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Autore: Akane    13/07/2011    1 recensioni
"E' quello in cui credi che conta, non se poi sia reale."
Il gruppo si ritrova a suonare in un posto pressochè sperduto e freddissimo per colpa di Mike, ma cosa c'è dietro questa sua strana insistenza?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hybrid Theory'
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TITOLO: Una notte, in un paese lontano…
AUTORE: Akane
SERIE: RPF-cantanti: Linkin Park
GENERE: sentimentale
TIPO: one shot, slash
RATING: arancione
PAIRING: ChesterXMike, serve dirlo?
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, io ho inventato tutto!
NOTE: non chiedetemi come mi è venuta in mente questa storia, quello che posso dire è che ho letto in un’intervista che Mike quando ha l’ispirazione e non ha carta e penna diventa isterico e si calma solo se riesce a scrivere quello che cerca di uscirgli (come me). Poi non so che dire, avevo come lui ispirazione ma non sapevo di preciso cosa avrei scritto, non ci pensavo minimamente a quello che poi è venuto. Posso dire che è una fic che ha un po’ tutto, dalle parti divertenti a quelle serie e sentimentali. E che la storia che poi racconta Mike è di mia totale invenzione, così come un concerto in un posto simile. Non chiedetemi inoltre l’ambientazione precisa di questa fic che non so dirvela, immagino si possa dire un futuro più o meno prossimo… penso che questa fic sia molto diversa da ciò che scrivo di solito, ma giudicate voi.
Ad ogni modo ringrazio chi leggerà e commenterà.
Auguro a tutti buona lettura.
Baci Akane

UNA NOTTE, IN UN PAESE LONTANO…

Probabilmente quello fu l’inverno più freddo degli ultimi anni, per lo meno lì dove erano loro.
Dove?
Un buco di albergo in un buco di città in un buco di Stato, uno di quei postacci dove poteva venire in mente solo a Mike di suonarci.
Perché, poi?
Perché non ci erano mai stati e avevano ricevuto richieste per live provenienti anche da lì, una di quelle solite petizioni dei fan.
Ne ricevevano a bizzeffe per richiedere al gruppo un live nel loro Stato, naturalmente su mille Mike ne selezionava di tanto in tanto una, la città più sconosciuta dell’Universo.
Chester nemmeno ricordava in che continente si trovassero, sapeva solo che avevano dovuto prendere l’aereo e che erano saliti col sole e scesi con una tempesta di neve apocalittica.
- Dove cazzo dobbiamo suonare, noi? - Chiese mettendosi la sciarpa fin sotto agli occhi, due lame castane maledettamente espressive che fulminavano un sorridente ed estasiato Mike che a braccia larghe e mani senza guanti cercava di prendere quanti più fiocchi poteva.
- Siamo in un locale cult del posto che ospita spesso concerti… -
- Giusto perché siamo in culonia e quindi verranno quattro fottuti uomini delle nevi messi in croce! -
Esclamò con un ringhio Chester. Mike, con ancora un gran sorriso contento sulle labbra, gli andò davanti ed invece di rispondergli gli calò la cuffia sugli occhi in modo da coprirgli completamente la faccia.
I suoi brontolii furono comunque oltre la soglia consentita visto che si sentivano più dell’ululato spietato del vento.
Sentì anche gli altri lamentarsi ed in quello Mike alzò le spalle, potevano dire quello che volevano, loro, il manager e chiunque altro dell’organizzazione… lui aveva voluto quel posto con tutto sé stesso e non c’era stato Santo che avesse tenuto, nessuno era riuscito a farlo desistere.
- Ma è vero che è un posto imbucato, mi ricordo la petizione che ci hanno spedito, era un numero comunque inferiore a molti altri Paesi più grandi e conosciuti… non abbiamo nemmeno uno Stadio, qua… - Prese la parola Joe il quale dopo Chester era il più lamentoso.
- Certo, perché qua è sempre Inverno! Se lo facessimo all’aperto congeleremmo! Anche in piena estate, fa freddo! - Fece eco Dave il quale si era informato prima di partire.
Mike non demorse, come non aveva demorso quando avevano stabilito quella data.
Continuava a farsi ricoprire di neve più che volentieri e a mantenersi incoscientemente scoperto rispetto agli altri che avevano solo gli occhi fuori -e Chester nemmeno quelli.-
- E’ inutile lamentarsi, Mike ha fatto i capricci per venire qua e quando lui fa i capricci è impossibile non accontentarlo! -
Concluse Brad per tutti il quale era più seccato da tutte quelle lamentele che per il posto in sé.
Mike lo guardò con gratitudine nonostante non gli avesse fatto poi molti complimenti.
Tutti, infatti, sapevano bene che i capricci erano una prerogativa di Chester e che se si metteva a farli Mike era addirittura peggio dell’altro. Davvero resistergli era impossibile, come aveva detto Brad, ma non perché lo reputavano un esserino delizioso da accontentare volentieri ma bensì perché veniva una gran voglia di ucciderlo.
- Andiamo nel cazzo di albergo, almeno… ho voglia di morire ma non succederà per congelamento! Creperò bruciando, io! - Chester aveva ritrovato parole con un senso logico fra i denti che battevano dal freddo.
Dopo di quello si erano ritrovati in albergo, un luogo fortunatamente caldo nel quale i cristalli di ghiaccio che ormai si erano formati sui loro indumenti, si sciolsero trasmettendo alla pelle gelida ed intorpidita una sensazione da elettroshock.
L’ora era ormai tarda ed avrebbero suonato solo il giorno successivo, per cui sistemati in tre camere da due come ormai era diventato di rito -sarebbe stato troppo sfacciato mettere solo Joe e Dave in due singole-, poterono subito rilassarsi e finire di scaldarsi come si doveva.
Chester manteneva un’espressione corrucciata, la rughetta fra le sopracciglia contratte e il broncio sempre ben in mostra, come per mettere in chiaro che lui era lì per costrizione e non per scelta.
A lui piaceva il fresco, certo, mentre il caldo lo squagliava, però quello era troppo!
La prima cosa che fece fu prepararsi un bagno caldo ignorando completamente Mike ancora appiccicato alla finestra che guardava la notte innevata. Quando la vasca fu pronta, senza dire mezza parola al compagno, si spogliò e si infilò dentro col primo sospiro di sollievo da quando aveva messo piede giù dall’aereo; fu quello che distrasse Mike…
“Come, Chez non grugnisce più ma sospira rilassato?! Che miracolo è questo?”
Quando si girò per verificare, non lo vide in camera e alzando un sopracciglio allungò il collo.
“Mica sarà in bagno?!” Naturalmente poteva fare quello che voleva, il punto era che certe cose Chester non era proprio capace di farle senza renderlo partecipe ed essendo che quella volta non gli aveva proferito mezzo ruggito, era quindi decisamente strano.
Infilandosi nella stanza adiacente che era il bagno la cui porta era anche aperta, lo vide immerso in una vasca d’acqua calda fumante, aveva l’espressione di completa beatitudine e la nuca appoggiata al bordo, tutto steso e rilassato.
Mike rimase immobile per un po’ a fissarlo. Non poteva crederci, lo guardava eppure era inspiegabile ciò che aveva davanti agli occhi, se glielo avessero raccontato non ci avrebbe mai creduto.
- Chester! - Esclamò dopo un po’ con tono ed aria scandalizzate.
Chester aprì pigramente gli occhi e lo vide davanti a sé che lo fissava come se avesse fatto l’eresia del secolo.
- Mmm? - Nemmeno una parola di senso compiuto riusciva ad uscirgli dalla gola.
- Che fai lì? -
- Un cazzo di bagno, sei cieco? - Rispondendo tornò a chiudere gli occhi per concentrarsi sulle parole. Ora la pelle tornava a restituirgli la sensibilità ed il sangue che si scaldava nelle vene dopo aver corso come un matto nella differenza drastica di temperature, si era calmato. Ogni funzione vitale si era abbassata, respirazione, battito cardiaco, attività cerebrale…
- Lo vedo ma… perché non mi hai chiesto di farlo insieme? - Il punto non era che voleva farlo con lui o che si sentiva escluso. Semplicemente era anormale che Chester non glielo avesse chiesto. Lo faceva sempre.
Chester si strinse appena nelle spalle, così Mike chiese ancora preoccupato, accucciandosi accanto alla vasca ed appoggiandosi al bordo vicino alla testa del compagno che forse dormiva.
- Ma ce l’hai con me perché ti ho obbligato a venire qua? - Era sinceramente in pensiero per questo fatto poiché solo lui poteva sapere quanto insolito fosse un Chester che non lo coinvolgeva in un bagno caldo che potevano fare insieme da soli.
Il ragazzo finalmente si decise a riaprire mezzo occhio e posandolo su Mike, notò la sua espressione preoccupata quindi non poté che accennare ad un sorriso. Sempre mezzo, visto che anche la capacità di muovere i muscoli era scesa al minimo per riprendersi dal freddo che aveva provato prima.
- Ma non dire cazzate! - Il suo modo brusco per tranquillizzarlo. Di solito bastava ma quella volta Mike sembrava particolarmente convinto del contrario; vedendo che non cambiava espressione si decise a muovere un braccio e senza aprire l’altro occhio gli circondò il collo e tirando gli mise la testa sott’acqua. Mike riemerse poco dopo bagnato fradicio coi capelli appiccicati sulla faccia. Se li portò all’indietro con le mani anche se qualche ciocca ricadde ai lati, lì Chester aprì anche l’altro occhio e lo guardò meglio quindi al suo: - Ma se matto? - finalmente rise realizzando quanto buffo fosse quel suo preoccuparsi seriamente per una cosa del genere quando invece si era altamente fregato di loro nel momento in cui aveva scelto quel Paese sperduto e gelido.
- Sei tu che sei matto! Prima ci trascini in culonia rompendo consapevolmente i coglioni a tutti e poi ti preoccupi se faccio un fottuto bagno da solo? Sei completamente schizzato, Mike! -
Solo sentendola da quel punto di vista ed in modo effettivamente chiaro ed esauriente, Mike si rese conto che messa così poteva davvero sembrare un controsenso e si mise a ridere a sua volta.
Vedendolo, Chester si rilassò e scacciando immediatamente la voglia di sparargli che aveva avuto mettendo piede in quel posto, senza toccarlo più con un dito si accucciò dentro la vasca nella stessa posizione dell’altro da fuori e allungandosi verso il suo viso gli chiuse le labbra con le proprie, impedendogli un sermone che sapeva di lì a breve sarebbe cominciato.
Mike se ne stupì credendo che Chester a quel punto avrebbe voluto avere delle spiegazioni, suo malgrado accolse ben volentieri la sua bocca schiudendo la propria per andargli incontro con la lingua. Trovati, si intrecciarono con calma placida, chiudendo entrambi gli occhi e godendosi quello che finalmente era il primo momento di autentica beatitudine.
Dopo qualche secondo Chester smise di baciarlo e sempre contro le sue labbra e mantenendo le palpebre abbassate, consapevole che invece Mike lo stava ora guardando, disse con ancora le mani dentro l’acqua:
- Non me ne fotte niente di perché cazzo hai voluto venire qua a tutti i costi. Tanto ormai ci siamo. - Lo prevenne sapendo perfettamente ciò che pensava, quindi Mike si rilassò accennando ad un vago sorriso di stupore, Chester aveva sempre quel potere che sebbene ne fosse consapevole, quando lo usava non poteva non rimanere senza parole nel constatare che riusciva sempre a capire cosa gli passasse per la testa. - Probabilmente è qualcosa legato a tua madre… non me ne fotte.. - Aggiunse in un sussurro roco. - Tutto ciò che voglio ora è essere ripagato del mio grande disturbo… cosa che puoi fare solo tu! - Concluse soddisfatto con un mezzo ghigno.
Dopo di questo, sempre senza aprire gli occhi, Chester tirò fuori le mani dall’acqua e circondandogli il collo con entrambe le braccia si aggrappò alla felpa di Mike, infine riprendendo a baciarlo con maggiore intensità se lo tirò addosso costringendolo ad entrare nella vasca con lui così com’era, vestito e in totale oblio con l’universo intero.
Mike non se ne accorse nemmeno se non troppo tardi, quando l’acqua strabordò allagando il pavimento del bagno. Ormai era comunque tardi per preoccuparsi di qualunque altra cosa, quindi lasciando andare ogni altro pensiero che aveva avuto da quando aveva scelto questa data, decise di accontentare il suo compagno ripagandolo del suo grande sforzo. E lui sapeva quanto grande fosse.
Gli si sistemò sopra in ginocchio, a cavalcioni, con le gambe di Chester allungate sotto di sé, quindi smise di baciarlo per aiutarlo a togliersi la felpa. Essendo pesante e strafonda fecero una certa fatica ed alla fine Chester la buttò seccato in un angolo del bagno; dopo di che, riprendendo possesso delle sue labbra ed ignorando la canottiera intima che gli piaceva particolarmente come gli stava addosso tutta appiccicata alla pelle bagnata, cominciò sbrigativo ad armeggiare coi pantaloni.
Per sua fortuna ne indossava un paio largo e comodo e di nuovo Mike si tirò su per aiutarlo. Vedendo che era più complicato del previsto, Chester perse la pazienza e smettendo di baciarlo lo spinse togliendoselo da sopra, stendendolo dall’altra parte della vasca.
In quella posizione fu più facile ed in breve, alzandogli le gambe, gli tolse gli indumenti prendendo via anche i boxer per non ritrovarseli come ingombro dopo.
La canottiera continuava a piacergli quindi non gliela toccò e fu lui a stendersi sopra, sistemandosi a cavalcioni sul compagno al contrario di come erano prima.
Lo guardò vittorioso prima di riprendersi le sue labbra piene e pulsanti che lo chiamavano con una muta richiesta, piegò la testa di lato e con occhi brillanti si dimenticò totalmente del posto per lui insopportabile in cui si trovavano.
Si dimenticò di tutto quello che l’aveva infastidito dall’inizio e senza esitare si tuffò nuovamente sul compagno che l’aspettava, la sua bocca, la sua pelle bagnata e calda, il suo collo pulsante, la sua spalla che gli porgeva, le braccia che lo circondavano impedendogli di staccarsi e di smettere. E le mani.
Le mani che lo frugavano, l’accarezzavano leggere e poi profondamente, le dita che si intrufolavano ovunque, su tutti i loro punti deboli, i gemiti che si levavano insieme soffocati dalle labbra premute sui loro corpi.
Strofinarsi l’uno contro l’altro, i bacini che si spingevano l’uno verso l’altro, l’erezioni che si eccitavano l’una per l’altra.
Chiamarsi sommessamente senza alcuna richiesta specifica, capirsi senza bisogno di parlare, muoversi con una calma che sconfinava nella frenesia e poi venir posseduti da quel fuoco capace di far dimenticare totalmente la neve là fuori, trovarsi fisicamente, spiritualmente, mentalmente.
Aggrapparsi, prendersi, possedersi, spingersi, aversi, fondersi, unirsi, dimenticarsi di tutto, annullarsi e ritrovarsi l’uno nell’altro, completamente fuori da loro stessi ma pienamente nel compagno.
Stretti, ansimanti, eccitati, pulsanti, bagnati, confusi, felici.
Beatitudine.
Il momento perfetto.

Chester si stava stringendo Mike tenendoselo contro come se potesse scappargli per non tornare più. Entrambi appoggiati l’uno all’altro, mezzi stesi, schiena contro petto e le mani che giocavano con le dita altrui senza farci troppo caso.
Ormai l’acqua era quasi tiepida ma sembravano starci troppo bene, dentro.
Fu lì, di punto in bianco, come se qualcuno avesse improvvisamente riattaccato una spina staccata, che Mike seguendo i propri pensieri schizzò bruscamente in avanti.
- Bè? - Chiese Chester contrariato per quel distacco orribile.
Ma Mike era di nuovo in un altro mondo e senza rispondere, nudo com’era -la canottiera l‘aveva tolta, poi- uscì velocissimo dalla vasca. Chester si tese per vedere che gli fosse preso e lo vide camminare come un forsennato per la camera, bagnato fradicio e con un’aria che definire allucinata era dire poco.
- Che cazzo hai? - Chiese senza ottenere di nuovo risposta. Vedendolo più simile ad un’anima in pena, si alzò a sua volta avvolgendosi in un accappatoio e prendendo un asciugamano grande per l’altro.  - MIKE! - Lo chiamò gridando per farsi calcolare e funzionò visto che Mike continuando a frugare borse, valigie e cassetti lo guardò con un’aria d’emergenza:
- Carta e penna! -
Chester rimase inebetito a guardarlo ma vedendo che non smetteva di cercare come se fosse questione di vita o di morte, espresse le proprie perplessità:
- Cazzo Mike, sei nudo e bagnato e ti serve assolutamente carta e penna? PROPRIO DOPO CHE ABBIAMO SCOPATO?! - Quello effettivamente era la cosa più grave e Mike in quello gli si rivoltò contro con aria estremamente isterica:
- PROPRIO PER QUELLO MI SERVE ORA! -
- MA SEI SCEMO? - Lo chiese gridando pensando che non lo sentisse molto bene!
- MI SERVE CARTA E PENNA, CAZZO! DEVO SCRIVERE! DAMMI CARTA E PENNA! -
Chester era impietrito.
Mike era totalmente isterico e cominciava seriamente a sentire una voglia stratosferica di ucciderlo, magari immergendogli la faccia nella sua adorata neve!
Poi si ricordò… faceva così quando aveva un’ispirazione impellente e quando l’aveva doveva assolutamente scrivere, era proprio un’emergenza!
A lui non succedeva così, quando aveva l’ispirazione e non poteva scrivere riusciva a trattenersi, non diventava matto come Mike… però c’era da dire che quando lui era così e scriveva, poi si calmava immediatamente e finiva per scrivere delle canzoni bellissime.
Per cui quando succedeva tutti correvano come schizzati a cercargli carta e penna.
- Cazzo, non te ne separi mai! - Disse Chester dimenticandosi di coprirlo e cominciando a cercare a sua volta carta e penna senza successo.
- Lo so, porca puttana, ma questa volta l’ho dimenticata! - Rispose con voce stridula. Sentendolo usare un linguaggio del genere Chester ebbe la completa consapevolezza di quanto fosse fuori di sé.
Anzi. Più completa l’ebbe quando senza pensarci un secondo si diresse verso la porta:
- Dove cazzo vai? - Chiese Chester sconvolto.
- Dagli altri a vedere se hanno carta e penna! Se non la porto io di solito ce l’ha Brad! -
Chester allora gli corse dietro chiudendogli la porta sul naso prima che potesse uscire.
- Ma che cazzo c’è? - Chiese arrabbiato Mike guardandolo furente.
- SEI NUDO! - Così urlando gli avvolse l’asciugamano alla vita coprendolo.
- Oh… - Fece Mike tornando in sé, rendendosi conto che stava per uscire nudo e crudo.
Finalmente si calmò e con aria desolata e da cucciolo imbronciato, disse abbassando gli occhi:
- Ho bisogno di scrivere… -
Chester allora rise, non le faceva quasi mai quelle espressioni ma quando gli venivano non poteva che ridere.
- L’avevo capito! - In un attimo si dimenticò della voglia di ucciderlo e spettinandogli i capelli bagnati lo mise in parte:
- Vado a vedere io, tu sta qua! - Ovviamente non si fidava a mandare Mike in giro in quelle condizioni…
Fu così che quando tornò lo trovò vestito e asciutto, coi capelli pettinati all’indietro e seduto alla finestra a guardare fuori.
Si fermò accennando ad un sorriso accondiscendente che normalmente solcava il volto di Mike e non di Chester, quindi senza dire niente gli fece scivolare carta e penna sul balcone, davanti a sé.
Mike si girò appena regalandogli un sincero sorriso di gratitudine dei suoi che demolivano il compagno ogni volta, dopo di quello si tuffò nel foglio e cominciò a scrivere fitto e veloce esternandosi dal mondo e da ogni cosa esistente.
Lo vide annullarsi e viaggiare lontano e solo lui sapeva dove fosse finito. Fu lì che sentì il desiderio di sapere il motivo per quel posto ma si vestì e si sedette ad aspettare i suoi tempi, consapevole che quando avrebbe finito gli avrebbe raccontato tutto.
Si perse a sua volta ad osservarlo, aveva un’espressione molto intensa e per un attimo gli piacque persino la neve che cadeva furiosamente fuori. La trovò bella solo perché Mike a quanto sembrava l’adorava.
Quando ebbe finito, dopo poco meno di un’ora, Mike mise giù la penna e si stiracchiò guardando fuori, riprese lentamente contatto con la realtà e si rese conto di essere osservato, così smise di fissare la neve e si girò verso il compagno steso comodamente nel letto lì vicino.
Gli sorrise teneramente per ringraziarlo della sua pazienza -e solo lui sapeva quanta ne avesse avuta quella volta-, così gli porse il foglio e gli si stese dietro, di lato, circondandogli la vita con un braccio e appoggiando la testa sull’altro.
Lo vide leggere attento e serio e nel mentre gli ricoprì di piccoli baci leggeri la nuca dai capelli corti.
Quando ebbe finito Chester mise il foglio sul comodino e si accoccolò meglio contro di lui, posizionandosi di schiena sul materasso e appoggiando la testa contro la sua spalla, rimanendo a godersi il compagno pensieroso.
- Allora? - Chiese Mike.
- Strano… - Rispose Chester cercando le parole adatte.
- Ma ti piace? - Come se fosse possibile che un suo testo non gli piacesse…
- Certo! - Rispose ovvio guardandolo da vicino. Mike sorrise sollevato e se lo coccolò passandogli pensieroso le dita sulla schiena, poi senza che glielo chiedesse cominciò a spiegargli la storia dietro quel posto particolare.
- Ero piccolo ed era un periodo in cui eravamo senza televisione, così la mamma per passare le serate e far stare tranquilli me e mio fratello ci raccontava episodi della sua infanzia, di viaggi che aveva fatto e di cose strane o buffe che le erano capitate. Le mie preferite erano quelle di quando ci raccontava di cose inspiegabili che le erano accadute ed una ricorreva in special modo, gliela facevo ripetere quasi ogni volta fino alla nausea. Per me era una storia fantastica.
Quando era ragazza le capitò di fare un viaggio lontano da casa, era uno dei primi che faceva da sola e non essendo pratica di mezzi di trasporto finì per errore in una destinazione sbagliata.
Naturalmente era un posto decisamente isolato e non sapendo come fare andò nel panico.
In stazione le dissero che per quella giornata i treni erano finiti poiché essendo in pieno inverno, di notte non viaggiavano. Faceva un freddo pazzesco e nevicava della grossa. Così su consiglio dell’operatore andò in paese in cerca di una pensione ed un posto dove dormire. Purtroppo non ne trovò alla sua portata, la temperatura scendeva vertiginosamente ed era sempre più tardi, così non sapendo come fare -e figurati se quella volta c’erano i cellulari- entrò in un locale nella speranza che tenessero aperto abbastanza da poter ripararsi per la maggior parte della notte.
Purtroppo venne importunata da dei ragazzi ma venne aiutata da un giovane che si dimostrò molto gentile. Questi era proprio il figlio del proprietario di una pensioncina poco conosciuta poco distante da lì. Lei si fidò subito di lui, ad istinto, così lo seguì. La pensione c’era davvero ed il proprietario era una persona molto gentile che le fece un prezzo di favore. Lei riuscì a pagarli e passò la notte lì. La mattina dopo si svegliò preso per prendere il primo treno, quindi quando andò a salutare il signore, chiese del figlio e lo vide incupirsi e con dolore le chiese come mai voleva sapere di lui. Lei non capiva, suo malgrado le disse che voleva salutarlo e ringraziarlo, allora l’uomo le chiese se fosse una sua amica di vecchia data e da quanto non veniva lì. Lei disse che non era mai stata lì e che era capitata in quel posto per errore ma che grazie a suo figlio che la sera prima l’aveva aiutata, aveva trovato un modo per passare la notte. L’uomo piangeva e lei preoccupata chiese cosa gli prendesse, così fra le lacrime disse che suo figlio era morto qualche anno prima, era rimasto vittima di un gruppo di teppisti che, proprio nel locale dove era stata lei la sera prima, aveva importunato una ragazza e lui era intervenuto per aiutarla finendo purtroppo male.
Lei era sconvolta e solo quando vide la foto di ricordo del giovane appesa insieme a delle candele se ne convinse. Infatti quando l’uomo le disse che la sera l’aveva vista arrivare nella pensione da sola al contrario di come era sicura di esserci arrivata lei, ovvero accompagnata dal ragazzo, non poté che accettare di aver vissuto un’esperienza incredibile.
Si rispose che probabilmente il giovane morendo in quel modo traumatico era rimasto sospeso in quel mondo e incapace di staccarsi da lì, di tanto in tanto riviveva quella notte come avrebbe voluto che andasse nella speranza di riuscire un giorno ad accettare la sua fine. Per lei quello era il suo purgatorio, uno stato auto inflitto dall’anima stessa convinta di non meritarsi subito il paradiso.
Lei credeva molto a questo genere di cose e ce ne raccontava molte di storie così. Mio fratello ha sempre creduto che quella come molti altri racconti fossero per l’appunto cose di sua invenzione, ma io -forse perché sono uno più credulone e sognatore- ci ho sempre creduto.
La città era questa e quando ho visto fra le petizioni una -seppure di poche firme rispetto a molte altre- che veniva da questo posto, mi sono subito ricordato della sua storia. Lei ci diceva sempre il nome della città specifica ma essendo un nome sconosciuto e mai sentito non potevamo essere sicuri che esistesse davvero. Quando ho visto che era vero mi sono ricordato di tutto ed anche se erano storie che crescendo avevo accantonato, una volta che ho messo piede qua ho rivissuto tutto come se fossi io stesso il protagonista di quella vicenda. Purtroppo ho visto che sia la pensione che il locale non ci sono più ma molte cose della città che lei ci descriveva sono identici, così come la neve che infuriava quella notte così com’era questa. -
Mike fece una pausa lasciando qualche istante di silenzio, un silenzio perfetto e totale. Chester respirava piano ed era attentissimo, guardava fisso davanti a sé ma non era né turbato né incredulo, solo semplicemente serio come poche volte sapeva essere in quel modo.
Dopo di che Mike riprese:
- Sono consapevole che potrebbe anche essere solo un viaggio che lei ha fatto qua, magari sempre per sbaglio, e che per tenerci buoni ha arricchito di quella storia straordinaria e che dopotutto fosse vero solo la città e non la vicenda. Mio fratello ne è convinto… l’ho chiamato prima di venire e gli ho detto che il paese esisteva davvero! Lui ha detto che probabilmente era l’unica cosa vera. Ma io sono convinto che fosse reale ogni cosa e anche se così non dovesse essere non importa cosa è stato e cosa non è stato. Conta che lei è stata qua e che magari l’ha vissuta veramente o magari l’ha inventata per noi, ma comunque in un modo o nell’altro qualcosa da qui è nato. Sarebbe come trovare un armadio uguale a quello che porta a Narnia. Non importa che poi non ci sia nessun passaggio per quel mondo. Conta che comunque l’armadio ci sia e che abbia ispirato una storia meravigliosa a qualcuno che ha saputo renderla reale per molti. E che di questi almeno un paio ci credono, chi lo sa… -
Chester non disse niente, rimase pensieroso e catturato dal suo tono oltre che dalle sue parole. Catturato dall’atmosfera che l’aver ascoltato quella storia aveva portato e catturato dal rumore del vento fuori dalla finestra.
Sentiva qualcosa dentro che non era sicuro di essere in grado di spiegare e rendere a parole, ma provando un forte bisogno di esprimersi, alla fine cinse Mike ancor meglio di prima e accoccolandosi contro il suo collo, disse con una strana espressione intensa:
- E’ come io che ti adoro anche perché credi in cose in cui io non credo. - Quando lo sentì sorridere di sorpresa per essere stato capito con tanta facilità, ebbe conferma di aver detto giusto e baciandogli la parte di pelle che aveva a portata di labbra, proseguì col sonno che faceva capolino insieme allo stato di totale beatitudine come quello che prima aveva provato nella vasca, dopo aver fatto l’amore con Mike: - Ora il concetto della tua canzone è più chiaro. È quello in cui credi che conta, non se poi sia reale o meno. -
- Grazie per aver capito. - Concluse Mike sentendosi più leggero che mai. Ora come ora avrebbe anche potuto fare un’altra canzone su Chester e sullo stato di profondo incontro che aveva avuto con lui, ma fra lo staccarsi da lui per scrivere e lo stare lì a coccolarselo, vinse di gran lunga questa, infatti sistemandosi più comodo prese le coperte ai piedi del letto e coprì entrambi per poi chiudere la luce dall’interruttore sulla testiera.
- Grazie a te per aver condiviso. - E lì non si rese nemmeno conto di aver usato un linguaggio in perfetta linea con l’atmosfera calata dal racconto di Mike, come se inconsciamente non volesse profanare quel misterioso qualcosa che era sceso.
Il buio non era totale, all’esterno dei fari cercavano di vincere la notte e proprio col sonno che li avvolgeva, il vento calò d’intensità e la neve si fece meno aggressiva.
Nel dormiveglia, poco prima di farsi prendere dalle dolci braccia di Morfeo, Chester mormorò strascicato:
- Io ci credo. - E sentirglielo dire lo rese per Mike ancor più reale di quanto non lo fosse già per lui.
Quella notte sognò un giovane che salvava una ragazza da un gruppo di teppisti e che insieme riuscivano a cavarsela in una notte di tempesta proprio come quella.

FINE
   
 
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