*Torno a scrivere dopo tanto tempo una storiella frutto del caldo :) prendetela per quello che è! buona lettura!!*




La guerra era finita. James e Albus partiti per una gita alla Tana, Lily in camera sua a giocare con le bambole – un vezzo Babbano, le stesse che la sua omonima, la madre di Harry, aveva chiuso in uno scatolone tanti anni prima, gettandole in cantina, e che erano magicamente sopravvissute alla demolizione della casa in Godric’s Hollow. Ginny dormiva - lo faceva spesso in quei pomeriggi afosi d’estate. Harry la invidiava: s’era vestito col suo migliore e più elegante completo da mago e si preparava a lasciare il fresco confortevole della loro casa per scendere in strada e quindi smaterializzarsi fino al lavoro. Non ci si poteva materializzare in casa Potter, Harry non transigeva.
 
Il Dipartimento era mezzo vuoto.
E chi vuole lavorare il 14 d’agosto? Argomentava fra sé e sé il Prescelto scendendo nello sferragliante ascensore fino all’ultimo piano.
«Ufficio misteri» gracchiò la voce di donna, distorta.
Ripararla no? Dovrò fare un reclamo. Un altro. Era da qualche mese che Harry era diventato stranamente fiscale - e come dargli torto? Il lavoro lo sfiniva!
Lungo il corridoio, i passi di Harry rimbombavano come tuoni; aveva sempre trovato inquietante quel luogo: troppe ombre, troppo silenzio. A passo sicuro superò la fila di porte e un paio di stanze vuote, ritornando bambino - un ragazzino spaventato che credeva di dover essere ancora l’eroe, nel suo quinto anno di scuola.
 
Era lo stress, diceva Ginny.
«Il caldo, amore, il superlavoro, tutti quei mezzi matti che si credono di poter emulare il Signore Oscuro. Lascia stare, è un’idea balorda!» Sempre diretta, lei.
«Grazie della comprensione, tesoro mio dolce.» Ironico, lui. 
In effetti, l’estate dava alla testa ai matti; solo un giorno prima un mago dai capelli blù elettrico era entrato nel ministero, completamente nudo eccetto uno scarabocchio a penna sul petto, gridando: “Sono il Signore Oscuro, inchinatevi a me ed alla potenza della mia invincibilissima bacchetta di Sambuco”. Ecco, pazzi del genere. Non l’aveva nemmeno una bacchetta addosso, figurarsi. L’avevano portato via che pregava i maghi della sicurezza di "non far del male al suo Nagini". Mah.
In ogni caso la sua idea aveva un fondamento, e che gli fosse venuta dopo un’intera giornata passata ad appostarsi sotto il sole dell'estate londinese più calda del secolo non toglieva nulla alla sua giustezza.
 
Era deciso, Harry; una decisione che non sfumò minimamente davanti al grande Velo sussurrante. Restò a guardare la cosa, rapito, e quasi poteva sentire il rumore della battaglia lontana, nella sua mente.
Alzò la bacchetta, solenne, puntandola verso il Velo. Non conosceva molti incantesimi, è vero, ma questo lo sapeva fare alla perfezione.
«Accio Sirius»
 
Quella sera a cena i Potter ebbero un’ospite in più. Sirius era frastornato e per nulla invecchiato, congelato nel giorno in cui era stato inghiottito dal Velo. Non ricordava nulla e continuava a chiamare Harry “James”, cosa che alla lunga infastidì lui e confuse Lily.
Ma che soddisfazione, avere ragione almeno una volta di Ginny!