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Autore: Eryca    10/07/2011    11 recensioni
Citazione:
"Doveva uscire da quello stramaledetto posto.
Il paese delle meraviglie.
Già. Che di meraviglioso non aveva proprio niente."
*****
Un Paese delle Meraviglie, dove l'unica cosa meravigliosa è riuscire a scappare. E Alice deve scappare da lui.
Genere: Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alice is run away from Wonderland

 

Inciampò in un cespuglio, ma riuscì a non cadere.
Non poteva cadere.
Doveva continuare a correre.
Se si fosse fermata lui l’avrebbe raggiunta.
Al solo pensiero fu percossa dai brividi.
No, non erano causati dal freddo, ma dalla paura.
Aveva i piedi tagliati e sporchi, come tutto il resto del corpo.
Il suo bel vestitino blu era stracciato, e lurido.
Si sentiva così sudicia.
Non poteva ricordare le mani di lui che si insinuavano nelle sue parti più intime.
Si sentiva sporca dentro.
E nemmeno la doccia più lunga di tutto il mondo avrebbe potuto lavarla.
Alice si girò per vedere se lui era nelle vicinanze.
Per ora sembrava non esserci nessuno.
Ma non poteva fermarsi, non poteva abbassare la guardia.
No.
Doveva trovare quel dannatissimo buco.
Doveva uscire da quello stramaledetto posto.
Il paese delle meraviglie.
Già. Che di meraviglioso non aveva proprio niente.
I brividi tornarono mentre si ricordava di quando lui l’aveva legata ad una sedia, e costretta a guardare mentre squartava Il Cappellaio Matto.
Il Cappellaio era tutto meno che matto.
Era stato lui a dargli quel soprannome, perché così la gente avrebbe pensato davvero che fosse pazzo, ma invece era l’unico che aveva provato a dire la verità.
Ed era morto.
Davanti ai suoi occhi.
Urlò e si coprì gli occhi mentre le immagini riaffioravano nella sua mente.
Non poteva continuare.
E non poteva fermarsi.
Le gambe cedettero, e lei cadde a terra, tra il fango e l’acqua piovana.
Doveva rialzarsi, dannazione.
Si girò spasmodicamente cercando con gli occhi lui.
No, non c’era ancora, aveva tenuto il suo vantaggio.
Cercò di rialzarsi ma le sue gambe non ne volevano sapere di continuare.
Il suo corpo aveva dovuto sopportare troppe violenze.
Troppe sevizie.
Quella mattina lui aveva cercato di infilarle un coltello nella vagina.
L’immagine della lama ancora sporca del sangue del Cappellaio che si avvicinava alle sue gambe, era così vivida che Alice fu costretta a chiudere gli occhi per un istante.
Poi si trascinò.
Iniziò a strusciare nel fango, sporcandosi ancora di più.
No, così non poteva andare.
Si costrinse ad alzarsi, appoggiandosi ad un ramo.
Poi li vide.
I fiori.
Erano le sue spie.
Avrebbe dovuto correre come una pazza, perché lo avrebbero subito avvertito.
Alice prese un profondo respiro mentre cercava di prepararsi alla corsa disperata.
Poi lo fece.
Corse come mai aveva fatto prima d’allora.
I fiori la fissavano, con quei piccoli occhietti maligni e i denti aguzzi che spuntavano dai petali.
-Alice- sibilò la rosa –Non riuscirai a fuggire. Nessuno scappa dal Paese delle Meraviglie-
Urlò disperata.
E mentre lasciava che i suoi polmoni si svuotassero, continuò a correre.
Urlò e la rabbia, il timore, la tristezza, la paura fuoriuscirono.
Ma durò solo pochi istanti.
Superò i fiori e si ritrovò davanti alla piccola porticina.
Mentre cercava di forzare la serratura, si girò e lo vide.
Lui era lì.
Zoppicava, con il coltello con cui lo aveva infilzato ancora piantato nella gamba.
Alice iniziò a tremare.
L’ansia salì.
Non riusciva più a ragionare, a fare  nulla.
Il panico la stava travolgendo.
La paura di tornare nelle grinfie di quel pazzo maniaco era troppa.
Non poteva più sopportarla.
Prese a tirare la serratura.
Lui era sempre più vicino, e Alice poteva già vedere il ghigno sul suo viso.
No, non l’avrebbe mai avuta.
Mai.
Si guardò intorno in cerca di qualcosa con cui spaccare la porticina.
Trovò un masso abbastanza grosso.
Si caricò di energia, pensando a casa sua, al suo bel cavallo.
Urlò e scagliò il masso, che spaccò la porta di legno, creando un piccolo varco aguzzo.
Alice si infiltrò, ma mentre attraversava l’apertura, si tagliò con un legno sporgente.
La gamba prese a sanguinarle.
Vide lui sgranare gli occhi, alla vista del sangue che lo eccitava più di ogni altra cosa.
Doveva andare via.
La stanza in cui si ritrovò era la stessa in cui si era trovata all’inizio di quel’inferno.
Allora pensava che sarebbe stato emozionante e divertente.
Emozionante lo era stato di certo.
Ma non come se l’era aspettato.
Si girò e lo vide spaccare meglio la porta con un’ascia.
-Alice, dove vuoi andare? Tu sei parte del mio mondo ormai-
Quella voce viscida le si insinuò dentro come un serpente verde.
Scacciò via quella sensazione, e cercò di pensare solo a come fuggire.
Iniziò a correre, poi trovò l’apertura.
Alice sorrise.
Eccolo lì: il buco da cui era entrata.
Era proprio sopra di lei, di qualche decina di metri.
Sembrava passato così tanto tempo.
Era come se le stesse dicendo : “Eccomi Alice, torna nel tuo mondo”
E Alice voleva tornare.
Oh, lo voleva così tanto.
Ma mentre si arrampicava sulle rocce per risalire in superficie, lui l’afferrò.
-No, Alice. Io ti amo, tu sarai la mia sposa-
Alice urlò e si dimenò.
Poi gli sferrò un calcio sotto il mento, e lui cadde rovinosamente a terra.
Più lontano, sul tavolino, vide un piccolo taglia carte.
Mentre lui si puliva il sangue dalla faccia, corse e afferrò l’arma.
Non ci pensò su due secondi: non c’era tempo per quello.
Fece un grido di battaglia.
Quel grido conteneva odio, vendetta, delusione.
Lui non fece in tempo a realizzare, che il taglia carte era già infilato nel suo petto.
La guardò come solo un pazzo può guardare.
Sembrava.. colpito. Confuso. Incredulo.
Ma Alice, non se ne andò subito, no.
Prima rimase a fissarlo negli occhi mentre la vita se ne andava dal suo corpo.
Lo guardò mentre il sangue sgorgava scuro dal suo corpo.
Scendeva a fiotti, come un torrente di montagna.
Occhi negli occhi, ma in quelli di lui c’era follia.
Alice non si sarebbe mai dimenticata quello sguardo.
No, mai.
Poi esalò l’ultimo respiro, e morì.
Era morto.
Alice prese ad arrampicarsi su per il buco.
Vide la luce.
Oh, era così bella.
Così pura.
Così vera.
Non avrebbe mai più dato per scontato la bellezza di un’alba, la purezza di una stella, la vitalità di un sorso d’acqua.
Le lacrime di gioia le rigarono il viso, mentre correva disperatamente verso la luce.
Si issò e uscì da quel buco.
Mentre tirava fuori anche il piede sinistro, il buco iniziò a chiudersi.
Alice uscì velocemente, e sull’erba verde guardò quel mondo chiudersi in sé tra la terra.
Poi non ci fu più nessun buco.
Solo una massa di terra fangosa.
Era uscita.
Si accasciò sul prato verde, e prese ad annusare l’odore della rugiada mattutina.
Scoppiò a piangere.
E la serenità la pervase.
Non avrebbe più dovuto subire le sevizie di quel pazzo.
Pianse.
Pianse per il Cappellaio Matto, il suo unico amico il quel mondo di nemici.
Pianse di gioia, di amarezza.
Poi si ritrovò a sospirare.
Alzò gli occhi al cielo.
Il sole stava sorgendo.
Rimase incantata a fissare il cielo che si colorava di arancione, giallo e rosso.
Era scappata.
Rise.
Forse per l’isteria, per l’ansia trattenuta.
Per quei giorni di prigionia che le erano parsi mesi.
Il Paese delle Meraviglia sarebbe stato solo un brutto ricordo.
Lui non poteva più tornare.
Si, perché ormai il Bianconiglio era morto.

 
 
*****************
Questo era un piccolo shot che mi è venuto in mente.
Si, perché il libro di Carrol Lewis mi ha sempre inquietata.
Forse perché lo stesso autore era un vero pazzo.
Quindi,ecco tutto.
Spero sia stato un po’ diverso.
A presto,
Snap. 

   
 
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