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Autore: Seiht    14/07/2011    1 recensioni
{Iscritta al concorso estivo: One Shot dell’estate :D}
Passare i tre mesi delle vacanze estive su in montagna a lavorare non è proprio quello che tutti amiamo fare durante l'estate.
Eppure per Sara passare tre mesi a dar da mangiare alle capre e mungere le mucche non le dispiace affatto.
Sarà che le piace molto la natura o un affascinate ragazzo dai capelli biondo sporco?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amo la montagna.
Amo la montagna da quando ho detto che era così ad un ragazzo, l’estate di tre anni fa.
Ovviamente gli ho mentito, io adoravo il mare, le spiagge, calde, roventi, piene di gente e di ombrelloni colorati, di bambini che urlano e di ragazzi che giocano a beach-volley.
Ora lo detesto, il mare.
E’ da tre anni a questa parte che passo le mie estati in Trentino, vicino a Molveno, in una località chiamata Pradel, dove andavo da bambina.
Ormai quei sentieri li conosco a memoria, da quello ripido e nebbioso che porta al rifugio “La Montanara”, fino a quello dove più volte avevo rischiato di cadere che porta al rifugio “Pedrotti”.
Mi ricordo molto bene questo posto in particolare, infatti il mio primo bacio l’ho dato proprio lì, a 2491m d’altezza, mentre la neve cadeva a fiocchi grandi e candidi il 2 di luglio di quando avevo dieci anni.
Lui si chiamava Lorenzo, ed era più piccolo di me di qualche mese.
L’unica cosa che mi ricordo di lui ora è che era biondo e ascoltava i Linkin Park.
Wow, è davvero pessimo dimenticarsi addirittura il ragazzo che si è baciato per primo, ma sinceramente ora non mi importa più di tanto.
Da quando tre anni fa sentenziai senza un motivo preciso che mi piacevano i sentieri tortuosi di montagna e l’odore di erba e di miele che si respira a 1600 metri d’altezza piuttosto che il caldo torrido ed incredibilmente rilassante del bagnasciuga affollato, sono cambiate molte cose nelle mie estati.
Sono cambiata molto io, nelle mie estati, e non solo perché ho abbandonato la mia bellissima Sardegna, ma perché sono riuscita a scoprire quel lato di me che avevo seppellito sotto crema solare e balli latino-americani.
No, che sciocchezze dico, è perché ho conosciuto lui, Simone.
Anche lui ha i capelli biondi, ma di un biondo sporco, quasi avessero assorbito quell’aria di terra umida che aleggiava attorno alla sua fattoria quando era agosto e anche a Pradel l’aria si faceva calda.
Simone, ecco, sì, lui mi ha cambiato la vita.
 
Era il 10 di agosto, ed era già da due mesi buoni che ero arrivata su in montagna.
Stavo aiutando Simo a dare da mangiare alle mucche, ormai ero diventata anche abbastanza brava.
«Sara io non ti capisco proprio.» mi guardava e sorrideva.
Non riusciva a capire perché preferissi passare gli unici tre mesi di vacanza che avevo a lavorare con lui piuttosto che abbronzarmi e mangiare ghiaccioli alla frutta.
Beh, veramente nemmeno io riuscivo a capirlo.
«Sai che novità.» gli sorrisi mentre riempivo la mangiatoia di Gloria, la mucca che preferivo.
Era proprio una “mucca vera” nel senso che era pezzata, e le macchie nere non sembravano macchie di sporco a cui, invece, somigliavano quelle delle altra mucche frisone. La accarezzai.
«Sei stanca? Hai caldo?» Simone si preoccupava sempre per me. Solo perché avevo un paio d’anni in meno di lui mi trattava come se fossi una bambina.
«No, sto bene. Però ho sete.» finii la frase che lui già mi aveva lanciato la bottiglia con l’acqua.
Non conosco per niente Simone. Per me poteva anche essere sposato con sette figli oppure essere un mafioso o un agente dell’FBI, bastava che rimanesse con me dal 15 giugno al 3 settembre.
Di lui sapevo solo l’età, che viveva qui da solo (con me per tutta l’estate però) e che gli piacevano gli animali.
Non so come i miei genitori si fidino a lasciarmi tre mesi da sola con lui.
Beh, essere maggiorenni ha i suoi vantaggi d’altronde.
Lui, invece, di me conosceva tutto, dai miei problemi con l’alcool, alla mia ottima resa scolastica, al fatto che non avevo praticamente amici, a quello che i miei erano separati e mi lasciavano praticamente fare ciò che volevo
«Ti va di andare in paese oggi?» gli chiesi mentre bevevo qualche sorso d’acqua.
«Ok. Devo comprare alcune cose tanto.» mi rispose venendomi accanto ed allungando la mano per prendere la bottiglia.
 
All’una e un quarto avevamo già pranzato e stavamo per prendere la bidonvia che ci avrebbe portato giù a Molveno.
Molveno è un bel paesino, c’è anche un lago dove andiamo a nuotare ogni tanto.
La bidonvia è una specie di bidone d’acciaio che può trasportare massimo due persone giù a valle.
Di solito ci sistemiamo sempre io davanti e lui dietro. Simone ha paura che io possa cadere e allora mi tiene per i fianchi durante tutta la discesa. Non mi dispiace.
«Che devi prendere?» mi voltai in modo da guardarlo in faccia mentre stavamo scendendo.
«La pasta e un po’ di verdura. Te?» aveva appoggiato la testa sopra la mia.
«Vodka.» mi guardò storto.
«Per cucinare, scemo. Conosco la ricetta di un dolce alla vodka delizioso.» ridacchiai.
Il resto del viaggio lo passammo quasi tutto in silenzio, io e lui, appiccicati.
Il nostro rapporto non è ben definito. Viviamo insieme, lo aiuto a lavorare, cucino, parliamo, come farebbero due amici normali, o un datore di lavoro e la sua colf.
Solo che, ogni tanto, ci scambiamo un bacio.
Ed ogni volta che accade lui poi gira il viso verso sinistra, arrossisce, mi da due pacche sulla testa e mi dice: «Sei proprio una brava ragazza.»
Ogni tanto vorrei capire chiaramente “cosa” siamo, altre volte vorrei che rimanesse tutto così com’è.
Eravamo entrati già da un po’ al supermarket che faceva angolo e stavamo pagando alla cassa.
«Andiamo al lago!» suonava molto come un capriccio questa mia richiesta, e lui era molto bravo ad assecondarli, i miei capricci.
Mi mise un braccio intorno al collo mentre con l’altra mano portava la busta della spesa su una spalla.
Il lago era bello. Intorno c’era un grande parco completamente verde di erba soffice.
Ci sedemmo per terra all’ombra di una betulla e cominciammo a mangiare le caramelle che avevo comprato.
«Me lo spieghi ancora una volta?» questa volta fece lui una domanda a me.
«Cosa?» risposi mentre assaggiavo una caramella all’amarena.
«Perché ti piace così tanto stare qui, perché ami la montagna.»
Gliel’avevo spiegato un sacco di volte il perché.
«Tre anni fa…» cominciai.
«Tre anni fa conobbi un ragazzo. Aveva uno strano cappello ed indossava una camicia blu aperta sul petto. Mi disse che lui odiava il mare e il caldo, e poi mi chiese se invece a me piaceva. Io gli risposi che amavo la montagna e il fresco. Lui se ne andò e da quel giorno amo la montagna e amo stare qui. Fine.»
C’era una cosa che non gli raccontavo mai. Quel ragazzo, dopo che avevo risposto alla sua domanda mi aveva baciato, mi aveva dato due pacche sulla testa e mi aveva detto: «Sei proprio una brava ragazza.»
La somiglianza che avevano il ragazzo col cappello e Simone mi faceva rabbrividire, e per questo non finivo mai la mia storia.
«Mmmh, ho capito. Anche a me il mare non piace.» Simone parlava accarezzandomi la testa.
«Preferisco di gran lunga la montagna.»
«Perché?» gli domandai.
«Tre anni fa, ho incontrato una ragazza che indossava due orecchini a forma di stella marina ed una canottiera verde che mi ha detto che amava la montagna e da allora la amo anche io. La storia è simile alla tua, solo che io quella ragazza l’ho baciata. Strano eh?» guardava il lago davanti a se’.
«E’… è una bella storia.» riuscii solo a dire.
«Senti, che ne dici se il prossimo anno andiamo insieme al mare?» si era alzato.
«Così puoi rimetterti quella canottiera verde.» mi sorrideva.
«E tu quella camicia blu.» mi alzai anche io.
Presi la vodka dalla busta del supermarket e la aprii.
«Al mare!» alzai in alto la bottiglia e bevvi un sorso.
Poi la prese lui.
«All’estate!» bevve un sorso.
«A te.» gli sorrisi mentre pronunciavo quelle parole.
«A noi.»
  
  
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