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Autore: Rick_Holden    08/07/2011    0 recensioni
Breve storia introspettiva che mi è venuta in mente riguardando ancora una volta il video di "Pieces" dei Sum 41...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammina dritto. Costante. I lampioni delle strade lo illuminano nella notte come luci su uno scuro palcoscenico reso ormai aspro e rinsecchito dal tempo. E’ il solo personaggio del suo stesso spettacolo, in una sceneggiata cruda e violenta che non risparmia colpi di scena.

I suoi passi sono colpi stoici al suo cuore pulsante, fremente di vita e scadente di gioia. Ancora continua. La strada sembra infinita, costellata di segnali, riempita da fermata che non si può permettere. Ma l’uomo continua, sul volto un’espressione decisa, negli occhi uno sguardo vuoto e allo stesso tempo pieno di emozioni, pieno di ricordi, di volti, di persone. Pieno di desideri infranti, di sogni rinchiusi, di speranze disilluse. Tutto ciò che gli resta è l’inno di un ritornello che ormai ha preso i suoi pensieri e lo canta. E’ mentre le sue labbra si muovono che sente uscire ogni istante stretto dal suo cuore, ogni pulsazione che non aveva permesso. E quando la voce esce come un flebile sospiro ascolta le rime della sua canzone esprimere i suoi sentimenti nascosti.

Continua imperterrito lungo la strada, superando macchine, cancelli, gallerie e laghi.

Un misero giubbotto primaverile lo ricopre così leggero eppure appesantito dalla sua essenza. Dall’esperienza e dalle vicende che porta. I suoi taschini sbottonati e graffiati raccontano ancora una, mille e cento storie che nessuno avrà mai il coraggio di leggere.

L’uomo prosegue. E lo farà ancora. E ancora.

Accanto a lui, sotto un cielo di stelle tristi, sfrecciano macchine ignoranti, che non si curano della scura figura al loro fianco. E’ solo un’ombra, un ricordo che percorre tutte loro. E’ solo un piccolo essere che le vede da una lontana vicinanza.

Loro non lo vedono, ma lui non le perde di vista. Ognuna gli passa accanto mostrandogli immagini di ciò che non ha. Ognuna gli ricorda ciò che ha perso, ciò che non vede o non vuole vedere. Ciò che sogna, ma non può avere.

Vede il respiro di due amanti nel loro ultimo primo bacio seduti su un prato a ricambiare gli sguardi in un’infinita gioia continua mentre i loro abbracci li stringono e avvicinano come non mai. I loro visi così giovani e puliti, svuotati da ogni dolore o rimorso, vergini dai loro pensieri più scuri. Sono come innalzati da una forza innaturale. Camminano su nuvole soffici e pallide. Anche loro impallidiscono.

L’uomo guarda ogni macchina e vede. Vede un abbraccio mancato, nel tavolo di casa sua. Vede una famiglia riunirsi accanto al fuoco che li unisce, i loro sorrisi sono come macchine che lo colpiscono distanti. Il loro calore è distaccato da una lastra di vetro intesa come barriera per l’oscurità. Non voleva ferirli. Non voleva veramente. Non capiva le loro parole, li osservava e le loro labbra si muovevano in battute e scherzi a lui ignoti. Era sordo ai suoi stessi voleri.

Le ruote girano in un vortice di ricordi rimossi come colori sbiaditi. Le auto scivolano sull’asfalto e ridono di lui come hanno fatto precedentemente, ma non è il momento per l’uomo di buttarsi a terra. Continua, prosegue e tutte le visioni si raggruppano nella sua mente. Nega ogni immagine, non le vuole. Continua stoico nella sua cavalcata. Non si cura di ogni minimo sentire. Prosegue e nulla lo colpisce.

Ancora una visione gli sfreccia vicino: è il mondo degli affetti che non sa ottenere, è il mondo della fiducia che non riesce a tenere, è il mondo dell’incertezza che lui continua ad avere. Un gruppo di amici che brindano insieme è oltre il vetro, stavolta. Sono in un cerchio che li unisce da sempre, stringono i calici come fedi eterne. I loro occhi sono chiusi a contemplare il momento in cui sono tutti insieme, a sostenersi a vicenda schiena contro schiena, spalla contro spalla. I capelli di tutti si intrecciano in quello che sembra quasi un invincibile anello di fusione e ardore. Hanno il gruppo che lui non possiede. Hanno il potere che a lui manca.

L’uomo tutto questo lo sa. Dentro di se lo sa, ma non ha intenzione di cedere. Sposta lo sguardo una volta ancora verso ciò che si presenta davanti e lascia che anche quest’auto prosegua avanti, lontano da lui. Poteva salire, forse, porsi davanti e tentare il tutto per tutto per bloccare le ruote di ciò che gli sfuggiva. Poteva veramente farlo. Ma non l’ha fatto. Non l’ha fatto e sa che non lo farà.

Cammina ancora imperterrito dritto per la sua strada, bloccando ciò che sembra quasi un impulso a cedere nel bel mezzo delle strisce. Vede un’immagine di se stesso nel rotolarsi a terra sull’asfalto e piangere. Piangere come il bambino rinchiuso in lui, con tutte le lacrime che ha represso nel corso degli anni, con tutti gli sforzi che ha compiuto. Si rigira e rigira e si sfoga. Urla, grida più forte che può e nessuno lo sente nel bel mezzo della galleria nella quale si trova. E’ accerchiato da luci artificiali di lampioni e squallido odore di benzina a distanza. E’ tutto ciò che gli fa compagnia. Vede quest’immagine e la rinchiude in un cassetto nella sua testa. Ferma anche questa. Ancora una volta.

Le sue scarpe sono usate, calpestate e rovinate. Sono tanti i passi che ha compiuto.

Ed ora, al limite della galleria, dove tutto finisce, c’è un’ultima macchina che non sfreccia più. Non ha alcuna immagine che gli si presenta. La macchina è vuota, ma piena. L’auto si è fermata nel bel mezzo della strada e l’autista è fermo, davanti alla strada, in fremente attesa. Fremente attesa di qualcosa.

L’uomo strabuzza gli occhi e non crede: davanti a lui, proprio di fronte a quella macchina, si trova se stesso. Si sta guardando nel riflesso dei suoi occhi come in uno specchio, ma la persona che gli è di fronte è sicura e lo attende.

L’uomo accelera la sua camminata e lo raggiunge ed è allora che l’autista, la stessa persona che aveva compiuto tutta quella strada, lo guarda e gli sorride. Alza il braccio e pone la sua mano sulla spalla di se stesso, quello che ne esce è un lieve sussurro: - Finalmente sei arrivato. Ora possiamo partire-.

  
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