TRA VENTILARE E FOTOGRAFARE, C'È DI MEZZO IL MARE
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'Le lacrime di un
bambino sono gocce dorate, baciate da un Sole crudele che tramonta ad
est, lasciando agli occhi bagnati di sale solo l'impronta di un
colore perduto tra la lente dell'obiettivo e il freddo nero della
plastica. Rimane un ricordo di una luce amara, solo una lacrima
fremente che pallida su un foglio lucido desidera un nuovo incontro
con quella lama di Sole che l'ha fatta vivere, ancora.'
Le
parole di quest'autore anonimo risultano essenziali per comprendere
la sottile arte e la pura poesia che si nascondono dietro la
pellicola fotografica. Questa lezione è intenzionata a farvi immergere
nel..”
“Mare.
Prof siamo stanchi, ci sono 40° all'ombra e lei si mette a parlare
di fotografia? Manca un'ora all'inizio delle vacanze, sia
buona!” Un ragazzo in bermuda e dall'aria parecchio scocciata
interrompe la lezione, fissando la prof con in mano un mini
ventilatore di Hello Kitty, molto maschio, che, viste le espressioni
di soddisfazione che compaiono sul suo volto, sembra rifocillarlo
abbastanza, in quella giornata di metà giugno.
Il
caldo è davvero insopportabile, ma l'argomento trattato, dopo ore e
ore di studi sull'Alfieri e su Parini, è un'isola caraibica (visto
che siamo a tema estate) di sabbia bianca e palme... cacchio, Marcus
sta facendo venire voglia di mare anche a me, maledetto!
Devo
concentrarmi, devo concentrarmi, devo concentrarmi. Ma no, l'immagine
di quella spiaggetta, delle palme e di aitanti bagnini in divisa (ok,
ora è molto Baywatch), mi rapisce e mi impedisce di sentire la
risposta seccata della prof che ricomincia il suo monologo, mi pare
di capire dai sospiri di rassegnazione che provengono dalle file in
fondo.
“La
parola Fotografia deriva da due parole greche 'φῶς' (luce) e
'γραφή' (scrittura), le quali unite significano 'scrivere con la
luce'. La fotografia nasce all'inizio del 1800, con la creazione
della camera oscura, ancor prima che venissero trovati i composti
chimici per il fissaggio e...”
Va
beh, tutte queste cose possiamo leggerle comodamente su Wikipedia,
dove, probabilmente, le ha prese anche lei. Allora direi che la
lezione è inutile quanto sembra. Mi appisolo un attimo, tanto...
bagnini
fighi, arrivo!
Non
faccio nemmeno in tempo a chiudere gli occhi che ecco, miracolo, la
prof non è più sola alla cattedra, ma entra trafelato un ragazzo
che dovrà avere più o meno tre anni più di noi. Ma non è James,
quel tizio uscito l'anno scorso per cui avevo una cotta
stratosferica? (cotta che comportò ovvie figure di merda e voglie di
scappare in Uruguay con il primo aereo del mattino). Decido che per
sicurezza è meglio abbassare un po' la testa, sì così va bene,
fingermi ancora profondamente addormentata e darmi al mimetismo
estremo, chissà, forse nemmeno un camaleonte sarebbe riuscito a
diventare un banco, cosa che io, modestie a parte, dopo anni e anni
di pratica ho ben imparato.
Il
monologo di quella pazza finalmente finisce (era già arrivata a
parlare delle nuove macchine digitali) e introduce il nostro ospite,
“Alex Loano”. Cosa? Non è James? La mia testa sbuca dal sotto
banco (sono brava eh?) e fissa il nuovo venuto, che sì, assomiglia
incredibilmente a James, ma non è lui, è ufficiale. Anni e anni di
appostamenti me lo farebbero far riconoscere ovunque e a più di un
miglio di distanza: questo fotografo, molto figo devo ammetterlo, non
è James.
Tiro
un sospiro di sollievo, che viene subito intercettato dal ragazzo che
mi guarda e poi scuote la testa, disgustato.
Ehi!
Non sono mica una delle tue modelle ciccio, abbassa un po' la cresta!
Questo tizio mi sta già antipatico, ma come si permette?
“Il
signor Loano è un mio ex alunno, specializzatosi in fotografia commerciale. Per chi non avesse ancora
capito di cosa stiamo parlando, Alex fa quelle foto che voi vedete
nelle pagine delle riviste e sui cartelloni pubblicitari. Si occupa
specialmente di servizi fotografici prima di sfilate e cose del
genere” Alla parola 'sfilate' metà della fauna femminile, quella
metà che da bambina andava in giro per casa gridando “Voglio fare
la modella”, alza lo sguardo interessata. Posa smalti, ventagli,
mojiti e creme solari per concentrarsi sul fotografo che era
riuscito, senza dire una parola, ad attirare la loro attenzione. Quel
viscido si tira indietro i capelli con fare noncurante e ammicca in
direzione di Allison, la bionda -nata nera- procace della seconda
fila che ha deciso stamattina che lei non era in classe, bensì in
spiaggia e si era adeguata di conseguenza riguardo a vestiario e accessori. Ovviamente, la povera
ragazza cade innamorata dello pseudo fotografo dei miei stivali e
comincia a sbavare, facendo scivolare per terra l'amica Mary che,
innocente, tornava dal bagno.
“Sì,
sì, prof, lei è troppo gentile- sorriso a
quarantaquattrogattiinfilapertrecolrestodidue denti- sono solo un umile
fotografo da quattro soldi, mi limito a pigiare il bottoncino, sono
le mie modelle che fanno tutto”. A occhio e croce direi che questa
frase, brevettata e con il marchio del copyright, ha già mietuto
parecchie vittime, infatti già una sfilza di bionde, brune, rosse,
chi più ne ha più ne metta, pendono dalle sue labbra, mentre una
nuvoletta con la scritta "MODELLE" sbuca dalle loro teste ben curate.
Giro
la testa in cerca di man forte dalla controparte maschile della
classe, ma vedo il vuoto, probabilmente sono già corsi fuori, scappando dalla finestra e abbandonando ventilatorini e
asciugamani. Accolgo con un sospiro la triste verità, sono sola.
Bene. Cercherò di farmi i fatti miei, evitando lo sguardo di Alex-il-subdolo e controllando ogni due minuti l'orologio.
Ma il fotografo pazzo si decide che questa classe “è troppo
piena di belle ragazze, che tutte hanno un futuro da modelle, perché
non facciamo un bel casting?”. Alla parola 'casting', quasi di più
che alla parola 'modelle', la capo tribù, il cui cervello riposa da
anni al cimitero comunale, decide di buttarsi sulla passerella, con
un libro di matematica in testa e lo sguardo concentrato di chi non
vuole far altro nella vita che sculettare e muovere con fare affascinante la chioma.
Trattengo
con forza un conato di vomito. Ma quando colui che tiene in mano,
impropriamente, una Nikon, mi guarda e mi chiede “Senti,
perché
non mi vai a prendere un caffè, qui ne avremo per molto. E poi,
non
credo che tu abbia grandi potenzialità”, decido che il
caffè può anche farselo andare a prendere da una
delle sue modelline e poi infilarselo in un luogo dove nemmeno d'estate
batte il sole.
Come
una gorgone, mi alzo dal banco, raccatto malamente le mie cose,
sgraffigno il ventilatore di Hello Kitty (bottino di guerra) e gli
tiro in testa il cavalletto, facendo rimbombare il suo cranio, vuoto e da
affittare da più tempo di quello di Allison.
La
professoressa esce dall'aula con la mia stessa impressione e, sbaglio
o anche lei ha un ventilatorino?, insieme sbattiamo la porta in
faccia ad Alex, il re dei casting.
La
prof mi guarda con occhi fieri e comincia: “A che punto eravamo con
la spiegazione Amber?”.
Grido
perché è l'unica cosa che mi viene in mente in questo momento e con fare da cartone animato, scappo
via, lasciando dietro di me solo una scia di polvere e nuvolette
rotonde.
Mare, vacanze, aspettatemi!!