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Autore: Mizuki    14/02/2004    5 recensioni
Il 14 febbraio è un giorno molto doloroso per Kaede Rukawa... Ma perchè?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Il giorno degli innamorati”

 

“Kaede…!” –  Sento una voce femminile familiare alle mie spalle, chiamarmi in un tono misto fra l’incredulo e lo gioioso. La riconosco come la sua e ho un tuffo al cuore, ma non voglio illudermi.

Se mi stessi sbagliando?

Mi volto lentamente, cercando di reprimere le mie speranze che sia lei, e in mezzo alla nebbia di questo strano luogo immacolato in cui mi trovo, mi sembra di vedere un angelo…

Sgrano gli occhi. Non riesco a credere che sia davvero davanti a me.

Vorrei dirle tante cose, correrle incontro e toccarla, ma la paura che possa svanire da un momento all’altro dalla mia vista mi paralizza.

Restando immobile riesco solo a pronunciare il suo nome, vinto dall’emozione: “Sari…!”

La vedo sorridere malinconica tra le lacrime e avvicinarsi a me.

La distanza tra di noi ora è di pochi passi.

Ci fissiamo intensamente negli occhi per qualche secondo, poi lei si getta tra le mie braccia stringendomi forte a sé, come a voler recuperare tutto il tempo perduto.

Io ricambio possessivamente l’abbraccio, tremando per la felicità immensa che mi dà riaverla di nuovo qui con me. Mi è mancata così tanto…

La sua presenza mi fa sentire più leggero. E’ come se il macigno che porto sul cuore da quel maledetto giorno che purtroppo non scorderò mai, si fosse finalmente spostato, lasciandomi tornare a respirare senza opprimermi il petto.

“Ti sei ripresa! Finalmente sei tornata da me!” – Le dico con trasporto piangendo per la gioia.

Alle mie parole, lei si stacca da me e mi guarda per un attimo. Poi abbassa gli occhi e scuote leggermente la testa. Li rialza poco dopo puntandoli nei miei, sorridenti per averla ritrovata, e mi spiega con voce spenta: “No, Kaede. Questo è solo un sogno. Ho poco tempo a mia disposizione, poi dovrò andare via…”.

Mi angoscio di colpo. Tutto il mio essere viene invaso da un dolore enorme.

La mia forza d’animo mi abbandona all’improvviso, e viene sostituita da una disperazione profonda che mi assale attanagliando in una morsa gelata il mio cuore.

Cerco di urlare qualcosa per far cessare il tormento che dimora perennemente in me, ritornato ad assillarmi, ma gli unici suoni che escono dalle mie labbra sono dei mormorii appartenenti a una persona distrutta:

“No, non può essere un sogno… Non deve!! Io non lascerò che ti portino ancora via da me…!!”

Mentre parlavo l’ho afferrata per le spalle e ho abbassato la testa, mi sento così impotente di fronte a tutto questo…

Presa dallo sconforto Sari comincia a singhiozzare, e con una nota di frustrazione nella voce, mi annuncia:

“Sono qui solo per salutarti… Vorrei tanto poter rimanere, ma… non mi è concesso!”.

Io la guardo per qualche istante, ancora più avvilito, poi la libero dalla mia presa, e chinando il capo serro gli occhi, lasciandomi scivolare a terra…

Cala un gran silenzio… Lo strazio della nostra imminente separazione incombe tra di noi…

Poi Sari lo spezza…

“Kaede… devi promettermi che da questo momento in poi penserai a rifarti una vita…

La guardo stranito.

… Ho visto sai come ti sei estraniato dal mondo in tutti questi anni… - continua il suo discorso dopo una breve pausa - Hai allontanato tutte le persone che volevano starti vicino e che ti volevano bene, rifiutando il loro sostegno. Avrei tanto voluto poterti parlare e dirti di non farlo, che stavi commettendo un grosso errore, ma… ero bloccata ad un bivio e non potevo…

Non devi sentirti in colpa per quello che è accaduto. Tu non hai nessuna responsabilità…

Devi smetterla di soffrire e di essere severo con te stesso portando questa croce addosso…

Con noi il destino è stato crudele ma… devi affrontare i fantasmi del passato a viso aperto. Solo così potrai essere di nuovo libero. Dimenticami e ricomincia a vivere, per te, per la tua famiglia e per chi in futuro prenderà il mio posto nel tuo cuore.

Se puoi, perdonami per averti causato tanto dolore… Non avrei mai voluto farti del male…

Io starò bene amore mio, e ti starò sempre accanto, vegliando su di te…

Ti amerò per sempre… per sempre…”.

Il suo volto è rigato dalle lacrime, e i miei occhi sono vuoti, così come il resto del mio corpo…

Le sue parole mi hanno fatto cadere preda dell’oblio…

Perché sta dicendo queste cose?

Non vorrà davvero andarsene di nuovo!

No, non glielo permetterò…

Sono sgomento, e la paura che mi investe mi fa riscuotere. E’ come se fossi rinvenuto con una secchiata d’acqua gelida.

Come per trattenerla, stringo forte a me Sari.

Lei si aggrappa ai miei vestiti con le sue mani esili, e continua a piangere silenziosamente…

Poi, in un tacito accordo, ci baciamo a lungo…

Le mie labbra le trasmettono tutto quello che provo in questo momento.

Il nostro contatto è ricco di passione struggente…

Sto solo indugiando in realtà.

So bene che tra breve dovrò separarmi da lei, ma non voglio, e mi sento morire per questo…

E’ come se si fosse aperta una voragine sotto di me che sta solo aspettando d’inghiottirmi…

Cerco di assaporare questi ultimi momenti in cui posso sentire ancora il suo calore come meglio posso, ma il pensiero che tra poco Sari se ne andrà è come un tarlo, e non riesco a godere appieno della sua vicinanza…

Perché hanno voluto dividerci?

Perché?

Senza di te nulla ha senso per me.

Tutto cambia prospettiva…

Io non voglio che tu te ne vada!

Chi è che si diverte a farci questo?

 

Ad un tratto avverto Sari sussultare.

Mi stacco da lei e la guardo. I suoi occhi sono spalancati.

Sto per chiederle cos’abbia, quando lei mi abbraccia talmente forte da farmi male.

Non capisco. Perché si comporta in questo modo strano?

Cosa sta succedendo?

Una risposta si fa strada in me, ma io la ignoro perché non sono pronto a fronteggiarla.

Non può già essere arrivato il momento! No!

Inaspettatamente, una forza potentissima mi respinge da Sari, scaraventandomi lontano da lei.

Cerco di raggiungerla, ma quella barriera che si è formata intorno al suo corpo me lo proibisce.

Una luce abbagliante poco dopo la avvolge, risucchiandola, e io, la vedo scomparire senza poter far niente per evitarlo.

E’ terribile.

Sento risuonare una parola nell’aria…Addio’… Era la voce di Sari che l’ha pronunciata…

Sbarrando gli occhi cado a terra. Le gambe non mi reggono più.

Lei se ne è andata per sempre, e io non le ho nemmeno detto che la amavo.

La mia anima è dilaniata. Si attacca a qualunque cosa pur di non dovere fare conto con il fatto che non la rivedrò mai più…

Non sono mai stato così vulnerabile in vita mia…

Sento le lacrime bagnarmi il viso, e prima che mi si appanni completamente la vista, riesco a vedere che la nebbia che aleggia nel posto in cui mi trovo aumenta repentinamente, diventando fitta…

Nella mia testa rimbomba l’addio di Sari e io mi sento impazzire…

Con tutto il fiato che ho in gola, e con tutta la mia disperazione, mi metto ad urlare, mentre penso, smarrito, che quella è stata l’ultima sua parola che ho sentito, perché se ne è andata per sempre…

 

TI TI TI TI TI TI TI TI….!!

 

“Nooooooooooo!!” – Spalanco gli occhi di scatto, mentre il rumore della sveglia comincia a risuonare per la stanza.

Sudato e stravolto, in un gesto automatico spengo l’aggeggio, e sollevato, sussuro tra mè: “Era solo un sogno…”.

Involontariamente i miei occhi si posano sul calandario appeso al muro di fronte a me, su quella maledetta data che vorrei cancellare per sempre dalla mia memoria, evidenziata in rosso come tutti gli altri giorni festivi. Il quattordici febbraio.

Li serro, e mi rimetto sotto le coperte con uno scatto nervoso. Mi copro con esse fino alla testa.

Poi mi giro dall’altro lato e cerco di svuotare la mente, anche se so già che sarà impossibile.

Non ho alcuna voglia di alzarmi ed andare a scuola. Sono troppo stanco. Ma non fisicamente…

Devono passare molti minuti perché sento la casa animarsi.

Poi qualcuno bussa alla porta della mia camera.

Io non rispondo.

Poco dopo un rumore mi avverte che la porta è stata aperta.

Dalla soglia sento mia madre avvisarmi: “Kaede svegliati, è tardi! Così perderai la scuola...!”

D’umore nero le rispondo: “Non ho alcuna intenzione di andarci”.

Sono davvero a pezzi, non ho voglia di vedere nessuno.

Lei, ostinata, insiste: “Muoviti. Sono già le sette e trentacinque”.

“Sei sorda?” le domando irritato.

A quel punto mi si avvicina come una furia, e getta la trapunta con cui sono coperto a terra. Poi scosta la tenda lasciando filtrare i raggi del sole luminoso di stamane.

L’ultima cosa che volevo vedere in questo momento.

Ora come ora mi serve solo quiete e oscurità.

Odio la luce quando mi sento così demoralizzato..

Tirandomi su a sedere nel letto, guardo male mia madre, e le chiedo non molto gentilmente di andarsene, perché voglio restare solo.

“No, mio caro. - mi sento rispondere caparbiamente – Finché non ti alzerai resterò qui. Ti ricordo che oggi non è vacanza. Per cui andrai a scuola, volente o nolente”.

Mi alzo di scatto dal letto, e serrando i pugni le urlo: “Maledizione, hai scordato che giorno è oggi?! Và via! Lasciami in pace!”.

Per un attimo ho l’impressione che mi fissi comprensiva, ma poi riprendendo il suo atteggiamento di prima mi grida: “E’ ora di smetterla di vivere nei ricordi! Devi guardare avanti! Affronta la realtà una buona volta, e finiscila di fare l’eterna vittima e di nasconderti dietro quattro mura!!”

Sgrano gli occhi.

Ma come si permette di parlarmi così?

Non era mai stata tanto dura con me.

Come può non capire come mi sento?

Ho bisogno di stare solo…

Solamente di questo.

Sto per ribattere, ma mia madre non mi lascia parlare. In tono autoritario mi dice: “Bene. Visto che sei in piedi, inizia a prepararti. Ti aspetterò sotto. Oggi ti accompagnerò io a scuola dato che è tardi. Così eviterò anche che tu la salta facendo invece finta di esserci andato solo per essere lasciato in pace da me”.

La guardo sbigottito.

Mi ferisce e poi mi impone le sue decisioni come se niente fosse.

Non riesco a crederci.

Ma in questo momento non ho proprio la forza di lottare a parole con lei.

Esasperato, prendo la divisa scolastica dall’armadio in cui è riposta.

Solo quando vede compiermi questo gesto esce soddisfatta dalla stanza.

 

Pronto, scendo le scale per andare al piano di sotto.

Arrivato all’ultimo gradino, mia madre mi viene incontro, e come se tra noi non ci fosse stata alcuna discussione, proferisce: “Vieni in cucina, ti ho preparato una bella colazione abbondante”.

Dove trova il coraggio per fingere che prima non sia successo niente? E’ incredibile questa donna! Ha proprio una gran faccia tosta!

“Non ho fame” le rispondo stizzito.

“Bene, allora andiamo. Ecco qua il tuo pranzo” dice porgendomi il bento.

Lo afferro bruscamente e lo metto nella cartella. Poi la seguo fino alla macchina.

Per tutto il tragitto da casa a scuola mi tocca sorbirmi un suo irritante monologo.

 

Quando finalmente giungiamo a destinazione, si ferma davanti al cancello del liceo, e mi dice: “Sta attento durante le lezioni, cerca di seguirle tesoro”.

Io la guardo come se fosse pazza.

Sta per darmi un bacio sulla guancia, ma io scendo dall’auto, sbattendo lo sportello, prima che lo possa fare.

Mi avvio verso lo Shohoku, e dal finestrino abbassato, la sento urlare: “Ciao piccolo, a stasera!”.

In seguito parte a razzo verso il posto in cui lavora.

Vorrei sprofondare…

Odio chi mi mette in imbarazzo..

Sotto gli sguardi di tutti gli studenti presenti alla scena, entro nella scuola finalmente, e mentre sono intento ad aprire il mio armadietto delle scarpe, qualcuno mi chiama…

Mi volto, e vedo due ragazzine agitate e tutte rosse in viso..

Che seccatura..

Una di loro, la meno timida, spinge davanti a me la sua amica e fa le presentazioni: “Questa è Anzu, e ha qualcosa da darti..”.

La tipa in questione nasconde qualcosa dietro la schiena e non si decide a parlare. Si vergogna, ma.. che vorrà?

L’altra la esorta a consegnarmi quel che vorrebbe dandole una gomitata.

Così, stringendo gli occhi per l’imbarazzo, a capo chino, mi porge un oggetto dicendomi: “Tieni Rukawa, questa è per te. Buon…

Non finisce la frase perché io la interrompo col mio gesto.

Preso da un’ira furiosa infatti, le strappo la scatola di cioccolatini destinata a me dalle mani, e la butto a terra, calpestandola violentemente subito dopo.

Anzu e la sua amica sgranano gli occhi, poi la prima si mette a piangere.

L’altra la abbraccia cercando di confortarla, e mi lancia un’occhiataccia, insultandomi.

Io me ne vado, sono troppo sconvolto.

Esco dalla scuola assente, e mi dirigo verso la spiaggia.

Mentre cammino non vedo niente. Le mie gambe poi si stanno muovendo da sole, non sono io a guidarle.

Era identica – penso scombussolato.

Quel maledetto cioccolato era lo stesso di quel giorno.

La mia mente comincia a ripercorrere, senza il mio volere, ricordi dolorosi, rimasti a fuoco nella mia memoria da quattro anni ormai…

**FLASHBACK**

Frequentavamo il primo anno delle medie. Eravamo compagni di classe…

Io e Sari ci innamorammo subito, fin dal primo sguardo.

Stavamo insieme da un anno, quando… successe quel tragico incidente…

Un maledetto quattordici febbraio di quattro anni fa..

Le lezioni erano finite e ci aspettava un romantico appuntamento nel quale avremmo festeggiato San Valentino, come tutte le altre coppie…

…Ero andato a prenderla a casa sua, e lei, più bella che mai, mi era comparsa davanti e mi aveva preso sottobraccio, stringendosi affettuosamente a me.

Dopo aver attraversato la strada insieme, riparandoci sotto un ombrello dalla pioggia che aveva cominciato a battere incessante, mentre camminavamo si accorse di aver dimenticato il regalo per me..

…Mi disse di aspettarla un attimo, e corse in casa sua a prenderlo..

..Dopo qualche minuto la vidi ricomparire sul marciapiede davanti alla sua abitazione, di fronte a quello sul quale mi trovavo io…

…Per raggiungermi più in fretta, non fece attenzione alle macchine che passavano, e mentre attraversava la strada sorridendomi allegra…fu investita. Senza che io potessi fare niente per salvarla…

Mi accorsi troppo tardi dell’auto che sfrecciava veloce nella sua direzione, distratto dal suo sorriso, e lei, troppo lontana, non riuscì a capire in tempo il mio ‘Attenta’ urlato con disperazione.

Cercai di correre verso di lei per spingerla via dalla macchina prima che potesse farle del male, ma caddi a terra per un improvviso cedimento della gamba a cui avevo una lussazione..

Non riuscii ad alzarmi per il troppo dolore, ed impotente, la vidi volare davanti ai miei occhi sul parabrezza di quell’auto grigia, e poi piombare sull’asfalto con forza....

..Il suo sangue era dappertutto…

Gridai scioccato, e strisciando raggiunsi a fatica Sari, mentre nubi nere e tuoni scuotevano il cielo, e la scatola di cioccolatini che voleva regalarmi, poco di fianco a lei, schiacciata e ridotta male, iniziava a bagnarsi di lacrime che scendevano dal cielo…

L’uomo che era al volante della maledetta macchina grigia, chiamò subito un’ambulanza, cercando di soccorrerla..

Non dimenticherò mai la faccia della madre di Sari quando vide la figlia in quello stato, uscendo di casa per vedere cosa fosse successo sentendo urla e voci sommesse di gente che aveva assistito all’incidente..

Per fortuna però Sari era ancora viva, e i medici riuscirono a stabilizzare le sue condizioni critiche…

Anche se per poco, ho davvero creduto che fosse fuori pericolo.. Ma poi, quella stessa notte lei……….. andò in coma.

 

Quando mi comunicarono la notizia, non la ressi e svenni. Rimasi sotto shock per vari giorni.

I dottori, nonostante tutto però, erano ottimisti, e mi rassicurarono dicendomi che c’erano molte possibilità che lei si risvegliasse.

Così, con le mie vane speranze, mi feci forza e mi ripresi.

Aspettavo con ansia che Sari ritornasse cosciente, ma non successe…

Le comprai persino un regalo per il white day(Giorno nel quale in Giappone tocca ai ragazzi comprare un regalo alle loro fidanzate per ricambiare il loro di San Valentino. n.d.M), come mi illudevo..

Per due anni consecutivi andai a trovarla ogni giorno, parlandole e incitandola a ritornare da me..

Dovetti perfino fare i conti con i genitori di Sari, che mi davano la colpa dello stato comatoso in cui versava la figlia.

Ma io non mi arresi, e continuai a farle visita nonostante loro cercassero di impedirmelo.

Però non servì a nulla. Lei non accennava a dare segni di vita..

Poi, dopo due anni esatti, sempre un quattordici febbraio, una parte di me morì.

Sari passò dal coma leggero a quello irreversibile…

I sensi di colpa per non essere riuscito a salvarla, che cercavo di schiacciare col mio ottimismo e col mio non voler guardare in faccia la realtà, ritornarono prepotenti in me, e iniziarono ad asfissiarmi…

La mia vita, da allora, diventò un inferno…

 

Mi chiusi in casa per mesi, e non volli mai vedere nessuno degli amici miei e di Sari preoccupati per me. Così rimasi solo, col mio dolore…

Uscivo solamente per andare da Sari, e dal momento che i suoi genitori non andavano quasi più a trovarla, passavo tutte le ore che potevo con lei, pregando e sperando che riaprisse gli occhi da un momento all’altro, benchè sapessi che fosse impossibile…

**FINE FLASHBACK**

Che stupido… Attendevo un miracolo che non è mai successo…

Da quattro anni Sari ormai è tra la vita e la morte, e io, ogni giorno che passa, sto sempre più male…

Lei è in coma solo per causa mia, e averne la consapevolezza mi sta uccidendo…

 

Arrivo sulla spiaggia, mi siedo sulla sabbia, e chiudo gli occhi.

Vorrei poter dimenticare ogni cosa.

Ritornare indietro nel tempo per cambiare il corso degli eventi…

Ma non posso fare né l’uno, né l’altro..

Sto in questa posizione fino a sera tarda, poi mi incammino per andare a casa, si è fatto buio…

Alla fine mia madre aveva ragione, mi sono comportato come aveva previsto lei, e ho marinato la scuola…

 

C’è qualcosa che non va, perché appena arrivo di fronte a casa la vedo sulla soglia.

Sembra stesse aspettando proprio me.

Quando le sono davanti mi guarda in un modo strano, e poi riesce soltanto a pronunciare il nome di Sari in un tono che non le avevo mai sentito

Afferrandola per le spalle e scuotendola io le urlo: “Che le è successo? Parla!”

Scoppiando a piangere sussurra: “E’… è morta…”

Io la lascio immediatamente. Non vedo più nulla, non sento più nulla..

Mi sembra solo di non avere terreno sotto ai piedi..

Mi sento mancare.. non riesco a respirare…

Indietreggio e corro via, lontano da tutti…

Non so dove sto andando, ma continuo a farlo…

Non riesco a credere che la mia Sari non ci sia più… Mi sembra un incubo, e invece è vero…

Finora potevo sperare… ma adesso non mi è rimasto più neanche quello…

Lacrime amare che mi fanno bruciare gli occhi mi invadono d’improvviso il volto, mentre il vento gelido della sera mi fa rabbrividire dal freddo… Ma non me ne curo…

Devo essere in mezzo alla strada, perché d’un tratto due fari mi abbagliano, ma io non mi muovo.

Un’auto sta per uccidermi probabilmente, e io penso solo a chiudere gli occhi..

Finalmente io e Sari saremo di nuovo insieme…

 

Sento l’auto passare, ma io sono ancora qui. Perché?

Apro gli occhi e mi ritrovo tra le braccia di mio padre. E’ stato lui a salvarmi.

Deve avermi seguito con la mamma in macchina..

Mi tira uno schiaffo, e spaventato mi urla: “Ma cosa volevi fare?!”

La mamma ci raggiunge in lacrime, e ci stringe forte.

Io mi stacco bruscamente da loro e grido: “Perché non mi hai lasciato morire?!”

Mio padre mi guarda arrabbiato, e mi trascina in macchina.

La mamma sale nell’auto poco dopo, e si mette sui sedili posteriori, di fianco a me.

Io mi calmo, ma lo scontro con la realtà è duro, e inizio a piangere disperato.

Mia madre mi abbraccia e cerca di confortami con calore, ma sa benissimo che non potrà mai riuscirci…

 

Due giorni dopo si svolge il funerale di Sari.

La cerimonia è straziante.

Sua madre grida in preda alla disperazione, e suo marito prova a quietarla cercando di essere forte per lei.

Tutti i presenti mi fissano con astio. Pensano che la sua morte sia colpa mia, come i signori Mikage. (Il cognome di Sari.n.d.M)

 

Quando arriva il momento di dare l’ultimo saluto a Sari, e mi avvicino alla lugubre bara in cui si trova, mi sento cedere. Ma mia madre, accanto a me, prontamente mi sorregge.

Sto male, è come se non ricevessi più aria nei polmoni, ma cerco di resistere, e tremando, le accarezzo una guancia.

Poi, lievemente, bacio le sue labbra. Sono così fredde…

La guardo cercando di imprimere nella mia memoria il suo viso, che non rivedrò mai più. E poi, barcollando, facendomi spazio tra la gente di fronte al feretro, esco dalla chiesa.

Non c’è la faccio ad assistere alla sua sepoltura. Non c’è la faccio

 

Vado sulla spiaggia.

L’aria salmastra mi fa subito sentire meglio.

Mi siedo sulla sabbia, e allento il nodo della mia cravatta nera, come il resto del vestito.

Non avrei mai pensato di indossarne uno così per un’occasione del genere.

Sento una stretta al cuore, mentre l’incredulità per la circostanza in cui mi trovo prende possesso di me…

 

Guardo il mare senza vederlo realmente, e continuo a pensare alla mia Sari, che in questo momento è in paradiso, lontana anni luce da me…

Fisso il cielo, e riflessa nell’azzurro terso, compare l’immagine del suo volto sorridente..

Di nuovo delle lacrime scendono sulle mie guance…

Resto così per ore. Finché non mi accorgo del buio intorno a me.

Poi mi alzo, e come un automa torno a casa, andando immediatamente nella mia stanza. Senza avvisare nessuno del mio rientro.

Dopo essermi cambiato, mi metto a letto e chiudo gli occhi, stanco di questa vita infernale…

Vorrei riuscire a riposare, e per un attimo perdermi nel nulla assoluto… Ma purtroppo non ci riesco…..

Sento scattare la serratura del portone della mia abitazione, e le voci dei miei riempire il silenzio di poco prima che tornassero.

Così non erano qui...

Saranno andati sicuramente a cercarmi per paura che potessi commettere qualche sciocchezza avendo perso le mie tracce al funerale…

Dopo un po’, sento la voce dei miei genitori chiamarmi, chiedendomi se sono in casa. Poi, la porta della mia camera aprirsi.

Qualcuno si avvicina a me, ma io fingo di dormire.

Non ho alcuna voglia di vedere faccie impietosite da me. Non ora.

E nemmeno di parlare.

Dicono che faccia sentire meglio farlo, ma io non ci credo…

Spifferare ai quattro venti quello che si sente non cambia la realtà delle cose…

Sarebbe inutile, una perdita di tempo..

 

Appena avverto la porta richiudersi, e voci bisbigliare, apro gli occhi e rivolgo il mio sguardo al soffitto.

Saranno loro, sollevati di avermi trovato qui in casa e non morto suicida da qualche parte…

Trascorrono i minuti e io mi addormento per davvero stavolta..

Il mio è un sonno agitato che mi fa risvegliare nel cuore della notte, esausto e turbato…

Ho sognato che Sari mi incolpava della sua morte e diceva di odiarmi…

E’ stato tremendo…

 

Sedendomi nel letto, chiudo gli occhi, e metto una mano sulla tempia sinistra.

Poi deglutisco, cercando di regolarizzare il mio respiro affannoso.

La testa pulsa forte, mi fa male.

Non voglio continuare a vivere così. E non riesco nemmeno a ricominciare.

Devo farla finita.

 

Mi dirigo in bagno, e deciso più che mai a porre termine alla mia vita, prendo una lametta di mio padre, quelle che usa per la barba, e vado nella stanza degli ospiti, dove so che i miei genitori entrano raramente…

Qui nessuno riuscirà a salvarmi.

Mi dispiace mamma, papà.. ma questa è l’unica soluzione a tutto..

Mi chiudo a chiave nella camera, siedo sul pavimento, e senza esitazione taglio lentamente i miei polsi.

Chiudo gli occhi poggiandomi alla parete, e poco dopo, mi sento cadere nell’oblio, debole…

Sto arrivando Sari… riesco a pensare con l’ultimo barlume di lucidità che mi rimane, prima di perdere conoscenza…

 

 

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Mi risveglio, sentendo una fitta lancinante alla testa…

Sono ancora vivo?

Ma com’è possibile?

E poi dove mi trovo?

Vedo entrare una donna di mezz’età vestita tutta di bianco. E’ un’infermiera.

Allora sono in un ospedale…

La fisso intontito, e lei mi sorride dicendomi: “Ti sei svegliato... Chiamo subito i tuoi genitori!”

Esce dalla stanza e poco dopo ritorna con i miei.

Mia madre è in lacrime, e corre subito ad abbracciarmi.

Io la guardo confuso, e privo di forza per reagire mi domando perché sono ancora qui…

Mio padre mi lancia uno sguardo di rimprovero per aver tentato ancora il suicidio, ma poi, sollevato, imita mia madre.

L’infermiera, sorridendo ancora, ci lascia soli, dicendo che più tardi un medico passerà per un controllo.

 

I miei mi ordinano di non provare a fare mai più una cosa del genere, e mi raccontano di come siano ‘fortunatamente’, almeno per loro, riusciti a salvarmi..

Mio padre ieri notte era andato in bagno.

Aveva notato che lo sportellino dello specchio era semi-aperto, e che i suoi oggetti all’interno di esso erano spostati.

Accortosi della lametta mancante, allarmato, è subito corso in camera mia, e non trovandomici ha avuto la conferma che le sue preoccupazioni erano fondate…

Mi ha cercato per tutta la casa, e poi, trovando la porta della camera degli ospiti chiusa a chiave, immagginando che fossi lì, l’ha sfondata e mi ha soccorso.

Mia madre, svegliata da papà, ha subito chiamato un ambulanza, mentre lui pensava a fasciarmi i polsi con della garza...

 

Loro continuano a parlare, ma io mi sento tanto stanco, e restando per tutto il tempo in silenzio, chiudo gli occhi e cado in un sonno profondo…

Per un po’ questo mi ha sgombrato la mente da ogni pensiero, ma poi, tornato in forze e lucido, la mia tortura è ricominciata.

Dannazione, perché non mi hanno lasciato morire neanche stavolta?!

 

 

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Sono tornato a casa dall’ospedale da pochi giorni, e i miei non mi lasciano solo un secondo.

Hanno paura che riprovi per l’ennesima volta a togliermi la vita.

E forse fanno bene, perché la mia voglia di vivere è pari a zero da molto ormai..

Cercano di coinvolgermi in mille attività diverse per farmi distrarre e riprendere psicologicamente, ma io non sono in vena e le faccio solo perché esasperato da loro..

Poi hanno deciso di punto in bianco di mandarmi da un analista, senza consultarmi.

Hanno detto che se non vado alle sedute mi costringeranno a ritornare a scuola. E io non voglio, non sono ancora pronto ad affrontarla, per cui faccio tutto quello che mi dicono loro senza obbiettare.

Anche se mi hanno obbligato ad andare dallo psicologo, devo ammettere che mi sta aiutando molto..

Non avrei mai pensato che tirare fuori quello che si ha dentro con un estraneo, mi avrebbe fatto sentire più leggero..

Il mio analista dice che il mio malessere psichico deriva dai sensi di colpa, e che devo lavorare su quelli per cercare di eliminarli pian piano dalla mia coscienza..

Mi ha dato dei stupidi esercizi da fare, che lui però ritiene utili per la mia terapia, in cui devo ripetere a me stesso che non è a causa mia che Sari è morta una decina di volte al giorno, davanti allo specchio.

All’inizio mi rifiutavo di farli, ma come al solito, venuti a saperlo, i miei mi hanno costretto. Li ho provati, ma per quanto io possa dire ad alta voce che non sono il colpevole dell’accaduto, non me ne convincerò mai.

 

 

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Sono passati mesi ormai dal mio ultimo tentativo di suicidio, e dalla morte di Sari…

E alla fine, anche se a malincuore, sono dovuto ritornare a scuola…

E’ stato terribile dovermi riambientare.. Il primo giorno che ho rimesso piede al liceo mi sentivo un pesce fuor d’acqua anche se non lo davo a vedere…

Anche se ho avuto dei problemi, e il preside lo sa, ha detto che anche se gli dispiace per quello che mi è successo, io ho fatto troppe assenze, e dovrò ripetere l’anno..

Davvero meraviglioso, dovrò passare ancora più tempo con tutti questi buzzurri dello Shohoku per poter prendere un maledetto diploma e non vederli mai più…

Ho saputo che delle matricole iscritte al mio fan club sono al settimo cielo, e stanno pensando di fare un monumento al preside per la sua decisione di farmi restare nella scuola un anno in più…

 

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Il tempo è volato, e manca poco alla fine del secondo anno di scuola che ho dovuto ripetere.

Per me niente è cambiato granchè, e come sempre nel mese di febbraio, anche questa volta purtroppo è arrivato il giorno di San Valentino.

Il mio umore è pessimo dai primi minuti della mattinata.

E quando a scuola, costretto ad andarci dai miei su consiglio dello psicologo, per affrontare a viso aperto la sofferenza e superarla ha detto lui, trovo i soliti pacchetti di cioccolatini nel mio armadietto,  accompagnati da mille bigliettini rosa e profumati, lo diventa ancora di più.

Da rituale, li getto tutti via. La ferita è ancora aperta e mi fa male vederli. Mi ricordano l’incidente.. E non smetteranno mai di farlo…

Da sotto quella montagna di dolci, che hanno avvelenato la mia giornata, vedo però spuntare un pacchetto grande e voluminoso diverso dagli altri. E’ rivestito da una carta celeste che ha disegnati sopra cuori rosa.

Lo prendo in mano. E’ morbido al tatto. Questo non è cioccolato.

La tentazione di buttarlo come tutto il resto è forte, ma alla fine non lo faccio, e lo conservo in cartella, senza aprirlo.

Lo trascino con me per vari giorni, dimenticandomene.

Ma poi, circa un mese dopo, appena arrivato a scuola, davanti al mio armadietto delle scarpe, rovescio tutto il contenuto dello zaino a terra per una distrazione, e me lo ritrovo davanti mentre raccolgo quello che ho sparso sul pavimento.

Decido di scartarlo vinto dalla curiosità, e scopro che contiene una soffice sciarpa di lana bianca fatta a mano, dove sono stati ricamati il mio nome e cognome. Resto sorpreso.

Poi leggo il bigliettino che era stato messo sopra alla sciarpa, all'interno del pacco, e mi stupisco ancora di più.

Sgrano gli occhi. C’è scritto:

> Ehm… Che sono innamorata di te lo avrai già capito ricevendo questo regalo proprio oggi, quindi è inutile che cerchi di trovare parole per dichiararmi suppongo… Forse è meglio così, perché al momento non me ne viene in mente nessuna…

Non mi resta che augurarti un felice San Valentino…

La tua ammiratrice segreta M.A.

Ps: In caso volessi farmi un regalo per il white day, il mio armadietto è l’ottavo alla tua sinistra. So che è stato inutile dirtelo, ma io nei miracoli d’altronde ci ho sempre sperato…

PPs: Chissà se la mia sciarpa ti è piaciuta… Spero di si, l’ho fatta con amore, pensandoti..

Sarei felice se la indossassi anche solo per una volta.. <

Questa ragazza è un tipo davvero particolare. Sembra diversa dalle altre.

Ha carattere.

Ripongo la sua sciarpa nella mia cartella e mi dirigo in classe, con qualcosa nel cuore che potrebbe somigliare a dolcezza.

Non provavo una cosa del genere da tanto tempo…

 

Sedendomi al mio banco, noto un mio compagno dare un pacchetto a una della mia classe, che deve essere la sua ragazza.

Sarà il suo compleanno - penso. E con invidia per la loro felicità di essere insieme, mi volto verso la finestra per non vederli.

E inizio a pensare alla mia Sari..

Poi vengo distratto da un commento:

“Grazie!! E’ bellissimo! Questo è il white day più bello che abbia mai passato! E’ tutto questo solo perché ci sei tu con me! Ti voglio tanto bene!”

La voce della mia compagna di classe mi ricorda che non era per il suo compleanno quel regalo, ma per il white day..

Mi viene in mente la frase del bigliettino della ragazza della sciarpa:

>Se volessi farmi un regalo per il white day ricordati che il mio armadietto è l’ottavo alla tua sinistra..<

Con il suo pensiero fatto da lei e le sue parole, per un po’ è riuscita a farmi sentire meglio. Sarebbe carino da parte mia donarle qualcosa in cambio per ringraziarla di questo.

In fondo non provavo un sentimento positivo da anni..

E poi, finalmente, forse riuscirò ad avere un ricordo diverso del giorno di San Valentino..

 

Nella pausa pranzo vado al distributore che si trova in corridoio e prendo uno snack.

Non mi vengono altre idee migliori al momento, e poi non farei in tempo a comprarle qualcos’altro dato che il white day è oggi.

Lo metto nell’armadietto della ragazza dalle iniziali M.A, con un foglietto strappato da un quaderno, sul quale ho scritto l’unica parola che esprimeva tutta la mia riconoscenza sincera nei suoi riguardi:

>Grazie, Kaede Rukawa<

 

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Le lezioni per oggi sono finite. Esco fuori dallo Shohoku e metto la sciarpa che mi è stata regalata, tira un vento gelido.

Una folata più forte delle altre me la spinge sugli occhi, e io sono costretto a fermarmi per spostarla. Non vedo nulla.

Qualcuno, che evidentemente camminava dietro di me distrattamente, non accortosi del mio arresto improvviso, sbatte contro la mia schiena mugolando un: “Ahi, che botta!”

E’ la voce di una ragazza. Mi volto, e lei spalanca gli occhi e la bocca.

Poi, portandosi una mano a coprire quest’ultima, additandomi balbetta: “L’ha- L’hai messa!”

Capisco subito dalla direzione del suo sguardo che si sta riferendo alla sciarpa.

Le rispondo: “Sei tu allora M.A?”

Diventa rossissima, e resosi conto della gaffe fatta, abbassando gli occhi mormora: “Ehm…beh..io..io……Si”.

“La sciarpa è molto bella. Grazie” le dico gentilmente.

Mi viene quasi da sorridere per la sua reazione di prima.

Avevo perso la spontaneità.. Oggi però mi sembra quasi di averla riacquistata, insieme a tante altre cose..

Grazie a questa timida ragazza..

Imbarazzata mi risponde: “Sono contenta che ti piaccia… Grazie anche a te per lo snack, mi ha reso molto felice” mi sorride lievemente arrossendo.

“Di nulla” le dico.

All’improvviso, mentre ci guardiamo negli occhi con intensità per qualche secondo, si mette a piovere.

E io mi ritrovo a chiedermi cosa stessi facendo.

Dovevo essermi incantato. E’ questa ragazza a farmi questo strano effetto?

Lei, tirando fuori il suo ombrello, ci copre entrambi. Dopo aver starnutito per il freddo, mi sorride timidamente e mi chiede:

“Non hai l’ombrello con te, vero? Ti bagnerai tutto… Potrei darti un passaggio sotto il mio fino a

casa, però.. Ti va?”

Questo episodio mi fa ripensare al giorno dell’incidente, e a me e Sari che camminavamo abbracciati sotto un ombrello.

Questo ricordo mi fa ancora male…

Esito per un attimo a rispondere, per paura di rivivere come un deja-vù ancora quella scena terribile, ma poi, il sorriso dolce di questa ragazza mi convince ad accettare il suo invito.

Iniziamo a camminare, e lei, si presenta. Si chiama Mariko. Non mi aveva ancora detto il suo nome.

Mi dice che abita non molto lontano da me.

E io mi chiedo come faccia a sapere dov’è casa mia, ma non glielo domando. Non mi va di rovinare questa bella atmosfera che si è creata tra noi e di metterla in imbarazzo.

Mi chiama senpai, e io capisco che è più giovane di me.

Le chiedo in che sezione è, ed il nostro dialogo prosegue ininterrotamente per molto..

Anche se le nostre case non sono così distanti da scuola, sembra che invece lo siano, e che il tempo stia andando a rallentatore non facendoci arrivare mai..

Poi lei facendosi triste, mi dice che le è dispiaciuto molto quando io ho smesso di giocare a basket nonostante fossi così bravo.

Allora anche lei era alle medie Tomigaoka, altrimenti non sarebbe a conoscenza di questo..

La mia faccia diventa scura e resto zitto, sapendo che sa di Sari..

Mariko, mortificata per la sua nuova gaffe, mi dice che le dispiace e che non era sua intenzione impicciarsi in questioni che non la riguardano, anche se sarebbe felice per me se riniziassi a praticare la pallacanestro.

Io le dico che non importa, che non fa niente per quel che ha detto. D’altronde, non potrò mai fingere che Sari non sia presente in ogni cosa per me, solamente evitando di parlare di lei.

Un giorno forse riuscirò a pensare a lei senza sentirmi così male, ma per ora no...

 

Ricominciamo a conversare serenamente.

Credo che anche se il quattordici febbraio ha sempre e solo portato eventi spiacevoli nella mia vita, d’ora in poi, col sostegno di qualcuno, riuscirò finalmente a costruirmi bei ricordi in questo giorno…

 

Guardo negli occhi Mariko, e le parole di Sari, che aveva pronunciato prima di scomparire nel mio sogno di un anno fa, che ora so, era davvero lì con me per salutarmi, ritornano alla mia mente e riesco a risponderle dopo tanto…

Cercherò di impegnarmi a mantenere la promessa che voleva farmi fare, e di credere che la sua morte non sia stata colpa mia, anche se sarà difficile…

Tenterò di ricominciare da zero, e di perdonare me stesso… Con l'aiuto delle persone che mi vogliono bene e un grosso sforzo da parte mia potrei riuscirci..

Devo iniziare ad accettare il fatto di aver bisogno degli altri per guarire la ferita della mia anima...

 

Mentre un sole pallido tramonta all’orizzonte, e la pioggia cessa di cadere, avvolti in un mondo tutto nostro, io e Mariko non ci accorgiamo di nulla... E continuiamo a camminare per le vie insieme, sotto a un ombrello che non servirebbe più..

 

Uno spiraglio di luce comincia a intravedersi in questa mia buia esistenza…

 

 

Fine

  
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