Family reunion
Morbide tovaglie bianco panna, mura di un colore albicocca mitigato dal
bianco della tinta, le gambe dei tavolini elegantemente coperte dalla
biancheria da tavola di Fiandra, le poltroncine color panna. Le tende sono semplici
e raffinate, bianche e rosate, di un tono solo più intenso del muro. “Nulla di
troppo”, l’antico motto apollineo è rispettato come se sia questione di vita o di morte, lì dentro, in uno degli ultimi santuari
del buon gusto.
Niente quadri o stucchi o specchi che non siano già stati
ideati dal geniale architetto che ha edificato quel palazzo di campagna per una
famiglia nobile, sul sito dove era esistita un’antica villa romana.
Un pianoforte occupa un angolo della sala, fiero della sua vernice lucida e del
suo odore di buon legno.
Ad un tavolino, seduta in silenzio, una donna.
Lunghe gambe inguainate da una calza nera, un piedino da fata
chiuso in scarpette nere con una piccola, elegante decorazione rossa, soffici
capelli bruni chiusi in un elegante chignon da cui scappano, sul collo, dei
lunghi boccoli birichini. Alle orecchie, coperte ,
se non per il minuscolo padiglione, da due bande di capelli, due piccole rose
d’oro. E’ sola, come se aspettasse qualcuno.
Le labbra sono morbide e carnose, bellissime, il naso diritto, forse un po’
all’insù, di una delicatezza che ho visto solo sui più raffinati cammei greci.
La fronte è spaziosa, gli zigomi alti. Un volto di una
squisita bellezza classica che mi sembra di aver già visto.
Poi la donna si volta,
si alza, con il suo elegante abito rosso con una cinta e i bordi neri,
lungo fino al ginocchio. Ha i sottili sopraccigli lievemente irregolari, a
darle un’aria umana, per far capire che non è una statua, e degli occhi come li ho
visti in precedenza solo in un’altra persona.
Tizzoni di inferno,
stelle del cielo.
No, gli occhi non hanno nulla di classico, sono profondi come può esserlo il cielo o l’abisso, non posso sbagliare, quegli occhi
li ha solo lei. Sorride. Una luce li illumina, la lingua delicata si trova
fuori dalla bocca, quasi in una linguaccia,
impertinente. Un sorriso da birbante, il sorriso di una
bambina che ha appena rubato i biscotti e tutti sospettano della cuginetta antipatica. Su di lei quel sorriso fa venire voglia di mordicchiarle la lingua, la
rende misteriosamente e irresistibilmente erotica.
Non posso sbagliarmi, è lei.
Ligeia.
In realtà, non è il suo vero nome. si chiama Eleonora
ma, per via di Poe e dei suoi occhi, per me, è sempre stata Ligeia.
Mi lascio trasportare dal flusso dei ricordi. Lei, mia coetanea, non ancora diciannovenne ad una festa, dove la incontro. Il suo carattere forte. La sua prima volta con
me.
Amarsi fino a distruggersi.
Lei che vive lontano, l’incapacità di entrambi di gestire una storia e farsi male, tanto male, fino a distruggere tutto.
Lei che mi supplica di non lasciarla, facendo tacere il suo orgoglio.
Io che lo faccio lo stesso.
Le scenate di entrambi.
Urlarsi che si preferirebbe essere morti.
Urlare che l’altro dovrebbe morire.
Morti.
Cenere.
Polvere, quella che ci rimane della nostra passione.
Quattro anni dopo, appena laureata. Siamo stati amanti per una notte. Con la passione
di quattro anni prima ancora viva.
L’ho amata, l’ho
amata tanto. Sicuramente di più delle donne che ho avuto prima e dopo di lei. Sto aspettando una donna, ora, un’oca che fa la modella,
ottima per una serata piacevole.
Ligeia.
Forse è l’unica che ho amata
sul serio. Deve essere un’intellettuale di successo, se viene in questo
ristorante. Ce l’ha fatta a studiare quello che amava,
la lingua e la letteratura greca, ho letto dei suoi articoli e so che è molto
citata, anche se io, di greco, a stento distinguo quelle lettere con cui al
liceo segnavo gli angoli.
Erano quasi sei anni che non la vedevo.
Ha quasi trent’anni, ma sembra sempre la ragazzina
che ho conosciuto.
Si è alzata.
Due passi.
Uno sguardo dolce.
Le guardo le mani delicate, con le dita sottili da violinista e il polso
minuscolo. Ha la vera all’anulare
sinistro.
Uno storico famoso, giovane, avrà la sua età, le se avvicina. E’ famoso per le
sue teorie e per la sua bonomia. Anche lui ha la fede al dito. La bacia sulla bocca e lei ricambia senza chiudere gli occhi.
Non l’ho mai vista chiudere gli occhi quando bacia.
Il suo sguardo incontra il mio.
Noto ora che lo storico ha una bambina per mano.
Ligeia si china sulla bimba e la bacia:- Ciao amore della mamma.-
La bimba tende le braccia e si siede
a tavola con i due genitori. Ligeia e il marito
discutono dell’ultimo articolo di lei. Lui sembra tutto fiero e orgoglioso
della moglie, mi sembra quasi
volgare, mentre lei è così
naturalmente elegante.
Una principessa.
Quello che è sempre stata, lei, cresciuta in una famiglia modesta che aveva la distinzione di
pochissime altre famiglie.
Continuano a parlare.
Ligeia ride.
Arriva il cameriere.
Entra la mia accompagnatrice,
Carla.
Ha un abito scollato più adatto ad
un party che ad una cena. I suoi capelli biondi sono tinti e ne vedo il pezzetto di ricrescita,
impercettibile ai più, ma non a me, che noto ogni piccolo difetto di questa tanto decantata bellezza. A parte questo, il suo stile è più adatto ad una discoteca
che a un ristorante come quello dove siamo. Faccio
finta di nulla.
Carla si siede:- Allora, come stai?-
-Bene, grazie. Tu?- Parole scontate di una relazione
finita in partenza.
- Bene. Come va il nuovo romanzo?-
- Bene.- mento. Sono fermo a pagina 2 da tre mesi e
non riesco a scrivere nulla. Ho scritto tanto, i critici mi osannano
ma so che non piaccio a due
persone sicuramente: una è Ligeia, l’altra io.
Ha sempre detto che non avevo l’apertura e la cultura
sufficiente per scrivere e, purtroppo, le devo dare ragione. Sono un mediocre. Ho
successo ma sono mediocre.
Lei avrebbe la cultura, l’apertura,
un grande mondo in cui vive, e il talento, ma
preferisce discutere di variatio.
La mia modella beve appena un sorso di Dolcetto che ho ordinato per
accompagnare l’arrosto.
- Fa ingrassare.- dice e mangia solo un’insalata.
Lo storico ordina un piatto di fettuccine ai funghi. E’ del nord, a quanto ho
capito. La bambina dice:- Lo stesso di papà!-
con un tono orgoglioso. Ligeia
sorride. Lo storico le sorride. E’come se fossero d’accordo già in partenza e, diciamo la verità, uno dei piatti forti di questo ristorante
sono le fettuccine ai funghi.
Ligeia
ordina un piatto di linguine all’astice.
Lei adora le linguine all’astice, non ricorda nemmeno più da quanto tempo le
piacciono così tanto. Alle feste di famiglia, in
genere, lei, la cugina e una zia si rubano i pezzo di
astice e, in generale, i crostacei, l’una dal piatto dell’altra. A sentir la
madre, sono tre scalmanate.
Anche io
ordino le linguine all’astice,
dimenticandomi del “Dolcetto”. Le ordino spesso, sarà perché piacevano a entrambi e nessuno può insospettirsi
sul perché le ordini.
I piatti arrivano in contemporanea per tutti.
Ligeia viene imboccata dallo storico di un po’ di fettuccine ai
funghi. –Buonissime.- dice.
Lo imbocca a sua volta e lo storico rimane senza parole:-
Sono al livello di quelle di nonna…-
Ligeia
ride. La bambina vuole assaggiare e
dice:-Papà,
ma è meglio quello di mamma.- e
insiste per avere un pezzo di astice.
Il marito di Ligeia ride:-
E abbiamo un’altra amante dei
crostacei in famiglia.- Ride a gola spiegata. E’ un brav’uomo ma sembra privo di personalità, tranne quando scrive, e
a me appare privo di classe. So che si sono conosciuti nella stessa università
ultraprestigiosa e meritocratica.
-Scommetto che apprezzerebbe anche le ostriche.- dice dopo un po’ il ragazzo e
le ordina, con un po’ di cozze o mitili, se vogliamo essere più raffinati, e
altri frutti di mare, ricci compresi. Ligeia è felice, si vede che è un ordine fatto
per farla sentire allegra, per festeggiarla. E’ l’ordine di un uomo innamorato.
La bimba chiede educatamente di
provare e le piacciono anche le ostriche. Ligeia è incantevole. Si vede
che, finalmente, si sente coccolata e protetta.
Lui la guarda con tenerezza.
Lei gli sorride con aria incantevole.
Eppure nei suoi occhi non vedo la luce che aveva quando
guardava me.
Ligeia non
mangia tutto, anzi mangia pochissimo, gioca con il polso di lui come una bambina
capricciosa.
Lui sorride. Lei gioca con la vera di lui.
E’ bella come un sogno.
La bambina mi da le
spalle, ma l’ho vista prima. Ha lo
stesso naso di Ligeia
e la stessa boccuccia, Non le ho visto gli occhi, ma spero abbia preso i suoi.
E’ davvero bellina, da quello che ho visto.
La sento parlare. Parla con proprietà per essere così piccola e sembra dotata
di un’intelligenza vivace e pronta. Deve essere una birbantella
ed è evidente che idolatra il padre,
a cui, per’altro, non sembra
assomigliare affatto.
Non riesco a scollarle gli occhi da
dosso.
Esiste un sentimento che si chiama paternità
e può cogliere all’improvviso in un ristorante dove vanno solo intellettuali,
per una bambina che non è la propria?
Arriva un giovane filosofo. Ligeia lo bacia sulla guancia e poi va da due storici
dell’arte, una ragazza e un ragazzo. Sono i suoi due più cari amici, fin dall’asilo. Riconosco lui, che mi guarda malissimo, come se
volesse incenerirmi.
Già, perché Ligeia, dopo quella notte, era rimasta incinta. Ma le ho
chiesto di abortire e, a quanto ne so. l’ha fatto, non
ne ho più sentito nulla. E, comunque, non avrei mai
fatto il padre allora. Sarò egoista, ma non volevo
che mio figlio avesse un padre disgraziato come me.
Lo storico fa finta di non vedermi, sorride a tutti con bonomia, è un uomo
pacifico e famoso per la sua eccezionale tolleranza. Come storico è tagliente ma come uomo
è una vera e propria nullità, sempre buono con tutti, non capisco cosa ci possa
trovare in lui Ligeia,
con la sua verve tagliente, con il suo fuoco nelle vene.
Ligeia si accorge che la osservo e diventa
rossa, poi pallida, ma si riprende, si mette a scherzare con altre coppie con
figli, quasi tutte del suo ambiente, quello accademico.
Carla mi parla e io le rispondo. Lei
ride e prende delle mie parole serie per battute e viceversa.
Ligeia propone un brindisi. Dice
qualcosa in gergo goliardico, seguita da un latino maccheronico e un
tedesco improbabile. La sento comporre all’impronta degli ottonari rimati e concludere con un endecasillabo:
“Alla felicità nel vero amore!”
Brindano tutti insieme, lasciandosi trascinare dal suo fortissimo carisma.
E’ bellissima.
Persino coppie di mezza età con figli adolescenti si uniscono. Il professore di
cui è assistente la fa chiacchierare con la propria signora, sono felicemente sposati con quello che è stato il loro amore di infanzia,
entrambi hanno i capelli più bianchi che grigi.
Ligeia sorride, è gentile ed elegante.
Brinda e festeggia con tutti, sembra una festa più che una cena.
Un linguista si siede al piano, una latinista, amica di Ligeia, canta.
Ligeia va in bagno, la serata si è animata.
Con una scusa vado in bagno anche io. Ho tenuto l’attenzione di Carla avvinghiata
con i soliti insipi commenti alla moda e se vado in bagno,
non si insospettirà, non è di certo un’aquila.
Ligeia si sta guardando nello specchio, ha un viso dolce
ma stanco. La bambina è con il padre.
-Ciao Ligeia.-
-Sono sei anni che nessuno mi chiama più così. Ora sono solo Eleonora.-
Mi fronteggia, ma negli occhi si vede
che le braci sono solo sopite, non spente.
-Bella tua figlia. Quando ti sei sposata?-
- Cinque anni e sei mesi fa.-
- Sei rimasta subito incinta.-
- Dio ha voluto così.-
Il suo Dio che io odio.
-Un figlio in cambio del mio.-
Non risponde nulla.
-Tua figlia è splendida. Come
si chiama?-
- Naive.-
Era il nome che avremmo voluto dare io e
lei ad una bambina.
- Bello. -
Ligeia
continua a lavarsi le mani.
E’ bellissima.
Ha il fuoco negli occhi, quel carattere forte, quel fregarsene di tutti e quel rimanere invariabilmente se stessa.
E’ la donna che amo.
E mi sento male per tutto quello che è successo. Ma questo mi accade tutti i giorni, ogni volta che penso a lei. Se è
finita, per ben due volte, è tutta colpa
mia.
Vedo dalla porta lo
storico dell’arte fare cenno al marito.
-Quanti anni ha la bimba?-
Non risponde, non ne ha tempo. Arriva il marito,
le se avvicina, il volto di un uomo
così buono da sembrare scemo, gli occhi bovini. –Eleonora.- la chiama con dolcezza e preoccupazione.
– Pettirosso.-
Ha sempre avuto un debole per i soprannomi, li trovava
sempre per tutti. Lei si asciuga le
manine e lo prende per mano.
Lo guardo in faccia. Insignificante,
con la barba, i capelli castani e gli occhi scuri. Ha un completo spezzato che
cerca di celare la pancetta e il fisico da buona forchetta. Ligeia, invece, è sottile come una canna, è una gazzella del deserto. E’ un cigno, quello che lei è sempre stata.
Ligeia
prende la mano del marito e gli carezza il palmo, come in un gesto pieno d’amore.
Capisco che lui l’ha sposata amandola
ma sapendo che lei non l’amava, che
l’ha conquistata lentamente e lei,
per quanto gli voglia bene e lo stimi, non lo amerà
mai come ama me e lui lo sa e l'accetta.
Perchè l'ama e ha
bisogno di lei.
Come l'amo e ne avrei bisogno io.
Ma con più coraggio
e maturità.
Mentre ci fronteggiamo, arriva Naive.
-Papà!-
Ci giriamo sia io sia
lo storico.
La guardo, è bellissima.
Le vedo finalmente gli
occhi.
Sono grandi.
Verdi.
COME I MIEI.