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Autore: ColdBlood     13/07/2011    6 recensioni
Se quella sera non avesse deciso di seguire il suo istinto, che gli diceva di uscire da quel maledetto ospedale, niente di tutto questo sarebbe successo.
Se avesse deciso di entrare in un altro locale, non avrebbe mai conosciuto Zack, uno sconosciuto che stava facendo così tanto per lui. Uno sconosciuto che gli stava salvando la vita.
[BrianXZack]
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Zacky Vengeance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I Guess it Was Destiny
 
Brian entrò nel locale, cercando di tenere un passo stabile, seguendo una linea immaginaria sul pavimento. Il frastuono che proveniva dalle casse gli facevano dolere la testa, tutto il suo corpo era sofferente, ma non gli importava.
Cercò di farsi strada tra le persone, e rischiò quasi di cadere quando un ragazzo, per sbaglio, gli venne addosso.
Doveva sembrare ridicolo: un ragazzo grande e grosso come lui, che faticava a tenersi in piedi.
Riuscì a raggiungere il bancone e a sedersi su uno sgabello libero. Essere arrivato li era già un traguardo, per lui.
- Cosa ti do? – gli chiese la barista, una ragazza con un bel sorriso.
- Qualcosa di forte, per favore. – disse, tenendo lo sguardo basso. Non voleva essere guardato in viso, probabilmente faceva paura.
- Si, sembri averne proprio bisogno, sai? Stai bene? – chiese, mentre prendeva un bicchierino e iniziava a mischiare vodka e un po’ di assenzio, che diede la colorazione verde allo shottino.
- Potrei stare meglio. Dio, la musica è troppo alta. Mi buca i timpani. – ribatté, mettendosi le mani sulle orecchie.
- Se cercavi un posto tranquillo, hai sbagliato serata. C’è un gruppo metal che suona, stasera. – sorrise la ragazza, buttandosi indietro i lunghi capelli neri e lisci.
- Si, me ne sono accorto. – borbottò, prima che la barista gli mettesse il suo drink davanti.
Lo prese tra le dita e lo osservò. Gli avrebbe fatto male, probabilmente, ma aveva bisogno di qualcosa che lo facesse sentire vivo, per una sera.
Forse sarebbe stato il suo colpo di grazia, ma non ce la faceva più a vivere così. Quella non era vita.
Chiuse gli occhi e svuotò il bicchiere tutto d’un sorso, spingendo poi il bicchiere verso la ragazza – Un altro, per favore. –
- Alex, amica mia, passami una birra! – una voce improvvisa, proprio accanto a lui, lo fece sobbalzare.
Si voltò e vide che un ragazzo si era appena appoggiato al bancone e aveva parlato alla ragazza che lo stava servendo. Aveva i capelli corti e, con quelle luci non poteva esserne sicuro, ma sembravano viola. Due piercing gli ornavano il labbro inferiore e muoveva le dita sul bancone a tempo di musica.
- C’è prima questo ragazzo, Zack, aspetta il tuo turno! – disse la ragazza, Alex, che aveva già iniziato a preparare il secondo drink per Brian.
Il ragazzo allora si girò verso di lui e trovò Brian a guardarlo.
- Scusami, amico, non ti avevo visto! – sorrise, enigmatico e gli porse la mano.
- Io sono Zack Baker, comunque. – si presentò.
Istintivamente Brian strinse la sua mano – Brian Haner, piacere. –
Zack sorrise ancora e si mise di lato, appoggiandosi con il gomito sul bancone, rivolto verso di lui. – Piacere di conoscerti, Brian Haner. – e fece scorrere lo sguardo su di lui.
- Oh Zack, non importunare i clienti! – lo rimproverò bonariamente Alex.
- Ehi! Mi sto solo presentando! – cercò di difendersi il ragazzo.
- No, tu stai flirtando! –
Brian sorrise leggermente e lasciò i ragazzi a punzecchiarsi per qualche secondo.
- Quindi un altro giro per me e Brian. Offro io, ovviamente. – e il ragazzo si girò verso di lui con un sorriso. Si, stava decisamente flirtando con lui.
- Grazie mille. – sorrise a sua volta.
Dio, da quando non flirtava con qualcuno? Probabilmente da quando era entrato in quel maledetto ospedale.
La ragazza sorrise divertita e preparò altri due shot.
- Perché non vieni di la con me? Ti piace il metal? Sono il chitarrista della band che si esibirà dopo questi bimbi. – disse, indicando  il palco.
Brian rise – Voi invece siete dei veterani della scena musicale? – lo prese in giro.
Zack gonfiò le guance e a Brian sembrò dolce.
- Certo, siamo in giro da un po’, ormai. –
Brian abbozzò un sorriso – Mi piacerebbe, ma non posso stare così vicino alle casse. Mi scoppia la testa. –
Zack lo guardò curioso – In effetti non hai una bella cera. Insomma, non fraintendermi, sei bello da togliere il fiato, ma sei un po’ pallido. –
La barista rise – Sei proprio sfacciato. –
- Ehi, che ho detto di male? – si difese il ragazzo.
Brian rise. Da quanto non rideva? Non lo ricordava più.
- Ti ringrazio, comunque. – disse.
- Vedi? Lui apprezza la mia sincerità! – disse alla ragazza.
- Comunque, ti trovo ancora qui alla fine del concerto? Potremmo fare due chiacchiere? – propose, appoggiandosi al bancone e standogli molto vicino.
- Se sei fortunato, si. – rispose.
Non sapeva perché aveva detto di si. Era uscito solo per un bicchiere. Era andato via dall’ospedale di nascosto, e sarebbe dovuto tornare prima che si accorgessero della sua assenza. E non sapeva neanche perchè era così gentile con lui. In quegli ultimi giorni era stato davvero un'idiota con tutti quelli che gli si avvicinavano. Forse aveva davvero avuto bisogno di un pò d'aria fresca.
Zack sorrise soddisfatto e girà le spalle dopo aver fatto un gesto di saluto con la mano.
- Perdona Zack. È un tipo…particolare. disse Alex.
- Si, ho notato. – rise Brian.
La testa gli scoppiava davvero, ma non aveva il coraggio di alzarsi. Aveva paura di crollare li, in mezzo a quel locale pieno di gente.
Forse non era stata proprio una buona idea quella di uscire.
Il gruppo di Zack iniziò a suonare poco dopo, e gli piacevano. Lui era bravo con la chitarra. Una volta era proprio come lui, prima della malattia. Gli mancava il vecchio sé.
Alla fine del concerto Zack corse via e fu felice di trovarlo ancora li, a chiacchierare con Alex.
- Qualcuno ti ha importunato? – gli chiese.
Brian scosse la testa – No, solo tu stasera. –
- Oh, molto strano, ma buon per me! – e Brian non poté fare a meno di ridere.
Il ragazzo con i capelli viola allora si avvicinò a lui – Ti siamo piaciuti? – chiese, con un sorriso malizioso.
- Si, siete molto bravi. – annuì lui.
- E io, invece? Ti piaccio? –
- Sei davvero sfacciato, lo sai? – ribatté Brian e Zack rise – Si, lo so. Quando mi piace qualcosa, faccio di tutto per ottenerla. –
Il moro abbozzò un sorriso – Non è sempre così facile. –
- Non ho detto che lo è. Né voglio che lo sia. Mi piacciono le sfide. –
Si avvicinò e poggiò una mano sulla sua schiena, facendola scivolare giù e poi di nuovo su. Brian sentì brividi scorrergli sulla schiena, sotto le sue mani.
Zack gli piaceva, ma non avrebbe potuto fare nulla con lui. Non ne aveva la forza.
Quindi dovette alzarsi, sperando che le sue gambe lo reggessero, e fortunatamente non cadde. – Devo andare. Mi sono divertito, stasera. –
Voltò le spalle al volto deluso di Zack, ma subito sentì la testa girare, e si resse la bancone, per non rischiare di cadere.
- Ehi, tu non ti reggi in piedi! – fece il ragazzo, accorrendo e tenendolo per la vita.
- No, ho solo bevuto un po’. Sto bene, abito qui vicino. Puoi lasciarmi. – cercò di allontanarlo, ma Zack non lo mollava.
- Ho visto tante persone ubriache nella mia vita, e tu non sei ubriaco. Qual è il problema? Ti senti male? –
- Ho solo bisogno di un po’ d’aria. – disse. Faceva fatica a respirare, e non aveva forza nelle gambe. La testa gli girava.
Zack lo accompagnò fuori e lo fece appoggiare al muro, e Brian tentò di respirare profondamente. – Dove abiti? Ti accompagno a casa. – disse Zack.
Come dirglielo che lui abitava dalla parte opposta della città, ma che lui doveva tornare in ospedale?
- No, asp…- ma si interruppe quando sentì qualcosa di liquido sulle labbra.
No, non adesso.  
- Brian, il tuo naso sta sanguinando! – Zack aveva gli occhi spalancati, ma subito si tolse la bandana che portava intorno al polso per pulire il sangue.
- Zack, devi chiamare subito un’ambulanza. Potrei svenire da un momento all’altro. Chiama, per favore. –
Il ragazzo era spaventato, ma non si fece bloccare dal panico, quindi prese il cellulare e chiamò il 911.
 
Quando arrivò l’ambulanza fortunatamente Brian era ancora cosciente, ma era crollato a terra, e Zack era accanto a lui, cercando di allontanare le persone che si erano messe intorno a loro, preoccupate.
Entrò con lui nell’ambulanza, e quando arrivarono all’ospedale, non ci capì più nulla di quello che era successo quella sera.
- Brian! Dove diavolo sei andato? – una donna asiatica, in camice bianco, corse verso di loro mentre lo portavano dentro su una barella, e Zack era accanto a lui.
- Mi dispiace. Volevo solo uscire un po’. – disse Brian, a fatica, mentre la dottoressa faceva allontanare tutti, tranne un infermiere che spingeva la barella.
- Portatelo nella sua camera, subito! –
- Che cos’ha? Che succede? – chiese allora Zack, confuso.
- Tu chi sei? L’hai aiutato tu ad uscire? – lo aggredì la donna, con il volto contratto.
- No! Io…l’ho appena conosciuto. Mi è crollato tra le braccia. Non sapevo nulla! Perché è qui? Cos’ha? –
- Non sei un parente, ragazzo. Non posso dirti nulla. Però grazie per averlo aiutato. Ora và a casa, ci occupiamo noi di lui. – il volto della dottoressa si era addolcito, ma Zack era sconvolto.
Voleva sapere cosa aveva Brian, ma sapeva che non gliel’avrebbero mai detto.
Sapeva anche che rimanere li sarebbe stato inutile, quindi cercò di calmarsi, con l’idea che il giorno dopo sarebbe tornato e avrebbe scoperto tutto.
 
°°°
 
- Non fare mai più una cosa del genere, Brian. Abbiamo dovuto farti una lavanda gastrica. Bere non ti fa bene. – disse la dottoressa Ylai.
Brian alzò gli occhi al cielo – Come un sacco di altre cose. Mi chiedo perché sono ancora vivo. –
- Perché sei fortunato, mio caro. Sfacciatamente fortunato. Perché c’è qualcuno che vuole salvarti, lassù, e tu gli stai dando filo da torcere. –
- Non voglio essere aiutato. Voglio essere lasciato in pace! Voglio tornare a casa mia! Sono tre mesi che non ci metto piede, dottoressa! – esclamò.
La donna sospirò e si sedette accanto a lui, sul letto.
- Lo capisco. Ma stavi rispondendo bene ai trattamenti, e le ricerche per un donatore continuano. Mettono sempre davanti nella lista i ragazzi giovani come te. Non devi perdere la speranza. –
Brian teneva gli occhi fissi con le sue mani unite sulle coperte di quell’azzurro spento e triste. Non rispose.
- Quel ragazzo di ieri, Brian. Quello che ti ha portato in ospedale. Chi era? –
Alzò le spalle – Un ragazzo che ho conosciuto ieri. –
- È stato gentile con te. –
- Vuole scoparmi. Certo che è stato gentile. – disse.
La donna sospirò – Ascolta, con il tuo comportamento sta facendo allontanare tutte le persone che ti vogliono bene. Ti stai distruggendo da solo, ancor prima che lo faccia la tua malattia. –
- Da quanto non vedi quel tuo amico…Jimmy si chiamava, non è vero? –
Brian annuì, mestamente.
Jimmy non veniva a trovarlo da un paio di settimane, e non ne era sorpreso: l’ultima volta che era venuto lo aveva trattato di merda, e praticamente aggredito, e lui se n’era andato incazzato, perché era suo amico e non aveva paura di dirgli le cose in faccia, anche se era malato.
- Mi hai rotto il cazzo con la tua autocommiserazione! Chiamami quando deciderai di farti aiutare! E fallo prima che sia la tua malattia a decidere per te! – gli aveva urlato, prima di andarsene.
Brian non aveva avuto il coraggio di richiamarlo.
La dottoressa fece un lungo respiro – Okay, ora dormi. Ma ti prendo un appuntamento con la psicologa, per domani. –
Il ragazzo alzò di scatto la testa – Non se ne parla, doc. Io non parlo con nessuno degli affari miei. –
Lei alzò le spalle – Mi dispiace. Non era una proposta…era un affermazione. Tu ci andrai, fa parte della terapia. – e detto questo girò le spalle e se ne andò, lasciandolo solo.
 
 
°°°
 
Come si era prefissato di fare Zack, il giorno dopo, era lì. Puntuale per l’inizio dell’orario di visita.
- Stavo cercando Brian…- si fermò un attimo, mentre la donna alla reception lo guardava in attesa. Non riusciva a ricordare il cognome. Strinse forte gli occhi e si concentrò. Doveva ricordarselo. Doveva…
- Haner! Brian Haner. Sto cercando Brian Haner. – ripeté.
L’infermiera lo guardò un po’ dubbiosa, ma poi digito il nome e gli disse la stanza, con tono cortese. Lui la ringraziò e prese di corsa le scale, per arrivare al piano superiore-Mentre attraversava il corridoio vide una faccia conosciuta: la dottoressa che la sera prima aveva preso in custodia Brian.
- Buongiorno. – salutò.
La donna aveva gli occhi concentrati sulla bacheca che si trovava nel corridoio, controllando l’orario delle operazioni, ma si girò verso di lui subito.
- Oh, mi ricordo di te. Sei qui per Brian? – chiese.
- Si, come sta? –
- Molto meglio. Se fosse stato solo sarebbe andata a finire molto male, grazie a Dio c’eri tu con lui. – sorrise dolcemente.
- Già. Ma Dio, appena guarisce lo prendo a pugni. Mi ha fatto perdere almeno dieci anni di vita. – rise nervosamente.
Il volto della dottoressa si fece serio – Non hai idea della malattia di Brian, non è vero? –
Zack la guardò un attimo sorpreso.
- È…grave? – chiese sottovoce.
La donna annuì – Si, lo è. Non dovrei dirtelo, ma sento che posso fidarmi di te. Brian ha la leucemia. –
Gli occhi verdi di Zack si sgranarono, e il cuore prese a battere troppo veloce.
- Come…ma…ieri…-
- Ieri è uscito di nascosto dall’ospedale. Non avrebbe dovuto farlo, ma non sta prendendo bene questa cosa. Non si lascia aiutare. Ha perso la speranza, anche se tutti noi l’abbiamo. Io spero che tu possa aiutarlo. –
- Io? Ma…lo conosco appena. Come posso farlo? – chiese, scettico.
Si era cacciato in qualcosa di molto più grande di lui. Era in un bel casino.
- Brian ha allontanato tutti quelli che lo conoscevano da prima della scoperta della malattia. Vederli gli fa male, gli ricorda come stava bene prima. Aveva tutto quello che poteva desiderare: una bella casa, una fidanzata, un gruppo musicale e tanti amici. Ma la consapevolezza che non avrebbe potuto riavere tutto indietro, lo ha spinto a respingere tutti gli aiuti. Non voleva la loro pena. –
- Tu invece sei diverso. Ti ha appena conosciuto, e se sei qui vuol dire che ti importa. Ovviamente capirei se non volessi intrometterti in queste cose, ma te ne sarei molto grata. Sai…Brian è qui da tre mesi, ormai, quindi abbiamo avuto tutto il tempo di fare conoscenza, e sono affezionata a lui. Quindi te ne sarei grata se decidessi di aiutarlo. O almeno provarci. Sono sicura che tu sei diverso da come ti dipinge lui. –
Zack sollevò le sopracciglia – Perché? Cosa ha detto di me? –
- Beh, ha detto che sei stato gentile con lui solamente perché volevi portartelo a letto. –
- Ehi, non è vero! – esclamò il ragazzo, poi sbuffò – Beh si, c’ho provato con lui, ma non ci vedo niente di male. E se l’ho aiutato non è stato per avere qualcosa in cambio. Non lo avrei mai lasciato lì in mezzo ad una strada. –
La dottoressa sorrise – Certo. Quindi vacci a parlare. E se ti risponde male, non preoccuparti, abbaia ma non morde. – gli fece un piccolo occhiolino, poi prese a camminare per il corridoio, lasciandoselo alle spalle.
Zack sospirò e si passò una mano tra i capelli arruffati, guardandosi intorno senza sapere cosa fare.
Avrebbe potuto andarsene di li e far finta che quella conversazione con la dottoressa non fosse mai avvenuta, ma non poteva farlo. Era venuto per vedere Brian e lo avrebbe fatto, il resto poi sarebbe venuto da se.
Cercò con lo sguardo la porta della stanza di Brian e quando la trovò, dopo qualche attimo di esitazione, bussò. Non ricevette alcuna risposta.
Provò ancora. E ancora niente.
E allora decise di aprire, insomma, forse Brian si era sentito di nuovo male.
Entrò e vide che Brian era nel letto, steso a pancia in su, con gli occhi chiusi.
Stava solo dormendo.
Ma poi si avvicinò di più e vide che aveva degli auricolari nelle orecchie, ed un lettore mp3 poggiato sul petto.
- Che ci fai qui, Zack? – sobbalzò e lo guardò in viso.
Aveva una cera leggermente migliore di quella del giorno precedente, ma sembrava completamente un’altra persona.
- Sono venuto a vedere come stavi. Ieri mi sono preso un infarto. –
- Sto bene. Anzi, grazie per aver posticipato il mio trapasso. – fece, sarcastico, poi tornò a chiudere gli occhi.
- Non scherzare su queste cose. Sarebbe potuta andare male, ieri sera. – lo riprese Zack, avvicinandosi al letto.
 - Già. Ma potrebbe andarlo in ogni caso. Potrei prendermi un brutto raffreddore durante la mia passeggiatina pomeridiana. Oppure potrei morire per un'emorragia interna. Oppure un giorno potrei rompermi il cazzo definitivamente e buttarmi giù da tetto di questo maledetto ospedale. –
- Smettila. Ci sono persone che lottano ogni giorno per la loro fottutissima vita. Che non vogliono morire, ma che non hanno scelta! E tu, invece? Stai lì e allontani le persone, come se non ti importasse di vivere o morire! – esclamò, sconvolto da parole tanto ciniche.
Brian lo osservò, sorpreso per un attimo.
- È proprio così: non mi interessa di vivere o morire. Voglio solo che tutto questo finisca. E tu non sei nessuno per giudicarmi. Non sei tu quello che soffre le pene dell’inferno. Non puoi capire quanto cazzo è doloroso! –
- No, è vero, non posso capirlo. Ma se non volessi più vivere avresti già trovato il modo per andartene da questo mondo. Ieri, invece di venire al bar, saresti andato sulla scogliera e ti saresti buttato di sotto. Oppure ti saresti impiccato al primo albero, o sparato un colpo in bocca. Invece sei venuto lì, hai bevuto, e ti sei divertito, anche se questo significava stare male. Volevi solamente tornare alla tua vita. Quella che avevi prima, non è vero? –
Brian lo osservò, poi distolse lo sguardo.
– Anche se la dottoressa Ylai ti ha parlato di me, tu non mi conosci, Zack. Non sai niente di me e della mia vita. –
Zack si avvicinò ancora al letto – Hai ragione. Io non so niente di te. E voglio porre rimedio. Voglio conoscerti. –
- Perché? –
- Mi piaci. Beh, in realtà mi piaceva il Brian di ieri sera, non questa cosa abbandonata in un letto. Quello che ha alzato il culo ed è scappato da un fottuto ospedale, per rincorrere un po’ di vita. – disse.
Brian aveva gli occhi fissi su di lui. – Allora portami fuori da qui, Zack. Facciamo qualcosa. Qualsiasi cosa. – il suo tono era quasi implorante.
Zack sorrise e annuì – Va bene. Questa volta però chiederemo il permesso alla dottoressa, okay? Faremo le cose per bene. –
Il moro storse la bocca – Non mi darà mai il permesso di uscire. –
- Da solo non di certo, ma con me si. Ovviamente non dovrai toccare alcool. E sarai sotto la mia responsabilità, quindi niente cazzate. –
- Ehi, non sono un bambino! – si lamentò il ragazzo.
Zack gli fece un occhiolino – Fortunatamente. Non mi va di passare per pedofilo. –
 
 
°°°
 
Zack ottenne facilmente il permesso della dottoressa Ylai, per portare Brian fuori, ma ora rimaneva il problema di decidere cosa fare.
Ci aveva pensato un po’ ma poi, ripensando alle parole della dottoressa, trovò l’idea perfetta: avrebbe portato Brian nella sala di registrazione dove, lui e il suo gruppo, avevano registrato l’ultima demo.
La donna gli aveva detto che Brian aveva un gruppo musicale. Ancora non sapeva che ruolo avesse, magari era il cantante, ma avrebbe potuto fare qualcosa di carino insieme.
Quindi l’aveva prelevato un pomeriggio e in macchina Brian gli aveva detto di essere un chitarrista, il che gli fece molto piacere.
- Dove mi porti, allora? – gli chiese in macchina.
- È una sorpresa. – rispose vagamente Zack.
- Posso fidarmi? E se tu vuoi portarmi a casa tu e violentarmi? – ribatté il moro, guardandolo.
Il ragazzo dai capelli viola rise di gusto – Ma ti sei visto allo specchio? Riusciresti a mettermi ko anche sotto sedativi! E poi mi piace di più quando i miei partner sono consenzienti. – si voltò un attimo verso di lui e gli fece l’occhiolino.
Brian scosse la testa – Sei davvero sfacciato. –
 
 
Poco dopo arrivarono a destinazione e, dopo aver trovato parcheggio, entrarono nell’edificio. Zack aveva prenotato una sala, dicendo di non aver bisogno di un tecnico, ma solo di strumenti.
- Allora, mi hai detto che suoni la chitarra. Fammi sentire qualcosa. – disse, una volta entrati nella saletta, e porgendo una chitarra elettrica a Brian.
Il ragazzo la guardò dubbioso – È da parecchio che non suono. – sussurrò.
- Si, immaginavo. Per quello volevo portarti qui. Possiamo suonare qualcosa insieme, se vuoi. –
Inizialmente aveva solo convinto Zack a suonare qualcosa, poi però, piano piano, aveva preso in mano la chitarra, e iniziato a suonare qualche nota.
Alla fine però, si rese conto di quando gli fosse mancato tenere in mano una chitarra, e da quello che ne uscì fuori, Zack rimase a bocca aperta.
- Dio, sei bravissimo. – disse, sottovoce, ipnotizzato dal movimento delle sue dita sulle corde.  – E mi arrapi da morire, in questo momento. –
Quelle parole fecero smorzare il suono improvvisamente, e Brian lo guardò con uno sguardo tra il sorpreso e il divertito. Lui non era certamente un puritano, ma Zack era davvero, davvero, sfacciato.
Non si sarebbe certo aspettato la mossa successiva del ragazzo, che si alzò dalla sedia su cui si trovava, ed andò verso di lui, togliendogli subito dopo la chitarra dalle mani.
Poi lo prese per la nuca, facendogli sollevare un po’ la testa, e lo baciò con impeto.
- Che stai facendo? – disse Brian, con voce rauca.
- Shh, sta zitto. – tornò a baciarlo e in un secondo si trovarono sul pavimento della stanza.
- Potrebbe entrare chiunque. – tentò ancora, prendendo Zack per i capelli, in modo delicato, per farlo stare fermo solo per un secondo.
- Ho chiesto di non essere disturbati. Abbiamo un’ora tutta per noi. Ora lasciati andare, avanti. Lo vuoi tanto quanto lo voglio io. – lo guardò con quello sguardo furbo e così sicuro di se. Ma aveva ragione, Brian lo voleva esattamente quanto Zack voleva lui.
E si trovò ad aprire le gambe e far posizionare il ragazzo tra di esse, ricongiungendo lui stesso le loro labbra.
Il passo successivo fu quello di sfilargli la t-shirt, e togliersi la sua.
Era da tempo che non si sentiva così vivo. Zack forse era davvero quello di cui aveva bisogno. Forse non era amore, forse non lo sarebbe mai stato, ma gli era servito a capire che la vita è un dono, e anche se è piena di sofferenze e dolore, ha anche i suoi lati positivi. Quella di sentire la speranza costante, dentro di se. Quel pensiero che ti porta a dire che le cose potrebbero iniziare ad andare bene da un momento all’altro e che non bisogna arrendersi, ma aspettare che le cose inizino ad andare nel verso giusto.
Arriva il momento per tutti, soprattutto per coloro che hanno smesso di credere.
Quella sensazione, di sentire qualcuno che ti vuole, che ti desidera. Quella sensazione di sentire pelle contro la sua pelle, gli era mancata così tanto.
Da quando aveva scoperto della sua malattia aveva tenuto tutti a debita distanza. Non si era mai voluto avvicinare con nessuno, in fondo sarebbe potuto passare a miglior vita da un momento all’altro, perché rischiare?
Tutto quello che aveva voluto fare era proteggere le persone a cui teneva, soprattutto Jimmy. Come se non avrebbe sofferto lo stesso, se gli fosse accaduto qualcosa.
Non voleva che lo vedessero in quelle condizioni. Non voleva.
- Brian…ti sento lontano. Torna qui. – disse Zack, che gli stava baciando e mordendo la pancia, guardando su per incontrare i suoi occhi.
- Sono qui…continua, avanti. – rispose, sottovoce.
Il ragazzo sorrise – Ai suoi ordini, capo. –
 
 
°°°
 
- Dì la verità. Era tutto già prestabilito. – gli disse, una volta in macchina.
Zack fece un’espressione sorpresa – Non è vero, questa è una calunnia. In realtà credevo di resistere, ma appena ti ho visto con quella chitarra…erezione più veloce della storia, te lo giuro. – disse.
Brian alzò gli occhi al cielo – Dio, perché devi dire certe cose? –
- Ehi, abbiamo fatto sesso solo una volta. Non cercare di cambiarmi! – disse, ironico, lanciandogli un’occhiata divertita.
- Credo che mi ci vorrebbe una vita intera per farlo. E non penso di averla! – ribatté Brian. E Zack perse il sorriso.
- Sei tu che devi smettere di dire queste cose. – disse con tono serio e duro.
Il moro lo guardò per un attimo, poi distolse lo sguardo – Mi dispiace. –
 
°°°
 
- Dottoressa, c’è il signor Baker che vuole vederla. Lo faccio entrare? – disse l’infermiera, al telefono.
- Si, certo. Sono libera. – rispose. Non aveva idea di chi fosse il signor Baker, ma quando il ragazzo entrò lo riconobbe. Era Zack.
- Oh, è lei. Prego, si accomodi pure. – disse, indicandogli la sedia davanti alla sua scrivania.
- Buongiorno dottoressa. Mi dia anche del tu, mi fa strano sentirmi dare del lei. – disse, andando verso la sedia, e prendendo posto.
La donna sorrise – Certo. Allora dimmi, Zack, di cosa vuoi parlarmi? –
- Di Brian. Mi ha detto che state cercando un donatore, ma che ancora non avete buone notizie. –
Si tolse gli occhiali e li posò sulla scrivania – È sempre molto difficoltoso trovare qualcuno che abbiamo il midollo compatibile con quello del paziente. Ma le ricerche continuano. Nel frattempo si potrebbe continuare con la chemio nel frattempo. Ma Brian…stava rispondendo bene, ma ora…-
- Non ne vuole più sapere. Lo so. Dice che ci tiene ai suoi capelli. – completò la frase Zack.
La donna abbozzò un sorriso e annuì – Già..-
- Io sono venuto qui perché vorrei fare le analisi, dottoressa. –
Lei sollevò le sopracciglia – Dici davvero? –
- Si, certo. Lo so che sarebbe un vero e proprio miracolo se risultassi compatibile. E io non credo ai miracoli. Però tentare non costa nulla. –
- Mi sono documentato e ho che è un prelievo che è possibile fare sotto anestesia locale, quindi non dovrebbe fare tanto male. Nei film la fanno sempre sembrare una cosa insopportabile. – disse, con le mani in grembo, a torturarsi una con l’altra.
La dottoressa Ylai annuì – Si, hai ragione. Se è quello che vuoi lo possiamo fare domani stesso, in day hospital. Faresti meglio a parlarne con Brian, prima. -
Zack scosse la testa – No, non gliene voglio parlare. Qualcosa mi dice che ostacolerebbe la mia decisione. –
La donna sorrise e annuì – Si, probabilmente lo farebbe. –
- Allora ci vediamo domani. –
- Si, prendi un appuntamento con l’infermiera all’entrata. La avvertirò del tuo arrivo. –
- Okay. Grazie mille. –
Si alzò e fece per uscire dalla stanza, ma la donna lo fermò.
- Dimmi una cosa, Zack. Perché lo stai facendo? Conosci Brian da così poco tempo. –
Il ragazzo si voltò verso di lei e rimase a guardarla in silenzio, per un attimo, riflettendo.
- Non lo so. Lui mi piace. Sa, mi piace in quel senso. –
La dottoressa annuì con un sorriso – Lo avevo capito. –
- Beh…credo che ci sia un motivo per il quale ci siamo incontrati.  Devo solo scoprire quale. –
 
 
°°°
 
 
Ma le cose non erano destinate ad andare così.
Il giorno dopo, infatti, Brian era uscito dalla sua camera per passare la sua ora fuori nel giardino retrostante all’ospedale, magari per fare compagnia a qualche vecchietto sulla sedia a rotelle, che avevano sicuramente più gioia di vivere di lui.
Ma mentre passava davanti ad una camera, sentì l’insensato bisogno di voltare la testa e guardare all’interno. Sgranò gli occhi quando vide che c’era Zack steso in quel letto, con un gameboy in mano.
- Zack! Che diavolo ci fai qui? Cosa è successo? – esclamò, precipitandosi all’interno della stanza.
Il ragazzo sobbalzò quando sentì la sua voce è capì che era nei guai.
- Oh, ciao Brian. Io…sono qui per delle analisi. – disse, rimanendo sul vago.
- E ti hanno messo in un letto per delle analisi? Di che analisi si tratta? – chiese, preoccupato, avvicinandosi al letto.
Zack boccheggiò per qualche secondo.
- Come andiamo? – la dottoressa Ylai entrò nella stanza con gli occhi bassi sulla cartella medica di Zack, ma quando alzò la testa e vide che Brian la guardava rimase senza parole. – Ops…-
- Okay, qui c’è qualcosa che non mi state dicendo. Avanti, sputate il rospo. Cosa è successo? – disse, guardando prima uno, poi l’altra.
- Io non posso dire nulla Brian, sono vincolata dal segreto professionale. – disse la dottoressa, guardandolo seriamente.
- No, va bene doc. Brian…ho fatto l’esame per vedere se il mio midollo è compatibile. – disse Zack, pensando che ormai tutto era stato fatto, e non c’era più motivo di nasconderlo.
Brian sgranò gli occhi – Cosa? Perché lo hai fatto? –
- Come sarebbe a dire perché? L’ho fatto per vedere se io e te siamo compatibili. Se lo fossimo potremmo fare il trapianto, e tu staresti bene. Che domande idiote, che fai! –
- Sei tu l’idiota! Chi ti ha chiesto di farlo?! Ora perché siamo andati a letto insieme credi di dovermi salvare la vita!? –
- Okay. Io passo più tardi, che è meglio. – disse sottovoce la dottoressa, girando le spalle e lasciando la stanza.
- Maledizione! Io non volevo dirtelo! Lo sapevo che te ne saresti uscito con qualcosa del genere! – esclamò Zack, alzando gli occhi al cielo.
- No! Tu non potevi sapere nulla perché non mi conosci! Vieni qui e fai l’eroe! Cosa devo fare ora, ringraziarti? – il tono della voce si alzava sempre di più.
- No, niente del genere! Mi sono già pentito di averlo fatto! – urlò l’altro.
- Bene allora! –
- Si, bene! Vaffanculo! –
- Si, vaffanculo anche a te! –
Così detto Brian uscì dalla stanza come un uragano.
Quel ragazzino era impossibile!
Zack invece rimase fermo nel suo letto, con le sopracciglia corrugate e le labbra arricciate anche dopo che Brian fu uscito dalla stanza.
Che idiota testardo!
 
°°°
 
 
Zack, concluso il day hospital, non tornò più in ospedale, fino a quando la dottoressa Ylai, circa una settimana dopo, lo fece chiamare dall’infermiera per avvertirlo che i risultati erano arrivati.
Quindi era tornato, cercando di evitare di passare davanti la stanza di Brian e guardandosi attentamente intorno. Fortunatamente quell’ospedale era immenso.
Quando entrò nell’ufficio della donna, lei aveva un sorriso smagliante e gli occhi lucidi.
- Con tutto il rispetto…perché ha quella faccia allucinata, doc? – chiese, dubbioso, sedendosi. Davvero non ci sperava neanche che le analisi fossero positive.
- Zack, mio caro, credo di aver capito qual è stato il motivo per il quale tu e Brian vi siete incontrati, quella sera. È stato il destino, o Dio, non lo so. È stato un miracolo. – disse la donna, con un gran sorriso.
Si fece serio – Vuole dire che…- non ebbe il coraggio di completare la frase.
- Il tuo midollo è compatibile. Possiamo fare il trapianto. –
Non poteva credere alle sue orecchie.
Si, era stato il destino. Era stato un miracolo.
- Io…non ci posso credere. – disse, facendo fatica a far uscire le parole.
- Neanche io all’inizio. Ho chiesto anche di ripetere le analisi, per quello ci abbiamo messo tanto. Ma il risultato è stato lo stesso. –
Zack si passò una mano tra i capelli. Aveva iniziato a sudare freddo.
- Ma…ora che cosa dovrei fare? Lo ha sentito Brian l’altra volta! Non ci siamo più visti, da allora. –
- Dio, non potrà di certo fare l’orgoglioso ora! Tu puoi salvargli la vita! – esclamò, gesticolando.
Zack  annuì – Ha ragione. –
- Gli parlo io, o vuoi farlo tu? –
Sospirò – Lo faccio io. Spero solo di non dover diventare dalla persona che potrebbe salvargli la vita, a quella che gliela accorcerà di molto. –
 
E quindi si diresse verso la camera di Brian, per trovarlo così come lo aveva visto la prima volta che era andato a trovarlo: abbandonato nel suo letto, con un libro tra le mani e le cuffiette dell’I-Pod nelle orecchie.
Rimase fermo sulla porta fino a quando Brian non alzò lo sguardo e assottigliò gli occhi, togliendosi le cuffie.
- Che ci fai qui? – gli chiese, con tono aspro.
- Devo parlarti di una cosa molto importante. – disse Zack, iniziando ad avvicinarsi a lui.
- Hai deciso di tingerti i capelli di fucsia? – gli fece, sarcastico.
- No, idiota. È una cosa davvero importante. Ora smettila di dire cazzate ed ascoltami. –
Alzò le mani in segno di resa – Sono io quello che sta morendo, ma sembra che sono l’unico con un po’ di senso dell’umorismo, qui! –
Zack alzò gli occhi al cielo, ma lasciò correre.
- Si tratta proprio di questo. Sono arrivati i risultati dell’esame Brian. Siamo compatibili. – gli disse, seriamente.
E Brian rimase senza parole. I suoi occhi si sgranarono e la bocca si dischiuse.
- Non puoi dire davvero. – disse, con la voce rauca.
- Sono serio. Non scherzerei mai su qualcosa del genere. Siamo compatibili Brian. Possono fare il trapianto. –
- Io…non ci posso credere. Tu. Proprio tu. –
- È stato destino. Dovevamo incontrarci. – si avvicinò e si sedette accanto a lui sul letto.
- E tu saresti disposto a farlo? – chiese, sottovoce.
- Certo Brian. Altrimenti non avrei fatto il test. –
- Ma sai che ci sono anche dei rischi, vero? Sei al corrente di tutto? –
- Si. La dottoressa mi ha mandato dei documenti, e li ho letti dal primo all’ultimo. Mai letto così tanto in vita mia, in realtà. –
Brian si tirò su e si passò una mano tra i capelli disordinati.
- Mi dispiace per l’altro giorno. Io…ti ringrazio. Non so cos’altro dire. Non trovo le parole, al momento. Sono troppo…stordito, da tutto questo. –
Faceva fatica a guardarlo negli occhi. Non riusciva a capire.
Se quella sera non avesse deciso di seguire il suo istinto, che gli diceva di uscire da quel maledetto ospedale,  niente di tutto questo sarebbe successo.
Se avesse deciso di entrare in un altro locale, non avrebbe mai conosciuto Zack, uno sconosciuto che stava facendo così tanto per lui. Uno sconosciuto che gli stava salvando la vita.
Per non soffrire ancora si era auto convinto del fatto che era pronto a morire, a lasciare la vita, ma non era così. Lui avrebbe voluto attaccarsi alla vita con le unghia e con i denti, ma era stato troppo codardo per combattere, per paura di perdere.
- Ovviamente, Bri, quando sarà tutto finito, non sentirti in dovere di, sai…stare con me. Potremmo soltanto essere amici. Lo sto facendo solamente perché non penso che tutto questo sia casuale. Forse ho iniziato a credere nei miracoli, e non nelle coincidenze. –
- Certamente non farei tutto questo solo per portarti a letto. Anche perché…ci sono già riuscito! – e fece un sorriso.
E Brian rise di cuore – Sei davvero incorreggibile. -  
 
°°°
 
Passarono comunque più di un mese prima che si potesse effettuare l’operazione. Zack era ogni giorno più nervoso, e non ne aveva parlato con nessuno della sua famiglia, né ai suoi amici, per paura di quello che avrebbero detto a riguardo.
Per quello era ogni giorno in ospedale, per parlare con Brian, che era messo molto peggio di lui.
Infatti, l’operazione non si poteva fare subito, perché Brian aveva interrotto la chemio ed era necessario ancora qualche trattamento, prima del trapianto.
Si era subito reso conto di quanto lo facesse star male: i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie, e la sua pelle pallida. Era debole, e non aveva più potuto portarlo fuori, se non per qualche breve passeggiata nei pressi dell’ospedale.
Un giorno, arrivato in ospedale, aveva trovato Brian davanti allo specchio, che si guardava e si toccava i capelli.
Non si era accorto della sua presenza, quindi lo vide allontanare la mano dalla testa, e osservare una ciocca di capelli rimastagli in mano. Gli occhi di Zack si erano subito riempiti di lacrime.
Vide l’espressione del ragazzo riflessa nello specchio: era vuota, e apatica, ma sapeva che in quel momento era devastato.
Velocemente entrò nel bagno e lo abbracciò da dietro, senza neanche dare il tempo a Brian di sobbalzare per il contatto improvviso.
Infatti lo guardò nello specchio e sottovoce, disse: - Da quanto eri lì? –
Zack non rispose – Andrà tutto bene. Questo è solo un passaggio. Dopo l’operazione sarà tutto come prima. –
- Sono inguardabile Zack. –
Il ragazzo lo strinse ancora – Per me sei ancora bello da togliere il fiato. – e sorrise, poggiando la testa alla sua.
Brian non poté fare a meno di abbozzare un sorriso – Ti rendi conto che ci stiamo comportando come due fidanzatini? – fece allora, guardandolo attraverso lo specchio.
Zack scosse la testa – No, ci comporteremmo come due fidanzatini se ora io facessi questo…- fece forza sui suoi fianchi e lo fece voltare, prendendolo poi per la nuca e baciandolo con impeto sulle labbra.
Brian ricambiò il suo bacio, perché ne aveva dannatamente bisogno. Avrebbe voluto prenderlo e buttarlo sul letto della sua camera, se solo ne avesse avuto la forza.
 
Quel pomeriggio stesso la dottoressa Ylai andò da loro. Aveva parlato con il chirurgo, e la data era stata stabilita.
Si resero conto che il grande giorno era alle porte, e mentre la dottoressa parlava Brian studiò l’espressione di Zack.
Era spaventato, quello si poteva vedere a chilometri di distanza. Non ci credeva davvero che una persona che conosceva da poco più di un mese, fosse disposta a fare tutto questo per lui.
Non aveva mai creduto particolarmente al destino, ma da come erano andate le cose, dopo le dinamiche del loro incontro, non poteva credere davvero che fosse stata una coincidenza.
Quando la dottoressa se ne andò, rimasero entrambi in silenzio per qualche lungo minuto. – Hai paura? – gli chiese poi Brian, sottovoce.
Zack sospirò – Beh, diciamo che sono un po’ nervoso. Non sono mai stato sotto i ferri.- poi si voltò verso di lui, stese nel letto, e gli prese le mani tra le sue.
- Comunque non cambio idea. Sta tranquillo. – gli sorrise, rassicurante.
- No, non dicevo per quello. Volevo capire se devo essere io quello forte. –
- Che vuoi dire? –
- Voglio dire che se tu fossi stato spaventato, io sarei stato quello forte che ti doveva rassicurare. Mentre se tu fossi stato abbastanza tranquillo, io avrei potuto dire che me la sto facendo sotto. – ammise, guardando le loro mani incrociate.
Zack sorrise – Ehi, è perfettamente normale essere spaventati. Guardami, avanti. – allungò una mano e gli fece alzare il viso. – Andrà tutto bene, e ne uscirai come nuovo da quest’operazione, te lo prometto. –
Brian non riuscì a dubitarne.
 
 
°°°
 
 
Del giorno dell’operazione Brian ricordava soltanto i meravigliosi occhi di Zack, steso sul letto a pochi metri da lui, prima di addormentarsi sotto l’effetto dell’anestesia totale.
Quando si risvegliò, la prima persona che vide fu la dottoressa Ylai, con un grande sorriso: il trapianto era stato un successo.
Le aveva chiesto immediatamente di Zack e lei aveva risposto che era in un'altra stanza, ma che stava benissimo, anche se ancora non si era risvegliato dall’anestesia.
Avrebbe voluto vederlo, ma si sentiva uno straccio e la dottoressa continuava a ripetergli che doveva riposare e che sarebbe andato tutto bene.
In effetti fu così, e ora, a distanza di quattro mesi, Brian era davvero come nuovo: si sentiva rinato.
Fortunatamente il suo corpo aveva risposto bene al trapianto, anche se la paura di tornare in quell’incubo c’era sempre quando andava a fare le analisi.
Era tornato a vivere.
Aveva ristretto i rapporti con Jimmy, e finalmente Zack poté conoscerlo.
E qui arriviamo a Zack.
Lui si riprese molto velocemente dall’operazione. Fu il primo infatti a potersi muovere dalla sua stanza per andare a vedere di persona le condizioni di Brian.
Quando entrò lui era addormentato, ma sembrava sereno. I dolori c’erano e quindi, probabilmente, era pieno di antidolorifici e sedativi, ma sembrava tranquillo.
Non poté fare a meno di fare un sospiro di sollievo, ed ebbe ancora di più la convinzione che tutto sarebbe andato per il meglio.
Dopo poche settimane Brian venne dimesso, e poté far ritorno a casa sua, e da quel momento Zack ne diventò un assiduo frequentatore.
Non dovettero neanche parlarne: loro due stavano insieme, probabilmente dal loro primo bacio, la loro prima volta.
E rimasero insieme, perché qualcuno, o qualcosa, aveva voluto che Brian e Zack si incontrassero, e Brian ne era ogni giorno più sicuro.
Quindi non ebbe dubbi quando chiese a Zack di andare a vivere da lui, e senza neanche un dubbio Zack accettò.
Mai mettere i bastoni tra le ruote al destino.
 
  
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