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Autore: chanel coos    06/07/2011    0 recensioni
Vite.Una cameriera in un ristorante che studia in una università, un ragazzo dall'aria pericolosa che si sente in dovere di proteggerla. Un muto che si interessa a una ragazza con pericolosi disturbi mentali e cerca di farla guarire. Una ragazzina bella, simpatica e un ragazzone che si intenerisce e vuole fare amicizia con lei. Una serva nella casa di un riccone e la figlia del padrone: viziata, insopportabile, ma con un cuore. Tutte vite che si incontrano, so scontrano, si incrociano a volte con conseguenze evidenti ( amori, amicizie, fratellanze) a volte senza nessun cambiamento evidente.
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2





Joshua sentì delle grida che provenivano dalla casa davanti alla quale stava passando, urla di agonia, dolore, rabbia, PAZZIA! Decise che non aveva niente da perdere, quello che avrebbe fatto in quel momento non avrebbe di certo cambiato peggiorato la sua vita terribile. Voleva fare qualcosa senza senzo, ma tutti credevano che lui fosse malato di mente solo perchè non aveva il dono della parola, allora, perchè non fare come volevano loro? Perchè no fare cose senza senso, nessuno avrebbe mai detto che era inopportuno, maleducato, tutti lo avrebbero giustificato: poverino non sa parlare. Si diresse verso la casa, il cancello era aperto, percorse il breve vialetto e suonò il campanello. Le urla aumentarono, erano di più e più forti. Aveva forse sbagliato a suonare? Aveva forse peggiorato la situazione? Non importava, lui era muto, poverino. Dopo qualche secondo una donna alta, con capelli rossicci e occhi nocciola, sulla trentina aprii la porta. Fissò Joshua per un po', poi azzardò: << B- Buongiorno. Lei chi è? >>
Joshua continuò a fissarla, serio. La ragazza che urlava era lì. Si sibatteva tra le braccia della rossa, urlando come una pazza. La donna continuava a guardarlo con aria interrogativa. Lui guardava la ragazza. La ragazza si fermò, si mise in posizione eretta, assomigliava molto alla donna, aveva però capelli leggermente più chiari e occhi con qualche sfumatura di verde, sembrava una diciottenne, al massimo ventenne. Le braccia erano piene di graffi, lividi, gli occhi innocenti di una bambina.
<< Ragazzo, lei chi è? Cosa vuole? >> chiese seria e scocciata la rossa. 
Joshua si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa su cui poter scrivere. Poi vide una lavagnetta, sul tavolo in cucina. Entrò scostando delicatamente la donna e si diresse velocemente verso il tavolo. La casa era piccola ma accogliente, un salottino con un divano marroncino e una televisione non molto grande, la cucina abbbastanza piccola, ma stranamente carina, con le pareti decorate da pitture arancioni. Joshua prese la lavagnetta e il gesso che vi era posato sopra e cominciò a scrivere in stampatello, con una scrittura chiara e pulita :  SONO JOSHUA. Pausa. si girò verso la donna che lo guardava sempre più confusa, la ragazza si stava addormentando, addormentando? In piedi? Doveva avere qualche problema! Continuò a scrivere, stavolta la sua scrittura era più incerta: SONO MUTO. HO SENTITO DELLE URLA E SONO VENUTO A VEDERE CHI ERA. TEMEVO FOSSE UNA BAMBINA DA SOLA IN PERICOLO mentì.
La donna sembrò addolcirsi: << Io sono Samanta. Lei è mia sorella, Caterine. A volte ha delle crisi e urla. Ha dei problemi. >>. si rabbuiò. Anche Joshua lo fece, si pentì di essere entrato in quella casa, di aver disturabato le ragazze, di aver fatto rattristare la rossa ricordandole la situazioni della sorella. Scrisse con una calligrafia incerta, tratteggiata in certi punti: MI SCUSI DI AVERVI DISTURBATE. ARRIVEDERCI. Fece per andarsene, ma Caterine lo fermò. La pazza, lo prese per il braccio. 
 
* * *

 
Giornata libera. Il suo giorno di riposo. Camilla ripiegò la sua " divisa", il vestitino blu e bianco, e lo depose dentro l'armadietto di legno marrone. Si sedette sul suo letto a una piazza appena rifatto e sospirò. Quante cose da fare in quell'unica giornata! Si mise una gonna che arrivava sotto il ginocchio blu, una camicetta bianca e le sue ballerine nere, trasandate. Si pettinò i bei capelli nero lunghi fin sotto le spalle, lisci e setosi. Diede un'ultima occhiata alla stanza per controllare che fosse a posto e uscì richiudendosi delicatamente la porta dietro le spalle. Scese le scale e rallentò verso la fine ammirando il lussuoso salone, dal pavimento lucidato e splendente, ai mobili senza un filo di polvere, al lampadario di cristallo pulito e perfetto. Se non fosse per me, tutta questa bellezza sarebbe offuscata dalla sporcizia, si disse soddisfatta. Lanciò un'occhiata al piano di sopra, tutti dormivano ancora, erano le sei meno un quarto. Esitò un attimo sull'ultimo scalino, poi si lanciò fuori dalla porta, impaziente di vivere la sua giornata libera. Quasi corse fino alla fermata dell'autobus che arrivò dopo pochi minuti e si femò per farla salire. Si accomodò accanto a un signore anziano che non la degnò di uno sguardo, Cominciò a guardarsi attorno: un ragazzetto con le cuffie nelle orecchie, la cartella sulle spalle scese davanti alla scuola media, un signore in giacca e cravatta stava in piedi, altezzoso, di certo imbarazzato per il fatto di dover stare in un autobus con gente mediocre, lui che era così iportante. Camilla intuì il perchè della sua presenza in quel mezzo pubblico: sapeva che alcuni signori importanti come lui, spesso in occasioni speciali esageravano con l'alcol come tutti gli altri e quasi sempre venivano privati della loro patente. Sopportare lo sguardo del tassista sarebbe stato troppo, in un autobus nessuno ti poteva fare domande. Voltò leggermente la testa e vide una ventenne dai capelli neri e occhi scuri ripassare su dei fogli scritti fitti fitti; non aveva l'aria di una persona che si era concessa tutte le ore di sonno che le servivano. Ma... aspetta... lei non era la cameriera che l'aveva servita la settimana scorsa, una delle pochissime volte in cui aveva mangiato in un ristornte più che decente. Venne distolta bruscamente dai suoi pensieri quando un bambino le cadde quasi addosso ridendo come un pazzo. Che fortuna! Se non fosse stato per lui non si sarebbe accorta che doveva scendere dove lui era salito. << Aspetti, aspetti! La prego, devo scendere qui, non riparta >> si affannò verso l'uscita. 
<< Ma insomma, stia più attenta, ho degli orari da rispettare! >> urlò l'autista. Camilla guardò male l'autobus mentre si allontava. Poi si diresse verso il bar davanti a casa di suo fratello. Avrebbe fatto una sorpresa ai suoi nipoti portando loro delle paste calde per la colazione, già si immaginava i loro volti felici.
 
 
* * * 


Non sopportava sua nonna quando faceva così. Non vedeva l'ora che tornasse a casa sua e la sua settimana obbligatoria dal figlio finisse. Lo faceva ogni tre mesi: veniva a casa SUA, prendeva il SUO letto mandandola a dormire per terra e si metteva a darle ordini su come fare le cose nella SUA vita. Chiara adorava sua nonna, passava ore al telefono con lei, ma quando veniva a casa tutto cambiava, in peggio ovviamente. Nonna adorava veinire a casa del figlio, era così fiera di lui! Aveva studiato fino a diventare un bravissimo  medico e aveva una bellissima casa, era il contrario della sua sorella maggiore, la più grande, lei era scappata di casa con un ragazzo che dopo due mesi l'ha lasciata e, senza scuola superiore, si era ridotta a fare la domestica nella casa di un collega del padre di Chira. Benchè se la potessero permettere senza problemi ( oltre al padre dottore importante, la madre era l'avvocato più grande della città) la famiglia della dodicenne non aveva una domestica, il padre non voleva viziare lei e suo fratello. Chiara si consolò aspettando l'arrivo della zia, era la persona più dolce del mondo, a lei dispiaceva un mondo che la ragazzina che viveva nella casa dove lavorava ( nonchè compagna di classe di Chiara) fosse così stronza. Nell'attesa prese il memory stck per la sua PSP che aveva comprato un paio di giorni prima, ma che non aveva potuto rinnovare subito. Si ricordava precisamente del ragazzone che le aveva detto che non si poteva permettere di spendere 35 euro perchè era troppo piccola, sorrise pensando a come era riuscita a guadagnarli. Suo padre ( che badava bene a non viziarla!!!) non gli aveva dato soldi quella settimana a causa del 5 al compito di matematica, allora, in disperato bisogno della sua memory, aveva corrotto suo zio, dicendogli che se non avesse sganciato avrebbe detto a tutti di come era scappato per paura del bassotto una settimana prima. Chiara era gentile e generosa, ma anche furbetta! Suonò il campabello, la zia!
 
Ciao a tutti, belli e brutti! :P scherzo siete tutti bellissimi!! 
Spero che questa storia vi piaccia è la prima volta 
che fo una storia del genere e non ho idea 
di cosa ne possiate pensare, quindi
per favore commentate!!!! 
Kiss kiss
C.C
  
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