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Autore: Eirween    07/07/2011    6 recensioni
C'era una volta una ragazza che si chiamava Cassie, e ora non c'è più. Non c'è più perché per una volta nella sua vita voleva volare, e allora l'ha fatto. Cassie non l'ha mai conosciuta nessuno se non forse una persona. Una persona che stava con lei sotto un cielo stellato, e che ora quel cielo se lo regge tutto sulle sue spalle. Perché Cassie per una volta voleva volare, allora l'ha fatto.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cassie.

 

 

 

 

C'era una volta una ragazza, una ragazza che si chiamava Cassie.

Cassie aveva capelli lunghi e scuri, lisci ma ribelli come lei.

Gli occhi grandi e impregnati di notte, resi ancora più neri da tutto quell'ombretto nero che ci metteva attorno, e le ciglia ce le aveva già talmente lunghe che il mascara non le sarebbe servito ma era fatta così Cassie, non s'accontentava mai, nulla di se stessa le sembrava abbastanza. Allora continuava a tingere di petrolio quelle ciglia già lunghe, al punto di farle sembrare finte.

Oltre al nero, amava il verde scuro ed il rosso sangue, come quel rossetto che si portava sempre dietro ma che usava solo in occasioni speciali, come quando si sentiva particolarmente sola, cinica, cattiva - che poi cattiva non lo era mai se non con se stessa.

Era bella, Cassie.

Aveva l'aspetto di una bambolina, piccola e minuta.

Cassie non mangiava.

Aveva la mia stessa età eppure già viveva da sola. Riusciva a guadagnarsi a stento lo stretto indispensabile per sopravvivere, con quei lavori che continuava a perdere un mese sì e l'altro pure; una volta perché veniva beccata a fumare dove non si dovrebbe, un'altra perché rispondeva male ad un cliente, un'altra ancora perché arrivava tardi per giorni di fila. E' che tra le altre cose, Cassie non dormiva quasi mai perciò spesso la mattina faceva fatica ad uscire di casa - sempre che il posto in cui viveva si potesse chiamare casa.

Cassie attraeva i ragazzi come il miele attira le api. Emanava tutto il fascino del pericolo.

Credo che nessuno di loro l'abbia mai amata veramente, ma so per certo che tra tutti quelli che sono passati dal suo letto e dentro lei

 

lei uno l'ha amato con tutta se stessa.

Senza dimostrarlo, senza dirlo mai. S'è lasciata bruciare da un amore mai pronunciato

                                                                             perché lei ormai era diventata così.

S'era imposta di essere una persona senza sentimenti, che almeno avrebbe smesso di soffrire.

Di essere abbandonata, se apparteneva soltanto a se stessa.

Se lei e lei soltanto - era la sua lacrima ed il suo sorriso.

Qualche sguardo maligno la giudicava una puttana.

Non capivano che invece Cassie era soltanto una persona che di sé non aveva più considerazione.

Non capivano che invece Cassie si buttava via, che tanto non possedeva più niente.

Superfluo - tutto superfluo: la sua pelle, le sue ossa, il suo respiro, parlare mangiare guardare, essere, esistere, stare - lei, superflua.

Non le importava esserci, non le importava; il suo nome non significava nulla, erano solo lettere a caso che le davano un'identità.

Un'identità che ormai non le apparteneva più, era puramente formale.

Cassie si era buttata via - fatta a pezzi come una vecchia fotografia - il tredici agosto di non so quale anno, uno di quelli della sua adolescenza, uno di quelli prima di me, prima di lui, prima del «sono vostra perché mia non lo sono mai stata, o forse sì, ma è stato tanto tempo fa

Quello che la gente non capiva, fondamentalmente, era che Cassie era soltanto una persona infelice.

 

Aveva gli occhi vuoti, e quando rideva sentivi che qualcosa stonava.

Che quella risata in bocca a lei proprio non stava bene - ci stava meglio una parolaccia, una sigaretta, il bordo di una bottiglia, ma sì, anche il cazzo di qualcuno. La felicità, se pure l'avesse mai incontrata, non le sarebbe stata bene addosso. Aveva la bellezza delle persone tristi, quella che fa male, quella di una persona che vorresti abbracciare ma non puoi.

 

Spesso restavo fino all'alba fuori con lei.

 

Le sue mani piene di anelli - uno per ogni storia - giocavano con le ciocche di capelli e poi infiammavano l'ennesima dose di nicotina.

Ce ne stavamo sotto le stelle, tutto qua.

Lei mi raccontava le vicende della sua vita di strada, io le parlavo di cosa accadeva nelle mie giornate; mai fantastiche, spesso vuote, ma di sicuro meno incasinate delle sue.

Ci capivamo, io e Cassie. Insieme sapevamo persino sorridere.

Solo che poi ogni tanto mi diceva: metti che stanotte ci riesco, a dormire, e poi non mi risveglio più. Domattina ti ricorderai ancora di me?

Allora io avevo paura perché non solo me la sarei ricordata per sempre, ma il cielo stellato avrebbe pesato un casino se mi ci fossi ritrovata sotto da sola.

 

Mi chiamarono una mattina da un ospedale che nemmeno sapevo dov'era per chiedermi se la conoscevo.

Aveva mandato giù un'intera confezione di aspirine con mezza bottiglia di vodka.

 

Quella fu solo la prima volta. Solo il primo tentativo.

Accadde ancora.

E poi ancora.

E ancora.

 

Per due volte si tagliò i polsi, ma non abbastanza a fondo. Un'altra notte si mise in mezzo alla strada appena vide avvicinarsi una macchina a grande velocità; l'uomo al volante doveva essere Dio o un suo stretto parente, perché fu un vero miracolo se Cassie venne raccolta dall'asfalto con solo qualche ferita e un paio di ossa rotte. Fu allora, in ospedale, che la vidi piangere per la prima ed unica volta.

«Guardami. E' assurdo. Non riesco nemmeno ad ammazzarmi», e sorrideva ironicamente.

 

Sorrideva, e le lacrime le finivano tra le labbra. 

Si sentiva una fallita perché aveva fallito nel suicidarsi. Per ben quattro volte. 

Non so se... Non so se qualcuno può capire.

Io non so nemmeno perché lei si sentisse così in realtà, so solo che ci si sentiva ogni singolo giorno.

Dalla mattina. Alla sera.

Durante la notte.

 

Mi diceva che un giorno si sarebbe sposata e avrebbe fatto incazzare il prete, perché si sarebbe presentata in Chiesa con un vestito nero ed una cascata di capelli rossi. Ti starebbero bene i capelli rossi, le dicevo io, sarai la più bella sposa che si sia mai vista. Lei sorrideva, come sapevamo sorridere solo tra noi, e camminando in bilico su qualche muretto che s'affacciava sul nulla mi diceva che la marcia nuziale sarebbe stata Heart-Shaped Box dei Nirvana e pensando agli altri sacramenti mi pregava di far andare a tutto volume Highway to Hell degli AC/DC al suo funerale. E che nessuno si azzardi a piangere, mi diceva. Tanto non piaccio a nessuno, non venissero a fare gli ipocriti quando non posso mandarli a fanculo, diceva. A me piaci, dicevo io. Lei sorrideva e mi piace pensare che in fondo a quegli occhi ci fosse scritto un "ti voglio bene", mi accontentavo pure di leggerlo in caratteri minuscoli, come quelle clausole alla fine di un documento importante, quelle che non leggi mai e ti fottono a vita. Leggeva quel che riusciva a trovare, libri dalle copertine logorate che nessuno voleva più. Sapeva un sacco di poesie a memoria e le declamava a gran voce facendo voltare tutti per strada, oppure davanti a un fuoco quasi spento con un sussurro tremante. Sapeva essere tanto intensa da far commuovere. Avrebbe potuto far l'attrice, oppure la cantante - non sapeva suonare niente, ma aveva una di quelle voci rauche che in un niente violentano il cuore. Avresti detto che era piena di vita. 

Come ingannano le apparenze.

 

Calze a rete e di seta.

Bottiglie vuote, quaderni pieni di pagine strappate.

Una spazzola con capelli ancora impigliati tra i denti.

Un cuscino macchiato di trucco, una tazza sporca dell'ultimo caffè.

Scarpe nere col tacco abbandonate sul pavimento.

Lenzuola disfatte.

Medicinali un po' ovunque - anti depressivi e pillole dimagranti.

Un poster di Cobain, rovinato, a fissare la stanza da una parete.

Me.

 

Il resoconto di cosa Cassie ha lasciato.

 

Non mi chiamò nessuno, venne a bussare alla mia porta lui, quell'unico che senza dirlo a nessuno Cassie aveva amato fino all'esasperazione. Louis, si chiamava Louis. Era francese, di Parigi, e questo è tutto ciò che so di lui oltre al fatto che aveva capelli castani e occhi verdi, che vestiva sempre con camicie sportive e un paio di jeans, che aveva una borsa a tracolla di cuoio che non conteneva altro oltre il suo sogno di fare lo scrittore. Ah, già. So anche che era un bravo ragazzo, uno dall'animo sensibile; uno che Cassie l'avrebbe amata a sua volta, se lei avesse avuto il coraggio di abbassare la guardia.

Non so come faceva a sapere dove abitavo, non avevo nemmeno idea che sapesse di me. Aprii la porta e mi ritrovai le sue lacrime sulla spalla. Allora non gli dissi buongiorno o posso fare qualcosa per te o qualunque altra frase potresti dire ad un quasi sconosciuto che ti piomba in casa alle sei e trenta del mattino. Lo abbracciai, e chiesi soltanto: «come l'ha fatto?»

Voleva volare. Cassie aveva detto che voleva volare.

Per una volta in vita sua, voleva volare.

 

Si era buttata dalla terrazza del palazzo più alto della città.

E io non ero lì a fermarla. Non ero lì a dirle che avremmo potuto volare in tanti altri modi, andandoci a cercare la nostra caduta libera altrove. Andare via, non importa dove ma via. Non ero lì a tenderle la mano e fermarla, o tutt'al più cadere con lei. Non ero lì a dirle che le stavano bene i capelli così scompigliati dal vento, non ero lì a prenderla in giro per come pronunciava male certe parole, non ero lì a chiederle se si ricordava di quando avevamo rubato quel cd e a momenti ci beccano, non ero lì a romperle per farmi regalare uno dei suoi anelli, non ero lì a dirle ti prego Cassie, le stelle pesano se ci sto sotto da sola.

 

Louis piangeva perché nella sua cassetta delle lettere aveva trovato un foglio stropicciato.

 

Immagino che sia arrivata quindi, la fine di 'sta vita durata vent'anni.

Ho passato dei bei momenti con te, e in effetti sei l'unica persona che ho amato in vita mia.

Anche se tu semplicemente non ci credevi. Ogni volta che eri nei dintorni, mi ripulivo.

Sì, nel senso. Cercavo di far meno la stronza. Forse non ci riuscivo, ma ci provavo.

Pensa che riuscivo persino a vederci del senso nella mia vita, quando tu eri nei dintorni. Ed ora è sparito, andato. Come tutto il resto.

Il sorriso sulla mia faccia, è andato. L'unica cosa che posso fare al momento è... niente.

Non ho ragioni per mangiare, dormire, bere, stare in giro. Nessuna ragione per sopravvivere.

Sto solo aspettando quel momento in cui avrò abbastanza forza e coraggio per mollare tutto.

Penso che quel momento sia arrivato. Non puoi proprio avere idea di come mi sento e di cosa provo per te.

Tu ignori tutto. Come se nulla fosse mai successo. Ma è ok, potrai dimenticarmi più in fretta quando non ci sarò più.

Non mi sono mai pentita di essermi innamorata di te, anche se per me è finita in questo modo... Suicidandomi. Ma è ok.

Le cose accadono per un motivo, giusto? Se me ne vado ci sarà un motivo.

Doveva andare così. Non sto bene qui. Volevo solo dirti che non è colpa tua.

Non è mai stata colpa tua. Se non fossi mai entrato nella mia vita mi sarei uccisa comunque prima o poi.

Non preoccuparti di questo, di me, volevo solo dirti che è tutto a posto.

Ho solo bisogno di riposo, e qui non riesco a trovar pace.

Non perdere tempo a pensarmi. Sarò esattamente al tuo fianco. Alla tua destra, come quando camminavamo sullo stesso marciapiede.

Ti aiuterò ad innamorarti di qualcuno che vada bene per te. Ti sorreggerò quando ti capiterà di soffrire.

Sarò il tuo angelo custode. Mi impegnerò, prometto. E' la prima promessa che faccio, e giuro che la mantengo.

Quando hai bisogno di me, se mai ne avrai, chiama il mio nome ed io sarò esattamente al tuo fianco.

Alla tua destra. Come quando camminavamo sullo stesso marciapiede.

 

 

              Cassie

 

Nella mia cassetta delle lettere invece, c'era un anello con una rosa nera.

Il suo preferito. 

 

***

 

«Feci mettere davvero Highway to Hell al suo funerale. Ne nacque uno scandalo ovviamente, ma io me ne sbatto perché Cassie non ha mai chiesto niente a nessuno, che almeno un suo desiderio si avverasse se lo meritava. Mi manca, Cassie. Mi manca da morire. Non ho ben capito cos'è che sta facendo lei, non ho ben capito su cos'è che sta indagando. Se pensa che Cassie fosse una criminale o chissà cosa, si sbaglia di grosso. Come tutti gli altri. Mi ha chiesto di parlarle di Cassie Rees. Di dirle che rapporti avessi avuto con lei. Di raccontarle qualsiasi cosa al riguardo. Bene.

Cassie Rees era una ragazza infelice. Cassie Rees era la mia migliore amica. Parlo di lei al passato perché Cassie Rees non c'è più. Voleva volare, per una volta. Per una volta in vita sua voleva volare, e allora l'ha fatto.»

Guardo quell'uomo negli occhi e vedo che qualcosa nel suo sguardo è cambiato.

«Ora, se non le dispiace, dovrei andare.»

Mi alzo, non aspetto risposta né saluti ed esco. Attraverso ogni stanza, vado via. Fuori è buio, è già notte, devo esser rimasta lì dentro più di quanto credevo. Fa freddo, mi accendo una sigaretta. Cammino per le strade semi vuote, a casa non ci torno.

 

Sai, Cassie. Avevo ragione. Le stelle pesano un casino se ci sto sotto da sola.


 

  
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