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Autore: Kary91    15/07/2011    11 recensioni
Seconda classificata al contest 'The Vampire Diaries Contest' indetto da ReawhereverIgo
Una raccolta di frammenti ispirati al passato di Damon Salvatore.
1. He was like a young Deer Perfino il cielo portava il colore del sangue.
2. The little Prince of Darkness. Quando Damon Salvatore aveva tre anni, si svegliava di frequente nel cuore della notte con i piedini gelidi e gli occhi irrequieti.
3. Bulletproof Heart Lui aveva un cuore a prova di proiettile e lei un sorriso perforante.
4. Nero come il nulla Non c’è spazio per la compassione o per la vergogna nel cuore di un soldato.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Giuseppe Salvatore, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Katherine
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Come rain or shine [through hell or high water]'
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Partecipa al TVG!Fest con il prompt child!Damon/child!Stefan – “Damon ho paura del buio…”.

 

Nero come il nulla.

 

"...Sometimes I see flamesAnd sometimes 
I see people that I love dying.”

Sleep. My Chemical romance.

Faceva freddo quella notte.

Damon si strinse nelle braccia, osservando con aria inespressiva il proprio fiato condensarsi in piccoli fiotti.

Non più freddo delle notti precedenti. Eppure vi era qualcosa di diverso nell’aria pungente che gli pizzicava la pelle. Nel terreno duro sul quale giaceva rannicchiato.

Forse era l’odore del sangue. Dopo due giorni di veglia e di silenzi, lui e i suoi compagni erano stati improvvisamente colti dal rumore della battaglia. Dalle grida agghiaccianti di soldati che crollavano a terra, da questa o da quella parte.

C’erano stati occhi, quella sera, che avevano ricambiato lo sguardo di Damon per l’ultima volta. Labbra che gli avevano sorriso solo qualche ora prima, ma che erano destinate a non congiungersi mai più: paralizzate dal tocco crudele della morte. E mani che gli avevano scaldato il corpo e il cuore, adagiandosi con comprensione sulla sua spalla. Quelle mani erano diventate fredde e immobili: proprio come la sua notte.

Le dita screpolate del ragazzo corsero a ripararsi sotto le sue ascelle, mentre lo sguardo di Damon varcava i confini della trincea, raggiungendo la luna che sorvegliava in silenzio il sonno leggero dei soldati. Quel tenue spiraglio di luce avrebbe dovuto contribuire a rincuorarlo, ma in realtà non faceva altro che suscitare in lui una vaga sensazione d’inquietudine.

Si era sempre sentito più a suo agio con il buio che con la luce, sin da quando era bambino. L’oscurità attribuiva a qualsiasi cosa il beneficio del dubbio, sfumando i contorni e tratteggiando ombre sugli oggetti, rendendoli irriconoscibili.

Con il buio non si è obbligati a vedere ciò che ci circonda. Se fosse stato al buio Damon avrebbe potuto modificare a suo piacere l’ambiente che lo circondava; avrebbe cancellato i movimenti irrequieti dei suoi compagni, ammassati tra loro per trarre calore dal corpo dei vicini. Avrebbe dimenticato perfino il profilo frastagliato della trincea e le ombre dei corpi accasciati a terra senza vita.

Ma la luna c’era. E i suoi pallidi raggi erano sufficienti per mostrargli, seppur non in maniera nitida, il triste scenario di cui era al tempo stesso parte integrante e spettatore.

Distolse lo sguardo dai compagni e tornò a fissare il satellite. Gli sarebbe piaciuto avere un animo da sognatore, in maniera da poter trarre conforto da quel lieve sprazzo di luce. Ma la guerra lo stava allontanando in fretta da tutto ciò che era ipotetico e irrazionale.

Prima di partire per il fronte era convinto che l’illusione di un tiepido ritorno a casa l’avrebbe aiutato a superare l’inquietudine di quei momenti. Aveva creduto di essere abbastanza forte, abbastanza determinato da poter affrontare qualsiasi tipo di sfida.

In guerra, gli aveva detto più volte suo padre, non esiste più la paura. Né il rimorso. Non c’è spazio per la compassione o per la vergogna nel cuore di un soldato.

Balle. Tutte balle.

L’unica cosa per cui non c’era spazio in quel cuore foderato di ribrezzo era la quiete. Sarebbe stato tutto più semplice, se la luna fosse stata sua amica. Se la luce che emanava fosse stata per lui un conforto e non un fastidio: un po’ come funzionava per Stefan.

Il pensiero del fratello lo accarezzò istintivamente, e Damon se ne appropriò all’istante, evocando  il suo sorriso gentile. Ricordò il suo sguardo limpido e ancora privo di ombre che ricordava ancora quello di un fanciullo.

Stefan era sempre stato affascinato dalla luce, proprio come Damon prediligeva la notte. Quando, da bambino, il piccolo Stefan osservava incantato il movimento luminoso di un fuocherello, il maggiore era sempre più interessato dal gioco di ombre proiettato dalle fiamme.

Pensare a Stefan, al dilatarsi dei suoi occhi chiari quando il suo sguardo curioso indugiava su una stella più accesa delle altre, lo portò a sorridere, seppur in maniera lieve. In silenzio, incominciò a domandarsi se l’avrebbe rivisto presto; se era cresciuto, cambiato, rispetto all’ultima volta che si erano viti. Il ricordo del fratello era ancora in grado di scaldargli il cuore. Se ne accorgeva quando, troppo esausto per fare ordine fra i suoi pensieri, Damon rivedeva nel volto di un soldato spaventato la paura dello Stefan bambino nei confronti delle notti nuvolose prive di luna e di stelle. Quando nei movimenti delicati e premurosi di un’infermiera, individuava le carezze con cui il fratello viziava la sua cavalla, Mezzanotte.*

Se Damon ricordava Giuseppe nei momenti di oscurità forzata, quando riusciva a nascondere il viso sotto un pezzetto di tela consunto, Stefan era perfettamente visibile ai suoi occhi ogni qualvolta che essi venivano rischiarati dalla luce di una candela. Dal bagliore di un lampo improvviso. Dalle luce tenue delle stelle.

In quei momenti,  Damon imparava a mettere da parte il buio e ad apprezzare maggiormente la luce.

Solo così le notti incominciavano a non sembrargli poi così fredde e interminabili.

Solo così, la luna prendeva a vegliarlo con aria sempre meno minacciosa, sussurrandogli di chiudere gli occhi e di dimenticare la lotta tra luci e ombre.

Doveva dormire.

Doveva semplicemente dormire.

Sì, avrebbe abbassato la guardia.

No, non ci sarebbe stata più nessuna guerra. Non quella notte, per lo meno.

E molto spesso, cullato dai ricordi che risuonavano di bisbigli infantili e di grilli, Damon riusciva finalmente a prendere sonno.

Proprio grazie alla luce.

“Sleep
Just sleep
The hardest parts
The awful things that
I've seen”

Sleep. My Chemical Romance

 

 “Ti ho sentito.”

Damon spalancò gli occhi, contemplando in silenzio l’ oscurità che gli riempiva la visuale. Un movimento leggero alla sua destra gli fece notare che il fratellino giaceva rannicchiato ai piedi del suo letto.

“Scusa” tentò di bisbigliare Stefan, sforzandosi di imitare il timbro rauco del fratello. “Resto ancora pochino e poi me ne vado, lo giuro!”

In realtà Stefan sperava che, con un pizzico di fortuna, suo fratello si sarebbe addormentato a breve, dimenticandosi della sua presenza. Non aveva intenzione di restare solo in camera sua. Non con tutto quel buio.

Certo, non era proprio ‘solo solo’.

Da qualche parte,  fuori dalla finestra, la luna vegliava su di lui. E a circondarla c’erano anche le sue stelle.

Certo però che erano tutte così lontane…

“Si può sapere perché hai così tanta paura del buio?” gli domandò Damon. Si girò su un fianco, tentando di individuare nell’oscurità il profilo del fratello.

Stefan appoggiò le manine sulla coperta, inginocchiandosi di fronte al letto. La domanda del fratello l’aveva completamente spiazzato.

Tutti i bambini hanno paura del buio, si disse.  Tutti tranne Damon, ovviamente .

Ma  come si fa a spiegarne il perché?

 “Perché è tutto così nero che non riesco a vedere nulla” bisbigliò a quel punto, arrampicandosi con titubanza sul letto del maggiore: confidava nel fatto che il buio potesse nascondere i suoi movimenti.

Damon non disse nulla. Lo lasciò fare, anche se i piedi freddi di Stefan gli avevano punzecchiato il polpaccio scoperto.

Stef, è proprio questo che non capisco.”

Il ragazzino intrecciò le dita dietro la nuca e sospirò. Le iridi azzurre, completamente invisibili nell’oscurità della notte, rincorrevano le ombre a malapena accennate dei mobili.

“Se non riesci a vedere nulla… Allora di che cosa hai paura?”

Stefan spalancò la bocca con aria confusa. Le riflessioni di Damon non erano alla portata di un bambino piccolo come lui, perciò il ragazzino si limitò a sbadigliare con espressione insonnolita.

 “Lo sai, Stefan… Lo sai che cosa c’è di tanto bello nel buio?” continuò a domandare Damon, socchiudendo appena gli occhi impastati di sonno.

Stefan scosse il capo, dimentiche del fatto che il fratello non potesse vederlo.

“-Cosa c’è di tanto bello?” farfugliò con voce esile, rannicchiandosi su un fianco: era talmente piccolo che anche con il giorno sarebbe stato a malapena individuabile, così circondato dalle coperte.

“Proprio perché non riesco a vedere nulla… Allora mi posso immaginare tutto quello che voglio. Posso vederci quello che ci voglio.”

Stefan riconobbe nelle parole del fratello una particolare nota di ammirazione e non poté fare a meno di sorridere, pur non riuscendo a comprendere a pieno le parole di Damon.

“E tu cosa vedi, Dame?” domandò prima di scoccargli un’occhiata furtiva. Sicuro che l’oscurità avrebbe mantenuto il suo segreto, Stefan si infilò il pollice in bocca, beandosi della sensazione di conforto che gli parve di trarre da quel gesto.  “Vedi Mezzanotte?”

Il visetto del maggiore dei Salvatore si illuminò,  mentre un sorrisetto divertito arricciava gli angoli delle sue labbra.

“In questo momento sta correndo assieme a Jake*.” rivelò il ragazzino, permettendo alla sua immaginazione di tracciare le corse immaginarie di due cavalli.  “Chi arriva per primo alla tua stanza vince in premio una carota.”

“Caspita!” Stefan fece cozzare i palmi delle sue manine, pur continuando a succhiarsi il pollice. “Allora il buio non è poi proprio così cattivo” mormorò con  voce più sottile. Infine chiuse gli occhi, sconfitto dall’ora tarda e dalla stanchezza.

Damon si morse il labbro, sforzandosi di trattenere un secondo sorriso: era piacevole, incantare il suo fratellino. Bastava poco per riuscire a fargli trovare un barlume di luce in ogni sprazzo di oscurità.

“E la mamma, Dame?” Il sussurro di Stefan giunse alle orecchie del fratello in maniera talmente flebile, che per un attimo Damon pensò di esserselo soltanto immaginato.  “Riesci a vedere anche la mamma?”

L’interrogativo rimase sospeso nell’aria per qualche minuto, prima di venire bruscamente spezzato dal respiro irregolare del minore dei Salvatore: il piccolo si era addormentato.

“Buonanotte, Stefan.” mormorò Damon prima di girarsi su un fianco, alzando verso il soffitto gli occhi che  ancora non accennavano a chiudersi. Ripensò alla loro mamma e a com’era bello il suo sorriso. Ricordo anche la canzone della buonanotte che più volte aveva sussurrato loro in quella stessa cameretta, per aiutarli a prendere sonno.

L’oscurità lo strinse a sé come un mantello o un abbraccio – un abbraccio di madre -  tenendolo al caldo e al sicuro.

Sì, rispose mentalmente il bambino prima di cedere anch’egli al richiamo invitante del mondo dei sogni: riusciva a vederla perfettamente.

 

“Io non sono obbligato a vederlo come te. Io me lo posso immaginare come voglio.”

Da Rosso come il Cielo

*Jake e Mezzanotte sono i cavalli di Damon e Stefan nella saga “I diari di Stefan”. Mi piacciono tanto come nomi e ho voluto immaginare che i fratelli avessero le due creature fin da bambini.

Nota dell’autrice.

Uhmmm… Niente, ero in completa fase di blocco ultimamente, quindi questa storia non è uscita molto bene.  Ma mi sono ricordata che questa raccolta era rimasta immobile troppo a lungo e ho deciso di farci ritorno.

Dell’attrazione per il buio e delle discrepanze fra la luce/Stefan e il buio/Damon ne avevo già parlato nella seconda one shot di questa raccoltaThe little prince of darkness dove il Damon bambino si aggira per la casa di notte. Ma ho pensato che ci fosse dell’altro da poter aggiungere e avevo voglia di provare a scrivere sul Damon soldato, perciò quando ho visto il prompt di Lolaventimiglia mi è venuta in mente questa. So bene che le due parti (l’inizio e il flashback) risultano collegate a fatica tra di loro, ma mentre scrivevo la parte di loro da bambini Stefan ha incominciato a curiosare fra i racconti del fratello e ha voluto a tutti i costi tirar fuori la madre. Immagino sia normale per un bimbo della sua età e così sensibile poi.

La frase citata a fine racconto è tratta da un bellissimo film, Rosso come il cielo, che ho visto qualche sera fa. Parla di un bambino che perde la vista giocando con un fucile. È una storia successa sul serio e ve lo consiglio perché è davvero splendido. Il titolo della one-shotNero come il nulla, è ispirato appunto al titolo di questo film. 

Detto questo vi saluto e fuggo.

Un abbraccio!

Laura

 

 

 

   
 
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