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Autore: fyre    17/03/2006    2 recensioni
Ambientato circa 6 anni dopo ROTS.Nonostante gli permetta di salvare la fattoria dall'attacco dei predoni, l'uso inconsapevole della Forza sembra causare a Luke più guai che bene. Ma Obi-Wan veglia su di lui.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luke Skywalker, Obi-Wan Kenobi, Owen e Beru Lars
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DICHIARAZIONE DELL'AUTRICE: None of the characters, plot-lines, or settings alluded or stated in this story belong in any way to me. I intend no copyright infringement nor am I writing this for anything other than pure enjoyment. No money is to be made off anything written here.

DICHIARAZIONE DELLA TRADUTTRICE: Ho tradotto dall'inglese in italiano la seguente fanfiction e la pubblico dopo averne chiesto il permesso esplicito dell'autrice.

FANFICTION ORIGINALE: http://www.fanfiction.net/s/4070/1/Catalyst

CATALIZZATORE

Luke Skywalker non sapeva cosa l’avesse svegliato.

Aprì gli occhi, si alzò a sedere sul suo sottile materasso ed esaminò cautamente la sua camera buia con le pareti di calce bianca. Il ronzio distante della recinzione elettrica là fuori permeava i suoi sensi sopra la quiete della notte desertica e sapeva che, se si fosse avventurato dal suo caldo e confortevole posto a letto verso la porta della camera, avrebbe sentito il suono uniforme del respiro dei suoi zii.

No, non c’era niente di scorretto. Niente che potesse averlo svegliato.

Riadagiandosi giù e tirando la sua morbida coperta logora fino alla testa, si preparava a sprofondare di nuovo nel sonno, fino che i soli gemelli di Tatooine non fossero spuntati, quando improvvisamente lo sentì ancora.

Senza pensare, Luke balzò fuori dal letto per alzarsi scalzo sullo stuoino intrecciato che copriva il pavimento pietroso della sua cameretta. Sbatté le palpebre una volta e scosse la testa. “Udire” non era proprio esatto, pensava in sé stesso. Più come “sentire”, come un brivido sulla colonna vertebrale. Si spostava da un piede all’altro, le orecchie e gli occhi tesi nella notte, il profumo delle canne secche della stuoia sul pavimento con cui zia Beru aveva riempito l’aria.

Luke voleva tornare a letto. Aveva avuto una lunga giornata, aiutando lo zio Owen con i vaporizzatori. Aveva appena solo sei anni, ma il suo severo tutore insisteva che ora doveva imparare il lavoro di famiglia.

Vaporizzatori, droidi, depositi di umidità: la sua testa girava per bene alla fine della giornata. Tutto questo per la promessa sfuggente di un raccolto una volta all’anno, appena sufficiente per tirare avanti fino al raccolto successivo.

In ogni caso a suo zio non piaceva quando “udiva” le cose. La sua faccia si sarebbe fatta scura e la sua voce sarebbe diventata un brusco grugnito e a volte avrebbe urlato verso Luke, che stava lì non capendo che cosa c’era di così sbagliato in ciò che faceva.

Voleva tornare a letto, trovare rifugio nei suoi sogni che gli offrivano qualche piccola misura di controllo sulla sua vita. Il suo favorito aveva luogo quando era un’astropilota. Era così reale per lui che, se chiudeva gli occhi e si concentrava abbastanza, Luke avrebbe potuto giurare di poter sentire il vascello muoversi, guidato dalle sue mani. Invece, qualche volta la nave era un landspeeder e Luke avrebbe sfrecciato attraverso le dune, il vento fluiva dopo di lui mentre schiacciava l’acceleratore. E qualche volta nel suo sogno, se era fortunato, avrebbe corso attraverso il Beggar’s Canyon, inclinandosi e torcendosi e girandosi come se avesse lasciato i concorrenti indietro, sfrecciato attraverso le pianure nel modo in cui il suo amico Biggs Darklighter gli aveva descritto le corse a Mos Espa. Suo zio non approvava i suoi quasi abituali sogni ad occhi aperti, quasi quanto disapprovava che Luke “udisse” o conoscesse le cose senza spiegazione. E l’ultima cosa che voleva era che suo zio si adirasse con lui. “Non c’era niente là fuori, niente di sbagliato”, si rimproverò, allungandosi per ritirare la coperta e strisciandoci sotto di nuovo. “Niente che poteva…”.

Luke spinse la coperta come se fosse stato colpito da un elettropungolo. Qualcosa “era” là. Un “qualcosa” fuori. Era sicuro di questo.

Istintivamente, cercò a tentoni i suoi stivali, infilandoseli velocemente e lasciando che la punta delle dita e la memoria lo guidassero in silenzio sotto l’entrata, dopo la camera dei suoi zii. Il primo respiro di Luke dell’aria notturna era già freddo. Non doveva essere passata la mezzanotte, le lune stavano ancora sorgendo, gettando un luminoso bagliore blu sulla sabbia. Arrampicatosi fuori dal cortile sotterraneo, Luke tremava leggermente, mentre guardava fuori attraverso la distesa del deserto senza fine.

Non era nemmeno veramente sicuro di cosa stesse cercando o persino perché fosse fuori. Se suo zio lo avesse trovato, avrebbe avuto molto più di una piccola spiegazione da dare, “sarebbero stati guai” come Owen era affezionato a dire, ma Luke non aveva spiegazioni, nemmeno per soddisfare sé stesso. Girò lentamente in cerchio, ispezionando il buio. Se avesse avuto il proprio macrobinocolo, come aveva chiesto per il suo sesto recente compleanno ma non aveva ricevuto, la silenziosa osservazione notturna sarebbe stata più facile. Stava il fatto che Luke si considerava fortunato se suo zio gli lasciava persino tenere in mano il proprio. Poteva quasi sentire il pesante astuccio levigato tra le sue piccole mani, mentre l’avrebbe appeso alla cintura…

“C’era ancora!”. Luke scattò intorno, facendo improvvisamente pochi passi verso est. Più vicino alla recinzione elettrica ronzante poteva non vedere, ma “sentire”, era là, mentre i capelli sul retro del suo collo si lisciavano. Li strofinò dolente e poi la sua testa, come se potesse in qualche modo grattare il prurito irritante che stranamente sentiva, che ticchettava inesorabilmente all’interno del suo cranio. Era quasi come…

-Sabbipodi-, mormorò assente, mentre il deserto sembrava diventare persino più calmo nella notte. Ci volle solo un momento al fanciullo per realizzare cosa significasse. -Zio Owen! Zio Owen!-, urlò Luke, mentre inciampava indietro verso le scale all’angolo della cavità. Praticamente ruzzolando giù, tornò a carponi dentro, chiamando gli zii.

Corse ciecamente dentro qualcosa nel buio dell’ingresso, con gli occhi abituati alla luce esterna delle lune. Luke provò a balzare via in terrore, ma un mano lo trattenne velocemente e duramente.

-Che diamine hai, Luke?!-, urlò suo zio.

Una luce fu immediatamente accesa, Luke chiuse gli occhi appena le fitte di colore riempirono la sua vista e si tirò indietro al suono della voce di suo zio. Come poteva spiegare senza finire nei guai?

-Cosa stavi facendo fuori?! E’ il cuore della notte!-

-La recinzione è giù!-. Le parole precipitavano fuori in una corsa quasi incomprensibile. -Il crinale est… i sabbipodi, predoni!-. Luke inghiottì un soffio d’aria, mentre sgranava gli occhi da suo zio a sua zia Beru, che stava in piedi sulla porta della sua camera con uno scialle avvolto intorno alle sue spalle strette.

La rabbia di Owen Lars scemò rapidamente, si riprese agilmente cura della conversazione e arrestò il balbettio frenetico del fanciullo. -Sei sicuro Luke? Li hai visti?-, chiese al nipote, improvvisamente impegnato, e si chinò giù di fronte al fanciullo biondo.

-La recinzione è giù! Non la posso più udire!-, insisteva Luke, -Stanno arrivando!-

Owen guardò indietro a sua moglie, improvvisamente insicuro. Luke seguiva lo sguardo di suo zio e vide tracce di paura negli occhi di sua zia. Rilevato che i suoi tutori sembravano credergli, strattonò la mano di suo zio: -Zio Owen, cosa dobbiamo fare?-

L’uomo stava lì, i suoi occhi non lasciavano mai quelli di sua moglie. –Noi, Luke-, iniziò lentamente, -Noi andremo a verificare. Se c’è un problema…-

-C’ “è” un problema!-, insisteva Luke, sentendosi un po’ preoccupato dall’improvvisa mancanza d’azione di suo zio. Owen non era un uomo che spendeva molto tempo a ponderare le cose. Arrivava alla decisione velocemente e logicamente, senza “complicazioni emotive”. L’ambiente era duro su Tatooine e c’era poco tempo per sognare e gingillarsi. Almeno questo era ciò che Owen gli diceva sempre.

L’uomo si girò verso suo nipote, gli occhi si riempirono di qualcosa che Luke non capiva. Owen guardò il fanciullo un momento prima di indurire la sua bocca in un aspetto serrato, con la mandibola stretta e il dispiacere che riempiva i suoi occhi. Luke si sentì mancare e sapeva che non importava cosa sarebbe successo, era nei guai. Se solo avesse potuto immaginare il “perché”.

-Andiamo-, fece fretta spingendo il fanciullo verso la vecchia, praticamente antiquata, unità di comunicazione vicino la cucina. -Stai qui e vestiti-, disse in fretta a sua moglie. Beru annuì e sparì indietro nella sua camera, proprio mentre Owen afferrava il suo unico fucile laser, una cosa che assomigliava ai bastoni uncinati che usavano i Tuskan. La sua dotazione di potenza era stata a mala appena usata da quando Owen aveva acquistato l’arma e non aveva ricambi. Digitando sul comunicatore, aveva già trovato diversi messaggi dai Darklighter e diversi altri vicini estrattori di umidità, che avvisavano di sabbipodi in movimento.

I predoni Tuskan erano gente tribale che vagava per le dune e le sorvegliava con gelosia. Compivano dei raid da basi regolari, sparando e attaccando qualunque cosa che venisse troppo vicina, rubando ciò di cui avevano bisogno dagli insediamenti umani intorno Anchorhead. Molto più coraggiosi degli spazzini Jawa, potevano e avevano ucciso i coloni prima del momento in cui la comunità umana avesse ucciso i Tuskan. Era un’animosità mutevole che era parte della vita su Tatooine; non proprio una guerra, ma abbastanza scaramucce per mantenere le cose interessanti.

Senza prendersi il fastidio di rispondere ai messaggi, Owen si voltò per il garage e l’officina e velocemente interpretò i risultati delle luci intermittenti del piccolo resoconto e dell’allarme del droide preposto. -La recinzione est è giù-, mormorò stupito, concordando con suo nipote. Guardò giù negli occhi azzurri di Luke, sentendosi più che un po’ a disagio, e non era nulla che avesse a che fare con la incombente minaccia dei Tuskan.

-Tieniti vicino Luke-, finalmente ordinò rudemente, mentre serrava la stretta sulla sua arma e si volgeva fuori per dare un’occhiata. Mentre Owen camminava attraverso la piccola area abitabile della loro dimora sotterranea, afferrò il suo macrobinocolo dal tavolo. Tolse velocemente fuori il binocolo dal suo morbido astuccio di cuoio e lo ficcò con poche cerimonie nelle mani di Luke senza perdere il ritmo. -Tu monterai la guardia e io li terrò fuori, finché i droidi non riescono a riportare su la recinzione elettrica-.

Beru li osservò partire in silenzio, annuendo rassicurante quando Luke le lanciò uno sguardo indietro, prima di seguire fuori suo zio. Sospirò, sfregandosi la fronte con una mano stanca. Si preoccupava per il marito e per Luke. I sabbipodi potevano essere fatali, ma al momento non era quello che temeva di più.

Aveva tentato di liquidare lo strano comportamento di Luke come dei casi fortunati nello stesso modo in cui aveva fatto Owen, non volendo, non desiderando credere alla sola altra dannata spiegazione. Da quando aveva iniziato a camminare (una capacità che il fanciullo aveva imparato con semplicità accelerata e rimarchevole), circostanze curiose e coincidenze avevano seguito Luke. Come la volta in cui aveva saputo esattamente dove trovare la chiave di potenza che Owen aveva cercato per giorni. O come Luke sapesse sempre quando i Jawa stavano arrivando per commerciare, persino da quale direzione il loro grande landmover sarebbe arrivato. E l’ultimo raccolto… durante l’ultimo raccolto era stato Luke, non Owen, a sapere dove il deserto sarebbe fiorito prima. Piccole cose, grandi cose, così come velocemente aveva appreso a leggere e a scrivere, come se prendesse le informazioni nell’aria leggera, insegnandosi da solo; tutto ciò ammontava a qualcosa a cui Beru non voleva pensare, a qualcosa che Owen negava con veemenza. Aveva accusato Luke di aver nascosto la chiave di potenza e sembrava diventare sempre più aspro e rude con ogni manifestazione dei talenti anormali di suo nipote, come se le sgridate e le parole apre potessero in qualche modo respingere indietro la marea.

Era inutile come infierire contro una tempesta di sabbia incombente, ma niente avrebbe scosso Owen. Beru sapeva di che cosa ci si sarebbe occupati dopo questo peculiare incidente con i Tusken, a Luke sarebbe toccata la sgridata della sua vita, più compiti, più responsabilità, e meno affetto e considerazione da suo zio. E Luke avrebbe semplicemente annuito e detto -Sì, signore-, finché i suoi occhi azzurri si riempivano di confusione e tristezza, mentre si ritirava più profondamente nel suo proprio piccolo mondo.

Oh sì, sapeva dei sogni inespressi del nipote. Radiavano dai suoi occhi, distanti e pieni di stelle, più luminosi dei soli e in qualche modo più reali a causa dei suoi doni. Il suo cuore soffriva per il fanciullo che aveva preso per suo figlio, sapendo la difficile strada davanti a lui, che era stata praticamente preordinata dal momento del suo concepimento. Il comportamento di Owen semplicemente non aiutava le cose.

Se solo avesse saputo in quale modo spiegare a Luke che ciò che suo marito faceva non proveniva da avversione, ma dalla paura e dalla preoccupazione che qualsiasi genitore avrebbe avuto. Paura che il fanciullo sarebbe stato irrevocabilmente attirato nel percorso oscuro che il padre aveva preso anni prima a causa dei suoi talenti, a causa della “Forza”.

~~~


Owen scrutò sopra il bordo della cavità dall’alto delle scale, prendendo la mira con la sua arma nel buio verso est.

-La recinzione è ancora giù-, sussurrò ansiosamente Luke, mentre scostava la sua frangia bionda dalla fronte. Alzò il macrobinocolo sugli occhi. Esaminò lentamente ad est, ricordando la parole di suo zio di non muoversi troppo rapidamente con il binocolo. All’inizio non poteva vedere altro che l’ingombrante ombra familiare con il suo proprietario che si appollaiava senza sforzo e la sua schiena che entrava in visuale.

-Cosa vedi?-, Owen spronava suo nipote.

-Bantha e predoni-

Suo zio borbottò sottovoce. -Schifosi predoni-, ingiuriò, -Sarà meglio che quei droidi mettano su la recinzione o avremo dei problemi-. Con la mano libera spostò Luke in giù di diversi gradini, così che fosse protetto meglio dalla parete, fuori dalla vista, e speranzosamente fuori pericolo.

Luke si manteneva immobile, cercando di non agitarsi, con le mani strette saldamente attorno alle ginocchia dello zio, mentre questi gli portava via il macrobinocolo per vedere la prospettiva da sé stesso. Doveva aver gettato un’ombra nella luce delle lune, perché uno sparo improvvisamente echeggiò sopra le dune. Owen non sprecò tempo nel rispondere al fuoco, rificcando il binocolo nelle mani di suo nipote. Lo zio colpì il bersaglio; urla di dolore riempirono l’aria immobile e i Bantha lasciarono uscire in risposta dei lunghi barriti tristi.

-Luke vai ad aiutare tua zia! Vai adesso!-, ordinò Owen sopra gli spari che rimbombavano. -Vai!-, urlò, mentre Luke esitava. -Abbiamo bisogno di quella recinzione su!-

-Ma zio…-

-Fai quello che ti ho detto, bimbo!-, urlò Owen in risposta, spingendo Luke in modo non molto gentile. Per la seconda volta in una notte, Luke inciampò giù per le scale e si precipitò dentro la casa.

-Zia Beru! Lo zio Owen dice che abbiamo bisogno proprio adesso della recinzione elettrica su!-, riferì il fanciullo in una fretta ansiosa, mentre avanzava nel garage.

Beru si girò e si inginocchiò al livello di suo nipote. –Luke, vai a dire a tuo zio che possiamo rimettere su la recinzione solo dalla stanza del generatore-

-Ma i sabbipodi …-

-Limitati ad andare! E sii prudente-, disse con calma insistenza, facendo correre rapidamente la mano tra gli incolti capelli biondo sabbia del nipote.

Luke annuì. Le sue mani agganciarono il binocolo al sicuro sulla sua cintura, mentre correva fuori dalla stanza indietro verso suo zio, tanto velocemente quanto glielo consentivano le sue gambe. Era a metà del recinto sotterraneo, quando si fermò. Il generatore era nel lato nord sopra il cortile infossato. Diede un’occhiata in su allo zio, che sembrava mantenere salda la sua proprietà contro i sabbipodi con la pura e semplice determinazione, e poi indietro alle pareti bianche alla luce delle lune della stanza del generatore. L’indecisione lo paralizzò per un momento, ma solo per un momento. Luke si spinse fermamente di lato, seguì il suo istinto e fece una volata su per le scale della facciata sud della corte e si tuffò nella stanza del generatore, anche se le armi dei Tusken gli si rivoltarono contro. Il bianco e il beige indossati avrebbero potuto essere colori assennati nel deserto, ma nelle notti come quelle erano più che un inconveniente, erano minacciosi per la vita.

Incespicando su diversi pezzi di macchinari, batté su almeno una scatola degli strumenti con un fracasso, prima di calmare i suoi pensieri e le sue azioni abbastanza per darsi da fare intorno ai controlli del generatore nella fioca illuminazione. Luke esaminò il pannello freneticamente, provando a ricordare come accendere la recinzione elettrica. Raggiunse una delle leve e poi la spinse velocemente indietro, prima di averla toccata per davvero.

-Sbagliato-, mormorò a sé stesso assente. Per un momento, il suono dei sabbipodi che ruggivano interruppe la sua concentrazione, ma risolutamente si concentrò un’altra volta. -Questo? No, “questo”-

Luke afferrò la leva e iniziò a spingerla in su per far ripartire il ciclo elettrico, che avrebbe alzato la recinzione est, ma era troppo basso e persino sulla punta dei piedi con il braccio teso non poteva spingerla in su completamente per bloccarla al suo posto. Si stirò ancora, provò a saltare, ma non c’era modo che potesse nemmeno toccarlo. Velocemente si girò intorno, disperato di trovare qualcosa su cui salire. Ma non c’era nulla che potesse in qualche modo sollevare e spostare più vicino. Il gemito del fucile a fulminatore di suo zio stava abbassandosi di tono: non c’era più tempo.

Estendendo ancora le dita delle sue mani, Luke serrò strettamente i suoi occhi chiusi con la lingua incollata nell’angolo della bocca, mentre vanamente si allungava verso la leva. I muscoli delle sue braccia iniziarono a protestare per lo stiramento, ma Luke li ignorò, provando a spostare il cocciuto aggeggio solo un pò “più in alto…”

Con uno scatto e un ronzio, il generatore iniziò la sequenza di riciclo e la recinzione elettrica prese vita. Facendosi sfuggire un sorriso di sorpresa e un po’ di gioia, Luke ghignò.

Scendendo verso la porta, diede un’occhiata in su allo zio, dall’altra parte della fossa del cortile, che respingeva i Tuskan indietro. Arrampicandosi per raggiungerlo, il ragazzo non notò il predone, che aveva aggirato Owen da dietro mentre la recinzione era giù, finché l’uomo con il mantello si girò verso lui.

Facendosi scappare un grido di paura, Luke fece marcia indietro così velocemente dal predone, che cadde con uno stridulo colpo di denti nella sabbia. Il Tuskan alzò il suo bastone uncinato e urlò. Pietrificato, per poco Luke non si scansò in tempo.

-Luke! CORRI!-, comandò la voce di suo zio, mentre il fulminatore si volgeva verso il suo assalitore. Non perdendo un secondo, il fanciullo terrorizzato scappò, con il cuore che batteva di paura, udendo e sentendo i passi del Tuskan proprio dietro a lui. Spari risuonarono ancora alla sua sinistra e poi a destra, ma Luke non guardava indietro, mentre zigzagava a casaccio.

Arrivò alla recinzione elettrica, ma non rallentò. Mentre questa stava ciclando, gli si lanciò attraverso nel secondo esatto che era giù. Il Tuskan lo seguì, ma fu preso nel campo e venne fritto nello scatto, lasciando scappare un urlo di agonia. Luke girava intorno i suoi occhi spalancati, mentre osservava il corpo dello sfortunato predone scricchiolare e scuotersi come fanno alcune bambole rotte, prima di rivolgersi indietro verso suo zio. Il dolore del Tuskan sembrò riempire l’aria secca, finché non poté praticamente assaporarla sulle sue labbra.

Scuotendo la sua testa in una frenetica negazione dell’orribile vista che riempiva la sua mente, si girò e continuò a correre, procedendo distrattamente in avanti. Pensava di udire da dietro di lui la voce dello zio, ma Luke non si voltò a guardare.

In panico, Luke trovò che non poteva far altro che correre tra le dune, scivolando e slittando nella sabbia non compatta, volando più lontano possibile dai sabbipodi con i loro bastoni uncinati e quel orribile grido lamentoso di morte, che sembrava echeggiare nella sua mente così forte da non poter pensare. Serrando le mani sulle sue orecchie come se potesse bloccarlo fuori e singhiozzando, incespicava sul suolo sabbioso, che aveva ceduto il suo calore da tempo. Il vento si sollevò, ma non poteva sentire il freddo, sapeva solo che doveva correre, e continuare a correre e forse allora l’urlo nella sua testa sarebbe cessato.

Non sapeva quanto a lungo continuò il suo isterico volo frenetico, tutto sembrava passargli accanto in una visione confusa mentre correva in avanti, con il petto che si stringeva forte e il fiato corto. Ad un certo punto, una parte del fanciullo terrorizzato realizzò che si stava facendo più scuro e più freddo, mentre si avvicinava la stellata notte profonda, ma a Luke non interessava.

Alla fine, dopo molto, l’esaurimento e l’appoggio cospirarono per tradirlo e Luke andò a ruzzolare giù per una duna. Rotolò a testa in giù, scivolando alla fine sul fondo di una collina e atterrò duramente sul macrobinocolo, fratturando la lente e tagliandosi profondamente nel braccio. Non sapendo veramente perché, le lacrime inondarono la sua faccia, parzialmente per il dolore fisico, ma soprattutto per il buco urlante, che sentiva nel retro della sua mente, che non poteva spiegare, che lo spaventava profondamente. Singhiozzando, colpiva la sabbia in frustrazione desiderando che semplicemente “si fermasse!”.

E improvvisamente lo fece.

Il buco straziante nella sua mente, il dolore lancinante, i gemiti che ancora risuonavano nelle sue orecchie svanirono, evaporati come se non fossero mai esistiti.

Il silenzio fu in qualche modo più assordante, più profondo e per un momento Luke semplicemente si mantenne immobile, non osando inspirare aria, aspettando… Una mano toccò la sua spalla leggermente e inesplicabilmente i singhiozzi rovinosi, che scuotevano il suo piccolo corpo, cessarono. -Respira, Luke, respira-, lo istruì gentilmente una voce sconosciuta e il ragazzo provò frettolosamente a riempire i suoi polmoni, tossendo e inghiottendo, mentre lavorava sul dolore nel suo petto. La mano si muoveva per dargli sollecitamente dei colpetti sulla schiena, finché la voce gli mormorava consolante, mentre combatteva per respirare.

Non appena poté, Luke si girò per osservare nell’oscurità l’estraneo, con gli occhi azzurri spalancati e guardinghi. –Chi…?-, riuscì a iniziare raucamente.

-Shh. Va tutto bene-. La figura incappucciata, che era inginocchiata accanto a lui, lo aiutò a sedersi. Il movimento gli faceva venire il capogiro e Luke scosse la testa in uno sforzo di chiarirlo, provando a concentrarsi sulla sensazione di vuoto che adesso riempiva la sua mente al posto della tempesta di dolore. -Hai fatto molta strada da casa, Luke Skywalker.-, disse gentilmente la voce, l’uomo. -Cosa stai facendo di notte qua fuori, in mezzo al Mare delle Dune?-

-Come…come conosci il mio nome?-, chiese Luke in disorientata sorpresa, mentre cercava di scorgere la faccia del suo soccorritore.

-Conosco tuo zio, Owen Lars.-, spiegò l’uomo incappucciato con un tono distorto, come se ridesse ad uno scherzo privato.

-Lo conosci?-. Luke sbatté lentamente gli occhi, con la sua giovane mente che provava a venire alla comprensione dell’improvviso cambiamento nella sua testa, nella sua situazione. Sembrava quasi che fossero passati giorni da quando era andato a letto, ma era ancora la stessa lunga notte. -Chi sei?-

L’uomo sembrò esitare per un istante alla domanda prima di rispondere, come se stesse cercando la risposta giusta. -Ben. Ben Kenobi-, disse alla fine.

Luke sembrò ponderare ciò per un momento, un cipiglio di ricerca balenò sulla sua faccia, prima che scuotesse la testa. -Non ho mai sentito parlare di te-, ammise onestamente.

-Non sono sorpreso-, rispose Kenobi con un riso soffocato che sparì nel vento, mentre rivolgeva nuovamente la sua attenzione al fanciullo. -Che cosa ti ha portato qui fuori mio giovane amico? Questo può essere un posto pericoloso anche per i ben preparati.-

Improvvisamente, gli eventi recenti sembravano premere sulla parte più cosciente della mente e Luke si morse le labbra, chiedendosi se il rumore nella sua testa sarebbe riniziato, assordandolo. Ma non c’era eco del grido di morte del Tuskan, era semplicemente andato. Non che volesse indugiare su “quel” particolare pezzo mancante. Lanciò un’occhiata al suo soccorritore nell’oscurità e iniziò a relazionare gli eventi della notte. Le parole si rovesciavano fuori, mentre procedeva. -Pensavo di aver senti…“udito”-, corresse ansiosamente, aspettandosi disapprovazione dallo straniero, -”udito” la recinzione elettrica cadere, e i sabbipodi… e l’ho detto allo zio Owen, e ha preso il suo fucile laser, e siamo andati per cercarli, e lui li ha tenuti fuori, e zia Beru non poteva rimetterla su dal garage, solo dalla stanza del generatore, e…-

-Ricordati di respirare-, gli rammentò Kenobi con una mano sulla sua spalla. Luke annuì, ma continuò nella stessa maniera affannata senza respiro con molto divertimento dell’uomo.

-E così andai nella stanza del generatore, e non potevo raggiungere la leva per spingerla su, ma poi penso che in qualche modo ce l’ho fatta perché è partita, e sono uscito per aiutare lo zio Owen e il… il predone era là dietro e lui... lui mi dava la caccia, e io inciampai, e poi sono corso attraverso la recinzione e… e mi ha seguito ma lui... lui…-

La voce di Luke si affievolì in un sussurro e poi niente, ma a Ben Kenobi bastava poco altro per capire cosa avesse spinto il fanciullo nella sua frenetica volata attraverso le dune. Persino adesso teneva una mano salda nello sopprimere la percezione della Forza del fanciullo, per paura che il dolore in punto di morte del Tusken lo avrebbe ricondotto nuovamente in una crisi isterica. Luke era stato profondamente terrorizzato e, nello stesso tempo, completamente recettivo alla Forza, molto più di quanto non lo fosse mai stato precedentemente e la prima cosa che aveva sentito con la sua capacità appena scoperta era la morte violenta di un’altra creatura senziente. Sebbene questa consapevolezza fosse stata scioccante e dolorosa, non c’era nessun altro modo in cui Luke avrebbe potuto passare incolume attraverso un ciclo elettrico senza essere in armonia con i suoi doni. Veramente, era stata quella improvvisa consapevolezza della Forza che aveva chiamato il cavaliere Jedi attraverso Tatooine, dove aveva vissuto in reclusione da quando aveva sistemato Luke con Owen e Beru Lars quasi sei anni prima. Persino adesso, con il fanciullo più calmo e l’angoscia mentale andata, Ben Kenobi, una volta chiamato Obi-Wan in certi quartieri galattici, poteva sentire il potere muoversi dentro Luke, liberato quasi improvvisamente, dopo i febbrili eventi della notte e adesso sembrava ritornare sui suoi passi e avanzare, impaziente di esplorare il suo mondo come una qualunque creatura selvaggia.

-Io inciampai, caddi giù e attraversai la recinzione e… ed era giusto dietro di me …-, riprovava il fanciullo. Tutto il suo corpo iniziò a scuotersi, ricordando il suono orrendo che aveva trafitto l’aria notturna, la maniera assoluta con cui aveva trafitto la sua anima.

-Va tutto bene. Lo so, Luke, lo so-. Ben appoggiò la sua mano sulla spalla del fanciullo e la strinse gentilmente, un promemoria fisico che non era più solo.

-Ma lui… la recinzione…-, continuava Luke con voce rotta, come se avesse cercato di cancellare l’esperienza dal suo cuore, raccontando la storia, mentre afferrava il braccio dell’uomo incappucciato così strettamente che Ben si sarebbe sorpreso se non gli avesse lasciato dei lividi.

-Shh, calmo adesso-. Obi-wan mise una bassa inflessione nella sua voce. -Tranquillo…calmo…E’ finita.-. Forse era semplicemente chi gliele diceva o il modo con cui erano dette, ma quelle poche parole erano abbastanza. Il ragazzo si calmò e semplicemente appoggiò la sua testa contro la spalla dello sconosciuto, respirando profondamente, ignorando il pulsare nel suo braccio. Sedettero per un lungo momento nello scarso riparo che le dune offrivano nell’aria notturna, prima che l’uomo incappucciato incitasse all’azione: -E’ tardi, andiamo a casa, figliolo-

Gli occhi azzurri di Luke si aprirono di scatto in smarrimento, mentre era ancora seduto. -Dove stai andando?-, chiese.

-Beh, Luke-, si girò Ben velocemente per guardare sopra le sue spalle, come se verificasse la sua posizione in mezzo all’informe oscurità senza fine. -Siamo addirittura più vicini a casa mia che alla tua-. Si inginocchiò e sogghignò leggermente. -Hai fatto una lunga corsa-

Luke abbassò la testa in vergogna. -Io non… io ho sentito, “udito”…-, fece rapidamente ammenda, non volendo turbare questo amico dello zio con le sue strane intuizioni.

Una mano leggera sfregò il suo sopraciglio, riportando bruscamente in su l’attenzione di Luke, e la voce divenne seria, ma sorprendentemente coinvolta, non arrabbiata. Forse persino un po’ comprensiva. -Non l’ “udrai” più, Luke, te lo prometto-

Luke non sapeva perché, ma improvvisamente si sentì come se un gran peso fosse stato tolto dalle sue spalle. La sua mente si sentiva ancora messa stranamente a tacere, ma almeno sapeva che il buco urlante non sarebbe ritornato, da qualunque parte provenisse. E il suo nuovo conoscente e soccorritore non sembrava preoccuparsi che lui “udisse” cose, sembrava sapere esattamente di cosa Luke stesse parlando, invece di arrabbiarsi e urlare. Kenobi rise tristemente nel buio, percependo il sollievo del fanciullo, mentre lo guidava più profondamente nella vastità verso casa. Luke incespicava dietro l’ uomo alto incappucciato, tenendosi più vicino possibile, con una piccola mano stretta saldamente in quella di Ben.

Il vento salì mentre l’oscurità divenne assoluta, ma in qualche modo Kenobi guidò infallibilmente in avanti, come se la vista fosse in qualche modo non necessaria. A un certo punto, l’uomo incappucciato, che sembrava così familiare quanto era sconosciuto, raggiunse e raccolse il bambino esausto tra sue braccia. Luke istintivamente gli si aggrappò vicino, proprio mentre Obi-Wan avvolgeva intorno al suo giovane carico tremante il mantello marrone, una volta simbolo del suo ceto. Luke appoggiò la testa sulle spalle del Jedi e si lasciò andare, sentendosi finalmente al sicuro.

~~~


-Owen, è Obi-Wan-.

-Che cosa vuoi?-, scattò la voce secca e disgustata indietro dall’unità di comunicazione sul tavolo.

Kenobi ignorò il tono sicuro dell’estrattore di umidità. La loro disputa era lunga e, in ogni caso, non sarebbe stata risolta presto. Inoltre, il Jedi aveva altre preoccupazioni in quell’istante. -Credo di aver trovato tuo nipote fuori tra le dune.-

Ci fu silenzio per un momento dall’altra parte della linea di comunicazione, prima di: -E’ con te? Sta bene?-

-Sta riposando tranquillamente adesso. Ha avuto una lunga giornata e una notte persino più lunga-, rifletté Ben con un sorriso amorevole diretto alla sagoma addormentata sul giaciglio davanti a lui. Il Jedi aveva finito di verificare lo stato del fanciullo e adesso sedeva di fianco a lui, vigilante e paziente.

-E’ ferito?-, chiedeva adesso la voce di Beru in distanza. La preoccupazione tingeva il suo tono.

-Alcuni brutti lividi, un po’ di graffi, un taglio su un braccio.-, le raccontò onestamente l’eremita del deserto, mentre fasciava strettamente il braccio di Luke, prima di riabbassare la manica. -E’ confuso e spaventato, ma starà bene Beru. Non era preparato per l’urlo di morte del predone, lo ha terrorizzato e ferito dentro-, spiegò.

-Non devi fare niente Obi-Wan-, pressava la voce di Owen attraverso il piccolo altoparlante. -Quando ci sarà luce…-

-Quando ci sarà luce, ti porterò Luke indietro.-, lo interruppe fermamente Obi-Wan, non mettendo avanti nessuna questione.

-Non gli devi dire niente!-, controbatté Lars, innervosito rabbiosamente dalla sua mancanza di controllo. -Si supponeva che tu non lo vedessi nemmeno.-

Luke si mosse leggermente, irrigidendosi sullo spartano giaciglio. In qualche modo, le parole di suo zio lo raggiungevano in profondità nell’esaurimento. I suoi lineamenti abbronzati si tirarono, le mani si strinsero. Obi-Wan lo raggiunse e toccò leggermente il fanciullo sulla fronte, prima di accarezzare indietro i suoi capelli scoloriti dal sole, in un moto ripetitivo che calmava il bambino.

-Owen, pensi di poter semplicemente ordinare al suo talento per la Forza di uscire da lui?-, chiese amaramente, con la sua concentrazione adesso rivolta al fanciullo, non al tutore. -E lì, adesso più che mai-

-Non mi interessa, non voglio che impari nulla di quella roba, specialmente da te-, scattò Owen. -Non è il tuo lavoro, ricordi? Tu devi proteggere il fanciullo, smorzare e schiacciare qualunque cosa sia, trattenerlo da…-

-Se io lo avessi trattenuto da usare ciò che è naturale come respirare sarebbe morto adesso, e forse anche voi.-, ribatté Kenobi bruscamente. La sua rabbia cresceva all’idea di soffocare il talento di Luke al disotto della sua volontà semplicemente a causa della paura di suo zio, generata da una profonda preoccupazione. -Lui ha “udito” la recinzione elettrica cadere, non tu-

-Dannazione, le recinzioni elettriche sono silenziose! Non si può “udire” niente! Glielo ho detto un centinaio di volte…-

-Luke conosce le cose, sente le cose. Non puoi negarlo, non importa quale sia la tua opinione della Forza, Owen. E’ fortemente dotato. Punirlo e sgridarlo perché crede nel suo istinto lo ferirà e renderà solo le cose più difficili quando più tardi imparerà-, spiegò inutilmente Obi-Wan, sapendo per lunga esperienza quale sarebbe stata la risposta, ma malgrado tutto doveva provare nell’interesse del figlio del suo migliore amico.

-Luke NON imparerà niente da “te”!-. L’enfasi non fu persa e Kenobi trasalì nell’intimo. -Quella dannata roba della Forza è solo un caso fortuito. Non appena smetterà di sognare ad occhi aperti e si scaricherà, le cose saranno a posto. Non devi parlargli di questo. Non di trucchetti o di suo padre. Te lo vieto! Noi ci occupiamo di lui e noi decideremo cosa è meglio! Questo era l’accordo Kenobi, tieni la tua roba Jedi fuori da questo!-

Con un click il comunicatore divenne silenzioso.

-Per l’appunto-, mormorò Obi-Wan, mentre posava una coperta leggera sul fanciullo addormentato. Luke era riuscito a dormire durante la piccola amichevole “telefonata cordiale”, ma il Jedi fu veloce a notare che solo adesso incominciava a rilassarsi nuovamente, adesso che la rabbia di suo zio non invadeva più i suoi sogni.

~~~


-Dannazione. Doveva essere proprio lui!-, imprecò Owen, colpendo per la frustrazione la vicina parete con l’unità di comunicazione.

-Owen-, disse Beru, aspettando che suo marito la guardasse, prima di continuare. –Owen, forse ha ragione. Fai pressione con tanta durezza su Luke per questa cosa. Non è colpa sua.-

-Lo so che non è colpa sua!-, urlò difensivamente l’agricoltore, girandosi per guardare verso sua moglie e sollevando le mani in disperazione. -Non pensi che io lo sappia? Lo vedo e…e…poi fa delle cose o conosce o dice cose…-, la sua espressione si intristì scoraggiata, -Beru, qualche volta giurerei che quel fanciullo sia più un adulto che un bambino-. Con un sospiro si sedette pesantemente a tavola, appoggiando i gomiti sulla sua superficie pulita con la faccia nelle sue mani.

Beru si avvicinò in piedi dietro a lui, con le mani posate in maniera titubante sulle ampie spalle del marito. -Ma “è” ancora un bambino, non importa ciò che può fare, Owen. Non capisce…-

-Non è normale e questo non è prudente in questa galassia, non adesso.-, replicò con la voce e la faccia quiete e calme, mentre si girava leggermente e guardava in su. -Pensi che voglia vederlo ferito? Non lo voglio semplicemente morto-, la raggiunse e prese le mani di lei nelle sue. La preoccupazione e l’affetto, che mostrava così raramente, si insinuarono nei suoi occhi. -Questo è quello che gli faranno se lo trovano, Beru. Lo uccideranno o… o lo devieranno in un modo che sarebbe uguale se fosse morto.-

-Perciò è per il suo stesso bene, è questo che mi stai dicendo?-, chiese retoricamente, con la voce rotta, mentre ripensava a suo nipote, suo figlio. Tirò indietro le sue mani. -Se lo tieni lontano da Obi-Wan che potrebbe aiutarlo a controllare questi casi fortuiti che ti spaventano tanto? Se lo guardi star lì, mentre tu gli urli, quando lui… quando trova cosa non funziona coi droidi prima di te o… o anticipa l’aiuto che vuoi, prima che lo vuoi? Luke sta solo cercando di aiutarti. Vuole così tanto la tua approvazione.-

Owen sembrò visibilmente avvizzire e ritirarsi dentro sé stesso, l’onestà della moglie l’aveva colpito nella sua vera anima. -Non gliela posso dare, non su questo-, disse debolmente alla fine, guardandosi le mani callose. -Non posso approvare ciò che può fare, lo porterà solo alla sofferenza.-

-Perciò semplicemente continuiamo come abbiamo fatto da soli.-, propose Beru con la voce ferma, ma remota e distante, mentre incrociava le braccia strettamente intorno al proprio petto, come se fosse improvvisamente freddo.

Owen annuì lentamente.

-Sgridarlo quando ode le cose come i predatori e le recinzioni elettriche, tenerlo ingenuo e ignorante del suo passato e delle cose fuori Anchorhead e sorvegliarlo quando semplicemente si rinchiude in quel suo mondo fantastico?-

L’agricoltore si alzò e mise le mani forti sulle spalle di sua moglie, chiedendosi non per la prima volta perché avevano accettato di prendere in primo luogo questo bambino con la sua singolare eredità. -Col tempo lui… lui capirà, smetterà di usarla, la nasconderà dentro in profondità e se ne dimenticherà. Luke starà meglio così, Beru-. La scosse gentilmente, mentre lei alzava i suoi occhi tristi per incontrare quelli di lui. -Fidati di me-

~~~


Increspature nella Forza.

Obi-Wan le aveva percepite per anni, un costante debole promemoria vicino del suo dovere e del suo più grande fallimento. Stavano diventando più forti, più concentrate e frequenti e il giovane Luke stava lentamente realizzando che era unico tra la sua famiglia e gli altri bambini. Come in suo padre prima di lui, la Forza scorreva attraverso Luke Skywalker.

-Buongiorno-, salutò con un sorriso, mentre gli occhi azzurri si aprivano e fissavano in su il soffitto sconosciuto, senza comprendere.

L’attenzione di Luke si spostò verso la voce, esitando un momento, mentre la faccia era rivolta all’uomo che lo aveva trovato nelle dune la notte passata. –Giorno-

-Come ti senti?-, chiese il Jedi tranquillamente, mentre il fanciullo si alzava cautamente sui gomiti.

Luke spostò i suoi occhi spalancati dall’ambiente per guardare il suo ospite, prima di alzarsi e dondolare le sue gambe oltre, in modo che penzolassero in giù per sfiorare a mala appena il pavimento. –Okay-, concesse.

Una mano si posò confortante sulla sua spalla e l’uomo incappucciato lo guardò negli occhi, come se stesse fissando attraverso di lui, dando la sua propria valutazione. -Sei messo un po’ male per i vestiti, Luke, ma la colazione dovrebbe aiutare in qualche modo-, disse Ben gentilmente con un sorriso spensierato. -Vai a lavarti le mani-, fece cenno in avanti al fanciullo. Luke si alzò e fece la strada verso il bagno, quando improvvisamente si fermò nel suo percorso. Le sue mani raggiunsero la propria cintura. –Che cosa c’è?-

Luke girò intorno i suoi occhi sbarrati in paura e shock. -Il macrobinocolo di zio Owen, l’avevo alla cintura quando…-

-Non ti preoccupare Luke, sta a posto. L’ho portato con noi-, lo rassicurò velocemente Ben, richiamato un po’ indietro dal frenetico inaspettato sguardo agitato negli occhi del fanciullo.

Un sorriso di sollievo si diffuse sulla faccia di Luke e il bimbo annuì rapidamente con la testa. –Grazie-

Obi-Wan sorrise in ritorno, lasciando che l’espressione sfumasse in una di preoccupazione, quando il fanciullo sparì dalla vista.

~~~


Luke osservava il suo misterioso benefattore. Aveva un’età indeterminata, non più un uomo giovane, ma non ancora un vecchio. I suoi occhi erano azzurri come i propri, ma a caso cambiavano in verde. Sembravano quasi puerili quando sorrideva, ma con una punta di qualcosa di più oscuro, quasi tormentati appena al disotto. La sua stessa presenza sembrava riempire la stanza con un senso di pace e ordine, senza il comando di ferro che suo zio esercitava così efficientemente. Vestito in una tunica di bianco tenue e calzoni poteva essere scambiato per un qualsiasi altro colono logoro. Ma gli abiti non erano di fattura rozza e gli stivali, sebbene consunti, erano chiaramente di un disegno extra-mondo. Ben Kenobi proiettava un vigore che Luke non poteva proprio capire, ma in qualche modo sapeva che la sua forza non sarebbe stata mai diretta a lui.

-Posso aiutare?-, si offrì, avanzando per sbirciare sul bancone a quello che l’uomo stava preparando per colazione.

-Sì che puoi, puoi mangiare-, insistette Obi-Wan con un sorriso, raggiungendolo da sopra e sollevando Luke sulla sua sedia in un unico facile movimento.

-Whoa.-, disse Luke in sorpresa, prima sobbalzare improvvisamente, quando il suo braccio destro sfiorò la sedia.

-Stai bene?-, chiese Ben, esitando prima di girarsi per prendere il proprio pasto.

-Uh-huh-, annuì mentre sollevava la manica per vedere cosa facesse male.

-E’ piccolo, ma profondo. Te lo riaggiusterò prima di ritornare dai tuoi zii.-, spiegò Kenobi, mentre Luke squadrava la fasciatura legata attorno al suo avambraccio destro.

Gli occhi azzurri scattarono in su per incontrare quelli di lui, dimenticando immediatamente la ferita. -Hai uno speeder?-

-Non ne ho bisogno, Luke, non qui fuori-, replicò Obi-Wan, provando a non sogghignare all’entusiasmo del fanciullo, mentre sedeva e iniziava a mangiare.

-Oh.-, disse Luke silenzioso per un momento, mentre raccoglieva il suo cucchiaio. -Lo zio Owen ne ha uno. Un giorno me lo lascerà pilotare-

-Pensi di poter pilotare un landspeeder?-

La parola “sì” fu istantaneamente sopra le sue labbra, ma poi diede un’occhiata accorta al suo compagno di colazione, molto prudente per un bambino di sei anni. -Forse. Non avrò il permesso, finché non sarò più grande. Tutto succede solo quando sei più grande-, spiegò Luke con un sospiro stanco del mondo. Ben soppresse a mala pena la sua risata.

-Devi solo crescere un altro po’. Non è così semplice come sembra-, propose Kenobi come una via di consolazione, mentre spezzava un pezzo di pane insipido a metà.

-L’ho fatto nella mia testa un migliaio di volte-, rifletté Luke a voce alta, condividendo con un estraneo qualcosa che nascondeva con la massima cura ai suoi zii. –Così come un’astronave-

-Non solo uno speeder, ma persino una nave, hmm?-

-Sì e forse persino un…-, il ragazzo si appoggiò in avanti con fare cospiratorio, la voce diminuì in un soffio, gli occhi si illuminarono di piacere alla sua fantasia, -un racer.-

Le parole colpirono una corda lungamente nascosta dentro il Jedi. “Lo avrei dovuto sapere”, pensò in sbieco Obi-Wan in sé stesso. “Tale padre, tale figlio”.

-Hai mai visto una corsa, Luke?-, chiese con un sopracciglio inarcato.

Luke scosse la testa lentamente, il disappunto era evidente, mentre raggiungeva la sua tazza. -Il mio amico Biggs l’ha vista una volta che era a Mos Espa con suo padre. Me l’ha raccontata, ma lo zio Owen non vuole che io ne parli e neanche zia Beru. Dice che avrebbe un attacco di cuore, se persino mi sedessi in uno-, disse in una drammatica voce canzonatoria, ovviamente recitando qualcosa che sua zia gli aveva detto molte molte volte.

-Vanno molto veloci-, lo avvertì Obi-Wan, gradendo la propensione del fanciullo ad aprirsi e a dividere i suoi interessi con tutta la vivacità di un giovane intrepido. -Gli esseri umani non sono veramente ben attrezzati come altre forme di vita.-

Luke picchiettò le sue dita contro le labbra, pensando a questo prezioso pezzo di informazione prima di replicare. -Non lo saprei per certo, finché non lo facessi, ma penso che potrei-, annuì lentamente la sua voce ferma e sicura, mentre rimetteva giù la tazza. -Potrei farlo-. Gli occhi azzurri del fanciullo diventarono distanti e la sua faccia pensosa.

Obi-Wan annuì il suo onesto accordo, mentre si allungava sul tavolo per toccare leggermente la mano del fanciullo. -Lo so che potresti-

~~~


-Perciò aiuti tuo zio con il podere?-, chiese casualmente Ben, mentre tirava fuori un poncho color sabbia dalla sua vecchia ampia cassapanca.

-Ogni giorno-, replicò Luke con un cenno dall’angolo del bancone dove sedeva appollaiato con le gambe che dondolavano oziosamente avanti e indietro. -Qualche volta è dura, perché è come se proprio niente sembrasse accadere, c’è solo sabbia, sabbia, e ancora sabbia e poi arriva il raccolto e puf! improvvisamente tutto è vivo.-

Kenobi estrasse il largo poncho sopra la testa del fanciullo, mentre osservava Luke far correre la sua mano attraverso i capelli scompigliati, togliendoli via dagli occhi e lasciandosi una macchia su una guancia. -Dovremo partire presto, è una bella camminata-

-Sì, zia Beru sarà preoccupata-

-E tuo zio?-, incalzò placidamente Ben, mentre alzava la manica di Luke e iniziava a togliere la vecchia bendatura.

Luke osservò il processo con interesse. -Dovevamo andare a portare i nuovi droidi su al crinale sud *ow* sud oggi-

Obi-Wan sollevò la stoffa fresca proprio mentre il fanciullo sbirciava per guardare al taglio irregolare. Non c’era segno di infezione fortunatamente. Cercò la faccia del fanciullo per un momento, ma non poté raggiungere i lontani occhi azzurri. Luke aveva eluso definitivamente la domanda sullo zio in un modo sorprendentemente adulto. Silenziosamente Ben lasciò che la sottolineatura passasse senza un commento, senza un giudizio, mentre spalmava un pezzo di tela con l’antisettico e lo legava sul braccio del fanciullo.

Luke ritirò indietro la sua manica e il poncho, con l’attenzione e i pensieri che probabilmente vagavano lontani anni luce, mentre si strofinava tristemente il retro del collo.

Ben lo lasciò fare le sue riflessioni, mentre raggiungeva e prendeva il macrobinocolo dalla sua piccola ma funzionale postazione di lavoro e lo metteva nelle mani del ragazzo. -Pronto ad andare?-

-L’hai aggiustato!-, esultò Luke in sorpresa nello saltare giù. –Grazie-, disse guardando luminosamente in su al Jedi, con evidente piacere.

-Prego-, replicò Obi-Wan con un sorriso, mentre accompagnava il suo piccolo carico verso l’uscio.

I due camminavano fuori nella luminosa, luminosissima mattina di Tatooine. Il cielo era di un azzurro perfetto non ancora disturbato dalla calura del giorno. Senza una parola di istruzione, Luke si girò e iniziò a camminare senza errori verso sud nel Mare delle Dune davanti a casa. Kenobi era vicino a lui con il cappuccio tirato in su.

-Giri spesso per il deserto, Luke?-

La testa biondo sabbia si scosse tristemente in diniego. -No signore. Non sono mai stato nemmeno ad Anchorhead. Lo zio Owen ci va da solo.-

Lentamente il Jedi annuì di proposito una volta, lasciando che Luke facesse strada.

~~~


Non appena la piccola abitazione arrivò in vista, la spensierata conversazione tra i due morì. Luke fece pochi passi veloci in avanti, sollevato di ritornare sul suolo familiare. La mattinata era sembrata surreale quasi un sogno e adesso era di nuovo a casa con sua zia e suo zio…

Luke si fermò sul suo percorso. La mente rivedeva gli eventi dell’ultima notte e il cipiglio di disapprovazione del suo padre sostitutivo e lo stringersi della sua mascella, tutti segnali di allarme che, come Luke aveva da parecchio tempo indietro imparato, indicavano rabbia. Non che suo zio lo picchiasse mai, ma qualche volta avrebbe afferrato le sue braccia così strettamente che ci sarebbero stati segni delle dita e lividi viola per giorni, che sarebbero lentamente scoloriti in pallidi promemoria giallo verdi della sua disobbedienza.

-E’ tutto a posto Luke?-, chiese tranquillamente la voce di Obi-Wan dietro di lui, non intromettendosi, ma offrendo un sostegno silenzioso là alle sue spalle.

-Uh…huh-, annuì fermamente mentre vedeva le sagome dei suoi zii salire dal cortile sotterraneo. Sentì sulla sua spalla la mano dell’uomo incappucciato. Ne proveniva una forza che lo riempì per un momento. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, assaporando la sensazione preziosa.

-Luke! Luke!- chiamò Beru, frenetica nel suo sollievo. Cadde sulle ginocchia davanti al nipote e lo abbracciò fortemente. Abbassando la sua testa in imbarazzo al raro segno di affetto fisico, Luke trascinò un piede nella sabbia, prima che l’ombra di suo zio cadesse su di lui.

-A cosa pensavi, correndo via in quel modo?-, iniziò Owen senza preamboli, con la faccia rossa e gli occhi che saettavano.

La faccia di Luke arrossì di una vergogna nervosa, mentre allontanava i suoi occhi dalla tempesta incombente, vedendo la rabbia, non la paura, la preoccupazione e l’affetto genuino che la drappeggiavano. -Io… Io non…-

-Owen-, si intromise nella conversazione la voce di Obi-Wan, con durezza e diffida sotto il suo tono modesto.

-Stanne fuori.-, sparò indietro l’estrattore di umidità. Beru, che ancora teneva il figlio adottivo alla distanza di un braccio, guardò da un uomo all’altro prima di alzarsi in piedi. -Parleremo di questo più tardi, Luke-, promise foscamente Owen a suo nipote. -Vai, entra! Metà del giorno è già andato.-

-Sì, signore-, era la veloce risposta che il bimbo di sei anni si affrettava a dare quando suo zio ordinava.

Non appena entrambi, Beru e Luke, furono fuori di vista, Obi-Wan rivolse la sua attenzione indietro all’uomo a cui aveva affidato il figlio di Anakin. -Non punirlo per questo, Owen, glielo renderai solo più duro-, lo esortò con calma.

-Non alleverò Luke come avrebbe fatto suo padre. Prima lo impara, più facile sarà. Nessuno di queste cose senza senso della Forza o di pilotare, è sicuro qui nel podere, facendo un NORMALE onesto lavoro e questo è il modo in cui sarà-, replicò aspramente Owen, incrociando le braccia sopra l’ampio petto. -Non voglio che tu venga qua intorno per nessuna ragione. Fai il tuo lavoro,-, continuò, affilando amaro la sua voce in tono accusatorio al Jedi, -fai le tue penitenze tenendo quei dannati Sith lontano da qui e Beru e io ci prenderemo cura di crescere Luke-

Obi-Wan scosse la testa con il peso del passato sospeso gravemente su di lui. -La tua paura per lui gli fa più danno che bene.-

-Tieni la tua saggezza Jedi per te-, disse Owen acidamente, -Preferirei non avere il consiglio dell’ultimo di una razza condannata.-

Per un lungo momento Kenobi stette in silenzio prima di annuire una volta. -Come desideri.-

Quand’anche il fattore fosse stato preso completamente alla sprovvista da quella improvvisa vittoria, non lo mostrò al di là un borbottio di sorpresa. Obi-Wan si allungò sotto la sua tunica e tirò fuori un cilindro di metallo luccicante con una presa comoda e una cella di potenza. Lo tenne tra le dita un momento, guardando all’arma di un Jedi da lungo perso per lui, il suo unico apprendista e caro amico. -Anakin voleva che Luke avesse questa, voleva passarla a suo figlio.-

Owen fece un passo indietro dalla spada laser come se fosse stata qualcosa di indemoniato. -Tieni quella maledetta cosa lontana.-

-Non è una maledizione, Owen, è un regalo.-, controbatté semplicemente Ben, mentre gli occhi guardavano il tutore di Luke.

Le narici di Owen ardevano e fece un profondo respiro come se stesse prendendo una decisione. -Dichiari di volere ciò che è meglio per Luke. Allora ascoltami Obi-Wan, perché sto per ridirtelo una volta sola: Stai Lontano Da Lui.-

Con questo, l’estrattore di umidità si girò indietro e ritornò giù alla sua proprietà, a sua moglie e al suo tutelato, lasciando il cavaliere Jedi solo tra le sabbie. Avrebbe potuto costringere Owen ad ascoltarlo, avrebbe potuto obbligare l’uomo a vedere il suo punto di vista, ma non l’avrebbe fatto. Non era sicuro di cosa esattamente lo fermasse, la paura della scoperta imperiale di un Jedi su Tatooine o qualcosa di più vecchio, qualcosa o qualcuno riunito con la Forza. Obi-Wan stette ancora immobile, raccogliendo l’energia da dentro, dal passato, dalla Forza, prima di girarsi e iniziare da solo il suo lungo viaggio verso casa.

Dei rapidi passi familiari vennero da dietro seguiti dalla voce di un bambino e lo interruppero dai sui pensieri. “Signor Kenobi. Signore!”

Il Jedi incappucciato si girò con i suoi occhi che sorridevano in benvenuto, mentre la sua bocca avrebbe disimpegnato. -Solo Ben, Luke. Che cosa c’è?-, chiese mentre si chinava alla minore altezza del fanciullo.

-Qui-. Luke offrì il poncho indietro all’eremita.

-No, va bene così-, disse Obi-Wan, respingendo l’oggetto nelle braccia di Luke. –Tienilo-

-Nah-. La testa color sabbia si squassò imbarazzata e un po’ riluttante, mentre la mano libera raggiungeva il retro del collo in un gesto familiare. -Sarebbe una obbil… obbigl…-

-Obbligazione-, confermò in aiuto ObiWan Kenobi, trattenendo una risatina.

-Obbligazione, sì, e si presuppone che io non ne abbia.-

Occhi azzurri incontrarono occhi azzurri, bloccati per un momento, prima che Ben annuisse e riprendesse il poncho. -Lo conserverò per te allora.-

Un sorriso seguì le sue parole e poi Luke guardò rapidamente sopra la sua spalla, prima di chiedere esitante: -Pensi…Pensi che potrei farti visita qualche volta?-

Obi-Wan fece una pausa per un lungo momento e la speranza di Luke sembrò appassire visibilmente. Non avrebbe gradito niente di più che stare con il fanciullo, che era praticamente suo padre rinato, o apparire semplicemente qui e là su Tatooine, rimuovendo di tanto in tanto un lungo passato. Ma non era da essere, non adesso, non per lungo tempo, se il suo istinto lo serviva bene, molto per il suo dispiacere e molto di più per quello di Luke. -Tocca a tu zio decidere questo.-, replicò finalmente, chiedendosi se quello sarebbe mai stato abbastanza, mentre si allungava per pulire gentilmente la macchia di sporco dalla guancia del fanciullo.

-Oh-. Gli occhi di Luke si girarono, ma la conoscenza era lì, il giudizio. -Quindi… suppongo che questo sia un addio-

-Ci incontreremo ancora, Luke.-, lo rassicurò Kenobi, posando le sue mani sulle spalle del fanciullo, cercando di offrire al bambino qualcosa che aveva ricevuto da sua madre, sua sorella e dimenticato nelle braccia di Beru quasi sei anni prima.

Luke annuì in accordo con le parole, ma se ci credesse o no, Obi-Wan non poté dirlo. -Volevo ringraziarti ancora per il binocolo. Forse non si accorgerà nemmeno che l’ho rotto-, tentò il fanciullo speranzoso, incontrando alla fine il suo sguardo. Kenobi sentì una fitta di tristezza a quella piccola affermazione bizzarra, che rivelava così tanto dell’allevamento di Luke. Se solo il Jedi non fosse stato perso. Se solo le cose non fossero state quelle che erano…

Obi-Wan respinse via quei pensieri e si focalizzò sul vivente, il qui e l’adesso, come il suo maestro gli aveva insegnato molto tempo prima. Arruffò amorevolmente i capelli del fanciullo. -Abbi cura di te stesso, Luke Skywalker.-

-Anche tu-, replicò Luke con un ghigno, ritirando la sua mano che il Jedi teneva e muovendosi per andarsene.

-Luuuke! Luke dove sei?!-

La testa di Luke scattò intorno e poi indietro a Obi-Wan. -Devo andare-, disse mentre fece un po’ di passi indietro verso il richiamo insistente. Kenobi si alzò sui suoi piedi, il mantello marrone mulinò intorno a lui nella sabbia. Luke alzò la sua mano in saluto mentre saltellava i primi passi. Gli occhi si illuminarono. -Addio!-

Obi-Wan osservò finché la piccola figura svanì dalla vista, prima di girarsi per affrontare il vasto deserto che ora chiamava casa. Dietro lui il vento portava il suono di voci dalla casa e il Jedi sapeva cosa avrebbe trovato riempire in quel momento il cuore del giovane Skywalker, se lo avesse raggiunto con la Forza. Ma non lo fece, non poteva avere importanza quanto lo volesse. Luke non era suo da crescere, non nella nuova Galassia imperiale. Sospirando, Ben continuò attraverso le dune, con il cuore pesante, ma gli occhi asciutti da molto.

Obi-Wan Kenobi non aveva lacrime ormai da tanto tempo.

~Epilogo~


Luke Skywalker strisciò sul letto, esausto e avvilito. Il lavoro del giorno era stato duro, suo zio l’aveva spremuto, finché la zia Beru non era intervenuta. I due adulti potevano persino adesso essere uditi giù nel corridoio sussurrare con insistenti voci arrabbiate, che Luke era troppo stanco per decifrare. Massaggiandosi saltuariamente il braccio livido e poi, tastando la bendatura che il vecchio eremita gli aveva messo sopra, il fanciullo sorrise, dimenticando le discordie in casa e la disperazione nel suo cuore.

Ben lo aveva pensato capace di guidare persino un racer, non solo una nave. Nel buio della sua stanza, Luke sorrise al ricordo, mentre appoggiava la schiena contro la parete con le ginocchia sollevate sul petto e si dondolava avanti e indietro sul suo materasso. “I propulsori sarebbero “qui”, e i pannelli “qui”, e le sponde sinistra e destra con i giri…”

Lasciando fuori l’aspra voce di suo zio, che proveniva da sotto l’ingresso, Luke si strinse forte, ritirandosi profondamente dentro, dove non importava se “udiva” delle cose, ma solo chi tagliava la linea di arrivo per primo.

Un giorno, un giorno…

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Traduzione di NonSoCheNickMettere2
  
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