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Autore: LaMicheCoria    04/07/2011    1 recensioni
Io ci ho tanto dentro.
E’ qualcosa di grande, grande come la notte quando togli la luna dal cielo e rimani con solo le stelle sopra la testa e giù, giù fino all’orizzonte e anche oltre, oltre Parma, oltre l’Emilia, e sono tante, ma così tante, che non riesci a contarle.
(...)
Alzo gli occhi su Riccioli Neri, perché voglio parlarci, dirci che Piero fa tanto quello che in guerra spara a tutti, ma non sa nemmeno chi è il nemico, perché la guerra non gli piace, perché la guerra, dice, non ha senso, dato che è solo uno spararsi e farsi fuori di gente che di diverso ci hanno solo il colore degli occhi e della giacca. Voglio dirci tutto questo, ma non ci riesco.
I suoi occhi mi tengono fermo, impalato in mezzo all’osteria, e io non riesco a non pensare che ci ha gli occhi neri del bosco sopra Berceto, quando il sole si caccia tra i rami e si spezza fra le foglie, e c’è più nero che luce, ma la luce è ancora più bella con tutto quel nero, perché poca e preziosa.
Sento che il cuore mi si stringe forte e lo stomaco si attorciglia una, due, tre volte, e non riesco a respirare con quegli occhi di bosco che mi tolgono la voce e l’aria.
(Dal capitolo 2.)
[ Andrea aveva un amore: Riccioli neri. Andrea aveva un dolore: Riccioli neri ]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:  Andrea Gettava Riccioli Neri
Autore:  Nemeryal
Fandom: Nessuno
Rating: Giallo

Genere: Slice of Life, Drammatico, Introspettivo
Avvertimenti: Shonen-Ai, Het
Personaggi: Andrea del Berceto ©, Andrea di Vallombrosa © [Manco a dirlo, i due Andrea di cui parla de Andrè nella sua canzone sono suoi e di chi tiene oggigiorno i copyright –credo Dori Ghezzi- ] Il 
© è dunque da intendersi per Andrea del Berceto e Andrea di Vallombrosa come personaggi creati dalla mia mente malata, ma non per i personaggi della canzone di De Andrè. Spero si capisca XD
Pairing: Andrea del BercetoxAndrea di Vallombrosa
Ambientazione: 1915
Trama: Mi chiamo Andrea e le scuole non le ho fatte, quindi non so parlare bene.
 Perché io ci ho tanto dentro.
E’ qualcosa di grande, grande come la notte quando togli la luna dal cielo e rimani con solo le stelle sopra la testa e giù, giù fino all’orizzonte e anche oltre, oltre Parma, oltre l’Emilia, e sono tante, ma così tante, che non riesci a contarle.
[ Andrea aveva un amore Riccioli neri. Andrea aveva un dolore Riccioli neri. ]
Dedica: a Silentsky
Note: Ecco, lo sapevo. De Andrè si rivolterà nella tomba. Me lo sento, lo so. E Dori Ghezzi verrà a cercarmi e mi taglierà la testa. Bene, ottimo.
No è che..io amo de Andrè e amo questa canzone. E, ascoltandola e ascoltandola e ascoltandola, le parole sono uscite da sole. Ovviamente, essendo questo più che un capitolo vero e proprio, un prologo, un’introduzione, è piuttosto corto. Gli altri saranno più lunghi, decisamente.
Che poi Andrea del Berceto non è stupido, anche se il suo modo di parlare è tutt’altro che aulico e forbito. No so perché ho voluto scrivere in prima persona, solitamente non lo faccio mai perché non mi ci ritrovo affatto. Però..questa non potevo non scriverla in prima persona e ci ho provato ad immaginarla narrata in terza persona, eh.
E così, Andrea del Berceto è qui per narrarvi la sua storia. Non sarà lunga, solo di quattro capitolo.
Spero vi piaccia e non vi sentiate, boh, in qualche modo offesi dal modo di parlare di Andrea. Non è scemo, ripeto, non è affatto quella l’idea che voglio far passare di lui. E’ una persona semplice, che non ha fatto le scuole, ma dentro ha così tanto, ma così tanto..è come il verso de Un Matto “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole”. Esattamente, è questa l’ottica con cui vorrei leggeste e vi immedesimaste in Andrea.
E poi, ho fatto un po’ di rimandi ad altre canzoni di de Andrè. Che poi, Piero fa tanto lo sborrone, ma è un bravo Cristo.
Bene, buona lettura e a presto!
Ispirata da Andrea - Fabrizio de Andrè

Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo poetico, i figli della luna; alle persone che noi chiamiamo gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Mi fa piacere cantarla così, a luci accese, a dimostrare che oggi si può essere semplicemente se stessi senza bisogno di vergognarsi."
[Fabrizio de Andrè, Presentazione durante il concerto tenuto al Teatro Smeraldo di Milano (19/12/'92)]

 

 

Andrea Gettava Riccioli Neri

 

 

1.

Andrea s’è Perso
~ e non sa tornare ~

 
Mi chiamo Andrea e le scuole non le ho fatte, quindi non so parlare bene.
Non ho fatto neanche la leva, quindi non so tenere in mano un fucile e non posso fare la guerra. Non ho fatto la leva perché i genitori non ce li ho: la mamma è morta quando sono nato e il babbo è caduto dalla mula mentre tornava in paese con i lupini.
Io la leva non l’ho fatta, ma Piero sì e dice che il fucile in mano lo sa tenere e quando ci sarà la guerra lui sparerà forte e ammazzerà il nemico, così che non viene in paese e ci ruba le galline.
Piero dice così, ma io lo so che la guerra non gli piace, lo dice solo per piacere alla Ninetta, ma tanto è inutile che faccia lo scemo così perché tanto alla Ninetta piace già.
Una volta gli ho chiesto chi è il nemico che vuole ammazzare, ma mi sa che non lo sa neanche lui, perché ha messo il muso e mi ha guardato con certi occhiacci che sembravano quelli del Nano.
Il Nano ha fatto le scuole e dice che diventerà giudice e ce la farà pagare a tutti, soprattutto a Piero che si diverte a pisciargli sulla testa o a tirargli contro i sassi quando è girato o a mettergli i topi morti sotto le panche della Chiesa.
Io non so parlare bene, ma visto che il Nano ha fatto le scuole gli ho chiesto se poteva insegnarmi, ma lui ha detto che dovevo andare a Parma quando ne ho avuto la possibilità e quindi adesso mi arrangio. Ho provato a spiegargli che visto che il babbo non ce l’ho e vivo dalla famiglia di Piero devo lavorare, ma lui mi ha detto che se sono nato per fare il contadino non posso certo mettermi in testa il grillo di voler imparare a leggere a fare di conto.
Glielo ho detto a Piero e lui ha detto che il Nano è una carogna perché ci ha il cuore troppo vicino al buco del culo.
Che poi io so leggere anche se qualche parola non la conosco e mi fa inciampare, so fare di conto piuttosto bene e anche scrivere il mio nome perché me lo ha insegnato il parroco. Ma quel poco che so non mi basta, perché c’è qualcosa, qui, che mi fa sudare anche quando ho freddo, ma scalda bene e fa piacere, che mi fa sentire pieno e vuoto, è qualcosa di grande che quando la Ninetta mi chiede cosa c’è, io le rispondo “Niente” perché non so come dirglielo.
C’era uno che veniva da lontano, diceva che veniva dalle Americhe, e che suonava sempre la chitarra per farsi dare un tocco di pane ed un bicchiere di vino in più dall’osteria giù in paese. Suonava bene e la voce gli grattava la bocca, ma non era brutta, mi piaceva molto e lo stavo ad ascoltare tanto la sera, quando Piero stava qualche tavolo più in là e faceva lo scemo parlando di fucili e di guerra e intanto inventava un altro modo per pisciare sulla testa del Nano.
La sera prima che andava via gli ho chiesto come faceva a cantare così bene e con parole tanto belle e lui mi ha detto che chiunque può dire parole belle se le sente dentro e che non bisogna fare le scuole –lui non le aveva fatte, mi ha detto-, perché se sono grandi e le sentiamo e ci fanno bene anche facendoci male, allora ci escono fuori da sole.
Allora io ci voglio provare.
Perché io ci ho tanto dentro.
E’ qualcosa di grande, grande come la notte quando togli la luna dal cielo e rimani con solo le stelle sopra la testa e giù, giù fino all’orizzonte e anche oltre, oltre Parma, oltre l’Emilia, e sono tante, ma così tante, che non riesci a contarle.

 

 

   
 
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