Paura
del Futuro
“Soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di
fallire.”
- Paulo Coelho -
«Io
non riesco a stare dietro a Sasuke-kun… e nemmeno a Naruto…»
Più volte si era ritrovata a
pensare a quella volta in cui aveva ammesso di non farcela. Non si sentiva
pronta, forse non lo era mai stata. Si era sempre vantata così tanto delle
conoscenze teoriche che possedeva sul mondo degli shinobi, ma quando si ritrovò
in quel contesto – circondata da un centinaio di ninja davvero forti da un punto di vista fisico,
quelle certezze le crollarono addosso come un puzzle accuratamente completato
che un qualsiasi folle ti sgretola davanti agli occhi.
Quella volta Sasuke le era venuto
incontro, implicitamente, permettendole di mettere in pratica ciò che sapeva,
ciò che aveva notato forse prima di tutti e, dunque, riacquistando fiducia in se
stessa quel tanto necessario per rimettersi in gioco.
Sasuke era stato l’unico ad
essersene accorto. Ad essersi accorto del suo stato di confusione e di
indigenza. E l’aveva spronata ad andare avanti perché aveva grandi
potenzialità.
Eppure, iniziava a pensare che,
forse, di tutte le sue conoscenze teoriche nel campo degli shinobi non se ne
sarebbe fatta nulla. E la presenza di tutti quei ragazzi – alcuni più grandi di
lei ma altri persino più piccoli – dotati di grande forza fisica, davano
chiaramente l’idea di quanto per loro fossero inutili tutte quelle belle nozioni
di sapienza, poiché sul campo non sarebbero servite a
molto.
Niente di più sbagliato,
Sakura.
Gliene davano la prova anche i
suoi stessi compagni. Non tanto Sasuke, ma Naruto non aveva mai ecceduto
all’Accademia; eppure era come se possedesse un potere latente che gradualmente
tirava fuori, riuscendo sempre a ritagliarsi uno spazio di notevole importanza
in tutte quelle che erano state le loro prime, vere
battaglie.
E lei, al lungo andare, si sentiva
messa in disparte. Loro camminavano davanti a lei, insieme, sullo stesso
gradito. Loro aumentavano il loro passo, lei lo rallentava sempre
più.
«
Sakura, mi aiuti? »
Quella
che interruppe le sue riflessioni fu la voce di Ino. Una voce un tantino fiacca
ed affaticata, che dava l’idea della difficoltà che stava incontrando in
un’operazione che fece nascere un lieve sorriso sulle labbra di Sakura, su quel
volto fino ad allora grottescamente incupito. Si sollevò dal bancone cui era
poggiata, quello dietro il quale Ino accoglieva calorosamente chiunque, vendendo
una varietà assurda dei bellissimi fiori che possedeva. L’aiutò a spostare quel
mobile – anche se la sua minuta massa muscolare non le permise di essere granché
utile. Insomma, con un po’ di fatica da parte di entrambe riuscirono a spostare
quell’ammasso di legno che Sakura per qualche istante odiò
profondamente.
Persino
un mobile qualsiasi doveva sottolinearle davanti agli occhi quanto fosse vero
ciò che lei sperava fosse enormemente falso.
Osservò
Ino sistemare accuratamente varie tipologie di fiori coloratissimi. Cercava
sempre di sistemarli seguendo attentamente un certo criterio e soprattutto si
curava sempre di esporre i più belli all’entrata del negozio, sulla destra,
perché sapeva che era il primo punto in cui i clienti guardavano appena
varcavano la soglia e – in tal modo – avrebbe subito stimolato il loro
interesse. Allo stesso modo, naturalmente, si curava di lasciare un po’ di
spazio per il passaggio tranquillo della gente; insomma, nessuno avrebbe mai
trovato dei fiori mischiati e per di più dispersi per tutto il negozio. Li
selezionava accuratamente e disponeva ordinatamente in ogni angolo della stanza.
La
guardava con un sorriso amorevole: il suo lavoro doveva davvero piacerle
molto.
In
fondo non sarebbe stato male, quel lavoro.
« Ino
»
« Sì?
»
«
Credi che dovrei trovare anch’io un lavoro? »
Naturalmente, fu inevitabile che
la biondina si sorprese a quella domanda, che forse - più che una domanda -
appariva come una sorta di incitazione a confermare quella risposta che Sakura
già conosceva.
Ino abbandonò ciò che stava
facendo per posarsi le mani sui fianchi e osservarla in viso, pur mantenendo
un’espressione sarcastica. La serietà non le apparteneva proprio, anche perché
non era sicura che la sua amica fosse seria.
« Non
ti va bene la carriera di ninja? »
Sakura si sedette sul bancone,
lasciando che i suoi piedi sgambettassero avanti e indietro secondo un ritmo
costante, abbassando il viso.
«
Potrei farti la stessa domanda. »
Ino
distolse lo sguardo da lei, sospirando mentre osservava quello che doveva essere
un bellissimo giglio bianco.
« Beh…
considera che è la mia famiglia che dirige il negozio. E’ naturale che voglia
dare una mano. E poi mi piace. » fece una pausa, lanciando un’occhiata
all’amica, « Ma diciamo anche che potrebbe rappresentare una sorta di
consolazione nel momento in cui dovessi fallire come kunoichi.
»
Avrebbe
voluto essere sarcastica, ma invece si ritrovò a pronunciare quella frase
ironicamente, che è ben diverso.
E Sakura riuscì, seppur in
piccolissima parte, a farsi influenzare da quel sorriso.
Ino era senz’altro bella,
spontanea e - nonostante la problematica “Sasuke” che le metteva in una
posizione di chiara rivalità – c’era sempre. Insomma, una di quelle persone che,
qualsiasi cosa tu faccia o dovunque vada, sai che è sempre lì, pronta ad
ascoltarti. E non sono tante, le persone così.
Avrebbe
voluto vedere la vita dalla stessa prospettiva di Ino, ma le risultava piuttosto
difficile. Ino si accorse del suo sforzo di sorridere. « Sei seria, Sakura?
Ricorda che nel tuo team c’è Sasuke-kun, direi che è piuttosto da pazzi.
»
Glielo
disse con sarcasmo e Sakura perse il sorriso abozzato poco prima, dando spazio
ad un’aria di severità e rabbia, rivolti a sé stessa e a
nient’altro.
« E’
questo il punto. C’è troppa differenza tra di noi. E poi… non riesco proprio… a
dimostrargli nulla… mentre lui diventa sempre più forte. »
Ino la
guardò storto. « E’ naturale, Sakura. Stiamo parlando di Sasuke Uchiha; è
impossibile per te raggiungerlo in abilità fisica. »
Per
quanto bene si sentiva Sakura ogni qualvolta si confidasse con Ino, dovette
ammettere che quest’ultima aveva un’immane capacità di ferirla nel più profondo
orgoglio vomitandole addosso la pura e cruda verità, asmatica da
digerire.
La
biondina sospirò nuovamente e volse il proprio sguardo verso il materiale di cui
quel negozio era ben provvisto.
«
Guarda questo fiore. » disse amorevolmente, sfiorando con le dita ciò per cui
aveva invitato Sakura a prestare attenzione.
« E’
la tipica Magnolia. Essa simboleggia la dignità e la perseveranza.
»
Con
quella presentazione, il messaggio di Ino, dunque, fu chiaro: non poteva
arrendersi, doveva lottare ed imporre una minima parte di quell’enorme dignità
che in fondo le era sempre appartenuta.
« E
guarda quest’altro. » spostò subito l’attenzione verso un'altra tipologia di
fiore, « E’ il Tanaceto. In realtà nasconde un significato estremamente
negativo, ma è proprio il tuo caso, Sakura. Ciò che si comunica quando si dona
questo fiore è qualcosa tipo “Ti dichiaro guerra”. » fece una pausa in cui sentì
gli occhi attenti di Sakura puntati addosso, « Hai davvero intenzione di mollare
tutto? Sakura Haruno rinuncia a Sasuke Uchiha e Ino Yamanaka trionfa?
»
Si
poteva dire tutto ciò che si voleva di Ino: era vanitosa, snob, viziata,
spavalda, presuntuosa, gelosa; ma sapeva essere così testarda, seppur realista,
e, come Sakura, detestava perdere. Solo lei sapeva sempre come aprirle gli occhi
davanti ad un’eventuale stupidaggine che la rosa era sempre sul punto di
compiere. Praticamente, le stava ricordando la loro rivalità, le stava
chiaramente dicendo che in quel modo avrebbe subìto un’umiliante sconfitta in amore. E allora dov’era finita
l’esplosione della Inner Sakura che con soddisfazione urlava quanto l’amore
trionfasse sempre su tutto.
In definitiva, nel percorso che
l’avrebbe ricondotta a casa continuava a tenere la testa bassa, a rimuginare
sulla sua ostinata insicurezza e sulle parole di Ino. Doveva davvero abbandonare
tutto? Fin dove sarebbe potuta arrivare una come lei? E soprattutto… poteva
davvero deludere il suo team? Poteva deludere Sasuke?
Cercò di forzare un sorriso; in
fondo, da quando erano stati assegnati alla stessa squadra, era fermamente
convinta di non aver mai fatto nulla di diverso dal procurargli
delusioni.
Lei non poteva essere forte come
lui.
«
Sakura. »
Sussultò.
Soltanto una voce aveva il potere di farle raggelare il sangue in quel modo e
paralizzarla seduta stante. L’ossessivo soggetto dei suoi pensieri era proprio
lì, a qualche metro dal suo fianco destro e, non appena volse lo sguardo, fu
subito catturata dalla profondità che solo un paio di occhi potevano avere. Che
razza di effetto le faceva quel ragazzo, era assurdo. E non si era neppure
accorta della sua presenza, mentre camminava.
«
Sasuke-kun. »
Semplicemente
si limitò a pronunciare il suo nome, con tono sorpreso. Era seduto con la
schiena poggiata al tronco d’albero che gli faceva ombra ed un braccio poggiato
sul corrispondente ginocchio che teneva flesso all’altezza del petto. Sakura
arrancò istintivamente non appena egli si sollevò, compiendo qualche passo verso
di lei, uscendo dalla zona ombrata e squadrandola con le mani nelle tasche dei
pantaloni larghi.
« Hai
visto Kakashi? »
Sussultò
per l’ennesima volta in quella giornata nel momento in cui le rivolse la
parola.
«
Kakashi-sensei? No… e a dire il vero non ho visto neanche Naruto. E’ probabile
che lo stia infastidendo in tutti i modi per farsi insegnare qualcosa di nuovo.
»
Chi sa
per quale motivo, terminò quella frase con il capo basso ed un lievissimo
sorriso sulle labbra. Ma era un sorriso amaro. Sì, perché ad ogni modo Naruto si
stava sicuramente allenando e Sasuke poteva essere alla ricerca del loro sensei
per lo stesso motivo, o comunque per domandare qualcosa inerente lo stesso
argomento. Tuttavia, Sasuke fu lievemente sorpreso – pur riuscendo a non darlo
mai a vedere – dal suo atteggiamento e si diede dello stupido per essersi anche
solo per un istante domandato la causa di quell’improvvisa amarezza della
ragazza.
La
sorpassò; ma qualcosa gli impedì di continuare a percorrere quel sentiero.
Qualcosa che in realtà non era arrivato alle sue orecchie. Dov’era finito quel
suo “Sasuke-kun” che teneva sempre pronto per fermarlo e tentare a tutti i costi
una conversazione con lui? Per quanto avrebbe voluto – e forse dovuto – festeggiare per quel mancato
tentativo di seccarlo ancora una volta, se non aveva ancora provato a fermarlo,
la situazione non poteva che essere più grave del previsto. E per quanto poco in
realtà gliene importasse, si ritrovò ad ammettere che in fondo non ci fosse
nulla di male a chiederlo alla diretta interessata.
« Che
succede? »
Sakura
sollevò di scatto gli occhi leggermente inumiditi e si accorse che le aveva
parlato rivolgendole le spalle.
Avrebbe
voluto sorridere per il semplice fatto che il moro stava mostrando un minimo di
interesse nei suoi confronti, ma si sentiva talmente affranta da non riuscire a
fare più nemmeno quello, nemmeno ad attuare quella che è la massima espressione
della spontaneità che è sempre rientrata nella natura di
Sakura.
Scosse
prontamente la testa. Aveva un immenso bisogno di lui, aveva bisogno che fosse lui a dirle di non commettere idiozie di
cui potrebbe pentirsi, aveva bisogno che lui le dicesse che in fondo era utile
alla squadra. Ma Sakura conosceva perfettamente il grado di possibilità di tutto
ciò e non voleva assolutamente che lui la schernisse ancora una volta. Era
stanca di deluderlo.
« No,
non è nulla. » Dall’inizio di quella giornata non stava facendo altro che
forzare inutili sorrisi che non avrebbero mai convinto nessuno, specie uno come
Sasuke. Quando si accorse che quest’ultimo aveva voltato di novanta gradi il
viso solo per scorgere quello di lei, improvvisamente il sorriso che con tutte
le forze aveva provato a far comparire sul proprio volto scemò, dal momento che
l’espressione di lui non era mutata affatto: era severamente irrigidita e, anzi,
presentava quegli occhi glaciali come due fessure
taglientissime.
Inevitabilmente,
Sakura deglutì staccando con fatica gli occhi da quelli di lui e tornando ad
amareggiarsi più che mai. Provò l’irrefrenabile impulso di buttarsi tra le sue
braccia, di stringersi forte al suo petto, di ignorare tutto quanto e di
sfogarsi in un pianto che le provocava quel dannato groppo che le stava
attanagliando la gola. Aveva bisogno che un’altra sola volta lui la incitasse e
le infondesse sicurezza, come quella volta all’esame di selezione Chuunin. Aveva bisogno solo di una cosa per
riacquistare quell’autostima che, in qualche dannato modo, le stava venendo a
mancare. Aveva solo bisogno di sentirsi riconoscere il suo rispetto.
Ma aveva pur sempre una dignità, che doveva mantenere. Certo, proprio come in quel momento: stava stringendo i pugni lungo i suoi fianchi talmente forte che probabilmente il dolore che le unghie le provocavano le impedivano di assumere consapevolezza di quelle dannate lacrime che, alla fine, erano riuscite a farsi strada sul suo viso.
Complimenti, Sakura. Sei riuscita ad
umiliarti davanti a lui ancora una volta.
«
Sakura- »
« No,
Sasuke-kun. Non dirmelo più. Non dire che sono noiosa, per favore. Io… davvero, non ce la
faccio più. »
L’espressione
di Sasuke era talmente indecifrabile che Sakura non era davvero sicura che le
intenzioni di lui fossero quelle di criticarla per l’ennesima volta. Ed era
l’ultima cosa di cui lei aveva bisogno in quel momento.
« Allora
cosa farai? »
L’aveva
colta impreparata, come sempre. E lei aveva sbarrato gli occhi davanti a lui.
Come poteva aver anche solo intuito il suo stato? Come diavolo faceva a capire
sempre tutto di lei?
Si
ritrovò a sogghignare. Evidentemente non si trattava di lui. Era lei ad essere
sempre stata fin troppo espressiva.
« Io…
io non sono sicura. »
« Io
ti ho fatto un’altra domanda. »
Calmo
ed impassibile, aveva pronunciato quelle parole con il potere di trafiggerla.
Inevitabilmente, lei abbassò lo sguardo. Perché quel ragazzo la faceva sentire
così piccola e debole? Perché non faceva altro che confermare tutto ciò che la
sua dannata e dispettosa insicurezza voleva farle notare bussando alla porta
della sua ragione che lei cercava disperatamente di tenere
serrata?
« Non…
non lo so ancora. »
« Bisogna
aver stabilito una cosa prima di accantonarne un’altra… come minimo.
»
Per
quanto davvero sperasse nella verità di ciò che stava per dire e per quanto
quella speranza ricoprisse una percentuale misera se paragonata alla realtà in
cui si ritrovava catapultata, per qualche assurdo motivo riuscì a sfornare un
sorriso che di forzato, questa volta, aveva ben poco.
« Sasuke-kun,
stai cercando di dirmi che non vuoi che me ne vada? »
Quella
prospettiva la rendeva felice, in qualche modo. Le dava speranza. Sapere che in
qualche modo – seppure fosse di gran lunga inferiore ai suoi compagni – poteva
comunque essere loro utile, le dava fiducia.
« Stupida.
C’è un motivo se le squadre comprendono tre elementi; ce lo disse anche Kakashi.
E c’è anche un motivo se hanno deciso di inserire noi tre nello stesso team. Tu servi alla squadra.
»
E la
sorprese quell’affermazione. Ma qualcosa le diceva che non vi era un fondo di
verità. E il fatto che l’artefice fosse proprio lui – l’ultima persona che
avrebbe potuto consolarla in quella situazione – rendeva quella frase ancora più
bizzarra, seppure solo Kami sapesse quanto lei avrebbe voluto fosse
vera.
« Tu…
tu non eri quello che diceva sempre… di essere diverso dagli altri? E che gli
altri, a loro volta, fossero un peso per te? »
« Sì,
l’ho detto e se vuoi lo ribadisco. Siete tutti un enorme peso di cui devo farmi
carico per raggiungere il mio obiettivo, ma purtroppo dovevo rassegnarmi
all’idea di dover collaborare in un’ipotetica squadra… » per qualche secondo
tagliò lì il discorso per mimare con due dita di entrambe le mani quelle che
dovevano essere delle virgolette. E a Sakura venne piuttosto spontaneo associare
quell’atteggiamento alla parola squadra. Poi Sasuke si fece
improvvisamente serio e la penetrò con lo sguardo. « … e tu, Sakura… tu non fai
alcuna eccezione. Sei noiosa, insopportabile, dannatamente appiccicosa ed
opprimente e sei persino perfettamente in grado di esserlo più di
quell’usuratonkachi… » fece una pausa. E nel giro di quei pochi secondi di
silenzio si rese conto di due cose: la prima riuscì a stupirlo, poiché raggiunse
la consapevolezza del fatto che molto probabilmente non era mai stato in grado
di fare un discorso che potesse anche solo rasentare quella lunghezza prima di
allora. La seconda lo spronò a rendersi conto del peso che le sue parole stavano
avendo sulla ragazza, la quale stava stringendo pugni e denti con il capo
rivolto verso terra e gli occhi serrati con forza – esattamente come la
simulazione di quello che è l’atteggiamento di una bambina che viene
rimproverata dal proprio genitore per qualcosa che non doveva fare.
Probabilmente non aveva alcun bisogno di sentirsi dire cose che già di suo
sapeva benissimo e che tra l’altro le venivano vomitate in faccia direttamente
da lui – l’ultima persona al mondo che avrebbe dovuto
farlo.
Eppure
quella visione fu in grado di destare in lui quello che forse doveva essere un
briciolo di sentimento molto simile alla pena, che lo fece
sospirare.
« …
ma quanti vuoi che siano al mondo i casi che possiedono un cervello come quello?
»
Quello
che non si sarebbe mai perdonato in quel preciso istante era di aver assunto per
un attimo quell’espressione da fesso nel guardarla e le fu quasi grato di aver
tenuto tutto il tempo il capo basso, evitando in tal modo di
vederlo.
Per
questo non ci aveva messo molto a recuperare la sua tipica aria seriosa nel
momento in cui quelle ultime parole avevano avuto il potere di farle sbarrare
gli occhi e sollevare istantaneamente il viso per lo stupore. Sakura ci mise un
po’ per capacitarsi di ciò che stava succedendo.
« Ricordi
il discorso di Iruka-sensei sul cielo
e la terra? Naruto è il tipico
esempio di imbranato impulsivo ed istintivo che parte all’attacco senza
riflettere, dando chiaramente importanza unicamente al corpo. Tu, Sakura, rappresenti la mente portante dell’intero team.
»
Notando
che non accennava in alcun modo a continuare il discorso, le sorse spontanea la
domanda.
« E
tu, Sasuke-kun? »
Glielo
chiese ingenuamente. Era limpido come il cielo che lui rappresentasse entrambe
le cose insieme.
Sasuke
si concesse qualche attimo per scrutarla attentamente prima di
risponderle.
« Io
sono l’equilibrio. »
Equilibrio,
eh…
Dal
momento che si aspettava quella rivelazione – che in fondo era una verità più
che fondata – gli si avvicinò con aria decisa.
« Insegnamelo…
»
« Cosa?
»
« …
questo equilibrio. »
Sasuke
la scrutò dapprima duramente, tuttavia successivamente non poté impedirsi di
assumere un’espressione divertita.
« Sai
cosa vuol dire? »
Lei
non disse nulla, incitandolo con lo sguardo a continuare. Lui chiuse gli occhi,
infilando le mani nelle tasche e sospirando.
« Vuol
dire che devi portare la tua abilità nella pratica esattamente allo stesso
livello della teoria. »
Riaprì
subito gli occhi per non perdersi la reazione di lei, che – dal canto suo – non
batté ciglio, sostenendo il suo sguardo.
Credeva
che non lo sapesse?! Dannazione, Sakura riconosceva benissimo quanto ciò fosse
impossibile per lei. Tuttavia, gli si avvicinò sempre più determinata, facendo
svanire quell’incurvarsi dell’angolo delle labbra di Sasuke per dare spazio ad
un’espressione tanto dura quanto incuriosita.
« Per
questo ti chiedo… di insegnarmelo.»
« Non
voglio. »
« Perché
no? »
« Perché
in questo modo… sarà la squadra a non
essere più in equilibrio. »
Non
ebbe il tempo di riprendersi e rendersi conto dell’effetto allibente che quelle
parole avevano avuto su di lei – data la sua assoluta immobilità e la perdita
dei suoi occhi nel vuoto totale – che il ragazzo le si era avvicinato
ulteriormente, ma si sorprese quando invece sembrò che stesse per oltrepassarla,
arrestando il passo quando si trovò esattamente al suo fianco destro. Avrebbe
giurato di aver percepito qualcosa dimezzarle fulmineamente la schiena, nel
momento in cui la spalla destra di lui sfiorò quella di
lei.
« Cerca
di non fare stupidaggini. »
Con
le mani ancora nelle tasche, continuò a camminare allontanandosi da lei che, dal
canto suo, arrivò ad una sola conclusione: per quanto lo desiderasse, non aveva
bisogno di un abbraccio e di niente del genere da parte di un tipo come lui che,
del resto, non gliel’avrebbe mai concesso; ma in fondo le era bastato solo quel
dialogo per capire che Sasuke aveva fiducia in lei e nelle sue capacità. Perché
capacità come le sue non le possedevano tutti. E questo era uno dei tanti motivi
per cui quel ragazzo la attraeva così tanto. Se si fosse confidata con Naruto,
probabilmente quest’ultimo non sarebbe stato in grado di comprendere il suo
stato delicato che rasentava la depressione e le avrebbe forse imposto – con il
suo fare irruente, impetuoso e prorompente - qualcosa che lei non si sentiva più
in vena di portare avanti. Sasuke, invece, facendosi scudo con la più pura
indifferenza, sapeva lasciarti libertà di scelta, eppure allo stesso tempo era
in grado di depositare nell’animo qualcosa di molto simile allo scrupolo, come
se implicitamente riuscisse a mettere in guardia riguardo qualche cosa che si
voleva compiere ma che in futuro, lui
sapeva, avrebbe portato alla rovina di quella stessa
persona.
E quando Sasuke fu abbastanza lontano si voltò – non senza prima aver assicurato a sé stesso che fosse per pura curiosità - e l’ombra di quello che doveva essere uno dei suoi ghigni fu illuminata sul suo volto dalla luce di un lampione quando constatò con umorismo che lei era ancora lì, impalata nella stessa posizione, probabilmente a rimuginare sulle sue ultime parole.
« Cerca
di non fare stupidaggini. »
Qualcosa
gli diceva che non l’avrebbe fatta.
*****
« Sakura-chan,
quando sei diventata così potente? Sembri Tsunade no
baachan.»
« Ti
avevo fatto una promessa, Naruto: non sarei stata più
d’intralcio.»
Arigatou,
Sasuke-kun
Riuscirò
a riportarti a casa.
*****
Note
dell’autrice:
Ma
che brava che sono. Nonostante abbia un’altra storia che – per vari motivi – non
aggiorno da secoli, mi sono messa a delirare con questa
^^’’
Dunque,
una cosa così, nata da una piccola analogia con una problematica che io stessa
ho attraversato qualche tempo fa, ossia la paura del proprio futuro. E forse, se
proprio vogliamo contestualizzarla, diciamo che può essere inserita
tranquillamente nella prima parte di Naruto, durante gli esami di selezione
Chuunin. Infatti, la prima parte della fanfiction, che si identifica con la
riflessione di Sakura, si riferisce proprio al momento in cui il Team 7 si è
fatto strada nella sala in cui ha avuto luogo la prima prova
d’esame.
Ad
ogni modo, spero che apprezziate e grazie in anticipo a chi leggerà e lascerà
un’opinione.
Alla
prossima
Yami_Yume