Libri > La bambina della Sesta Luna
Ricorda la storia  |      
Autore: visbs88    05/07/2011    5 recensioni
[La bambina della Sesta Luna - Moony Witcher]
- Odio l’autunno, odio questo stupido vento.
Le esclamazioni irate di Barbessa attirarono lo sguardo di alcuni passanti, che subito dopo si affrettarono ad allontanarsi da quella strana e pericolosa bambina che godeva di una triste fama nelle calli e nei campielli di Venezia.
[…]
Scritta per l'iniziativa "Un prompt al giorno" (prompt Capelli spettinati) e per la 150° Challenge (prompt Gelato).
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ANDROIDI

 
Iniziative: Un prompt al giorno e 150° Challenge (Fanworld.it).
Prompt: Capelli spettinati/Gelato.
Titolo: Androidi.
Introduzione: - Odio l’autunno, odio questo stupido vento.
Le esclamazioni irate di Barbessa attirarono lo sguardo di alcuni passanti, che subito dopo si affrettarono ad allontanarsi da quella strana e pericolosa bambina che godeva di una triste fama nelle calli e nei campielli di Venezia.[…]
Personaggi: Alvise, Barbessa.
Rating: Verde/Per tutti.
Generi: Malinconico, Sentimentale.
Avvertimenti: Incesto, One-shot, Slices of Life.
Pairing: Alvise/Barbessa.
Numero parole (Contatore Word): 1.039.
Disclaimer: i personaggi non sono miei, ma dell’autrice dei libri Moony Witcher. Non scrivo a scopo di lucro, ma per puro divertimento personale. Occorre il mio permesso per citare pezzi della storia, tradurla, riprodurla altrove o trarne ispirazione.
Nota: Ambientata prima degli avvenimenti descritti nei libri.
 
Buona lettura.
 
- Odio l’autunno, odio questo stupido vento.
Le esclamazioni irate di Barbessa attirarono lo sguardo di alcuni passanti, che subito dopo si affrettarono ad allontanarsi da quella strana e pericolosa bambina che godeva di una triste fama nelle calli e nei campielli di Venezia. Il suo gemello Alvise la seguiva poco distante, forse anche lui intimorito dall’irritazione della sorella, esplosa senza una ragione precisa. Le loro pesanti felpe con la K stampata in evidenza sul dorso non bastavano a proteggerli dal vento, che minacciava di portar via i loro berretti scuri che tenevano ben calcati in testa. Non provavano freddo, non potevano, ma era comunque fastidioso sentire quell’aria che testarda si ostinava a non lasciarli camminare tranquilli. L’autunno era iniziato da poco, e la solo idea che per mesi avrebbero dovuto sopportare fastidiosi acquazzoni e lunghe nevicate bastava a rendere Barbessa di pessimo umore.
- Cerchiamo un posto riparato, Alvise – sbottò in quel momento la ragazzina, girandosi e prendendo per mano senza delicatezza il fratello. Lo trascinò quasi a passo di corsa per circa venti minuti, indecisa su dove andare. Lui la seguiva rassegnato, quando Barbessa si svegliava male non c’era nulla da fare se non assecondarla. Cercava di stringerle con più dolcezza la mano, ma lei cocciuta non voleva rabbonirsi, non così facilmente, almeno.
Finalmente, dopo diversi giri per le stradine di Venezia, la ragazzina si decise a fermarsi in un piccolo campiello.
- Non sarà granché, ma ci basterà – disse sicura di sé, sedendosi sui gradini del pozzo che stava al centro della piazzetta, al riparo dal vento. Alvise si mise al suo fianco, senza lasciare la sua mano. Tutte le persone che passavano li guardavano sospettose e schive, come fossero un pericolo. In effetti, non potevano dirsi innocenti.
- Cosa vuoi fare? – domandò svogliato alla sorella.
- Niente, oggi – rispose subito lei, secca. Si tolse il cappello e lo appoggiò per terra, sbuffando irritata notando come le sue trecce lunghe e nere fossero scompigliate ed arruffate.
- Accidenti – esclamò, togliendo gli elastici scuri che le tenevano ferme e iniziando rapida a scioglierle. Alla fine scosse la testa per sistemare la sua lunga capigliatura nera, passandoci in mezzo le dita.
- Stai bene così – osservò Alvise, anche se i capelli spettinati della ragazzina erano pieni di nodi e la rendevano tutt’altro che elegante. La chioma corvina aveva quei riflessi lucidi e artificiali visibili solo sui capelli finti. Questo gli servì a ricordarsi di non potersi comportare in modo normale.
- Mi danno fastidio. Hai un pettine? – ribatté svelta Barbessa, senza guardarlo. Lui rispose di no, come lei avrebbe dovuto prevedere. Quando mai aveva avuto l’esigenza di portarsi una spazzola per capelli in tasca?
- Sei totalmente inutile, Alvise – lo aggredì la ragazzina, facendolo quasi sobbalzare. Lo scintillio cattivo ed arrabbiato negli occhi della gemella lo metteva a disagio. La ascoltò sbuffare e lamentarsi mentre tentava di sistemarsi i capelli con le dita, districando i nodi senza pietà; in fondo, non poteva provare dolore. Intanto pensava a cosa fare per metterla di buonumore, non che fosse un’impresa facile. Finalmente sembrò soddisfatta e iniziò ad intrecciare le lunghe ciocche scure. Alvise si trattenne dal ridacchiare mentre pensava che il vento poco dopo le avrebbe ridotte come prima. Fortuna che lei non poteva leggere nel pensiero.
- Vuoi andare a tirare sassi alle barche sul Canal Grande? – propose il ragazzino alla fine, ma con scarso entusiasmo.
- No, ci siamo andati ieri e dopo un po’ non mi diverte più – rispose Barbessa senza esitare.
- Non ti va nemmeno di avvelenare qualche cane, gatto o mendicante?
- Se il mendicante è qui vicino, va bene. Dovremmo compare del pane, però, e metterci dentro il veleno.
- Io non ne ho, di veleno.
- Nemmeno io, pensavo di averti detto di portarlo via! – saltò su lei, infuriata.
- D’accordo, d’accordo, niente mendicanti – si affrettò a riparare lui. Doveva trovare un’idea migliore, ma al momento non riusciva a ragionare bene.
- Potremmo fare qualcosa di normale – azzardò.
- Tipo? – chiese Barbessa, scettica.
Lo sguardo di Alvise cadde su una gelateria che fino a quel momento non aveva notato.
- Prendere un gelato?
- Idiota – ringhiò la gemella – Noi non mangiamo, cretino.
- Possiamo fare finta di farlo, però.
Lui sbuffò e mise il muso.
- Vallo a prendere, se ne hai così tanta voglia – mugugnò, orgogliosa fino all’ultimo.
Alvise sorrise e si alzò, correndo rapido verso la gelateria. Tirò fuori i soldi, naturalmente falsi, dalla tasca e comprò un paio di coppette alla vaniglia, il primo gusto che vide. Raggiante tornò dalla gemella, senza però rischiare di perdere il cappello lungo il tragitto.
Barbessa afferrò il suo gelato senza ringraziare. Si mise a mescolarlo assente, e l’altro la imitò. Quel loro tentativo di sembrare normali era del tutto vano, prima o poi qualcuno si sarebbe accorto che non mangiavano.
Cogliendolo di sorpresa, Barbessa appoggiò la testa alla sua spalla.
- Torniamo da Karkon? – domandò, all’improvviso quasi stanca.
- No, voglio rimanere qui un po’.
- Perché?
- Voglio fare finta di essere umano – rispose Alvise, prendendola per mano. Lei sospirò.
- Ti voglio tanto bene – mormorò. Forse il gelato, malgrado lei non lo avesse mangiato, stava facendo i suoi effetti – Ma sai che non siamo umani e che non lo saremo mai.
- Sì.
Cosa costava, però, fingere di non essere freddi robot? Perché non crogiolarsi, una volta tanto, nell’illusione di essere veri bambini?
Androidi, esperimenti di Karkon, scagnozzi di un creatore malvagio, erano solo questo. Non avevano nulla contro la malignità, anzi, ripudiavano tutto ciò che era bene e purezza, ma allora come mai provavano affetto l’uno verso l’altra in modo così sincero? Non era forse un sentimento umano, quello? Loro non avrebbero dovuto non provare nulla?
Invece erano lì, mano nella mano, con il solo, semplice desiderio di stare insieme e vivere da umani, senza rinunciare alla crudeltà, ma almeno umani. La voglia di provare calore, fame, freddo, sete, dolore e tutto il resto che era stato loro privato, la voglia di mangiare un gelato insieme come tutti gli altri bambini.
Un soffio di vento li accarezzò, passando tra i loro capelli. Il loro destino li univa con un filo metallico, insensibile e duro, come la stessa esistenza a cui erano condannati.
Un’esistenza da androidi.
 

Ritorno a scrivere su questo sfigafandom dopo il mio (orribile) esordio, su una coppia e un contesto diversi :-) siamo prima dei fatti narrati nei libri, non so quando prima, però XD che dire, la coppia non mi sembra del tutto impossibile e trovo normale, anche per persone non precisamente buone, il desiderio di trovare un’umanità, il che non significa per forza bontà. Boh, libera interpretazione XD
Spero che vi piaccia <3
Visbs88
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > La bambina della Sesta Luna / Vai alla pagina dell'autore: visbs88