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Autore: Oducchan    04/07/2011    3 recensioni
L’eco degli ultimi fuochi artificiali che esplodevano nell’aria tersa della sera non s’era ancora spento del tutto, per lo meno nelle sue orecchie: riusciva ancora ad avvertire il suono di ciascun botto e il successivo sfrigolio, e il colore accecante degli sprazzi luminosi. Fantastico.
Ma la sorpresa deve ancora arrivare, Amerika.
[America/Fem!Russia, genderbender] [Per la mia, di Alfri. Con tutto l'amore del mondo (L)]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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L’eco degli ultimi fuochi artificiali che esplodevano nell’aria tersa della sera non s’era ancora spento del tutto, per lo meno nelle sue orecchie: riusciva ancora ad avvertire il suono di ciascun botto e il successivo sfrigolio, e il colore accecante de

Note random:

a] Non ha alcun senso, se non quello di voler far qualcosa fuori dall’ordinario. Non ha alcun senso, è semplicemente terribile e probabilmente  farà rivoltare molti, ma sinceramente non ha alcuna importanza XD

b] dedicata alla mia alfri. Perché lei probabilmente la capirà XD e perché sono dell’idea che ce la meritiamo tutte e due, una storia così. Auguri, my dear XD

c] AU, Fem!Russia, strani aggeggi ikeiani , indumenti discutibili e vari riferimenti a boss non meglio identificati. Per chi se la sente XD

 

 

 

 

 

Fourth of July

 

 

 

 

L’eco degli ultimi fuochi artificiali che esplodevano nell’aria tersa della sera non s’era ancora spento del tutto, per lo meno nelle sue orecchie: riusciva ancora ad avvertire il suono di ciascun botto e il successivo sfrigolio, e il colore accecante degli sprazzi luminosi. Fantastico.

Ridacchiando di contentezza, si guardo attorno, cercando di fare mente locale sul da farsi. A festa finita, con gli ospiti che ormai avevano fatto ritorno a casa, la propria abitazione assomigliava decisamente a un campo di battaglia. Patatine, pop corn, salatini, hamburger, pezzi di torta, coriandoli, striscioni, briciole, palloncini, macchie dei liquidi più vari – e visto che Francia era stato uno degli ultimi ad andarsene, c’era da chiedersi quale fosse l’esatta natura di certi aloni sulla tappezzeria- facevano mostra di loro in ogni angolo della sala, del soggiorno, dell’ingresso e in parte del giardino. Un vero disastro. Il suo boss gli avrebbe fatto una ramanzina tremenda.

Meditò per qualche istante – uno, due secondi al massimo- se gli convenisse davvero far sparire qualche traccia e cestinare i rifiuti nell’immediato, magari raccattare anche un paio di cartacce. Ma poi si strinse nelle spalle. Insomma,  era il suo compleanno, quello. Poteva pulire domani. O dopodomani. In settimana,comunque. Non c’era fretta, e l’eroe aveva ben altro a cui pensare.

Giusto perché era solo mezzanotte inoltrata e non avvertiva segni di stanchezza, decise di acchiappare un paio dei regali ricevuti tra quelli ammonticchiati nella pila in fondo al tavolo, e di gettarci un’occhiata approfondita in camera sua: alla fine, le altre nazioni si erano proprio sbizzarrite, quest’anno, e la cosa non poteva altro che far piacere al suo cervelletto da eroe affamato di nuove avventure. Così afferrò il pacco giunto da Svezia, di cui il contenuto ancora non gli era perfettamente chiaro – c’erano un infinità di pezzi perfettamente incolonnati, nella scatola, e Berwald gli aveva piazzato in mano un manuale d’istruzioni oltremodo incomprensibile. Avrebbe dovuto chiedere a Finlandia se per caso non avessero a casa un dizionario ikea-americano americano-ikea- e il fagotto malfatto che Corea gli aveva donato con un sorriso a quarantasette denti blaterando qualcosa d’incomprensibile al riguardo. Potevano andare, per passare la serata.

Tenendoli stretti tra le braccia s’incamminò quindi verso la propria camera da letto, canticchiando tra sé e sé God Bless America lungo il tragitto, avendo pure la cura di non far sbattere le porte, riuscendo ad accompagnarle con i piedi – la moglie del boss sapeva essere tremenda, in fatto di rumori notturni. Ma dopotutto, per le aquile, era il suo compleanno! E che fantastica festa era stata quest’anno! Certo, purtroppo era dovuto mancare qualcuno, e altri proprio non si erano fatti sentire. Chi per partito preso – ma ormai s’era rassegnato, a non veder comparire Inghilterra, o vederlo arrivare per qualche nanosecondo giusto per ricevere un bel cazzotto sul naso- chi per impossibilità diplomatica… scacciò vivacemente il pensiero. Al diavolo. Un eroe non si rattrista per sciocchezze del genere.

Riuscì miracolosamente ad aprire la porta senza far cadere nulla, ma di là dello stipite il buio era praticamente totale. Provò ad armeggiare con un gomito alla vaga ricerca dell’interruttore e riuscì pure a centrarlo, ma stranamente nella stanza non si accese alcuna luce. Strano. Riprovò un paio di volte, ma di nuovo nulla: tutto restava immerso nell’oscurità. Che fosse saltata la corrente elettrica all’improvviso? Fece per tornare indietro a controllare nel salotto, ma una voce che proprio in quel momento si levò dal buio lo bloccò all’istante, facendogli fare un piccolo balzello.

-Cominciavo a credere che non saresti più arrivato-

Quell’accento era inconfondibile. Il timbro, dolcemente femminile e un po’ infantile, anche. Si sforzò di deglutire la saliva che gli si era bloccata in gola, ma fu un processo difficile, anche perché il suo cuore aveva iniziato a pompare a ritmo assai più sostenuto, e non riusciva ad impedire alle proprie labbra di arricciarsi verso l’alto.

-Sono stato… impegnato- chiocciò, provando a fare un passo nel buio e al contempo cercando di suonare sicuro –Come diavolo hai fatto ad entrare?-

Un fruscio proveniente dalla zona in cui sapeva trovarsi il letto gli diede un indizio su dove dirigersi.

-Io posso andare ovunque, lo sai. Basta che lo desidero, da-

Ovvio. Si concesse, finalmente, di sorridere, felice come un bimbo la mattina di Natale, prima di replicare qualcosa a quella strampalata conversazione, ma un rumore di accendino lo fece tacere immediatamente. Lentamente, dal buio emerse una fiammella di calda luce dorata, un piccolo barlume originato da una candela stretta tra due mani nivee ed eleganti, e che accarezzava dolcemente il profilo morbido di un viso a lui ben noto, circondato da folti capelli biondo chiarissimo. Poi, sempre lentamente, ne comparvero altre due, aggiungendo dettagli alla scena e creando un gioco di chiaroscuri sui lineamenti e sulle sagome degli oggetti.

-S dnem rojdeniya, Amerika1. Vuoi diventare tutt’uno con Grande Madre Russia, da?-

Cautamente, probabilmente mosso dall’aura quasi magica che permeava la stanza, Alfred depositò piano le scatole che ancora teneva tra le braccia sul pavimento, per poi dirigersi a passi lenti e misurati verso il proprio giaciglio, sedendosi sul copriletto senza mai staccare lo sguardo da quei due grandi occhi viola che lo fissavano indiscreti. Russia stava distesa tra le lenzuola, un sorriso poco rassicurante sul viso, la chioma che accarezzava le spalle nude, un completino intimo in pieno stile quattro luglio –sottili strisce rosse e blu di stoffa che si susseguivano sul petto florido, stelle bianche più in basso, molto più in basso…- e, uhn, decisamente invitante addosso, le lunghe gambe che subito andarono a depositarglisi languidamente in grembo.

Uao. Doveva aver fatto un sogno simile, una volta. Forse anche più di una.

E al pensiero Alfred sorrise,uno di quei suoi sorrisi idioti, per poi chinarsi verso il suo viso, verso le sue labbra.

-Beh, potrei anche farci un pensierino…-

Uno scambio di sguardi, dritto e sincero, e poi un soffio. Le candele si spensero all’unisono, disperdendo il sottile filo di fumo nell’eco di una risata.

 

 

 

 

 

1buon compleanno, America

 

   
 
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