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Autore: nihil no kami    12/07/2011    4 recensioni
Elsie è depressa per via di un incubo che ha fatto e toccherà a Keima cercare di rissollevarle il morale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Keima si era svegliato proprio di buon umore: nessun nuovo spirito si era fatto vivo negli ultimi giorni e ciò gli aveva permesso di mettersi in pari con i gal game che aveva dovuto temporaneamente abbandonare, facendogli quasi avere una crisi di astinenza.

Quando si diresse verso la cucina era ancora un po' assonnato, una nottata passata a videogiocare lo aveva fatto svegliare di buon umore, ma non certo nella miglior forma mentale, e passandosi una mano sugli occhi si apprestò a sedersi a tavola, quando intravide una figura che a stento riuscì a riconoscere posizionarsi davanti a lui.

I suoi capelli corvini erano sparpagliati su tutto il volto mentre ciocche ribelli si stagliavano dalla sua testa, la sua carnagione sembrava priva di colore e i suoi occhi erano vuoti mentre osservava il contenuto biancastro della tazza che aveva davanti a sé.

- Elsie? Che ti è successo? - chiese cautamente il ragazzo. Non l'aveva mai vista in quelle condizioni. Se non fosse stato per il teschio che portava sul capo avrebbe pure dubitato che si trattasse della stessa persona.

Lei alzò lo sguardo, lo fissò per un istante con occhi di ghiaccio e poi disse con voce rauca:

- Ho avuto un incubo. -

- E sei ridotta in questo stato per via di un incubo? - la sbeffeggiò lui - Eppure tu dovresti venire dall'inferno, non pensavo potessi fare degli incubi... -

"Ridursi in questo stato per un brutto sogno, e proprio da Elsie."

La ragazza non rispose, limitandosi a sprofondare di nuovo nella contemplazione della sua colazione, un impasto di riso che doveva aver preparato lei stessa, visto che aveva un aria ancor meno invitante dei cibi infernali che solitamente propinava al ragazzo.

- Dovresti smetterla di parlare di cose che non capisci. - proferì una voce fuoricampo.

- Haqua? - chiese Keima stupito nel sentire la sua voce mentre la ragazza dai lunghi capelli viola faceva il suo ingresso nella stanza e si sedeva accanto ad Elsie, pronta a servirsi una lauta porzione a base di riso.

- Gli incubi dei demoni sono diversi da quelli degli esseri umani. -

- In che senso? - chiese ancora un po' assonnato Keima. Magari era una storia interessante che avrebbe potuto dargli una botta di vita per andare a scuola.
In quel momento l'unica cosa che avrebbe voluto sarebbe stata tornare sotto le coperte a recuperare le ore notturne spese nel suo mondo perfetto.

- Beh, quando uno di noi ha un incubo solitamente è perché è profondamente frustrato e ciò va a risvegliare la parte peggiore del suo animo, che si materializza appunto come un incubo. Il peggior incubo che tu possa immaginare... -

- Un mondo senza gal game? - disse Keima con tono retorico.

Elsie si alzò dal tavolo e uscì dalla cucina senza neanche guardare in faccia i due, quasi quelle parole fossero state una pugnalata per lei.

- Perché fa così? - chiese Katsuragi mentre si apprestava a mangiare la porzione avanzata da Elsie.

- Gli incubi solitamente sono le distorsioni dei desideri più profondi di un demone. Evidentemente non ne voleva parlare con te. -

- Con me? Che centro io?!? -

- Quando Elsie ha dei problemi la colpa è sempre tua. SEMPRE. Prova a parlarle dopo. - concluse Haqua prima di rubare la porzione di Keima e trangugiarla tutta d'un fiato.

"Cavolo, proprio ora che non c'erano più spiriti in vista mi tocca sorbirmi Elsie con gli incubi. Ma alla fine che sarà mai, avrà sognato di essere stata investita da un camion dei pompieri...."

E lanciando ad Haqua uno sguardo di fuoco si diresse verso la scuola.

Le ore di lezione passarono velocemente tra un gal game e l'altro, ma spesso keima si ritrovava a fissare il banco vuoto di Elsie, che era rimasta a casa.

"Vabbé che ogni scusa è buona per saltare scuola, ma per un incubo!" nonostante il ragazzo trovasse ridicolo quello che gli aveva detto Haqua non poté far altro che sentirsi un po' colpevole per la condizione in cui vessava l'amica.

"Quando uno di noi ha un incubo solitamente è perché è profondamente frustrato e ciò va a risvegliare la parte peggiore del suo animo" gli aveva detto a colazione.
Elsie era sempre così allegra e spensierata, non sembrava proprio luna ragazza che potesse avere qualche tipo di travaglio interiore, una breccia nel suo cuore innocente.

"Dannazione! Prima di tornare a casa le comprerò qualcosa per tirarla sù."

E fu così che il dio delle conquiste si ritrovò a spendere i soldi raccimolati nell'ultima settimana per comprare all'amica depressa una replica in scala di un vero camion dei pompieri.
A stento Keima riusciva a trasportarlo, essendo lungo più di un metro e pesante decine di chili.

"Agh... se questo non la fa saltare di gioia la suicido personalmente..." pensava tra sé e sé il ragazzo mentre si dirigeva a casa, dove tra non molto sarebbe stata servita la cena.

- Keima? Cos'è quell'enorme pacco regalo? - stavolta era la voce di sua madre a prenderlo di sorpresa mentre la porta di casa si apriva davanti a sé.

- Come sta Elsie? - chiese subito il ragazzo mentre si faceva strada all'interno dell'abitazione e si apprestava ad appoggiare il voluminoso regalo sul pavimento.

- È ancora in camera sua. Non ha voluto uscire per tutto il giorno. Sai se le è successo qualcosa? - l'aria di sua madre era davvero preoccupata.

Anche se Elsie si era intrufolata in casa sua spacciandosi per una figlia adultera la signora Katsuragi l'aveva accolta subito a braccia aperte. A Keima veniva raramente da pensare quanto la sua amica/demone/sorellastra fosse in grado di fare presa nei cuori della gente e infondo, anche nel suo.

Elusia non si presentò a cena, rimanendo rintanata nella sua camera mentre Mari cercava di strappare al figlio qualche informazione sulla sua giornata scolastica.

- Non mi hai poi detto per chi è quel pacco regalo. - disse la signora Katsuragi con un sorriso.

- È per Elsie. Spero che la possa tirare su. È davvero una noia vederla ridotta così. -

Mari non rispose subito, ma rimase a guardare il figlio con un aria compiaciuta.

- Vedo che ti degni di mostrare un po' di attenzione almeno per la tua sorellina... -

Keima stava quasi per strozzarsi con il boccone di cibo che stava ingoiando, lei non era la sua "sorellina", ma evitò di darlo a vedere alla madre.

Finito il pasto il ragazzo rimase ad aiutare la madre a lavare i piatti (che gentile) mentre meditava su come consegnare il regalo ad Elsie ottenendo il massimo di felicità possibile.

"Potrei dirle che le ho comprato un regalo, ma sarebbe troppo diretto. Potrei anche dire che ho visto un team di pompieri salvare un gattino rimasto intrappolato su un albero che stava andando a fuoco, ma rischierei di distrarre la sua attenzione dal giocattolo. Forse dovrei parlare prima."

"Ecco, l'incubo. Mi farò dire che incubo ha fatto, poi le dirò qualcosa del tipo: - Non ti preoccupare, ci sarò sempre io con te - e poi le darò il regalo."

- Prefetto, riesco già a vedere la fine! - esclamò mentre stava finendo di pulire i piatti, lasciando sua madre con un espressione a dir poco allibita mentre si fiondava fuori dalla stanza e andava a prendere il regalo che aveva lasciato in corridoio.

- Elsie, posso entrare? - chiese cautamente Keima mentre bussava alla porta della camera della ragazza.

Nessuna risposta.

- Guarda che io entro! Fai in modo di essere presentabile! - e dicendo così diede un colpo alla porta, che si aprii con uno scricchiolio inquietante.

Nella penombra della stanza, immersa nelle coperte giaceva Elsie, che lo fissava con un solo occhio mentre metà del suo volto sprofondava nel cuscino.
Sembrava ancora più distrutta dall'ultima volta che l'aveva vista: anche se non riusciva a scorgerla bene per via della poca luce che filtrava dal corridoio Keima poteva azzardare che i suoi capelli fossero ancora più scompigliati e i suoi occhi si fossero tinti di una lieve tonalità cremisi.

- Elsie! Non puoi ridurti così per un brutto sogno! Non è da te! - Keima mosse la mano verso l'interruttore mentre Elsie saltò invano in piedi nel tentativo di interrompere il gesto, ma ormai era troppo tardi.

La luce irradiò la stanza e Keima non poté far altro che notare le due linee che scendevano dagli occhi della ragazza, tracciando due umide scie sulle sue guance.

- Elsie, ma tu stai piangendo? - solo allora il ragazzo si accorse di quanto poco tatto avesse avuto nell'approcciarla così.

Lei lentamente retrocesse, seguita da Keima, e si sedette sul letto. Il ragazzo, posizionandosi accanto a lei la cinse con un braccio e disse:

- Ti va di raccontarmi cosa è successo? -

La sua voce era calda e tranquilla, ed Elsie, stupita dal fatto che per una volta le concedesse un po' di affetto arrossì improvvisamente, ed inizio a balbettare:

- Sscusa per oggi sse non ssono venuta a sscuola... -

- Non ti preoccupare, piuttosto, pulisciti il viso... - Keima passò delicatamente il palmo della sua mano sulle guance ormai rosse della ragazza, cancellando le scie lasciate dalle lacrime sul suo volto.

- Keima... hho fatto un incubo... -

- Lo so, ne abbiamo parlato stamattina con Haqua, non ricordi? Ne vorresti parlare? - Quello era il nodo cruciale della questione. Se lui fosse riuscito a farla sfogare era sicuro che avrebbe risolto il problema e avrebbe riavuto la sua Elsie felice e pimpante.

Un momento, aveva appena detto "la sua" Elsie?

- Ssii... - gli rispose lei. Tiene lo sguardo basso, fisso sul pavimento, cercando di concentrarsi.
La giovane ragazza demone prese il fiato, contando bene nella sua mente le parole che avrebbe voluto utilizzare, anche se non era sicura di volere che Keima sapesse che cosa aveva sognato.

- Allora... nel mio sogno... io sono una ragazza, ma non una ragazza come ora, una ragazza umana... -

Keima pendeva dalle sue labbra, mentre inconsciamente stringeva la presa sul fianco di Elsie.
Lei si accorse di ciò e interruppe per un attimo la narrazione. Si sentiva strana, stando così vicino a Keima, eppure doveva continuare, se voleva ancora stargli vicino così.

- Ee sono a scuola, ma in classe non c'è nessuno... -

- Io chiamo te, chiamo Chihiro, chiamo Ayumi, ma non c'è nessuno, e ho paura... -

Elsie non gli era mai sembrata così spaurita. Essendo abituato a vederla sprizzare allegria da tutti i pori Keima non poteva far altro che sentirsi straniato nel sentirla parlare con quella voce latitante. Inoltre, sentiva una strana sensazione, come se volesse solo che lei riacquistasse il sorriso, che tornasse a essere sorridente e spensierata come era sino all'altro ieri.

- Ma non arriva nessuno. Poi succede, improvvisamente, l'aula prende fuoco. Ci sono fiamme ovunque. E io ho ancora più paura... -

La ragazza si stava lasciando trasportare dalla ricostruzione del sogno, e con una mano aveva iniziato a stringere quella di Keima.
Lui fece finta di niente, non volendo interromperla in un momento cruciale.

- Ma ppoi... - Elsie alza lo sguardo verso di lui, e sorride - ma poi, arrivi tu, su un enorme, rosso, camion dei pompieri! -

"Me lo sarei dovuto aspettare..." penso Keima tra sé e sé.

- E poi? - chiese alla ragazza, desideroso di sapere come andava a finire la storia. Ma se alla fine arrivava lui a salvarla, dov'era l'incubo?

- Nel sogno, sei bellissimo, e indossi la divisa dei pompieri, e con la scala sali fin nella nostra classe, e mi porti in salvo, però.... -

Il volto le si rabbuiò ed Elsie distolse nuovamente lo sguardo.

- Però... quando io sono fuori, in salvo, il soffitto crolla e tu rimani intrappolato sotto... -

"Quindi era questo che la preoccupava? Che io potessi essere in pericolo?"

- Elsie, non ti devi preoccupare, io starò bene. Ti sembro il tipo da fare cose simili? -

Elsie gli strinse forte la mano, e solo in quel momento i due si accorsero reciprocamente di quel contatto.

- NON CASPISCI! Io ero lì, ma non ho potuto salvarti! Non avevo l'agoromo e allora... mi sono buttata tra le fiamme per te... e siamo morti... -

Le lacrime tornarono a bagnare il suo volto contorto in un ghigno di rabbia e dolore, ma in quel momento Elsie sentì la sua mano venire stretta più forte e gli occhi di Keima fissi nei suoi.

- Non devi dire certe cose! Io e te non moriremo, mai! Né in un incendio, né per via del contratto! - La sua voce era così seria...

- E tu come fai a saperlo?!? Io ho sempre paura di fallire e di finire decapitata per la mia incapacità... no... ho paura che TU venga decapitato per la mia incapacità, perché non sono buona a fare NIENTE! - la ragazza non si accorse di stare urlando contro Keima, ma lui sapeva bene cosa quelle parole volessero dire.

Elsie era sempre vissuta all'ombra della sorella, e anche quando lei non c'era veniva sempre additata come demone mediocre.
Il loro incontro e i loro successi nella squadra anti-spiriti dovevano essere stati un grande sollievo per il suo conflitto interiore, ma non erano bastati a tacerlo del tutto.

Elsie in cuor suo si era sempre sentita impotente, e lui non aveva fatto nulla per convincerla del contrario.

- Elsie! Tu non ti devi preoccupare per me! Non ti devi preoccupare perché sei un po' sbadata, o perché a volte non ti escono certe cose, perché è così che sei fatta, è questo che ti rende speciale, è per questo che tu mi piaci. -

Ci volle una manciata di secondi prima che entrambi realizzassero il significato di quella frase.

- Davvero, pensi che io sia speciale? - Elsie non sembrava più arrabbiata, solo un po' stupita per quello che aveva appena sentito.

- Sì - rispose Keima in modo sicuro.

- Ed è per questo che ti piaccio? -

Keima avrebbe tanto voluto rispondere qualcosa, qualsiasi cosa, come ad esempio "mi piaci come sorella" o "come compagna di squadra", ma l'unica cosa che uscì dalla sua bocca fu un altro, sincero,

Sì.

I due rimasero a guardarsi negli occhi, insicuri sul da farsi, mentre continuavano a tenersi per mano. Si erano tenuti per mano sin dall'inizio, ma non se ne erano accorti.

Che fosse stato così, sin dall'inizio?

- Dammi un bacio. - fu la richiesta improvvisa che scosse Keima dal suo torpore di quell'istante.

- Perché?!? - esclamò lui, anche se conosceva benissimo il motivo di quella richiesta.

- Baciami e basta. - gli rispose Elsie con tono stizzito, prima che le sue labbra venissero intercettate da quelle del ragazzo.

In quegli ultimi tempi Keima aveva baciato molte ragazze, ma nessun bacio era stato dolce come quello.
Cioè, dolce in senso metaforico, lui odia le cose dolci.

Le labbra di Elsie erano così soffici e calde, avrebbe potuto rimanere a baciarla per ore.
Sentiva la sua lingua che iniziava a muoversi timidamente nella sua bocca, mentre lui cercava di approfondire il bacio.

Quando si divisero, Elsie era rossa come una delle sue amate autopompe, ma neanche Keima era da meno.

- Ti è piaciuto? - le chiese esitante lui.

- Ssì... d'ora in avanti mi devi baciare pià spesso... - gli disse lei.

Keima guardò l'orologio, erano quasi le dieci e mezza passate. Se non fosse andato a letto ora con tutta la fatica che aveva fatto non sarebbe stato in grado di alzarsi l'indomani.

- Scusa Elsie, ma è meglio che vada a dormire... - Keima fece per alzarsi, ma venne interrotto da Elsie, che teneva ancora ben salda la sua mano.

- Ehm...Kami Nii Sama...dormi pure qua.... non c'è problema.... - gli propose timidamente lei.

- Elsie, ci siamo appena baciati, non allargarti troppo... -

Lei stava per linciarlo, quando Keima disse la parola magica:

- Ti ho comprato un camion dei pompieri, è in un pacco in corridoio... -

Subito Elsie si buttò giù dal letto e corse fuori, saltando ed esultando di gioia mentre faceva a pezzi l'involucro del pacco regalo.

Quella notte Keima non riuscì a dormire.
In parte perché pensava ancora a quello che sarebbe stato di lei ed Elsie d'ora in poi....

...e in parte perché la sopracitata Elsie passò tutta la notte a fare il suono della sirena mentre giocava con la sua nuova autopompa.

FINE ... per ora

  
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