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Autore: Inc    14/07/2011    2 recensioni
Ricordò quando la luna si posava sui papaveri in vacanza e lei pensava che voleva mangiarli. La luna aveva sempre quell'espressione meravigliata, quasi esterrefatta. Lei non capiva mai perché, però la guardava di sottecchi sempre. Un po' schifata, ma la guardava.
Non lo so perché l'ho scritta e nemmeno perché l'ho pubblicata. Anche se mi aspetto solo commenti negativi, l'ho pubblicata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La puttana e le sue storie.

 

 


 

Il legame più stretto con il liquido seminale di uno sconosciuto era sicuramente lo zerbino che fuori la porta della sua stanza vecchia e fetida di un motel di periferia, creava una distanza tra corpo selvaggio e spirito beato.
Il suo mestiere era il più vecchio che avesse mai toccato marciapiedi e stanze sporche di membra virili e non.
Si riconosceva dalla bocca a cuoricino, infantile e innocente.
Si riconosceva dalla minigonna sgualcita, preferibilmente di pelle.
Si riconosceva dal colore sgargiante che nascondeva il viso.
Si riconosceva dai trampoli ai piedi, giusto per far sembrare tutto piccolo e fragile. Come la sua anima macchiata dal rossetto fuoco e la paglia di capelli.
Ma la cosa che la rendeva inconfondibile e inimitabile era sicuramente il fatto che dopo essere stata usata e abusata, raccontava storie.
Con gli occhi vuoti. Con gli occhi pieni.

 

 

* * *

 

 

Quando quell'uomo dai peli burberi e gli zigomi troppo alti toccò lo zerbino e concluse la sua opera di sventramento, la donna si sedette, a gambe incrociate e sesso all'aria, sulla poltrona a fiori di fronte al letto piccoli piccoli, come piacevano alla sua vecchia nonna.
Le ricordava di quel vestitino che un suo primo amore le regalò. Brutto, corto.
Da puttana.
Ma lei lo metteva con orgoglio, soprattutto quando la nonna toccava la stoffa senza alcun valore e balbettava qualcosa dal vago compiacimento con uno strano luccichio negli occhi blu piscia.
« Pur s'è cosc' stann' tutt' a' for, sij 'nu gingill, bell a' nonn'! »** balbettava nel suo napoletano sconnesso.
Lei usciva, con le mutante bianche e il quel vestito, e camminava fino al tabaccaio. Comprava le sigarette per il papà e correva con le gambe secche sui quei tacchi storpi.
Guardò il sesso moscio del compagno di quella notte e poi si perse nelle sue stesse parole.
« Mi piacevano i fiori. Quelli gialli, no. Mi facevano ricordare quando a mare mi scottavo e mamma mi guardava come una sgualdrina e diceva che non servivo a niente... però le carezze di mamma erano dolci... quando comprava le merendine io le divoravo e lei rideva. Non rideva mai. »
Ricordò quando la luna si posava sui papaveri in vacanza e lei pensava che voleva mangiarli. La luna aveva sempre quell'espressione meravigliata, quasi esterrefatta. Lei non capiva mai perché, però la guardava di sottecchi sempre. Un po' schifata, ma la guardava.
« Quando invece la luna baciava il mare avevo paura che annegasse. Non volevo farla sparire... anche perché i papaveri non mi piacevano... il colore era troppo vicino al sangue di quella volta che caddi e mi ruppi il naso... non caddi perché non stavo in piedi... correvo via... mio padre aveva appena picchiato a sangue la mia mamma »
Si portò, infantile, le cosce secche e molli al petto.
Dov'era il suo cuore...? Non lo sentiva battere da tanto tempo.
« Quando a nonna le prese un infarto tutti furono sollevati. Era un peso per tutti. Per me no. Mi ascoltava quando non mi piacevano i fagioli rossi, e mi faceva la pasta col sugo fresco. Divoravo anche quella... per questo dicevano che ero anoressica e non mi sarebbero nemmeno cresciute le tette... però su questo ci hanno azzeccato quelle vipere! »
E rise. Istericamente.
L'uomo si era rivestito. Probabilmente quelle chiacchiere inutili non servivano a niente e lui nemmeno le aveva ascoltate. Prese la valigetta da architetto, e ritornò l'uomo tutto affari e famiglia.
« I soldi sono sul comò bianco. »
Non sapeva qual'era il nome della puttana di turno, e non gli interessava.
« Quando esci porta lo zerbino dentro. »

 

Così stanotte tutti i piedi che ci sono passati ascolteranno le mie storie. 
In silenzio.”

 

 

 

 

 

 






 

**Anche se le gambe sono tutte fuori, sei una bomboniera, bella di nonna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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