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Autore: MadLucy    15/07/2011    2 recensioni
Ieri sera ho guardato fra i miei quaderni e ne ho trovato uno mezzo pieno di storie sulla Setta dei Vampiri,risalenti a poco tempo fa,e ho pensato: "Perchè non scriverle su EFP?",perciò eccomi qui!!!Sarà una raccolta incentrata sul passato (spesso crudele o difficile) dei nostri amati personaggi,ovvero una serie di storie che raccontino un episodio significativo della loro vita,non narrato nei libri.
Mi raccomando,recensite!!!!!!=)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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bozza 3

Quinn

                                                                                   "Ed era così che tutto era cominciato...con Dove."
                                                                                          La setta dei vampiri: La prescelta.


Il bambino procede sulla stradina sterrata verso il mercato. Il porticciolo,fatto di assi di legno,è alle sue spalle.
Fra la braccine esili porta una cassa gigantesca.
E' pesante,pesantissima. Ma ci è abituato.
Nella sua mente rimbomba come un'eco in una grotta il matra di suo padre.
Stringi i denti e fatti forza.
Stringi i denti e sopporta.
Stringi i denti e non ti lamentare.
I suoi sandaletti di corda affondano nel terriccio umido,imbrattandone le suole.
Diventerà forte questo bambino,ripeteva la sua mamma ricucendogli gli strappi nella casacca di canapa,fortissimo.
Il bambino continua a camminare,nonostante la sua piccola fronte si stia imperlando di sudore,nonostante le braccia inizino ad indolenzirsi.
Cammina,esita,poi cammina ancora.
Perché lui è un bambino forte. Non può permettersi la debolezza di appoggiare la cassa per riposarsi.
Le tende multicolori del mercato,frammenti di volgare e grossolano colore vivace nel nero ispido della periferia di Boston,s'intravedono in lontananza davanti a lui.
Deve solo raggiungere la bancarella del pesce,poi potrà fermarsi.
Accellera,richiamando la forza nelle sue gambe stanche,che sfinite aumentano la velocità allungando i passi.
Deve sbrigarsi. Se non finirà il lavoro entro l'ora di pranzo,suo padre si arrabbierà.
Lingue di pelle spessa che gli flagellano ripetutamente la schiena,che lambiscono la sua giovane carne con cattiveria.
Cinghiate.
Questo pensiero lo spinge ad andare ancora più svelto,facendo appello a tutta la sua resistenza stremata.
Eccola,finalmente!
Raggiunge la bancarella del pesce fresco.E' una delle prime,per fortuna,è qualche metro prima di quell'inferno colorato e chiassoso dove la folla si spintona e i venditori ambulanti urlano.
E' il suo mondo,e il bimbo lo conosce meglio di chiunque altro.
Fischia,mettendosi le dita in bocca e sforzandosi di tenere la cassa con una mano sola.
Suo cugino Barney,il garzone del baracchino,gli lancia un'occhiata obliqua.
Poi indica con il pollice,con un gesto annoiato,lo spiazzo circolare lì dietro.
Capisce. Il bambino sospira piano e si inginocchia su quel pantano marrone scuro,le ginocchia nude che si tingono di nero,e posa la cassa di fronte a lui.
La apre,schiodandone il coperchio.
Ammucchiati in pile verticali,tutti schiacciati fra loro, vi sono un mucchio di pesci argentati, con le pinne sfumate d'un azzurro incerto e di un viola malato,gli occhi vitrei,vuoti e tondi che fissano un punto impreciso dietro di lui.
Il bambino ne afferra uno,se lo posa sulle ginocchia e,con un piccolo raschiatoio trovato nella tasca dei pantaloncini, inizia a toglierne le squame bagnate.
Quell'odore nauseabondo di pesce morto gli fa pizzicare fastidiosamente il naso, ma continua.
Poi incide un taglio profondo nella carne rosa scuro e toglie le lische,con attenzione.
Le ossa acuminate e sottili del tonno gli punzecchiano le dita,mentre strappa malamente il resto dello scheletro. E' un lavoro disgustoso, ma qualcuno doveva pur farlo.
Sta lavorando di buona lena,quando sente una voce che interrompe il corso dei suoi pensieri.
-Cosa fai?-
Si guarda intorno,spaventato.
Poi la vede.
E' una bambina,nient'altro che una bambina,e pure carina. Ma gli ha fatto prendere un colpo.
Non l'aveva nemmeno sentita arrivare,uno scalpiccìo di passi,niente. Ma è lì.
La guarda.
Ha un'aria dolce e delicata,che s'intuisce anche solo vedendola di sfuggita; non saprebbe dire cosa gliela conferisce,forse i boccoli castano miele che le scendono sulle esili spalle,o gli occhioni enormi,d'un colore straordinario: un blu così vivo e luccicante,o meglio un misto fra il blu e l'azzurro (che potrebbe essere un blu chiaro o un azzurro intenso) da non sembrare possibile su un'iride umana.
E' la persona più pallida che abbia mai visto: di certo non è nata a Boston. Deve essersi trasferita da poco. Se non fosse stato per i capelli,l'avrebbe scambiata per un'albina.
Tutti quei colori,così strani e diversi,la fanno apparire aliena,sconosciuta più che mai ai suoi occhi.
Disorientato,ricorda che lei gli aveva fatto una domanda.
-Pulisco il pesce.- risponde,abbassando in fretta gli occhi come per accertarsene.
-Ah,sì? E come ci riesci?- S'inginocchia accanto a lui,sollevando la gonna per non sporcarla e lasciandola ricadere attorno a sè.
Il bambino si accorge che ha un abitino di tulle dorato,decorato da brillantini,veli come sottogonne e un fiocco in vita.
Come aveva potuto venire al mercato vestita a festa?!? Ma non sapeva che quella meraviglia non sarebbe durata mezz'ora lì?!?
Si vede che non è del posto. Non sa proprio niente.
Non sa per esempio che tutte le vie del mercato sono rozze e ricoperte di fango?!?
-Bhe,raschio via le squame.- inizia,titubante. -Poi tolgo la lisca. Me l'ha insegnato mio padre,è il mio lavoro,lo faccio tutti i giorni. E porto qui le casse che ci commerciano i pescatori,e riordino il magazzino.- racconta,orgoglioso. Non sa neanche perchè parla così tanto.
Sarà perchè lei ha un'aria così gentile da metterlo a suo agio,sarà perchè sembra sinceramente interessata.
-Sei bravo. Io non faccio niente,a casa studio e basta.- racconta lei. Si sporge verso la cassa aperta.
-Non ti avvicinare tanto! Puzza.- la avverte lui.
Non sembra però infastidita.
E' la ragazza più strana che io abbia mai visto, pensa. E la più bella.
-Mi chiamo John.- borbotta arrossendo. -Tu?-
-Io sono Dove. Dove Redfern.-
Ha un sorriso splendido,da ritratto. Angelico e pieno,come quello di uno di quegli Amorini delle cattedrali.
Il suo nome,breve ma armonioso,corto ma flautato,gli danza sulle labbra. Dove.
Un nome particolare,poco comune,lì a Boston almeno.
-E' un piacere fare la tua con...-
La bambina,in bilico sulle punte delle scarpine di vernice avorio,ondeggia e cade in avanti.
John la afferra prontamente,senza la minima esitazione.
Le tocca in questo modo quel braccio color porcellana e sfiora un ciuffo dei suoi capelli.
Sono incredibili: vaporosi,leggeri e morbidissimi,quasi senza peso,che paiono galleggiare nell'aria attorno a lei. Come lo zucchero filato.
John l'aveva visto molte volte,lo zucchero filato.
Durante le feste e le fiere al centro del paese,alle bancarelle dalle tende a righe,oppure stretti nelle mani grassocce e appiccicose dei bambini ricchi,che li brandivano con fierezza,come fossero trofei.
Ma mai l'aveva assaggiato,anche se le mascelle gli dolevano dal desiderio di dare un morso vorace a quella massa di lanugine colorata,che profumava di dolci.
Ma costava troppo,e comunque non poteva permettersi il lusso di spendere ben cinque dollari per "un commerciale furto per ingordi cretini", come diceva suo padre.
La vita non è fatta di piaceri,nè di zucchero filato. Fattene una ragione,John.
E trattieni quelle lacrime sciocche e irragionevoli,per l'amor del cielo. Tua madre ed io lavoriamo dalla mattina alla sera per sfamarti,piccola sanguisuga,e questo è il ringraziamento? Buttare via cinque dollari per una boiata simile?
Ecco,ti darò dieci frustate. Così magari impari la lezione.
E John imparò la lezione.
Ma in quel momento capisce che quella ragazzina è proprio come lo zucchero filato.
E' incantevole,allettante,è esotica e affascinante,come tutte le cose sconosciute. Ma è irraggiungibile,e così lontana.
Sfiorando quella pelle immacolata aveva scoperto che era dura come il marmo e fredda,gelida,come se non vi scorresse sangue,una pelle così disumana che lo aveva fatto rabbrividire.
C'è qualcosa in lei...è diversa.
Questa bambina non è normale. Non è come tutte le altre.
Questa certezza lo investe in un'ondata d'inquietudine.
Non sa come fa ad esserne così sicuro.Ma non ha dubbi.
Dove si rende conto che lui l'ha salvata da un bel tuffo nel pantano.
E scoppia a ridere.
La sua risata,così infantile,cristallina e contagiosa,lo raggiunge e lo travolge,come un'onda.
Sente che anche lui sta ridendo,roco ma allegro.Un rumore così estraneo alle sue orecchie.
-Grazie!- dice infine lei,alzandosi.
-Non c'è di che...-
Ma Dove non lo lascia finire. Gira la testa di scatto.
John si allunga per vedere cos'ha visto.
E' una ragazzina. Deve avere sì e no dodici,tredici anni. E' alta e magra e slanciata,e molto bella.
I suoi capelli sono davvero lunghi,e di un colore più scuro del catrame che vedeva nei pozzi dove i suoi zii lavoravano,un nero che pare tenebra liquida.
Anche i suoi occhi sono sorprendenti,e mettono paura: oro,come solo l'oro può essere.
Oro e grandi,come quelli di un gufo.
Oro e spaventosi.
E la sua pelle...è soprattutto la sua pelle,oltre al contrasto di colori sgargianti da far male agli occhi ed alla bellezza inquietante, a far capire a John che le due sono sorelle.
E' poco lontano,indossa stivaletti di pelle marrone eleganti,non li raggiunge forse per non andare nel pantano.
Ma fissa Dove,con un'espressione che è un misto fra la severa e l'inorridita.
Il suo sguardo dorato e accusatorio sembra trapassarlo da parte a parte.
Ma la bambina non pare intimorita. Solo imbarazzata,quasi si vergognasse,come un monello beccato con le mani nel vaso di marmellata.
China un po' la testa.
La ragazza mora squote la sua impercettibilmente,con aria addirittura digustata,e si allontana,voltandosi.
-Lily...- mormora Dove,sollevando la testolina quando si accorge che sta andando via.
La ragazza che si chiama Lily non si ferma.
-Lily,aspetta!!!- esclama allora,ansiosa. Si gira verso John. -Devo andare...-
Il bimbo annuisce.
E la osserva,seguendola con lo sguardo mentre scappa facendosi strada tra la folla.
Poi si sente osservato. Si gira.
Suo cugino Barney,le braccia conserte e la schiena appoggiata al banco, lo sta fissando con un'espressione scocciata.
-Muoviti,marmocchio. Questo posto è un ambiente lavorativo,non un asilo... Il pesce dev'essere pronto fra dieci minuti. Chiaro?!?-
Ma John non lascia che quello scemo di Barney gli rovini la giornata.
Un giorno pagherà,pagherà per come mi ha trattato in passato.
E riprende a lavorare,fischiettando.
Sapendo però,con la certezza matematica di un bambino di otto anni, che Dove Redfern sarebbe stata picchiata.





Note dell'Autrice: una storiella su come Quinn e Dove si sono incontrati,da piccoli,a Boston,città natale di lui.Siamo più o meno agli inizi dell'Ottocento.
E questo era il primo! Sì,Quinn mi sta molto simpatico! =) Il prossimo?Uhm,non ve lo dico!
Anzi sì! Thierry!
Recensite recensite recensite!!!!!Mi fa piacere sapere cosa ne pensate!!!!
Lucy
 
  
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