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Autore: Hermione Weasley    18/03/2006    28 recensioni
[Dedicata ad Oryenh che oggi compie gli anni]
E poi...Dio, si era distratto per quanto? Cinque? Sette minuti al massimo, e già non la vedeva più.
Il posto che prima era occupato dal suo problema era vuoto, proprio come quello del problema di Harry, ma Ron sapeva già il perchè.
Si guardò attorno cercando con lo sguardo ciò che aveva voluto evitare di guardare per tutto il giorno.
E lo trovò. Il suo problema.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Mi rendo conto che ho due o tre storie ancora a metà, ma prometto (;_; spero) di riuscire a sistemare tutto durante le vacanze di Pasqua. Oggi non so..a forza di leggere ff per RH POSITIVO, mi è venuta voglia di scrivere e quindi ecco questa one-shot. Non è proprio niente di eccezionale, ma così è venuta fuori! Spero possa essere apprezzata comunque!^^

Dedicata ad Harry alias Oryenh alias Linda, che oggie compie gli anni! Auguri!! =*



VOGLIA DI ZUCCHERO FILATO



Hermione non riusciva a capire ciò che Ginny stava cercando di dirle da ormai una decina di minuti buoni, tanti erano i decibel che Molly Weasley stava disperdendo nell'aria estiva.
Era rimasta ferma davanti al palchetto dove era stata sistemata l'orchestra fino a quando non era riuscita convincere il quartetto a suonare un paio di canzoni del suo idolo: Celestina Warbeck.
Inutile puntualizzare che sia Ginny che Hermione si erano pentite della scelta di sedere al tavolo più vicino al gruppo.
Sarà più divertente aveva detto con entusiasmo la rossa: purtroppo non aveva calcolato l'imprevisto.
La voce della Signora Weasley, acutissima, aveva lasciato perplessi metà degli invitati al matrimonio, fatto sta che dopo la prima canzone (sì, Molly era riuscita a farsi concedere un bis, e addirittura un tris, Non potete non suonare "Un calderone pieno d'amore", aveva protestato più che convinta dei suoi argomenti) , tutti avevano avuto il buonsenso di allontanarsi a distanza di sicurezza per poi riprendere ciò che stavano facendo prima della disgrazia.
Alcune coppie ballavano, tra cui Fleur e Bill, novelli sposi.
Sebbene un pericolo incombente come Voldemort stesse attendendo dietro l'angolo, nessuno pareva disposto ad angustiarsi quel giorno.
Tutti sorridevano, ballavano, cantavano (ahimè) e si divertivano, ben lungi dal rendere quell'occasione speciale un'altra giornata grigia piena del susseguirsi di sguardi vuoti, frasi lasciate a metà e sospiri ripetuti.
Il tacito accordo era che quel giorno doveva essere completamente diverso dagli ultimi due mesi.
Una sorta di commedia ben congegnata, che tuttavia pareva mettere d'accordo tutti.
Fleur indossava un elegantissimo abito di seta bianca che metteva in risalto le sue forme perfette, i capelli raccolti sulla nuca erano stati cosparsi di piccoli fiori che andavano a cozzare con la sfarzosità dell'abito, ma che allo stesso tempo, la rendeva più umana.
Molte paia di occhi non erano riuscite a staccarsi da lei quel giorno, con sommo disappunto della maggior parte delle rappresentati del gentil sesso presenti al matrimonio. Gli occhi erano tutti per lei. O quasi.
Il monopolio dell'attenzione, non era propriamente di Fleur in tutto e per tutto.
Abbastanza lontani dal trambusto (e dalla Signora Weasley), Harry e Ron si erano seduti sul prato appena bruciacchiato dal sole di fine agosto.
Il rosso teneva i gomiti appoggiati alle ginocchia piegate, una bottiglia di burrobirra ormai ammezzata nella mano destra.
Harry teneva gli occhi fissi sul tavolo più vicino al palchetto dell'orchestra.
Sì, quello ormai già tristemente noto.
Aveva tentato di smettere di guardarla, ma non ci era riuscito.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da Ginny Weasley.
Trovava che l'abito verde pastello da damigella le stesse d'incanto. Mai l'aveva vista così bella.
I capelli rossi erano in netto contrasto con la tonalità del vestito.
Una costante spiacevole sensazione gli aveva attanagliato lo stomaco da quando i loro sguardi si erano incrociati durante gli ultimi preparativi della mattinata.
Era, se possibile, in una condizione pietosa, e le coppie danzanti che gli nascondevano a volte la vista della ragazza, non aiutavano di certo a migliorare il suo stato.
D'altro canto, il compare accanto non stava molto meglio.
Attualmente si stava interessando all'etichetta della bottiglia di burrobirra che teneva in mano.
Ci si poteva ubriacare con la burrobirra?
Ron si augurava ardentemente di sì. In alternativa, avrebbe voluto che la terra si aprisse per inghiottirlo o che un fulmine lo incenerisse in quel preciso istante, alleviando le sue sofferenze e togliendo il piacere di farlo a qualche Death Eater un giorno, una settimana, un mese o un anno più tardi.
Non era questo ciò che gli interessava in quel momento. C'era un problema preponderante, e quel problema aveva capelli castani, ricci, due occhi color cioccolato, un abito azzurro che era riuscito a mozzargli il respiro in gola, e un sorriso dannatamente dolce che se gli fosse stato rivolto ancora una volta lo avrebbe portato a fare qualche sciocchezza, una delle classiche azioni avventate made in Ron Weasley.
Aveva dunque deciso di ritirarsi in quell'angolo appartato, lontano dagli sguardi indiscreti, perso nelle proprie elucubrazioni mentali riguardanti i gradi alcolici della burrobirra. Harry l'aveva raggiunto poco dopo. Una pacca sulla spalla, un fugace scambio di occhiate e poi, il silenzio.
Non c'era niente da dire in fondo.
Parlare di quelli che erano i loro maggiori problemi in quel momento?
E per quale ragione?
Harry non aveva intenzione di snocciolare pensieri del genere col fratello del suo problema, né tantomeno Ron pareva disposto a condividere i suoi di pensieri: non l'aveva fatto per quattro lunghi anni, che ragione c'era di cominciare in quel momento?
Be', probabilmente una ragione c'era, ma a Ron sfuggiva, o più semplicemente voleva che gli sfuggisse.
Gli occhi blu del rosso non si erano più alzati da quella bottiglia da quando aveva raggiunto quella postazione.
L'orchestra attaccò per la terza volta con "Un calderone pieno d'amore", accompagnata dai gridolini esaltati della Signora Weasley.
Charlie aveva momentaneamente lasciato la sua dama (una bella ragazza dai lunghi capelli neri e la carnagione olivastra che né Ron né Harry avevano mai visto), per coinvolgere la ormai-non-più-tanto-piccola Gabrielle Delacour in un ballo, cosa che parve divertirla molto.
Gabrielle indossava un abito dello stesso modello di Ginny, ma rosa pallido. Erano loro le damigelle per quel matrimonio.
Poco più in là, Fred pareva non voler mollare nemmeno per un secondo Angelina Johnson (erano rimasti legati anche dopo che i gemelli avevano lasciato Hogwarts al quinto anno di Harry); allo stesso modo Arthur Weasley accompagnava una biondissima Tonks in un ballo disarticolato, sotto gli occhi divertiti di Remus Lupin, anche lui in tiro per l'occasione.
Percy sedeva in un angolo, assorto in una fitta conversazione con un vecchio mago sulla sessantina, prima di non degnarli oltre di un qualsiasi sguardo, Ron si era chiesto come fosse possibile che esistessero persone che riuscivano ad andare d'accordo con Percy: era diligente, ligio al dovere, pomposo nei comportamenti, altamente responsabile e...
Ok, i suoi pensieri stavano trascendendo in qualcosa di ben diverso, niente che riguardasse Percy comunque, ma un paio di quegli aggettivi lo stavano portando fuori strada, e non aveva alcuna intenzione di impelagarsi oltre in quelle elucubrazioni che odiava e allo stesso tempo di cui non poteva fare proprio a meno.
Sì perchè, era diventato quasi un sollievo pensare e ripensare al suo problema, forse un modo per compensare la totale assenza di conversazioni inerenti l'argomento.
Lo spiazzo erboso adibito a pista da ballo, era un turbinio di colori diversi, di abiti, di cappelli brillanti.
Spezzando l'apatia che regnava sovrana da una mezz'ora a quella parta, Ron tirò una potente gomitata nello stomaco di Harry.
- Ehi - cominciò mettendoli la bottiglia sotto al naso - Secondo te questo è un venti o un ventotto? - gli chiese indicando un punto dell'etichetta in cui le scritte erano sbiadite a causa dell'acqua.
- Come? - fece di rimando Harry massaggiandosi la parte colpita, come se la bolla di sapone in cui era rimasto fino a quel momento fosse scoppiata improvvisamente.
- Venti o ventotto? - ripeté Ron con una nota di stizza nella voce mentre gli indicava ripetutamente il punto arcano della bottiglia.
Harry stava per rispondere, quando i suoi occhi incontrarono una sagoma in verde che si stava avvicinando.
- Non lo so - rispose sbrigativo, rimettendosi dritto, e passandosi inconsciamente una mano tra i capelli (come se fosse stato possibile metterli in ordine, quella era una causa persa).
In tutta risposta Ron, resosi conto dell'imminente arrivo della sorella aveva fatto una smorfia alla reazione di Harry.
Me lo sono giocato aveva pensato notando le sue rapide manovre.
Scosse la testa prendendo ancora un sorso della sua burrobirra.
- Ehi - Ginny li aveva salutati con un vago cenno della mano. - Tutto ok? - chiese adocchiando entrambi.
- Mai stato meglio - biascicò svogliatamente Ron, non prestando più di tanta attenzione alla ragazza.
Ginny non lo degnò d'uno sguardo, si limitò a scoccargli una fulminea occhiataccia, prima di spostare la propria attenzione su Harry.
- Ah... ehm - mugugnò qualcosa di incomprensibile. - Bene direi - concluse con un po' di fatica.
La vicinanza di Ginny lo metteva a disagio, ma allo stesso tempo non desirava altro che averla accanto, sentirla ridere e scherzare ancora per un po' prima che lui, Ron ed Hermione partissero per quel viaggio che era ancora un'incognita.
Rimasero a guardarsi per alcuni secondi, cosa che non sfuggì Ron.
- Devo andare a prendere una cosa - disse alzandosi e spolverandosi la camicia bianca (ormai grinzosa) che si era tirato fuori dai pantaloni.
Prese poi la giacca blu scuro qualche centimetro più in là, e li lasciò con un cenno del capo.
Dovevano stare da soli. Era evidente. Anche per uno che vantava di avere la sensibilità di un cucchiaino.
Mentre camminava verso il centro della festa, finì di svuotare la sua bottiglia di burrobirra.
La lasciò sul primo tavolo che incontrò, sganciandosi poi i primi due bottoni della camicia: stava soffocando.
E poi... Dio, si era distratto per quanto? Cinque? Sette minuti al massimo, e già non la vedeva più.
Il posto che prima era occupato dal suo problema era vuoto, proprio come quello del problema di Harry, ma Ron sapeva già il perché.
Si guardò attorno cercando con lo sguardo ciò che aveva voluto evitare di guardare per tutto il giorno.
E lo trovò. Il suo problema.
Stava camminando, allontanandosi dai tavoli, in direzione del lago, o almeno pareva a Ron.
Quest'ultimo senza quasi rendersene conto, aveva mollato la giacca ad una strega vecchia e raggrinzita e aveva aumentato il passo.
Quando la raggiunse, Hermione (così si chiamava il suo problema) si era fermata in cima alla collinetta sulla quale cresceva solitaria una quercia.
Era a piedi nudi, teneva entrambe le scarpe con la mano destra.
Il vento le faceva ondeggiare l'abito azzurro. Ciuffi di capelli si stavano liberando dalla crocchia elegante sulla nuca.
Rimase un paio di passi indietro, indeciso sul da farsi: sarebbe stato stupido? Dopotutto uno sta alla larga dai problemi.
Era anche vero però, che Hermione non era un vero e proprio problema. Ron amava definirlo, un problema affatto problematico, definizione dalla quale si era ben guardato di divulgare ai più.
Era una visione fin troppo ottimistica, aveva constato dopo. E in effetti la faccenda non era affatto non problematica, anzi.
Hermione non sembrava essersi accorta della sua presenza. Si portò una mano all'acconciatura e cominciò a slegare i capelli, che qualche secondo dopo le ricaddero disordinati sulle spalle, ricci e voluminosi, anche loro in balia del vento.
Il rosso fece per dire qualcosa, quando una scena gli attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.

- Ron le posate piccole non vanno lì
- Che significa? Qui stanno le forchette!
- Sì, ma non quelle piccole
- Perché dobbiamo avere delle forchette piccole?
- Fleur l'ha chiesto
- Ah, allora va bene
- Allora va bene?! Siccome è stata un'idea di Fleur non ti pare più tanto stupida?
- Mmh. No
- Cosa?!
- Devo ripetere?
- Non credevo fossi ancora così immaturo
- Io non sono immaturo!
- Ah no?
- Oh mi scusi, Miss Maturità
- Non chiamarmi in quel modo, Ronald!
- Miss Maturità? E perchè di grazia, Miss Maturità?
- Ron!
- Che c'è?!
- Ti ho detto di smetterla!
- Di fare cosa, Miss Maturità?
- Sei un deficente!
- Allora vedi che ho ragione a chiamarti Miss Maturità? Tu sei un genio e io sono scemo. Un classico
- Non darti al vittimismo
- Io non mi sto dando al vittimismo!
- Solo tu riesci a negare l'evidenza in un modo così sfacciato


Le ultime parole di lei erano state pronunciate con un tono di voce completamente diverso da quello delle battute precedenti.
Ma, Ron se ne rese conto solo qualche minuto dopo, quando Hermione l'aveva mollato con una cassa di forchette piccole da sistemare sui tavoli.
Merda, si ritrovò a pensare, continuando a guardare la schiena della ragazza. Me n'ero dimenticato.
Non che fosse un gran peccato, in fondo. I litigi erano diventati così frequenti che non era difficile dimenticarsene ogni tanto.
Era praticamente deciso a fare dietrofront, quando fu lei a voltarsi nella sua direzione.
- Ron! - esclamò senza impedirsi di trasalire. - Che... che ci fai qui? - gli chiese.
Guardarla in viso, con la luce del sole alle spalle, gli fece uno stranissimo effetto.
- E' il matrimonio di mio fratello! - replicò lui, ovviando l'evidente.
Hermione si portò la mano libera al fianco.
- Ma va... - inclinò appena la testa di lato, rivolgendogli uno dei soliti sguardi.
- Sei tu che me l'hai chiesto - fece lui con un'alzata di spalle.
- Era ovvio che non mi stavo rif... mmmmh - sfumò la frase in un mugugno.
Non discutere, si era imposta.
Cadde il silenzio per un paio di secondi.
- Ginny ha rapito Harry - disse Ron dopo un po' - Credo che abbiano bisogno di... sì insomma... stare un po' insieme
Hermione non parve sorpresa. - Sì, ci ho messo un'ora a convincerla - ammise.
Ron alzò uno sguardo su di lei. - Scherzi?
- No. Perchè dovrei?
- Non credi sia meglio che... si dimentichino? Almeno per ora?
Hermione scosse la testa con cipiglio serioso. - Ronald Weasley, quando la smetterai di essere così iper protettivo con tua sorella?
- Non c'entra niente questo discorso! - protestò.
- Ah no?
Ron si ficcò le mani in tasca evitando lo sguardo indagatore di lei. Ogni qual volta gli veniva rivolto quello sguardo, sapeva che di lì a poco sarebbe stato "scoperto", Hermione avrebbe trionfato e lui sarebbe stato etichettato come l'idiota e cafone di turno, come solitamente accadeva.
- No - borbottò di rimando. - Credi che la felicità di Harry non venga prima? -
L'ultima frase la prese in contropiede.
-Non... non intendevo questo
- Sì che lo intendevi
Si tornò ad uno stato di parità. Uno a uno. Partita ancora aperta.
- Non dire sciocchezze! - esclamò lei serrando appena i pugni.
- Come al solito
- Sai che non volev...
- Non importa, Hermione - la interruppe lui.
La discussione stava prendendo una piega poco piacevole.
La ragazza non disse nulla. Dopo un momento di immobilità assoluta, si sedette per terra, poggiando le scarpe vicino all'albero.
- Credi... - le parole le morirono in gola - ...credi che riusciremo a trovare tutti gli...
- Non lo so - rispose Ron anzitempo, impedendole di finire la frase per la seconda volta nel giro di pochi secondi.
Hermione congiunse le mani in grembo, limitandosi ad annuire piano.
Ron che aveva fissato ostinatamente un puntino nero nel cielo azzurro e sereno, si decise a guardarla.
- Spero - aggiunse, modificando appena il tono di voce.
Lei abbozzò un vago sorriso. - Già
Un'altra pausa.
- L'hai già detto ai tuoi genitori? - anche stavolta fu Hermione a prendere la parola.
- No - sentenziò Ron prendendo posto di fianco a lei. - Tu? -
Ebbe un debole sorriso che aveva dell'amaro, in risposta.
- Già detto? - incalzò Ron.
- Sì - alzò gli occhi al cielo.
- E... e come... - si strinse nelle spalle - Che ti hanno detto?
- Non ho dato loro il tempo di dire niente - confessò evitando di guardarlo. La voce cominciava a tremarle.
- Mmh
Ron prese a strappare fili d'erba dal prato, mentre un ennesimo fastidioso silenzio calava tra i due.
- Quando glielo dirai?- domandò lei.
- Non lo so - non lo sapeva sul serio. Non riusciva a pensare all'idea di dover dire ai suoi genitori che non avrebbe frequentato il settimo e ultimo anno di Hogwarts, per dedicarsi ad una disperata ricerca assieme ai suoi due miglior amici, spostandosi di cittadina in cittadina, usando una Passaporta dopo l'altra, visitando tutti i luoghi in cui Voldemort aveva lasciato un segno del suo passaggio.
Sentì la lieve pressione della mano di Hermione riscaldargli il braccio.
- Capiranno - cercò di rassicurarlo, rivolgendogli un mesto sorriso.
Ron annuì in risposta. Un gran formicolio si era impossessato di lui. Voleva..voleva stringerla a sé. Voleva poter immergere il viso nei suoi capelli, sentire il suo buon profumo di sapone come era successo al funerale di Dumbledore.
Ma non aveva un motivo tanto valido in quel preciso istante... o sì?
La mano di Hermione aveva abbandonato il suo braccio con sommo disappunto di Ron.
Non dissero niente per un po'. Ron si distese sul prato, portandosi le mani dietro la testa, e fissando le nuvole bianche in netto contrasto con l'azzurro del cielo.
Hermione appoggiò il mento alla spalla, guardandolo.
- Quando ero piccolo... - cominciò inaspettatamente lui - ...io e Ginny passavamo ore ed ore in questa posizione, a guardare le nuvole scorrere sopra di noi - disse - ci divertivamo a dare i nomi più astrusi alle differenti forme che vedevamo. Alcune ci sembravano la fusione di più animali, draghi, gnomi, fate... una volta George ci disse che una assomigliava a Snape - rise - fortunatamente non sapevo chi fosse a quei tempi
Hermione rise con lui, continuando a guardarlo, e poi fece una cosa che sorprese anche lei.
Si distese accanto a lui, allungando le gambe, e poggiando poi le mani sulla propria pancia, fissando anche lei il cielo.
- Sembra rotondo visto da così, vero? - chiese Ron, studiando il suo profilo con la coda dell'occhio.
- Sì - rispose divertita, alla buffa constatazione di lui.
- Avevo una terribile voglia di zucchero filato dopo un'ora passata in questa posizione -
Hermione arcuò un sopracciglio.
- Soffice, morbido e dolce - continuò lui prima di alzare un braccio e indicare una delle nuvole - quella sembra un centauro - le fece notare.
- Un centauro? - chiese lei.
- Sì. Vedi la coda? E le quattro zampe?
- No - ridusse gli occhi a fessure - non riesco a distinguere
- Forse sei nel punto sbagliato
- Forse - disse in risposta, senza staccare gli occhi dalla nuvola, e sforzandosi di vederci un centauro.
Un altro lungo silenzio. Ma non fu tanto fastidioso come i precedenti. Semplicemente stavano bene anche senza dirsi niente, stando lì, l'uno accanto all'altra.
- Ron? - lo chiamò lei.
- Mh?
- Hai... hai paura?
Quella domanda, appena mormorata, gli fece alzare il capo, ma lei non lo stava guardando.
Riabbassò il capo. Aveva paura?
- Sì - ammise a bassa voce.
Hermione si alzò improvvisamente, dandogli le spalle, Ron sentì distintamente un singhiozzo sfuggirle dalle labbra.
Oh cazzo, quando si dice "la finesse".
Fu il susseguirsi dei singhiozzi di lei a costringerlo ad alzarsi.
- Ehi - le fece dandole una leggera pacca sulla spalla (che lo fece sentire parecchio idiota)
Stava piangendo. Fantastico. Hermione stava piangendo. Ed era tutta colpa sua!
- Io... io non intendevo... - tentò di giustificarsi lui, senza capire cosa avesse fatto di preciso.
- Oh, Ron - le uscì, mentre cercava di asciugarsi le lacrime che scendevano copiosamente sulle sue guance.
- Cosa? Herm... per favore... - quanto avrebbe resistito ancora prima di perdere completamente il lume della ragione?
Lei non disse niente. Forse non c'era bisogno di parole, non in quel momento.
Ron prese a toglierle dei ciuffetti d'erba dai capelli, con meticolosa attenzione.
Lei si passò ancora una volta le mani sugli occhi, tirando su col naso, voltandosi poi appena nella sua direzione.
Restò in un religioso silenzio, fino a quando non ebbe finito.
Incrociò il suo sguardo.
- Grazie - disse pianissimo, mentre le si imporporavano le guance.
Ron scosse brevemente la testa.
Prima di potersene rendere conto, allungò un braccio e le sfiorò il viso con il pollice, asciugandole le ultime tracce umide lasciate dalle lacrime.
- Sei... molto più carina quando non piangi - le orecchie diventarono di una potente tonalità scarlatta.
........................., era tutto quello che il suo cervello riusciva ad elaborare in quel momento.
Tuttavia riprese nuovamente la parola (Se Hermione avesse parlato, le sarebbe uscito un rauco lamento disarticolato e nient'altro).
- O quando non mi aizzi contro stormi di canarini incazzati
Hermione, se possibile, arrossì ancora di più.
- E tu sei più carino, quando non...
Per tutta risposta, il cervello di lei non era da meno: continuava a lanciare may day e S.O.S. ininterrottamente.
Ma chi avrebbe potuto salvarla in quel momento?
- ...non sei avvinghiato a Lavender - disse finendo il discorso.
Lo sguardo di lui si stava pericolosamente spostando sulle labbra di lei.
- Lavender era solo per...
- ...pomiciare? - continuò lei per lui, sorpreso dalla schiettezza.
Lo prese in contropiede.
- Ecco... - abbassò lo sguardo visibilmente in difficoltà.
Ma Hermione si sentì magnanima in quel momento, e un po' più sicura di ciò che stava facendo.
- Non importa - mormorò.
- Sul serio? - chiese lui, rialzando lo sguardo su di lei.
- E' acqua passata, no? - chiese lei rivolgendogli un classico sguardo da dì-di-sì-o-ti-stacco-la-testa-a-suon-di-schiaffi.
- Sì -
Gli sorrise più apertamente, per poi distogliere lo sguardo.
Poteva abbracciarlo? Sì. No. Forse.
Aveva bisogno di una valida motivazione, oppure poteva farlo ogni qual volta si fosse sentita in vena?
Non lo sapeva. Hermione Jane Granger non lo sapeva.
Quando lo guardò di nuovo, gli sembrò più vicino di prima. Troppo più vicino di prima.
Il cuore cominciò a pulsarle nelle orecchie.
Quello di Ron... boh, quello di Ron era a livelli impensabili.
- Ehm... - mormorò lei. - Io... -
E poi, gli prese un qualcosa. Una piacevole sensazione lo invase: lei era lì. Non si era alzata quando lui si era fatto più vicino.
Era rimasta, e nei suoi occhi non leggeva... non leggeva cosa? Forse disgusto?
- Posso baciarti, Hermione? - chiese improvvisamente Ron, con voce innaturalmente ferma.
Il cuore di lei perse uno, due, dieci, cento, mille battiti. Il respirò le si mozzò in gola. Si sentì avvampare.
Lui continuava a fissarla negli occhi. Un suo sì l'avrebbe reso... felice. Un suo no avrebbe comportato una corsa diretta fino al lago e conseguente morte per annegamento.
- E poi? - questa risposta non era contemplata tra le opzioni. - Poi che succede? -
Chiese lei, in un modo che la rese ancora più bella ai suoi occhi.
- Poi? - fece di rimando lui senza perdere l'auto-controllo da poco ritrovato.
Hermione annuì piano. Sentiva il suo respiro sulle proprie labbra e la punta del naso sfiorare il suo mento. Aveva un buon profumo. Di erba appena tagliata.
- Perchè ti interessi al poi, Hermione? Stiamo per avventurarci in un viaggio che non sappiamo dove ci porterà, né se avrà esito positivo. Non c'è un poi, Hermione. C'è solo un adesso. E quello che vuoi fare tu, adesso. Nessun poi
Altro silenzio.
- Puoi - sussurrò dopo un attimo. - Anzi...
Sistemandosi meglio, gli prese poi il viso tra le mani.
La pelle del suo viso era morbida e accaldata, sentiva il tu-tum-tu-tum del suo cuore negli orecchi, sempre più martellante e insistente.
Ron non azzardò a muovere un muscolo.
E poi... poi Hermione lo baciò.
Le labbra di Ron erano soffici, il sapore di burrobirra misto a quello di lui le dava una sensazione stranissima all'altezza del petto.
Lui rispose al bacio, prendendole a sua volta il viso tra le grandi mani che le coprivano tutto il volto.
Lei sapeva di zucchero. Un sapore dolce, del quale non puoi più fare a meno una volta provato.
Gli strinse le braccia attorno al collo, mentre lui l'avvicinava più a sé senza interrompere il contatto.
Approfondì il bacio, con un mormorio di approvazione di lei.
Le passò una mano tra i capelli, stringendo tra le dita alcune ciocche boccolose.
Le mani sottili e piccole di Hermione gli accarezzavano la base del collo.
Si staccarono l'uno dall'altra solo quando la necessità di aria fu impellente.
Ron appoggiò la fronte contro quella di lei, senza riuscire ad impedirsi di sorridere.
- Mi piace questo adesso - commentò lasciandosi sfuggire una risata.
Hermione rise in risposta. - Anche a me
Prese ad arricciare tra le dita una ciocca di capelli rossi di lui.
- Non credo di aver ancora... metabolizzato la cosa - ammise Hermione, cercando di risultare casuale. - Non è che potresti... ?
Ron inarcò un sopracciglio. - Bè vediamo che si può fare... -
Sorrise anche quando si chinò nuovamente su di lei, per baciarla. Ancora.
Dopotutto, avrebbe potuto fare a meno dello zucchero filato per quella volta.



***


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