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Autore: Leireel    02/07/2011    10 recensioni
Draco, a Grimmauld Place, è prigioniero della sua stessa vita; invisibile, senza voce. E la guerra, là fuori, colpisce tutti.
Per Frè.
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Guerra, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie '[Harry Potter] Shipping is the way!'
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∙Autore: Leireel

∙Titolo: Senza voce

∙Seconde lettrici: Alexluna, Mevrian

∙Genere: Introspettivo, Triste, Romantico, Guerra

∙Rating: Giallo

∙Avvertimenti: AU

∙NdA: La storia parte dalla fine del sesto libro, ma immagina che Piton, anziché tornare da Voldemort, vada dall’Ordine, portando Draco con sé.  L’avvertimento AU è inserito perché la guerra si svolge con modalità diverse e ha una durata più lunga rispetto al canon.

Mi è stato fatto notare che è un dettaglio poco chiaro, quindi lo aggiungo qui: l’idea di Ron come stratega viene dalla sua abilità nel giocare a scacchi; credo di averla trovata la prima volta in una traduzione di Kit05, e da allora mi è sempre rimasta impressa.

Primo tentativo di Dramione, che, non so perché, non riesco a non associare alla guerra. Il prompt che mi ha ispirato è “A mezzanotte e tre quarti saranno là”. Dedicata a Julie Aoi.
La storia partecipa al Contest Orgoglio "Dramionesco", e contemporaneamente alle iniziative AYT (con il prompt 306. A mezzanotte e tre quarti saranno là) e I ♥ shipping indette dal CoS.

 

Senza voce

Ha perso ogni parola; sono scivolate via da lui, una a una, inesorabilmente, via dalla sua mente e dalle sue mani aperte, per andare a disperdersi chissà dove, lontane. Ha perso ogni parola.

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Draco ha diciassette anni, e non si è mai sentito più solo e sperduto nella sua vita.

Fuori da quella campana dorata che è stata la sua adolescenza – e che pure ha avuto le sue crepe, e che alla fine si è andata assottigliando a poco a poco, come una vecchia coperta usata troppe volte, lasciandolo nudo, debole e inerme nel momento più difficile –, fuori da Hogwarts c’è la guerra, c’è l’orrore, c’è un mondo che non lo vuole e che lui non vuole vedere. Nel momento in cui ha levato la bacchetta per uccidere Silente ha udito chiaramente i fili tendersi e spezzarsi, e ha capito di essere rimasto solo.

Adesso, in un quartier generale che non gli appartiene e che lo occhieggia minaccioso, sente con chiarezza che, non importa quante persone potrà avere intorno, quella sensazione non svanirà, gli rimarrà appiccicata addosso come un Lethifold, pronto a divorarlo e inghiottirlo e non lasciare nulla di lui.

C’è Piton, è vero. Ma ogni volta è come se non ci fosse veramente: l’ha scaricato nella sede dell’Ordine con poche frasi secche e uno strascico di sospetti, e non sa cos’abbia fatto per convincerli a fidarsi di entrambi, non lo sa davvero. Quello che ha detto loro, però, non dev’essere stato poi così convincente: ogni sguardo è ostile e serrato, e Draco a volte vorrebbe solo chiudere gli occhi per non vedere, chiudere gli occhi e riposare, magari. Non può: è da giorni che Draco non osa abbassare le palpebre, perché non importa quanto sia pentito – e non lo è davvero, perché nelle motivazioni dei Mangiamorte non ha mai creduto fino in fondo – tra la gente dell’Ordine è ancora un nemico, e chiudere gli occhi potrebbe significare non aprirli più.

Piton non c’è davvero, perché Piton è sempre stato da solo; e Draco sente che forse era questa la lezione che ha sempre voluto impartirgli, negli anni in cui è stato suo professore e mentore: siamo tutti soli, nell’ombra. Certe volte gli sembra quasi una speranza.

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La sua famiglia è schierata nell’esercito opposto, e Draco non ne ha notizie da mesi, ormai; da quando è arrivato nell’Ordine come un pacco scomodo e ingombrante. Attraverso le allusioni di Piton ha capito che hanno smesso di cercarlo, che lo credono morto: è un dolore sordo ogni volta che ci pensa, perché senza qualcuno che lo ami è come se non esistesse davvero, come se il suo nome e la sua esistenza non avessero significato. A volte, Draco si sente invisibile.

Nel Quartier Generale, adesso, non gli riservano più quegli sguardi ostili e rancorosi: sprecherebbero troppe energie, e bisogna pianificare e conquistare e distruggere. In tutto quello non c’è spazio per lui.

Il suono della sua voce, ormai, non se lo ricorda neanche più. Draco si chiede se arriverà persino a scordare come si usano, le corde vocali; se potrà diventare più inutile di quanto già non sia. La sua bacchetta prende polvere in un cassetto nella sua stanza: ha smesso di portarsela dietro, perché nessuno penserebbe di scagliare incantesimi contro l’aria.

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Accade una mattina di novembre: si sveglia con l’odore di caffè nelle narici, si alza e la vede. Una tazza solitaria, di un grigio triste che si intona col colore del cielo, posata sul comodino della sua stanza; Draco la prende tra le mani senza sapere che farne, e il caffè è ancora caldo, è stato fatto da poco.

In cucina, seduta su una vecchia sedia malandata, c’è solo Hermione. Draco si siede senza dire nulla e fissa lo sguardo sul panorama sbiadito. È ancora l’alba, c’è pace, e in quella luce timida Draco sente un po’ di voce tornare.

Hermione sorseggia il caffè in silenzio e si alza a posare la tazza nel lavandino. È poco più di un sussurro, ma Draco può giurare di averle sentito mormorare un buongiorno.

 

Il caffè all’alba diventa la loro routine silenziosa, e Draco non può fare a meno di pensare che un tempo essere svegliato così presto lo avrebbe fatto lamentare con chiunque gli capitasse a tiro per l’intera mattinata. Adesso non gli dispiace, perché tra l’insonnia e gli incubi, vedere l’alba è quasi un sollievo.

Un tempo anche stare nella stessa stanza con la Mezzosangue l’avrebbe schifato. Adesso è così solo che ogni compagnia gli sarebbe gradita – e Hermione non parla, ma c’è, e ogni tanto fa uno di quei sorrisi segreti che sembrano accarezzarlo e consolarlo. A volte gli sembra di esistere solo grazie a quelle mattine, che gli ricordano che è ancora al mondo.

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Draco è consapevole di vivere in una situazione di privilegio: è protetto e accudito, e sebbene l’unico motivo per cui non gli danno alcuna mansione sia perché ancora non si fidano di lui, la cosa lo tiene lontano dai guai.

Si ritrova a pensarci, quando Molly Weasley non torna dalla ronda con il professor Lupin. Ha imparato a disprezzare quella donna, da bambino: tutte le storie che suo padre gli ha raccontato sui Weasley gli risuonano incessanti nella mente, ora più che in qualsiasi altro momento. Vorrebbe riuscire ad associare quell’immagine a quella della signora che lo ha nutrito per otto mesi senza chiedergli nulla in cambio, e l’unico pensiero che riesce a formulare è che è morta anche perché lui potesse starsene in quella casa a non far nulla, come il principino viziato che è sempre stato. Pensa automaticamente a Narcissa, e un nodo gli stringe lo stomaco e non se ne va più.

Nel guardare gli occhi gonfi e rossi di Ginny, si sente quasi il colpevole.

 

La mattina dopo Hermione è ancora lì; ha smesso di portargli il caffè in camera, ma quando scende Draco trova la caffettiera sempre accesa. Quella mattina ha occhiaie più marcate, e le mani sono strette attorno alla tazza come se volessero stritolarla; Draco si accorge solo in quel momento che sta bevendo del tè, e che ha sempre preso quello, ogni mattina.

Si siede senza dire nulla, come ogni mattina. Ma sposta la sedia un po’ più vicino a lei, e spera che lei capisca.

---

È passato esattamente un anno da quando Silente è morto, ed è in quella notte che i Mangiamorte decidono di tendere un agguato all’Ordine, nel Ministero.

A mezzanotte e tre quarti arriveranno, si ripete Draco, raggomitolato sul divano. Da quando la signora Weasley non c’è più attende l’esito di ogni missione con una morsa nello stomaco, senza sapere perché.

A mezzanotte e tre quarti arriveranno, e ci sarà anche Hermione con loro. Deve esserci. Sa di essere profondamente egoista, ma Hermione e i caffè mattutini sono l’unica cosa che lo fa sentire vivo. Non vuole essere invisibile di nuovo.

 

Hermione torna all’una e venti, pallida, col volto pieno di tagli; si avvicina a lui senza dire una parola, senza versare una lacrima, si siede accanto a lui e non dice niente, trema e basta. Harry arriva due minuti dopo, terreo, stravolto, e subito dopo tutti gli altri, e c’è Shacklebolt, c’è Lupin, c’è Ginny e qualche altra testa rossa, e nella confusione si accorge che tra tutti Ron non c’è.

Hermione si lascia sfuggire un singhiozzo, un’unica nota che risuona limpida nella confusione e nel dolore. Draco non sa cosa fare – non l’ha mai saputo – ed è con uno scatto involontario che le cinge il polso con dita incerte: di parole non ne ha, non ne aveva avute prima e non ne ha ancora, e spera che quel poco che ha da offrire le basti. Si ritrae subito dopo, quasi scottato: ma la mano di Hermione è già lì a stringere la sua con fermezza, a non lasciarlo andare. Sembra quasi che sia lei a consolare Draco, lei ad avere la forza.

Hermione rimane in silenzio: trema ancora, ma la stretta è salda. È sufficiente.

---

È novembre di nuovo, senza che quasi se ne accorga. L’aria, fuori, è nebbiosa e cupa; è ancora pomeriggio, ma a Draco sembra di stare in una notte senza stelle.

Hanno iniziato a non coinvolgere più Hermione nelle ronde e nelle missioni; Draco se n’è accorto solo dopo qualche settimana. All’inizio ha pensato che non volessero esporla, con quel suo stato d’animo rabbioso e ferito; solo dopo ha capito che Ron era il loro stratega migliore, e ora che hanno perso lui non possono permettersi di perdere anche Hermione.

Sono rimasti solo loro due, a Grimmauld Place.

Hermione attende in silenzio ed è lo spettro di quella che era: i capelli sono sfibrati e spenti, il suo volto è una maschera di occhiaie e preoccupazione e dolore. La pelle si tende su quelle ossa come carta velina.

Il suo dolore è così composto che Draco si sente quasi un intruso: un intruso nella sua vita, nei suoi spazi, e vorrebbe andarsene e non può, perché è come se fosse ancorato in quella stanza; è come se fosse ancorato a lei, e non ne è neanche sorpreso. È stata lei, in tutti quei mesi, lei e solo lei. È sempre stata lei.

E non è giusto; non può esserlo, non per lei. Draco è come un parassita sulle vite di tutti loro, sulla sua in particolare, e pensa improvvisamente che lei potrebbe morire, e morirebbe come la signora Weasley, per proteggere lui, e non può sopportarlo, che lui esista quando lei non c’è più. Lui esiste solo grazie a lei.

Si alza per andarsene, perché improvvisamente non può rimanere più in quella stanza: non quando grava sulla sua vita, non quando lei c’è sempre per lui, anche se lui non ha fatto nulla per meritarlo. Non può, e vuole andarsene: vuole lasciarla libera.

Ma poi Hermione lo guarda, con quel suo sguardo limpido e fermo, e dice solo:

«Resta».

E Draco è irrimediabilmente perduto, perché niente potrà più convincerlo ad andarsene – a starle lontano – se è lei a volerlo lì con sé.

«Ok» dice Draco. Di parole non ne ha ancora, ma è un inizio.

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Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

   
 
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