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Autore: sushiprecotto_chan    07/07/2011    0 recensioni
[Scritta per il moviesquote_fic] “Noi desideriamo ciò che vediamo ogni giorno” (Il silenzio degli innocenti)
Di alcune cose era sicuro: sua nonna non sarebbe mai stata fiera di lui e per lui sarebbe stato veramente molto, molto raro trovarsi a suo agio in qualche si voglia situazione.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
- Questa storia fa parte della serie 'Some parts of a Longbottom's life'
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Titolo: What we see everyday.
Fandom: Harry Potter.
Personaggio/Coppia: Neville Paciock (Neville Longbottom).
Set: #6.
Prompt: “Noi desideriamo ciò che vediamo ogni giorno” (Il silenzio degli innocenti)
Disclaimer: All © J. K. Rowling, fiction scritta unicamente per divertimento personale, nulla è di mia proprietà tranne la storia stessa.
Rating: Verde.
Conteggio parole: 582.
Avvertimenti: Missing Moment, Flashfic, One-shot.
Generi: Introspettivo, Triste.
Tabella: Link qui.
Introduzione/Riassunto: “Noi desideriamo ciò che vediamo ogni giorno”.
Note: 1. Neville POV, scritta per il moviesquote_fic su LJ.
2. Partecipante al One Hundred Prompt Project con il prompt “timidezza”.
Note Autrice: Seconda infiltrazione nel fandom, seconda fiction con la quale tratto del mio personaggio preferito. Spero sia di vostro gradimento!
Ogni consiglio o accorgimento è sempre il benvenuto. *blink*
 
 
 
 


What we see everyday.

 
 
Neville non era sicuro che  la vita che viveva si potesse definire normale, da piccolo. Certo, la magia era ‘normale’ nel suo mondo ed in quello di sua nonna, ma si poteva definire ‘normale’ non essere ancora riusciti a mostrare un segno che dicesse che , anche il piccolo, paffuto, imbranato Neville sapeva usarla?
Molti bambini  maghi – ed anche babbani – erano rimasti orfani, a causa dell’ultima guerra contro l’Oscuro Signore, gli raccontava sua nonna, e quindi era abbastanza ‘normale’ ritrovarsi senza genitori, in quei tempi, ma poteva considerarsi ‘normale’ il fatto che sia la propria madre che il proprio padre si trovassero al San Mungo in stato permanente, incapaci né d’intendere né di volere, non morti ma nemmeno realmente vivi?
E ancor più di tutte queste cose, a Neville colpiva il fatto d’essere così goffo. Anche da così piccolo, si sentiva inadeguato, sbagliato, anormale per quello che si poteva considerare il suo mondo – suo e di sua nonna Augusta.
Di alcune cose era sicuro: sua nonna non sarebbe mai stata fiera di lui e per lui sarebbe stato veramente molto, molto raro trovarsi a suo agio in qualche si voglia situazione.
Sua nonna non era una persona cattiva – al contrario, nel profondo poteva dirsi ammirevole –, tuttavia lo terrorizzava. I suoi desideri – che il nipote si facesse largo nel mondo magico, che dimostrasse nella personalità, nello studio e nelle abilità d’essere il degno figlio dei suoi genitori – e le sue pretese lo turbavano e lo facevano sentire ancora più fragile ed inadeguato perché no, lui non era così, né aveva dimostrato una sola speranza per poterlo diventare in futuro, cosa che sua nonna Augusta sapeva benissimo e che non mancava di lamentare con gravi segni di disappunto.
Ogni tanto lui e sua nonna uscivano – più spesso di ‘ogni tanto’, ad Augusta Paciock piaceva andare a fare visita alle amiche –, e mentre facevano la strada a piedi, Neville si fermava con lo sguardo ad osservare gli altri passanti, le luci dei lampioni e ciò che accadeva in strada. Si stupiva ad osservare certe persone, soprattutto i bambini. Sugli adulti non si soffermava più di tanto, perché a suo modo li sentiva troppo distanti da lui e pensava che per loro la sicurezza interiore fosse qualcosa di logico, elementare, acquisito naturalmente con l’età. La forma di sicurezza dei bambini come lui, invece, lo incuriosiva di più.
Guardava quelli della sua età giocare, stringere naturalmente la mano di un loro genitore, fare baruffa con gli amici, e si chiedeva da dove mai venisse tutta quella determinazione interiore, quella naturale sicurezza con cui facevano ogni cosa, spesso con l’atteggiamento di chi, fin da bambino, sa di non aver nessun dubbio nella vita.
Li guardava, e più che la gelosia nasceva il dubbio. Perché? Perché non a me?
“Neville, sei un bimbo adorabile, ma la tua timidezza finirà con l’ucciderti, un giorno.” Gli aveva detto una volta sua nonna Augusta. Il piccolo Paciock semplicemente l’aveva accettata come semplice verità. Anche nella sua mente da bambino, sapeva che era più che logico.
La speranza è sempre l’ultima a morire, quindi Neville sperava sempre di diventare, col tempo, un po’ più fiducioso ed un po’ più fiero di se stesso, ed in questo modo accontentare la nonna, ma il fatto di aspirare  disperatamente ed inutilmente a qualcosa che semplicemente vedeva ogni giorno – ed in tutti gli altri – era ciò che lo faceva soffrire più di tutto. Qualcosa di così semplice.



The One Hundred Prompt Project
   
 
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