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Autore: NipoteDellaLuna    12/07/2011    4 recensioni
Questo che sto scrivendo, non so cosa sia sinceramente. Se è solo una One-Shot o continuerò a scriverla. E' ambientata nella 2x13, e forse continuerò a scriverla non saprei. Pendo dai vostri commenti. Bisous Bisous L.A
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questioni di Sangue.

 
 
Ero li, immobile. “Chuck, Bart ha avuto un incidente.”  Le parole di Lily risuonavano nella mia mente. Ora ero nella mia suite al Palace. Guardavo una delle tante bottiglie che mi circondavano, assieme a polvere bianca e due tre siringhe.
Blair chiamava da tre giorni ormai, e non solo lei. Ma anche Lily, Nathaniel, Eric e Serena. Mi scolai l’ultima bottiglia di Scotch, ancora con del liquido ambrato nel suo interno. Mi veniva da vomitare. Sta volta era più forte, molto più forte a confronto con gli altri stimoli. Fui costretto ad andare in bagno. Cercavo di rimettermi in piedi, ma la mia mente era troppo annebbiata, dall’alcol e le varie droghe assunte, sia per vie aeree, che endovena. Mi aggrappai al divano, e ‘strisciando’ mi diressi verso il bagno, sapevo che non mi sarei trattenuto ancora molto. Ebbi appena il tempo di arrivare alla tazza del water, che la mia bocca non riuscì a trattenere il vomito. E dopo il primo, fui scosso da altri conati di vomito, che sembravano non finire mai.
Continuai così per un’ora, o a me sembrava che fosse passata un’ora, fino a quando non c’era più niente da vomitare nel mio corpo. A malapena riuscii ad alzarmi, e a barcollare fino al salotto, cercai di arrivare al minibar, li ci doveva essere ancora qualche bottiglia. Ghignai quando stavo per arrivare, ma misi il piede su una dannatissima bottiglia. Tremavo terrorizzato, si ero terrorizzato, ormai non c’era più nessuno. Fra poche ore, avrebbero sepolto il mio defunto padre. Se così si poteva chiamare.
 Guardai la bottiglia, si era frantumata sotto il mio piede, e faceva tremendamente male. Mi guardai il piede, era ricoperta solo da una calza di seta blu scuro. Quel blu sembrò diventare nero. Cercai di tirare fuori i pezzi di vetro, dalla pianta del mio piede. Levai la calza, e mi spiegai il dolore acuto, e il colorito più scuro della calza. Era sangue. Ormai erano passati minuti, e il mio piede non smetteva di sanguinare. Mi sentivo ogni secondo che passava più debole. Ogni secondo che passava, mi sentivo più vulnerabile. Dici di mettere fine a questa agonizzante vita. Ripensandoci, se io non fossi mai nato, mia madre, mio padre, adesso sarebbero vivi. E’ stata tutta colpa mia, ma ora potevo rimediare.
Afferrai il pezzo di vetro che poco prima, avevo estratto dal mio piede. Era pieno di sangue, lo fissai per svariati minuti, ormai avevo la manica della camicia, completamente rossa. Prima quella camicia era bianca, in segno di purezza. Ora, invece, era stata macchiata di sangue. Del sangue sporco. Sangue di un dannato. Già me lo immaginavo. Arrivato all’inferno qualcuno mi avrebbe detto. “Tu sei Chuck Bass, vero?” E io avrei risposto, con fare ovvio e snob. “Si, sono Chuck Bass.” Anche fra le fiamme dell’inferno, sapevano chi era Chuck Bass, ma sapevo, che non sarebbe importato a nessuno  “Vieni, ti stavamo aspettando.”   
Sorrisi, un ultimo sorriso amaro, e poi un ultimo grido disperato: “Sono Chuck Bass! E non importa a nessuno.” E così decisi di porre fine alla mia vita, lo avvicinai al mio polso, e strappai l’orlo della camicia. Incominciai a pigiare sulla mia pelle Fino a fare male. Fino a fare uscire sangue, altro sporco sangue, che colava sul parquet. No Chuck, non è abbastanza. Mi ripetei a me stesso, e continuai a premere, contro il mio polso, ormai grondante di sangue. Sentivo bussare, ma ormai non avevo più forze.
Il braccio scivolò lungo il mio fianco, stringendo ancora quel pezzo di vetro, lo strinsi più forte che potevo, così da lacerarmi il palmo della mano. “Chuck! Apri ti prego!” La voce di Blair arrivò flebile al mio orecchio. Batteva i pugni contro il legno pregiato della porta. “Chuck Amico! Non forzarmi a sfondare la porta!” Disse Nate. E poi di nuovo la voce della mia bambola di porcellana. “Chuck, ti prego. Apri.” Adesso piangeva rumorosamente. “Sappiamo che sei li!” Continuava a sbattere, incessantemente i pugni contro la porta. “Io” un sospiro, altri singhiozzi. “Io vado a chiamare la sicurezza, non ti muovere.” Disse Nathaniel, lasciando il silenzio dietro di se.
Il silenzio fu interrotto, altri singhiozzi dalle labbra, dolci, calde e accoglienti, ma anche affilate come rasoi, con la sua battutina sempre pronta. Blair piangeva per me, l’avevo fatta soffrire, ma adesso basta. Anche lei senza di me, sarebbe stata più felice.
Qualcuno aprì la porta. “Chuck dove sei?” Disse Nate, avrei voluto urlare di andare via, non volevo che mi vedessero in quello stato. Ero dietro il divano e non potevano vedermi. “Chuck?!? Dove sei?” Guardò attorno e fece il giro. “Oh mio dio!” Disse vedendomi per terra, io avevo gli occhi chiusi e non riuscivo a vederla, ma riuscii a sussurrare: “Mi dispiace.” E una lacrima solcò il mio viso. “Nate!” Urlò lei terrorizzata. “Nate, è qui.” Disse fra i singhiozzi. 
  
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