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Autore: sawadee    19/03/2006    2 recensioni
Titolo tratto da Eliot. Uno scrittore disperatamente edonista incontra una famigliola e la donna è l'unica donna che abbia mai amato. spero che non sia sdolcinata. Scritta da un'amica che vuole mantenere l'anonimato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao


 

Family reunion

Morbide tovaglie bianco
panna, mura di un colore albicocca mitigato dal bianco della tinta, le gambe dei tavolini elegantemente coperte dalla biancheria da tavola di Fiandra, le poltroncine color panna. Le tende sono semplici e raffinate, bianche e rosate, di un tono solo più intenso del muro. “Nulla di troppo”, l’antico motto apollineo è rispettato come se sia questione di vita o di morte, lì dentro, in uno degli ultimi santuari del buon gusto.
Niente quadri o stucchi o specchi che non siano già stati ideati dal geniale architetto che ha edificato quel palazzo di campagna per una famiglia nobile, sul sito dove era esistita un’antica villa romana.
Un pianoforte occupa un angolo della sala, fiero della sua vernice lucida e del suo odore di buon legno.
Ad un tavolino, seduta in silenzio, una donna.

Lunghe gambe inguainate da una calza nera, un piedino da fata chiuso in scarpette nere con una piccola, elegante decorazione rossa, soffici capelli bruni chiusi in un elegante chignon da cui scappano, sul collo, dei lunghi boccoli birichini. Alle orecchie, coperte , se non per il minuscolo padiglione, da due bande di capelli, due piccole rose d’oro. E’ sola, come se aspettasse qualcuno.
Le labbra sono morbide e carnose, bellissime, il naso diritto, forse un po’ all’insù, di una delicatezza che ho visto solo sui più raffinati cammei greci. La fronte è spaziosa, gli zigomi alti. Un volto di una squisita bellezza classica che mi sembra di aver già visto.
Poi la donna si volta, si alza, con il suo elegante abito rosso con una cinta e i bordi neri, lungo fino al ginocchio. Ha i sottili sopraccigli lievemente irregolari, a darle un’aria umana, per far capire che non è una statua, e degli occhi come li ho visti in precedenza solo in un’altra persona.

Tizzoni di inferno, stelle del cielo.

No, gli occhi non hanno nulla di classico, sono profondi come può esserlo il cielo o l’abisso, non posso sbagliare, quegli occhi li ha solo lei. Sorride. Una luce li illumina, la lingua delicata si trova fuori dalla bocca, quasi in una linguaccia, impertinente. Un sorriso da birbante, il sorriso di una bambina che ha appena rubato i biscotti e tutti sospettano della cuginetta antipatica. Su di lei quel sorriso fa venire voglia di mordicchiarle la lingua, la rende misteriosamente e irresistibilmente erotica.
Non posso sbagliarmi, è lei.

Ligeia.

In realtà, non è il suo vero nome. si chiama Eleonora ma, per via di Poe e dei suoi occhi, per me, è sempre stata Ligeia.
Mi lascio trasportare dal flusso dei ricordi. Lei, mia coetanea, non ancora diciannovenne ad una festa, dove la incontro. Il suo carattere forte. La sua prima volta con me.

Amarsi fino a distruggersi.

Lei che vive lontano, l’incapacità di entrambi di gestire una storia e farsi male, tanto male, fino a distruggere tutto.

Lei che mi supplica di non lasciarla, facendo tacere il suo orgoglio.

Io che lo faccio lo stesso.

Le scenate di entrambi.

Urlarsi che si preferirebbe essere morti.

Urlare che l’altro dovrebbe morire.


Morti.
Cenere.
Polvere
, quella che ci rimane della nostra passione.


Quattro anni dopo, appena laureata. Siamo stati amanti per una notte. Con la passione di quattro anni prima ancora viva.
L’ho amata, l’ho amata tanto. Sicuramente di più delle donne che ho avuto prima e dopo di lei. Sto aspettando una donna, ora, un’oca che fa la modella, ottima per una serata piacevole.

Ligeia.

Forse è l’unica che ho amata sul serio. Deve essere un’intellettuale di successo, se viene in questo ristorante. Ce l’ha fatta a studiare quello che amava, la lingua e la letteratura greca, ho letto dei suoi articoli e so che è molto citata, anche se io, di greco, a stento distinguo quelle lettere con cui al liceo segnavo gli angoli.
Erano quasi sei anni che non la vedevo. Ha quasi trent’anni, ma sembra sempre la ragazzina che ho conosciuto.
Si è alzata.

Due passi.

Uno sguardo dolce.
Le guardo le mani delicate, con le dita sottili da violinista e il polso minuscolo. Ha la vera all’anulare sinistro.
Uno storico famoso, giovane, avrà la sua età, le se avvicina. E’ famoso per le sue teorie e per la sua bonomia. Anche lui ha la fede al dito. La bacia sulla bocca e lei ricambia senza chiudere gli occhi. Non l’ho mai vista chiudere gli occhi quando bacia.
Il suo sguardo incontra il mio.
Noto ora che lo storico ha una bambina per mano.
Ligeia si china sulla bimba e la bacia:- Ciao amore della mamma.-
La bimba tende le braccia e si siede a tavola con i due genitori. Ligeia e il marito discutono dell’ultimo articolo di lei. Lui sembra tutto fiero e orgoglioso della moglie, mi sembra quasi volgare, mentre lei è così naturalmente elegante.

Una principessa
.

Quello che è sempre stata, lei, cresciuta in una famiglia modesta che aveva la distinzione di pochissime altre famiglie.
Continuano a parlare.

Ligeia ride.

Arriva il cameriere.
Entra la mia accompagnatrice, Carla.

Ha
un abito scollato più adatto ad un party che ad una cena. I suoi capelli biondi sono tinti e ne vedo il pezzetto di ricrescita, impercettibile ai più, ma non a me, che noto ogni piccolo difetto di questa tanto decantata bellezza. A parte questo, il suo stile è più adatto ad una discoteca che a un ristorante come quello dove siamo. Faccio finta di nulla.
Carla si siede:- Allora, come stai?-
-Bene, grazie. Tu?- Parole scontate di una relazione finita in partenza.
- Bene. Come va il nuovo romanzo?-
- Bene.- mento. Sono fermo a pagina 2 da tre mesi e non riesco a scrivere nulla. Ho scritto tanto, i critici mi osannano ma so che non piaccio a due persone sicuramente: una è Ligeia, l’altra io.
Ha sempre detto che non avevo l’apertura e la cultura sufficiente per scrivere e, purtroppo, le devo dare ragione. Sono un mediocre. Ho successo ma sono mediocre.
Lei avrebbe la cultura, l’apertura, un grande mondo in cui vive, e il talento, ma preferisce discutere di variatio.
La mia modella beve appena un sorso di Dolcetto che ho ordinato per accompagnare l’arrosto.
- Fa ingrassare.- dice e mangia solo un’insalata.
Lo storico ordina un piatto di fettuccine ai funghi. E’ del nord, a quanto ho capito. La bambina dice:- Lo stesso di papà!- con un tono orgoglioso. Ligeia sorride. Lo storico le sorride. E’come se fossero d’accordo già in partenza e, diciamo la verità, uno dei piatti forti di questo ristorante sono le fettuccine ai funghi.
Ligeia ordina un piatto di linguine all’astice.
Lei adora le linguine all’astice, non ricorda nemmeno più da quanto tempo le piacciono così tanto. Alle feste di famiglia, in genere, lei, la cugina e una zia si rubano i pezzo di astice e, in generale, i crostacei, l’una dal piatto dell’altra. A sentir la madre, sono tre scalmanate.
Anche io ordino le linguine all’astice, dimenticandomi del “Dolcetto”. Le ordino spesso, sarà perché piacevano a entrambi e nessuno può insospettirsi sul perché le ordini.
I piatti arrivano in contemporanea per tutti.
Ligeia viene imboccata dallo storico di un po’ di fettuccine ai funghi. –Buonissime.- dice.
Lo imbocca a sua volta e lo storico rimane senza parole:- Sono al livello di quelle di nonna…-
Ligeia ride. La bambina vuole assaggiare e dice:-Papà, ma è meglio quello di mamma.- e insiste per avere un pezzo di astice. Il marito di Ligeia ride:- E abbiamo un’altra amante dei crostacei in famiglia.- Ride a gola spiegata. E’ un brav’uomo ma sembra privo di personalità, tranne quando scrive, e a me appare privo di classe. So che si sono conosciuti nella stessa università ultraprestigiosa e meritocratica.
-Scommetto che apprezzerebbe anche le ostriche.- dice dopo un po’ il ragazzo e le ordina, con un po’ di cozze o mitili, se vogliamo essere più raffinati, e altri frutti di mare, ricci compresi. Ligeia è felice, si vede che è un ordine fatto per farla sentire allegra, per festeggiarla. E’ l’ordine di un uomo innamorato. La bimba chiede educatamente di provare e le piacciono anche le ostriche. Ligeia è incantevole. Si vede che, finalmente, si sente coccolata e protetta.
Lui la guarda con tenerezza.
Lei gli sorride con aria incantevole. Eppure nei suoi occhi non vedo la luce che aveva quando guardava me.
Ligeia non mangia tutto, anzi mangia pochissimo, gioca con il polso di lui come una bambina capricciosa.
Lui sorride. Lei gioca con la vera di lui.
E’ bella come un sogno.
La bambina mi da le spalle, ma l’ho vista prima. Ha lo stesso naso di Ligeia e la stessa boccuccia, Non le ho visto gli occhi, ma spero abbia preso i suoi.
E’ davvero bellina, da quello che ho visto. La sento parlare. Parla con proprietà per essere così piccola e sembra dotata di un’intelligenza vivace e pronta. Deve essere una birbantella ed è evidente che idolatra il padre, a cui, per’altro, non sembra assomigliare affatto.
Non riesco a scollarle gli occhi da dosso.
Esiste un sentimento che si chiama paternità e può cogliere all’improvviso in un ristorante dove vanno solo intellettuali, per una bambina che non è la propria?
Arriva un giovane filosofo. Ligeia lo bacia sulla guancia e poi va da due storici dell’arte, una ragazza e un ragazzo. Sono i suoi due più cari amici, fin dall’asilo. Riconosco lui, che mi guarda malissimo, come se volesse incenerirmi.
Già, perché Ligeia, dopo quella notte, era rimasta incinta. Ma le ho chiesto di abortire e, a quanto ne so. l’ha fatto, non ne ho più sentito nulla. E, comunque, non avrei mai fatto il padre allora. Sarò egoista, ma non volevo che mio figlio avesse un padre disgraziato come me.
Lo storico fa finta di non vedermi, sorride a tutti con bonomia, è un uomo pacifico e famoso per la sua eccezionale tolleranza. Come storico è tagliente ma come uomo è una vera e propria nullità, sempre buono con tutti, non capisco cosa ci possa trovare in lui Ligeia, con la sua verve tagliente, con il suo fuoco nelle vene.
Ligeia si accorge che la osservo e diventa rossa, poi pallida, ma si riprende, si mette a scherzare con altre coppie con figli, quasi tutte del suo ambiente, quello accademico.
Carla mi parla e io le rispondo. Lei ride e prende delle mie parole serie per battute e viceversa.
Ligeia propone un brindisi. Dice qualcosa in gergo goliardico, seguita da un latino maccheronico e un tedesco improbabile. La sento comporre all’impronta degli ottonari rimati e concludere con un endecasillabo:

“Alla felicità nel vero amore!”

Brindano tutti insieme, lasciandosi trascinare dal suo fortissimo carisma.
E’ bellissima.
Persino coppie di mezza età con figli adolescenti si uniscono. Il professore di cui è assistente la fa chiacchierare con la propria signora, sono felicemente sposati con quello che è stato il loro amore di infanzia, entrambi hanno i capelli più bianchi che grigi.
Ligeia sorride, è gentile ed elegante.
Brinda e festeggia con tutti, sembra una festa più che una cena.
Un linguista si siede al piano, una latinista, amica di Ligeia, canta.
Ligeia va in bagno, la serata si è animata.
Con una scusa vado in bagno anche io. Ho tenuto l’attenzione di Carla avvinghiata con i soliti insipi commenti alla moda e se vado in bagno, non si insospettirà, non è di certo un’aquila.
Ligeia si sta guardando nello specchio, ha un viso dolce ma stanco. La bambina è con il padre.
-Ciao Ligeia.-
-Sono sei anni che nessuno mi chiama più così. Ora sono solo Eleonora.-
Mi fronteggia, ma negli occhi si vede che le braci sono solo sopite, non spente.
-Bella tua figlia. Quando ti sei sposata?-
- Cinque anni e sei mesi fa.-
- Sei rimasta subito incinta.-
- Dio ha voluto così.-


Il suo Dio che io odio.


-Un figlio in cambio del mio.-
Non risponde nulla.
-Tua figlia è
splendida. Come si chiama?-
- Naive.-
Era il nome che avremmo voluto dare io e lei ad una bambina.
- Bello. -
Ligeia continua a lavarsi le mani.
E’ bellissima.

Ha il fuoco negli occhi, quel carattere forte, quel fregarsene di tutti e quel rimanere invariabilmente se stessa.

E’ la donna che amo. E mi sento male per tutto quello che è successo. Ma questo mi accade tutti i giorni, ogni volta che penso a lei. Se è finita, per ben due volte, è tutta colpa mia.
Vedo dalla porta lo storico dell’arte fare cenno al marito.
-Quanti anni ha
la bimba?-
Non risponde, non ne ha tempo. Arriva il marito, le se avvicina, il volto di un uomo così buono da sembrare scemo, gli occhi bovini. –Eleonora.- la chiama con dolcezza e preoccupazione.
Pettirosso.-
Ha sempre avuto un debole per i soprannomi, li trovava sempre per tutti. Lei si asciuga le manine e lo prende per mano.
Lo guardo in faccia. Insignificante, con la barba, i capelli castani e gli occhi scuri. Ha un completo spezzato che cerca di celare la pancetta e il fisico da buona forchetta. Ligeia, invece, è sottile come una canna, è una gazzella del deserto. E’ un cigno, quello che lei è sempre stata.
Ligeia prende la mano del marito e gli carezza il palmo, come in un gesto pieno d’amore.
Capisco che lui l’ha sposata amandola ma sapendo che lei non l’amava, che l’ha conquistata lentamente e lei, per quanto gli voglia bene e lo stimi, non lo amerà mai come ama me e lui lo sa e l'accetta.

Perchè l'ama e ha bisogno di lei.
Come l'amo e ne avrei bisogno io.
Ma con più coraggio e maturità.
Mentre ci fronteggiamo, arriva Naive.
-Papà!-


Ci giriamo sia io sia lo storico.


La guardo, è bellissima.

Le vedo finalmente gli occhi.
Sono grandi.
Verdi.
COME I MIEI
.

   
 
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