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Autore: Alchimista    08/07/2011    6 recensioni
«Dammi la mano» sussurra con decisione e so che sta per dire qualcosa a cui tiene molto, me ne accorgo dal brillio dei suoi occhi e li adoro quando luccicano in quel modo.
«Blaine Usignolo» e non capisco se lo intenda come cognome o complimento… o forse sto facendo semplicemente viaggiare troppo la mente dietro a chissà quale stupida fantasia – che strano effetto che mi fai, Kurt «Vuoi venire al ballo con me?»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Born this way

It doesn’t matter if you love him, or capital H.I.M.

there’s nothin wrong with lovin who you are
’cause He made you perfect, babe

I’m beautiful in my way
‘cause God makes no mistakes

 

«Dammi la mano» sussurra con decisione e so che sta per dire qualcosa a cui tiene molto, me ne accorgo dal brillio dei suoi occhi e li adoro quando luccicano in quel modo.

«Blaine Usignolo» e non capisco se lo intenda come cognome o complimento… o forse sto facendo semplicemente viaggiare troppo la mente dietro a chissà quale stupida fantasia – che strano effetto che mi fai, Kurt «Vuoi venire al ballo con me?»

Doccia fredda.

«Al ballo?» chiedo, stravolto dal significato che tutto quello ha per me. Magari si tratta di altro, di un altro ballo, al di fuori degli ambiti scolastici.

«Hai presente l’evento sociale della stagione?» spiega lui tentennando la testa come se quelle sue parole fossero superflue ed io avessi dovuto capire all’instante.

E ho capito, ho capito davvero bene. Purtroppo.

«Non mi vuoi accompagnare?» chiede con voce sorpresa e il sorriso che lo illuminava pochi istanti prima scompare in un attimo: deve aver notato il mio disappunto e l’ha preso per un rifiuto.

«No, no no… certo che voglio venire al ballo con te!» rispondo, quasi in modo istintivo – odio vedere il suo viso tanto rabbuiato «È solo che… proprio il ballo» sospiro, cercando di rimandare indietro pensieri che credevo sopiti e che, invece, bruciano come non mai.

«Qual è il problema, Blaine?» chiede lui, la voce di mezzo tono più alta, quasi vi fosse una sottintesa ramanzina per il mio sbuffo e la mia indecisione.

Ah, Kurt.. io vorrei tanto che fosse solo un capriccio il mio…

«Ci fu un ballo scolastico alla mia vecchia scuola…» sussurro, con viso tirato – non mi va affatto di parlarne, eppure sento di doverglielo, per la sincerità che ci lega; perché, quando ancora non sapeva chi fossi, lui ebbe il coraggio di parlarmi apertamente dei suoi problemi, come se fossi un vecchio amico «Io… mi ero dichiarato da poco, così invitai un mio amico, l’unico altro gay della scuola. Aspettavamo che suo padre venisse a riprenderci… e tre ragazzi…» per un attimo guardo il suo viso improvvisamente serio e la durezza di quel dolci lineamenti quasi mi ferisce: Kurt è la persona più pura che conosca.. non farei mai nulla per sporcarla…

 

«Non è stato tanto male, no?» sussurrò a Jack, pochi metri fuori dall’uscita della scuola.

«No…» rispose, senza guardarlo e quasi come se avesse fretta di andare via.

«Cos’hai?»

«Io.. Blaine.. è stato bello, davvero.. ma, non so, tu non hai visto come ci guardavano? Sembrava volessero pestarci solo col pensiero…»

«Ma che dici? A me sembrava tutto…»

La sua voce venne bloccata da un'altra, più dura e minacciosa, alla destra del marciapiede su cui si erano fermati per aspettare la macchina del padre di Jack.

«Oh, oh… salve ragazze» li prese in giro uno dei tre ragazzi del gruppo «Cosa fate in giro, a quest’ora di notte?»

Blaine voltò altrove lo sguardo tentando di ignorarli, ma sentì Jack sussultare alla loro risata cattiva.

«Ma come siamo belle.. siete state al ballo della scuola?» continuò il secondo sfiorando il colletto della giacca scura di Blaine che storse il naso, allontanandosi di mezzo passo.

«Ehi, carina, che ti prende? Non gradisci le nostre attenzioni?» fece il terzo, prendendolo per una spalla, mentre gli altri due si avvicinarono a Jack, accerchiandolo.

«P-perché non c-ci lasciate in p-pace?» balbettò quest’ultimo e i tre scoppiarono a ridere.

«Lasciarvi in pace? Ma certo, sicuro» e quello fu l’inizio, il segnale dopo il quale non vi fu più alcun ritegno.

Gli insulti si mischiarono agli spintoni, poi giunsero pugni e calci. La ferocia dei tre ragazzi si riversò sui corpi di Blaine e Jack senza alcun limite di decenza o istinto, ma, anzi, sembravano bestie e più colpivano più avevano una voglia irrefrenabile di colpire ancora, quasi non potessero fermarsi. In pochi istanti i due ragazzi non capirono più nulla: l’aria scappò dai loro polmoni e con essa la voce, l’unico appiglio rimasto loro per chiedere aiuto. Sentivano solo dolore, ovunque; non avevano più concezione di testa, braccia o gambe: era tutto ridotto a sofferenza fisica. E mentale: ad ogni calcio nello stomaco, ad ogni irripetibile parola, la loro mente, la loro anima si chiedeva perché. Perché stavano facendo questo? Da cosa nasceva tutta quella rabbia, quell’odio? Cosa avevano fatto di male? In fondo… loro erano solo colpevoli di essere stati davvero se stessi, almeno per una sera.

Il tempo perse consistenza. Lì a terra, in quelle condizioni, non esistevano più minuti, né secondi, mentre il dolore aumentava e non sembrava più esserci un limite ad esso, come se ogni volta che arrivavano a credere di essere arrivati al massimo, ci fosse ancora un grado più alto da sperimentare, qualcosa di più forte, che faceva ancora più male.

Quando quei ragazzi andarono via, lasciandoli su quel marciapiede, sia Jack che Blaine erano convinti che sarebbero morti, con lividi e ferite ovunque ed il sapore del sangue in bocca…

 

«Tre ragazzi… beh, ci pestarono a sangue» concludo.

Di fronte a me, Kurt è esterrefatto, sconvolto: sa che cosa voglia dire essere molestati dai bulli, ma non sono mai arrivati a quel punto con lui – almeno per quello che ne so.

«Ah… mi dispiace tanto» si scusa con voce incerta.

«Sono dichiarato, sono fiero di ciò che sono… è solo che.. è un ferita ancora aperta» ci tengo a specificare, sostenendo il capo inclinato con una mano.

«Situazione perfetta: non hai potuto affrontare i bulli alla tua scuola, ma lo farai alla mia – lo faremo insieme»

Uno scatto di risa, improvviso, increspa le mie alla a quelle parole. Oh, Kurt… tanto ingenuo alle volte da non capire quanto dolore possa avermi procurato quell’esperienza? Disposto sempre a vedere il buono in ogni situazione, anche quando non c’è. Possibile che non ti sia accorto di quanto ancora mi faccia male tutto questo?

«Ma ci tengo a precisare che, se la cosa ti mette a disagio, allora possiamo anche lascia perdere il ballo. Magari andiamo al cinema»

Solo allora sollevo lo sguardo, un mezzo sorriso – ora di sorpresa – stampato sul volto. Come ho potuto pensare che non capissi? Che tutto ciò che ti ho raccontato non ti avesse coinvolto? In un attimo il ballo e qualsiasi altra frivolezza per cui i tuoi occhi stavano brillando sono passate in secondo piano; in un attimo, l’importante è diventato stare come me, sia anche in un deprimente cinema la notte dell’evento sociale della stagione. Era come se un bambino avesse rinunciato alla magia del Natale solo perché l’amico del cuore era troppo triste per festeggiare.

«Kurt, io sono pazzo di te…» riesco solo a sospirare, perdendomi in quello sguardo così chiaro che pare illuminare la stanza.

«Allora… lo vedo prendere come un sì?» chiede, gli occhi che si riaccendono.

Io sono ancora senza parole, ma i suoi occhi, il suo viso.. quell’aria felice nonostante tutto hanno sempre la forza di spiazzarmi e sembrano cicatrizzare le ferite che ancora porto. Almeno un po’.

«È un sì» rispondo finalmente «Sì, verrò al ballo con te»

Non c’è nulla che valga più del suo scatto di gioia – come quello di un bambino a cui hanno restituito il Natale.

 

***

Il viso pallido è in netto contrasto con le scocche rosse e gli occhi sporchi di pianto che ora alterano i suoi lineamenti gentili. Continua a camminare su e giù in pochi metri di corridoio, mordicchiandosi nervosamente un unghia e soffrendo fra le lacrime.

Ed io non so che fare.

È stato uno scherzo stupido, gliel’ho detto. Ma sono il primo a non crederci. Perché so come vanno queste cose ed eleggere come reginetta del ballo un amico gay solo perché sai che lo farà sprofondare nella vergogna più assoluta non è uno scherzo. È puro sadismo, voglia di far male e di far stare male.

Ancora una volta.

«Almeno ti vuoi.. sedere?» gli chiedo gentile, mentre mi passa davanti per l’ennesima volta ed io sto fermo, con la schiena contro gli armadietti.

«Vuoi che ce ne andiamo? Non dobbiamo rientrare per forza…» propongo poi e sento che la serata sta finendo proprio come quella volta.

Torna in bocca il sapore nauseante del sangue, come se mi avessero picchiato ancora: vedo il mio dolore nei suoi occhi mortificati e di nuovo non posso fare nulla, legato, bloccato, in balia dell’odio e della cattiveria altrui. Mai avrei voluto sporcarlo, mai. Eppure ora lui è lì, tremante e stanco, sporcato da offese da cui avrei dovuto -  voluto – proteggerlo. Almeno lui…

«Questo ballo non doveva essere un riscatto per te? Non doveva toglierti quel nodo alla gola per essere scappato?»

Mi volto di lato, fuggendo con delusione il tuo sguardo.. già, avrebbe dovuto.. ci avevo sperato. La rabbia con cui pronunci quella frase mi fa quasi sorridere – quanto bene c’è nel tuo cuore, Kurt?

«Se adesso ce ne andiamo vivrò anch’io con quel nodo alla gola»

Mi spiace. Mi dispiace davvero tanto, Kurt.

«Che vuoi fare allora?» chiedo, ormai disarmato.

Si volta, gli occhi gonfi ed arrossati, ma dentro qualcosa è cambiato. È serio, come se avesse preso una di quelle decisioni che sono per la vita.

«Io penso di andare di là a farmi incoronare. Farò vedere a tutti quanti che non mi importa se mi urlano contro o se bisbigliano alle mie spalle – non riusciranno a scalfirmi. O a scalfire noi, quello che ci lega»

E mentre pronuncia quelle parole, mentre inginocchiandosi di fronte a me mostra il coraggio che io non ho avuto, sento che, se non lo amassi già, comincerei a bruciare per lui in quel preciso istante. L’istante in cui i suoi occhi si sono illuminati di nuovo di una forza diversa, che parte da dentro, dall’anima; l’istante in cui ha detto che siamo più importanti di tutto, che nulla, nulla potrà cambiare questo.

E sorrido – perché non c’è altro che io possa fare, perché quel sorriso vale più di tante, inutili, stupide parole.

«Pronto per la corona?» chiedo con un sorriso, tendendogli la mano.

Lui smette di asciugarsi le lacrime e mi guarda con decisione, prendendomi la mano. Ancora lo stesso, meraviglioso sguardo.

E mentre ci avviamo verso la sala sento che il dolore sta scomparendo, come una pomata su uno strappo doloroso o la cura ad una malattia straziante. Ogni passo verso chi ci ha fatto del male è un po’ di dolore che va via, un po’ di ferita che si cicatrizza e mentre vedo Kurt salire sul palco con serietà e coraggio, alla faccia di chiunque lo abbia crudelmente votato, sento scomparire il sapore del sangue dalla bocca.

Mi ha dato una forza ed una sicurezza che non credevo di poter avere. Kurt.

Ed il bambino triste la mattina di Natale tornò ad aprire i regali sotto l’albero luminoso.

 

 

 

 

 

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Emh.. salve! Non ho idea di quanto questa cosa faccia schifo o di quanto sia originale: è la prima che scrivo su Glee e su questa coppia… coppia che, per inciso, adoro! Quindi se vi sembra banale, stupida, inutile o da vomito… è normale >.<

Ringrazio Crazy_klara per la lettura anticipata ^^

Bon.. non so che dire.. ovviamente i discorsi fatti nel frammenti al presente sono tratti dall’episodio “Il ballo”, mentre il ricordo è pura fantasia..

Magari alla prossima.. (se non mi uccidete prima per questa cosa).

Un bacio a tutti.

 

Alchimista   ̴ 

 

   
 
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