso 'Mi dispiace'? Come se non avesse altro da dirle.
Però era dispiaciuto per quel giorno, era la verità. Per quanto fosse bella la canzone stava stressando molto Rei-san e sapere che lui l'aveva ascoltata per tutto il tempo non aveva migliorato l'umore di lei. Perché? si chiese mogio, l'avrebbe migliorato per caso ricevere delle scuse da lui?
Era senza speranza.
Smise di dare le spalle alla stanza di lei e colse con l'occhio un particolare inquietante: una figura bassa e china, completamente ricoperta di bianco, si era infilata dentro la stanza di Rei-san. La porta terminò di chiudersi in maniera sibillina, furtiva.
Lui strinse il manico della scopa e salì sul ripiano rialzato di legno già all'inizio del corridoio. Se avesse tentato di scalarlo davanti alla stanza di Rei-san gli scricchiolii lo avrebbero fatto scoprire immediatamente: in quel punto il legno era troppo debole. Sfilò i geta dai piedi e avanzò con cautela, piano.
Una figura bianca. Un ladro? A quell'ora? Qualcuno che voleva fare del male a Rei-san?
Accelerò il ritmo e si trovò davanti alla porta scorrevole della camera di lei. La fece scivolare di lato, lentamente. Sentì un urlo rapido e acuto; il cuore gli balzò in gola. Sbatté la porta di lato. «Rei-san!!»
«Che diavolo fai?!» Fu la voce di lei a rimproverarlo, uscendo da una nuvola spessa di stoffa bianca. La faccia di Rei-san era l'unica nota di colore tra gli strati di tessuto spesso che andavano a formare un cappuccio sopra la testa di lei, una tunica sul suo corpo e una specie di gobba sulla sua schiena.
Gli entrò nel cervello il nome e il significato dell'abito. I suoi neuroni si sciolsero dal primo all'ultimo.
Le mani di lei uscirono da sotto le maniche troppo grandi e trovarono il suo petto. Lo spinsero via. «Fuori!!!»
Yuichiro indietreggiò malamente. Andò a sbattere contro un palo del corridoio. «Io...»
Lei gli aveva chiuso la porta in faccia. «Non è quello che pensi!» gridò da dentro la stanza. «Viene dal tempio, è il vestito che diamo in affitto! Io... io lo stavo provando per vedere se era sporco! Il nonno ha detto di mandarlo a lavare e allora... L'ho messo, capito?! Non ha alcun significato!»
Lui non riuscì a darle ragione. «Rei-san...»
«Va' via.»
Era una richiesta piena di vergogna. Un vestito come quello non poteva farla sentire così, non quando...
Fece un passo verso la porta. «Sei...» Il termine banalissimo, assoluto, gli sgorgò dalla gola. «Bellissima. Lo sei, Rei-san.» Era commosso. E stolto. Il giorno in cui Rei Hino avrebbe indossato di nuovo un abito come quello avrebbe sorriso fino ad illuminare una sala intera. Allora, solo allora sarebbe stata più bella che mai. Grande, felice, innamoraa.
Del giorno in cui aveva provato un abito bianco tradizionale, chiusa dentro la sua stanza, forse non si sarebbe nemmeno ricordata. Di lui neppure, quasi certo.
Meglio così, si disse Yuichiro. Se si fosse ricordata magari ci sarebbe stato anche lui al matrimonio. Come invitato.
Il peso delle sue ridicole illusioni presenti mandò in avanti la sua testa. Giù, fino a fargli vedere solo il pavimento. «Vado via...» mormorò.
Non seppe dire se l'aveva detto abbastanza forte da farsi sentire, ma dalla stanza non udì provenire suono, perciò se ne andò.
Trascinò con sé la scopa giù per il corridoio, fino a girare l'angolo.

Davanti allo specchio Rei accarezzò la stoffa bianca che le incorniciava il viso.
Bellissima?
Lo avrebbe detto anche l'uomo che lei avrebbe amato? Sarebbe parsa bella anche a lui, priva di difetti irritanti e degna di essere presa tra le braccia, consolata, sopportata, amata?
Con le mani allargò i lembi candidi dell'abito. La tunica ricadde delicata attorno alle sue gambe.
Un vestito non creava l'amore, ne era diventata consapevole indossandolo. Lo aveva tenuto spesso tra le mani in passato, accarezzando la morbidezza del tessuto e immaginando che fosse... magico.
Quell'abito era stato coinvolto in due cerimonie. Alla prima lei aveva assistito quando aveva otto anni; per la seconda ne aveva ormai compiuti undici.
Si era trattato in entrambi i casi di coppie con pochi mezzi, impossibilitate a comprare un vestito per la sposa. La scenografia del matrimonio le era parsa misera, quasi desolante, ma i volti dei presenti avevano fatto luce per conto proprio. La sposa e lo sposo, composti e dignitosi, si erano scambiati le coppe della promessa e avevano trattenuto risatine di gioia che si erano distese in miti sorrisi man mano che suo nonno arrivava alla conclusione della cerimonia che li avrebbe consacrati come marito e moglie.
Rei aveva invidiato tantissimo lei, la donna che un uomo aveva scelto di amare per tutta la vita.
Guardandosi nello specchio della sua camera, vestita come una sposa, si era sentita un inganno vivente. Aveva un brutto carattere, chi l'avrebbe voluta?
Certo, sperava di innamorarsi come tutti - era certa che si sarebbe innamorata, prima o poi. Sarebbe anche stata ricambiata, ne era sicura, ma... il matrimonio? Era una promessa eterna di devozione.
Lei per prima non si sarebbe sentita di farla. Forse perché non si era ancora innamorata?
L'amore avrebbe davvero potuto cambiarla, rendendola più paziente, più pronta a pensare a qualcuno di diverso da se stessa?
Con l'unico ragazzo che aveva mai frequentato - Mamoru Chiba - aveva sbagliato tutto. Lui era stato il fidanzato che lei si era costruita nella sua testa. Lo aveva trascinato a vedere mostre di bambole, in pasticcerie appena aperte, in giro per negozi. Non le era importanto di condividere con lui alcun interesse, si era convinta sin da principio che Mamoru dovesse essere interessato a quello che faceva piacere a lei sola.
Non sapeva quali fossero di solito gli hobby di un ragazzo, ma se doveva prendere ad esempio l'unico che conosceva bene.... beh, gli hobby di Yuichiro erano noiosi. Lui passava il suo tempo a guardare il cielo, a correre, a volte a leggere. Non guardava molto la televisione, gradiva solo i fumetti ridicoli e pareva che si divertisse persino mentre faceva le pulizie del tempio e della casa. Non ascoltava molta musica, non aveva un lettore minidisc. Possedeva una radio e ogni tanto dalla sua stanza lei sentiva provenire le voci di qualche programma radiofonico. Ma musica? Yuichiro ne ascoltava poca.
La tua musica era molto bella, Rei-san.
Rei lasciò scendere il cappuccio dell'abito, scoprendo i capelli.
Sei bellissima. Lo sei, Rei-san.
I pensieri amorosi per lei nascevano da semplici complimenti sentiti. Era molto ingenua e semplice, anche se nessuno - nessuno - doveva mai venire a saperlo.
Desiderava affetto genuino, completo. Bramava di poterne offrire, ma per quello aveva le sue amiche. Usagi. Loro la amavano, ma lei...
Lei voleva qualcuno con cui non avrebbe avuto paura di potersi abbandonare. Sorrise: un uomo che si comportasse con lei come suo nonno, ma più giovane naturalmente, e a cui lei non volesse bene tanto da temere disperatamente di perderlo. Voleva una persona che non dovesse sostenere, perché se fosse stato così non avrebbe potuto mostrarsi debole e stupida con lui e a volte... lo era, come tutti.
Si sfilò lentamente l'abito.
Lei voleva un insieme di bisogni tutti suoi, se ne rendeva conto. Non stava cercando una persona vera.
Sei bellissima, Rei-san.
Era davvero un crimine? Non poteva immaginare un amore così, dove ci fosse una persona che pensava solo a renderla felice, senza che gli importasse di nient'altro?
Non poteva sentirsi importante fino a quel punto, almeno nella sua fantasia?
La vita vera, i suoi ostacoli e le sue delusioni, sarebbero venuti col tempo, no? Lo dicevano un mucchio di adulti, da tutte le parti, in mille libri, giornali, canzoni.
Per ora lei... Si chinò a terra e riprese in mano taccuino e matita.
"Nel mio cuore, sei qui."
'Cuore' era banale, una parola abusata. Ma era solo una canzone, una fantasia.
Non scrisse il verso successivo, lo intonò piano, le note che cantavano nella sua testa.
"Anche senza dirmi che mi ami
Nel mio cuore, sei qui."
Lei non aveva bisogno della parola amore. Non voleva sentire 'ti amo'; voleva essere compresa quando era irritata e stretta forte quando non voleva nessun abbraccio, fino a farsi calmare e cullare piano. Voleva... voleva sapere che sarebbe stata amata sempre, comunque, anche a dispetto di se stessa. Era un amore impossibile. Per questa ragione esisteva solo nel suo cuore.
E si sarebbe meritato un bel... Sorrise e riprese a scrivere.
"Sai, grazie per il tuo coraggio." Ce ne voleva per sopportarla. E se qualcuno avesse avuto quel coraggio avrebbe potuto scoprire che lei... Sotto sotto, molto in fondo, lei era una... gemma. Si amò da sola nel dirselo. Sì, lei era gentile e capace di amore indomito. Un piccolo fuoco, come il suo potere di Marte, capace di splendere e dare luce invece che prenderne solamente.
"Guarda questo mio nuovo potere."
La possibilità di emergere che l'amore le avrebbe dato.
Lasciò scorrere la matita sul foglio.
"Avvolge tutto, brilla splendente."
Per il ritornello non fu necessario pensare, seppe esattamente cosa dire.
"Anche più del cielo immenso e del mare,
i miei sogni non hanno limiti
l'ho compreso ora; perché sono innamorata."
Picchiettò la carta con la matita grigia e ripeté le parole nella sua testa, di nuovo e ancora una volta. Suonarono bene, giuste.
Gli altri versi erano da sistemare un pochino, ma il ritornello era perfetto. Parole e musica erano una cosa sola, la sua voce le rendeva tali.
C'era sentimento; era mancato quello prima, nei suoi tentativi di scrivere d'amore.
Afferrò il lembo dell'abito. Doveva ringraziare il vestito.
E, ammise con se stessa, non solo.
"Sei bellissima. Lo sei, Rei-san."
Era un sussurro che le sembrava ancora di sentire dietro la porta, sincero e dimentico di ciò che lei era veramente. Antipatica, irritante, pronta ad accusarlo di tutti i suoi problemi. Bellissima ugualmente, per lui.
Lasciò andare l'abito. Provò a farlo almeno, ma non ci riuscì.
Per Yuichiro... lei avrebbe dovuto essere diversa. E per essere giusto per lei, lui avrebbe dovuto essere qualcun altro, cambiare in tantissime cose. Smettere di essere se stesso, no?
Ma era questo il bello dell'amore, comprese. Poteva manifestarsi in gocce, tra persone destinate a vite diverse. Poteva essere un complimento che faceva imbarazzare di felicità una ragazza, per sentimenti strani e incomprensibili. Poteva essere un sorriso inatteso che non doveva significare nulla, se donato a un ragazzo infatuato.
Poteva essere... solo un bel sorriso. Di gratitudine e un pochino anche d'amore.
Per un istante poteva amare chi l'aveva resa felice per un piccolo momento. Per tanti piccoli momenti, ricordò. Importanti nella sua vita, tutti quanti.
Per quegli attimi era stata e poteva essere Rei Hino, innamorata. Di...
Accarezzò la guancia sulla stoffa dell'abito.
L'amore era fatto di gocce.
Ma quella era una frase per un'altra canzone.

«Tieni» gli disse Rei-san due giorni dopo.
Quando Yuichiro abbassò lo sguardo sulla musicassetta che lei teneva tra le dita, ebbe un'intuizione folle: quello era un nastro di addio, una specie di lettera vocale in cui Rei-san e il maestro lo ringraziavano per i suoi servigi presso il tempio e lo invitavano a levare le tende.
Se ne sarebbe andato triste e solo con la sua sacca sulle spalle.
Rei-san rese gli occhi sottili come due fessure. «Mi sei stato indirettamente d'aiuto. Il giorno in cui canterò la canzone al festival scolastico tu dovrai rimanere qui a sorvegliare il tempio visto che il nonno verrà a vedermi, perciò... puoi sentire la canzone in anteprima. Una volta sola.»
Eh?
La canzone?
... la canzone di Rei-san?!
Lei allontanò la musicassetta prima che lui potesse afferrarla tra le dita e stringerla come un preziosissimo tesoro.
«Non metterti in testa strane idee, non è una dedica! L'ho scritta pensando a... al futuro. All'amore in generale, sia chiaro.»
«Certo!» Lui era felice solo di poterla ascoltare! E che lei gliela stesse facendo sentire per primo! Per primo!!!
Quando riuscì a prendere l'estremità sinistra della cassetta offerta, Rei-san non mollò la presa sul lato opposto. «Non è una dedica.»
«Sì.»
«Non metterti a cercare significati che non ci sono.»
Ma certo, non era necessario ripeterlo. «La ascolterò come se fosse una canzone alla radio. Sarà bella come quelle.»
Lei allentò la sua stretta. «Mi stai sopravvalutando.»
«No, ho già sentito la base musicale. Si chiama così? Mi è piaciuta molto.» In camera aveva una musicassetta vuota; se Rei-san non avesse insistito per rimanere ad ascoltare la sua canzone - ma non sembrava - lui ne avrebbe approfittato per fare una copia già durante il primo ascolto. L'avrebbe risentita a bassissimo volume quando lei non era in casa, tutte le volte che avesse voluto.
Rei-san spinse la cassetta nelle sue mani. «Va bene.» Non si fermò quando incontrò le sue dita: mosse l'indice sul suo, quasi impercettibilmente, in un modo che gli sembrò - forse, magari, veramente? - una... carezza?
Lui restò folgorato e lei ritrasse di fretta la mano. «Restituiscimela quando hai finito.» Si girò e se ne tornò nella sua stanza.

Rei scacciò il rossore con un lungo sbuffo.
Amore in gocce?
Si metteva da sola a credere alle sue stesse fandonie.
Bah.

Fine episodio 5



NdA: questo forse, insieme al precedente, è uno dei capitoli più originali di questa raccolta. L'ho legato all'episodio 54 della seconda serie, ma non racconto i missing moments di un episodio, bensì proprio una serie di vicende accadute precedentemente.
Per favore, sarei davvero curiosa di sapere cosa ne pensate.
Il mio scopo, con questo e il prossimo episodio che scriverò, è quello di arrivare a far capire perché Rei, nella seconda serie e in concomitanza con l'arc delle Sorelle Persecutrici, sembra tornare a pensare a Yuichiro in una maniera un pochino più sentimentale. Lo si capisce da diverse piccole cose, come ad esempio nel discorso che nell'episodio 70 intercorre tra Rei, Usagi e Koan (Kermesite in Italia), quando quest'ultima va a vendere i cosmetici alle ragazze.
Koan chiede a Usagi e Rei se hanno un ragazzo. Nella versione originale, Rei dice: 'Non so se lo chiamerei un fidanzato, ma...' Era la puntata in cui Rei si faceva accompagnare da Yuichiro a fare compere (facendogli portare tutti i suoi acquisti) e lo sgridava quando guardava troppo a lungo Koan che andava via.
Ecco, il mio scopo è lasciar comprendere cos'ha fatto cambiare piano piano idea a Rei, partendo dal momento in cui, in uno degli episodi precedenti della mia storia, si diceva sicura di non voler assolutamente portare la sua relazione con Yuichiro in una certa direzione.
Con questa storia mi divertirò a livello psicologico, me lo sento :D Rei è una trottola sentimentale coi suoi ragionamenti, spero di averlo reso un po' anche qui, ma questo spetta a voi dirlo.

Alla prossima!
ellephedre

   
 
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