Ci sono dei posti in cui ci si sente al sicuro, in cui ogni persona si rifugia nei momenti di sconforto. E così faceva anche Alice. Quella sera aveva trovato il suo porto sicuro nelle vibrazioni delle corde della sua chitarra: i suoi polpastrelli viaggiavano leggeri sui tasti di quella tastiera liscia e le sue unghie sfioravano quelle corde all’apparenza così fragili in prossimità del ponte. Davanti a lei solo lo spartito di quel brano popolare inglese che per la prima volta aveva suonato davanti a lui, davanti a colui che le aveva ridato la fiducia in sé stessa, che le aveva fatto scoprire la magia delle note che si sovrapponevano le une alle altre. La melodia si sviluppa da sola e scorre insieme alle lacrime che bagnano i suoi occhi, lacrime di nostalgia impossibili da arginare all’interno delle palpebre. Le note si librano nell’aria e si mescolano ai ricordi della felicità che lui le ha portato via quel giorno d’estate in cui ha deciso di andarsene e di non tornare più. Ora le rimangono solo i ricordi della loro vita insieme, ma soprattutto le rimane quell’amore profondo per la musica, per quello strumento che, con la sua dolcezza, è riuscito a conquistarla per sempre. Ogni volta che sfiora le sue corde la sua mente si vuota, i suoi polmoni si rigenerano con dei profondi respiri, il suo cuore batte come non mai e lei si sente nuovamente bambina proprio come quando aveva appena imparato ad andare in bicicletta.