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Autore: Mia Swatt    12/07/2011    14 recensioni
«È in coma dottore, non sappiamo per quanto tempo sia rimasta senza ossigeno… Potrebbe aver riportato dei danni permanenti…»
«Segni vitali?»
«Stabili, stiamo cercando di contattare la famiglia, ma non aveva documenti con sé. Solo un cellulare inutilizzabile e quel braccialetto con la scritta in latino o spagnolo…»
«Come hanno fatto a recuperarla?»
«È un mistero, in quel punto la corrente è così forte che nemmeno i pescatori si avvicinano… L’hanno trovata sulla spiaggia »
« Un angelo custode»
«Già»
«Guardi, sembra sorrida…»
«È solo un riflesso».
Finiva così il libro di Federica Bosco, ma visto che esso mi ha lasciato un pò l'amaro in bocca... Ecco il finale che secondo me sarebbe stato perfetto per il suo libro "Innamorata di un Angelo".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno mondo di Efp! Come state? Io sono appena tornata a casa dopo aver dato un esame, preghiamo insieme per me ù.ù" ma torniamo a noi...
Questa one-shot è stata pensata appena ho finito di leggere il libro di Federica Bosco Innamorata di un Angelo. Il libro, tutto sommato, mi è piaciuto ma il finale lascia un pò a desiderare... Scoprendo poi la trama del seguito ho deciso di non comprare il nuovo volume e di fare un FINALE ALTERNATIVO del libro tutto mio. Prima di postarlo l'ho fatto leggere alla amica - nonché autrice su EFP - Lily Masen, alias lilyanne89masen, e si è commossa XD spero che chi visionerà questa OS - quindi sarà chi ha letto il libro - sarà soddisfatto della mia reinterpretazione di una storia che, secondo me, meritava il lieto fine...



Innamorata di un Angelo - Alternative ending...

Serva me. Servabo te.

« È in coma dottore, non sappiamo per quanto tempo sia rimasta senza ossigeno… Potrebbe aver riportato dei danni permanenti… »
« Segni vitali? »
« Stabili, stiamo cercando di contattare la famiglia, ma non aveva documenti con sé. Solo un cellulare inutilizzabile e quel braccialetto con la scritta in latino o spagnolo… »
« Come hanno fatto a recuperarla? »
« È un mistero, in quel punto la corrente è così forte che nemmeno i pescatori si avvicinano… L’hanno trovata sulla spiaggia »
« Un angelo custode »
« Già »
« Guardi, sembra sorrida… »
« È solo un riflesso ».

......... Un anno dopo ………

Nulla in torno a me era chiaro. L’acqua gelida mi entrava nei polmoni, impedendomi di respirare. La corrente era troppo forte perché riuscissi a contrastarla ma, in fin dei conti, nemmeno lo volevo. Mi aspettavoo, però, che la morte fosse diversa. Più rapida, meno dolorosa. Avevo perso totalmente la cognizione del tempo. Da quanto ero immersa in quelle acque? E perché Patrick non veniva a prendermi? Che fosse arrabbiato con me? Come aveva detto Nina: lui era morto per colpa mia. Se non si fosse rituffato per salvare York, tutto questo non sarebbe successo. Lui sarebbe ancora vivo, io non avrei tentato il suicidio – unico modo per tornare accanto al mio angelo – e, magari, io e Nina saremmo tornare amiche. Eppure tutto era diverso adesso. Tutto.
« Mia… Mia, sono Patrick. Riesci a sentirmi? » finalmente il mio angelo era venuto a prendermi. Che quella fosse solo una prova? La pazienza mi aveva premiata.
« Mia, amore mio, riesci a sentirmi? Mia, per favore, apri gli occhi… » perché la voce era così agonizzante, quasi preoccupata? Patrick! Avrei voluto urlare, Patrick sono qui. Patrick perché non riesco a vederti? Patrick, dove sei?
« Mia, sono Patrick. Riesci a sentirmi? »
« Sì » riuscii finalmente a rispondere. La gola mi faceva un male cane! Cazzarola! E la testa mi scoppiava da pazzi! Ma cosa diamine era successo?
« Mio Dio, grazie. Finalmente ti sei svegliata » era la voce di Patrick « dottore! Elena, Paul, Nina! Venite qui, presto! »
« Cosa c’è, Pat? » era la voce di Nina « oddio, Mia! » urlò la mia migliore amica, con la voce strozzata dalle lacrime « si è svegliata, Dio ti ringrazio! ».
Una luce accecante mi piombò davanti agli occhi. Non ero una mente eccelsa, ma… che diavolo era successo? E perché sentivo dolori da per tutto? Anzi no, non proprio. Non sentivo nulla! Quando la vista cominciò a diventare più nitida riuscii a mettere tutto a fuoco. Mi trovavo in una stanza totalmente bianca, nelle mie braccia erano infilati non so quanti aghi! Attorno a me – almeno in quel momento – riuscivo a distinguere i volti di Patrick, proprio alla mia sinistra – era seduto su una piccola sedia – Nina, sua sorella, proprio dietro di lui e, infine, mia madre e Paul ai piedi del letto. Ospedale, pensai. Mi trovavo in ospedale.

Erano passati diversi giorni da quando ero uscita dal coma. Mi avevano spiegato tutto quello che era successo: Patrick, creduto morto, era stato ritrovato su una costa laterale in pessime condizioni; io avevo tentato il suicidio, per il troppo dolore, ma con mia grande sfiga – o fortuna, dipende dai punti di vista – ero riuscita a raggiungere la riva, entrando in coma. Per un anno! Nina, dopo la tragedia di Pat, il mio colpo di testa e il fortunato ritrovamento del fratello era ritornata quella di prima. Niente più abiti succinti, trucco pesante o una scadente tinta biondo-Barbie. Era tornata la mia Nina, la mia migliore amica. Mia sorella. Mi aveva perdonata, non so ancora come o perché, per tutti i casini che le avevo arrecato: dalla rottura con Carl al nasconderle il mio sentimento – con seguente relazione – per Patrick. Era passato un anno da allora ed io lo avevo passato a farmi un sonnellino. E che sonnellino! I medici dicevano che ero stata miracolata. Dopo un anno di coma non avevo problemi neurologici né alle articolazioni. Certo, i muscoli erano ancora “ fuori servizio ” ma, ehi! Datemi un po’ di tempo per rimettermi in piedi. In quei dodici mesi erano anche successe cose bellissime: Nina e Carl si erano rimessi insieme, lui le era stato molto vicino in quel periodo e lei – innamorata persa – lo aveva perdonato, rifugiandosi nelle sue forti braccia. Mia madre, invece, si era risposata con Paul, il quale era diventato il mio nuovo papà a tutti gli effetti! E la cosa non mi dispiace affatto. Per quanto riguarda Patrick si era preso un congedo piuttosto lungo. Non voleva lasciare Londra se prima non mi fossi ripresa e la sua famiglia, distrutta come la mia, aveva bisogno di lui.
« Come sta la nostra malata oggi? » domandò Pat, entrando nella mia stanza dell’ospedale.
« Vuole uscire da qui » piagnucolai, sperando che mi salvasse da quella atroce tortura.
« Mia, amore mio, non fare gli occhi da cucciola » disse lui « sai che ti amo, ma non puoi chiedermi di portarti via di qui. I medici dicono che è troppo presto » sbuffai, così Pat si avvicinò per posarmi un delicato bacio sulle labbra. Ero contenta che in quel lungo periodo il suo amore per me fosse rimasto intatto.
« Ti ho portato una sorpresa » disse, andando ad aprire la porta. Nina varcò la soglia, sorprendendomi con il suo solito caloroso e ottimista sorriso.
« Mia, che bello vederti sveglia » disse, piombando sul letto. Addosso a me.
« Cavolo Nina! » disse Patrick « hai sempre una grazia elefantina devo dire »
« Eddai Pat! » rispose la sorella « praticamente da quando si è svegliata l’hai rapita! Anche Elena e Paul sono venuti a trovarla solo una volta. Tu hai preso residenza » lo vidi sorridere. Amavo quel sorriso, amavo lui. Amavo tutto di quel ragazzo!
« Terra chiama Mia! » disse Nina « ehi, c’è qualcuno in casa? »
« Sì, scusami. Sono ancora un po’ intontita! » risposi « allora come ti vanno le cose? » che razza di domanda era? L'ultima volta che l’avevo vista aveva detto di odiarmi! Ed io me ne escivoo con una frase assolutamente banale? Ridicola Mia, ridicola!
« Allora io vi lascio sole » disse Patrick, posando un rapido bacio – ad entrambe – sulla guancia e uscì dalla stanza.
Piombò un silenzio imbarazzante. Nina mi sorrideva, quando i nostri occhi si incrociavano, ma nel frattempo analizzava tutta la stanza. Io, dalla mia parte, non sapevo cosa cavolo dire! Tirai un sospiro e…
« Mi dispiace! » dicemmo all’unisono. Ci guardammo per qualche istante e poi scoppiammo a ridere.
« Sono stata pessima » disse Nina « ok, tu sei stata proprio una stronza a nascondermi la cotta per mio fratello! E la successiva relazione, ma… il dolore e la rabbia mi hanno fatto dire e fare cose che non sono proprio da me »
« Nina, non sei tu qui la pessima amica » dissi « ho fatto schifo, su tutta la linea! Sono stata un’egoista. Amavo Patrick e non te l’ho detto, ma sono stata così arrogante da credere di avere il diritto di mettere bocca nella tua relazione con Carl. Mi dispiace moltissimo »
« Io non ti odio, Mia » disse, poco dopo « ero solo tanto arrabbiata e ferita. E poi la morte di Patrick… mi ha dato il colpo di grazie! E la rabbia mi ha fatto straparlare. Ma adesso ho capito: lui ti ama e tu ami lui » mi sorrise « e voi due siete le persone che più amo al mondo! Avete sbagliato, sì è vero. Ma chi sono io per giudicarvi? Vi adoro e tutto questo casino mi ha fatto capire che portare rancore è inutile, specialmente con persone a cui tieni davvero » restai senza parole. Lei era più matura di me, senza dubbio. Dovevo imparare molto da Nina e dovevo ringraziare Dio per come tutto si fosse risolto.
« Allora tu e Carl…? » le chiesi « dai dimmi come si è risolto tutto! » vidi Nina sistemarsi meglio sul fondo del piccolo letto. Incrociò le gambe – togliendosi le scarpe – e cominciò a raccontare.
« Non c’è troppo da dire » cominciò « dopo il funerale di Patrick e il mio colpo di testa lui ha continuato a starmi dietro » sorrise « poco importava se lo trattassi male o meno, lui c’era. Poi è successo il tuo incidente e sono stata uno schifo. Pensavo fosse colpa mia, per quello che ti avevo detto… ma Carl mi ha fatto capire che non era così. Tu amavi Pat, lui la sapeva, ed era a conoscenza del modo in cui tu amavi mio fratello. In pratica mi ha fatto capire che il vero motivo del tuo tentato suicidio era il dolore per la sua perdita, non le mie parole » non riuscii a credere a quanto Carl fosse maturo. Era un ragazzo in gamba, lo avevo sempre pensato, ma questi livelli erano disarmanti. Mi sentivo così piccola, così infantile… così inadatta.
« Poi una cosa tira l’altra… » continuò Nina « e riuscii a capire che di Carl mi importava veramente tanto. Ero convinta di amare Thomas – almeno fino a quando non mi ha usata per un po’ di sesso – ma era un sentimento effimero, per nulla paragonabile a quello per Carl. E poi il ritorno di Pat! Ero così felice quando ci chiamarono dalla costa per dirci che era vivo! Una parte di me era contenta, l’altra era in pena. Per te » disse, sorridendomi triste « così, rasserenandomi un attimo, sono riuscita a capire cosa fosse giusto e cosa no. Lasciare Carl, quella è stata la cosa più idiota che potessi fare. Inoltre vedevo quanto triste fosse mio fratello, quanto triste fossi io. E capii che per quanti errori avessi fatto tu, Mia Foster Benelli, eri troppo importante per perdere tutto quello che avevamo costruito insieme » senza pensarci le gettai le braccia al collo e quasi cademmo entrambe dal letto.
« Ti voglio bene, Nina! »
« Ti voglio bene anche io, Mia »

Finalmente venivo dimessa dall’ospedale. Evviva! Non ce la facevo più a stare rinchiusa lì dentro. Insomma, il letto faceva schifo, il cibo era immangiabile e la televisione non aveva il satellite, quindi niente canali extra. Come se non bastasse, c’erano solo poche ore di visita. Una palla unica! Ero in piedi e stavo sistemando la roba nel piccolo borsone, quando percepii due mani scivolarmi lungo i fianchi e calde labbra posarsi sul mio collo.
« Si torna a casa, broncio » disse Patrick, facendomi venire i brividi. Mi voltai lentamente e mi persi nel suo sguardo colmo d’amore.
« Direi che era ora! » risposi e poi mi alzai in punta di piedi per baciarlo. Finalmente non dovevamo avere paura d niente o di nessuno. Mia madre e Paul ero a conoscenza della nostra relazione, così come la famiglia di Pat, e Nina aveva accettato di buon grado la nostra storia. Quale fidanzata potrei desiderare per lui, se non mia sorella? Aveva detto quando le raccontai tutta la storia. La nostra storia.
« Mi hai fatto spaventare, sai? » chiese Patrick, nascondendo la faccia tra i miei capelli « non farlo mai, mai più Mia, mi hai capito bene? »
« Anche tu mi hai fatto prendere un brutto spavento »
« Sì, ma io ci avrei lasciato le penne per salvare qualcuno » disse, staccandosi leggermente da me « tu sei stata un’incosciente. Non hai pensato a tutto quello che lasciavi qui? A tua madre, tuo padre, York, Paul o Nina? Credi avrebbero superato la tua perdita? »
« Pensavamo tutti che tu fossi morti! » gli occhi cominciarono a pungermi, dannazione! Perché piangevo sempre in momenti poco opportuni? Patrick si riavvicinò a me, cingendomi la vita. Appoggiai la testa sul suo petto e gli bagnai tutta la maglietta grigia.
« Mia, ascoltami bene » disse, alzandomi il volto affinché lo guardassi dritta negli occhi « la vita, il destino, è tutto inaspettato. Nulla è immutabile né scritto, tanto meno sicuro. Oggi ci sei e domani potresti non esserci più… »
« Patrick… »
« Fammi parlare » disse « se dovesse mai succedermi qualcosa, tu non dovrai mai e dico MAI, fare una cosa del genere. Siamo stati fortunati, Mia. Ma queste fortune capitano una sola volta nella vita. Devi promettermi che qualsiasi cosa accada, tu non getterai mai via la tua vita »
« Non posso farlo » risposi, allontanandomi da lui « non posso prometterti che continuerei a vivere se ti succedesse qualcosa, sarei una bugiarda. E ho capito che le bugie non portano da nessuna parte »
« Oh Mia… »
« È tanto difficile da capire, Pat? Tu sei il centro del mio mondo! Non è la danza, solo ora l’ho capito. È l’amore, sei tu! Come posso farti capire che ho bisogno di te per vivere? » riempì lo spazio che ci divideva e mi prese tra le braccia, coinvolgendomi in un bacio lungo e appassionato.
« Ti amo, Mia Foster Benelli »
« Ti amo anche io, Patrick Dewayne »
« Per sempre? » chiese, facendomi il sorriso che tanto amavo.
« Non potrei essere più d’accordo! »
« Ho una cosa per te » disse, estraendo qualcosa dalla tasca dei jeans. Era una scatoletta di velluto blu, molto piccola. Oddio, pensai, non sarà mica…?
« Oh mamma mia! » dissi, quando Patrick la aprì, mostrandomi una piccola fedina in argento. La presi, rigirandomela tra le mani.
« Guarda l’incisione all’interno… » mi disse e lo feci.
« Serva me. Servabo te » sussurrai, sentendo nuovamente gli occhi pungermi, ma questa volta per l’emozione.
« Salvami. Ti salverò » tradusse Patrick, infilandomi la piccola fede al dito « ce l’ho anche io » disse, mostrandomi la sua grande mano « le ho comprate prima di venire qui. Era un regalo per te, per noi » gli sorrisi, accarezzandogli il viso perfetto e poi lo baciai dolcemente.
Non cambierei nulla di quello che è successo – o meglio, forse eviterei di dire tutte quelle stronzate a Nina – ma tutto ciò che di bello questa situazione ha portato non lo modificherei per niente al mondo. Ho capito tante cose di me stessa e degli altri. Come dicono i grandi scritto: dagli errori si impara sempre. Ed io, Mia Foster Benelli, ho imparato davvero molto.
Da quel giorno tutto andò sempre meglio. Venni ammessa alla Royal Ballet School di Londra, con il sostegno di tutti i miei amici e del mio fidanzato. Se qualcuno mi chiedesse ora, cosa cambierei nella mia vita, risponderei senza alcun ombra di dubbio: niente.
Io sono sempre io, forse un po' più cresciuta; un po' più matura. Ma sono la stessa ragazza innamorata della danza, ma, soprattutto, innamorata di un angelo. Il suo angelo.

Fine

  
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