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Autore: _montblanc_    16/07/2011    5 recensioni
«Mi sono risvegliata in mezzo alla foresta di Konoha e mi sono detta: ”Beh, non è un male, infondo è sempre stato il mio sogno”, ma poi l’Hokage mi aizzato contro un gruppetto di Anbu e tutto è degenerato...» stava sbraitando la ragazza, una certa isteria nel tono di voce.
~
«Vuoi unirti all’Akatsuki?» domandò di rimando lui, senza distogliere lo sguardo dal combattimento; si stava visibilmente spazientendo.
Vuoi unirti all’Akatsuki? VUOI UNIRTI ALL'AKATSUKI?! Certe cose non si chiedevano così! Non ci si poteva mettere un minimo di introduzione tipo “Ehi, ciao! Ma lo sai che anche se non sei una ninja e non sai un emerito cippolo di come ci si comporti in una battaglia, saresti un membro eccellente nell’Akatsuki? Eh? Che ne pensi?”.
Se lo faceva in modo così diretto e, sopratutto, ad una che non desidera altro nella vita - in mia difesa potevo solo dire che ognuno merita di avere le proprie ambizioni-, questa, poverina, rischiava l’infarto. Ed io non ero Kakuzu, a me ne bastava uno per rimanerci secca.
(Ho cominciato a scrivere questa storia veramente tanto tempo fa, quindi sto piano piano riscrivendo i vecchi capitoli nel disperato tentativo di renderli più leggibili)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Akatsuki, Altri, Deidara, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Prologo
 
Stavo perdendo la percezione del mio corpo. Qualsiasi appiglio fisico mi stava sfuggendo dalle mani, mentre precipitavo nel vuoto più assoluto. 
Era come se qualcosa stesse risucchiando la parte più profonda di me, come se stessi venendo trascinata lontano.
«N… Vuoi… mdn…en…trare nel…?»
L’eco di una voce lontana mi attraversò la mente per un istante, ma non riuscii a cogliere il senso di ciò che mi stava dicendo; prima che me ne rendessi conto era già svanita nel nulla e tutto si era colorato di nero.
Un ricordo? Cosa stai dicendo? Chi sei? Non riesco a vedere.
Era un suono ovattato, confuso, come se qualcuno tentasse di parlarmi mentre affondavo sempre più profondamente negli abissi del mare.
Stavo galleggiando nel nulla, non avvertivo più alcun limite fisico, non riuscivo a distinguere me stessa dallo spazio che mi circondava.
Ma io… che cosa stavo facendo? Poco fa non… poco? Poco cosa? Da quanto stavo…?
Per quanto tentassi di radunare i miei pensieri, essi finivano per dissiparsi nell’oblio della mia coscienza, quasi come se stessi cercando di afferrare la sabbia con le mani, ma questa continuasse a spargersi intorno a me e venisse trascinata via.
Improvvisamente un colpo fortissimo mi attraversò completamente e una lunga scossa elettrica si diramò in ogni direzione, fino a pizzicarmi la punta delle dita. 
Le dita? Una mano? Il mio corpo…!
Un sospiro strozzato abbandonò le mie labbra mentre l’immagine, a tratti familiare, di un freddo e profondo cerchio rosso che mi osservava da lontano, si accartocciò su se stessa fino a sparire completamente dalla mia mente.
 
***
 
Aprii gli occhi di scatto.
Presi automaticamente una grande boccata d'aria, che mi bruciò fastidiosamente la gola, mentre agitavo le braccia nell’avvertire quella spiacevole sensazione di vuoto causata dall’idea del cadere.
La luce del sole, che in quel momento mi apparve più brillante che mai, invase improvvisamente il mio campo visivo, provocandomi una dolorosa fitta alle tempie e costringendomi a richiuderli ermeticamente.
Rimasi così per qualche secondo, ascoltando soltanto il suono del vento che, ininterrottamente, mi sfiorava leggermente le guance e accarezzava le fronde degli alberi che sembrava si ergessero tutt'intorno a me.
Automaticamente, spostai le mani intorno al mio corpo, avvertendo l'erbetta umida solleticarmi le dita e bagnarmi i vestiti. Sotto di essa la durezza del terreno mi fece capire che non ci sarebbe stato modo di scampare al terribile mal di schiena che mi avrebbe perseguitato nei giorni seguenti.
Feci un respiro profondo, sentendo l’aria gonfiarmi il petto e calmare la sensazione di caos che percepivo nella mia mente, quasi come se qualcuno avesse preso i miei pensieri, li avesse mescolati e capovolti sotto sopra, trasformandoli in una poltiglia non ben definita.
Dove mi trovo?
Aprii nuovamente gli occhi, questa volta lentamente, lasciando che si abituassero alla calda luce del sole che brillava alto nel cielo e cercando di mettere a fuoco gli oggetti che mi circondavano. 
Intorno a me, come avevo ipotizzato precedentemente, non c’era altro che alberi posizionati l’uno accanto l’altro, che mi impedivano di scorgere cosa ci fosse al di là di quell'imponente muro verde.
Soltanto la piccola area intorno a dove mi trovavo era libera dalla loro presenza, ricoperta soltanto da un leggero strato di erba che in alcuni punti brillava leggermente, umida, a causa della luce che si rifletteva su di essa.
«Mi trovo in un prato…» mi risposi mentalmente, continuando a guardarmi intorno alla ricerca di qualcosa che mi fosse familiare in quel luogo «Come accidenti ci sono finita su un prato?!».
Non era sicuramente la prima volta che capitava che mi svegliassi senza essere sicura di chi fossi, dove e in quale era geologica mi trovassi – anzi, era una cosa piuttosto frequente dopo i miei strategici sonnellini pomeridiani-, ma era la prima volta che al mio risveglio mi trovavo sdraiata su di un campo mai visto prima. Beh, dubitavo che ci fossero molte altre persone a cui era capitato di vivere un’esperienza simile, almeno per quanto riguardava quelle con una vita piatta e monotona come la mia.
Mi misi seduta, accompagnata da un suono piuttosto raccapricciante proveniente dalla mia colonna vertebrale che, non troppo felice della sistemazione su cui l’avevo costretta a stare per chissà quanto tempo, mi informava con una molto poco gentile fitta alla schiena che non se ne sarebbe dimenticata presto.
Passandomi le dita sulle tempie, nel vano tentativo che questo alleviasse almeno un po’ l’irritante dolore che stava tamburellando senza pietà il mio cervello, ripercorsi velocemente i miei ricordi, sperando di capire come fossi finita in una situazione simile: ricordavo di trovarmi in casa e di aver sentito degli strani rumori provenienti dall’esterno della mia camera. La cosa non mi aveva esattamente rassicurata, dato che quel pomeriggio la mia famiglia si trovava fuori. Chiedendomi se il mio vecchio gatto obeso avesse organizzato una festa clandestina nell’altra stanza, ero andata a vedere quello che stava succedendo. Ripensandoci a posteriori, la mossa non era stata delle più astute… eppure avevo visto abbastanza film horror da capire che in quelle situazioni non era proprio il caso di lanciarsi di faccia verso il possibile pericolo! Purtroppo io non brillavo per la mia capacità di prendere decisioni intelligenti o sensate e dopo essere uscita dalla stanza avevo… avevo…?
Corrugai leggermente la fronte, mordicchiandomi il labbro inferiore, decisamente perplessa: non mi veniva in mente nient’altro.
Che avessi battuto la testa da qualche parte? Con una mano mi tastai i capelli alla ricerca del presunto bernoccolo/contusione/possibile trauma cranico che avrebbe dovuto trovarsi lì da qualche parte se la mia ipotesi fosse stata corretta, ma non sembrava esserci nulla di strano. A parte la situazione in cui mi trovavo, s'intende.
Mi costrinsi all’ennesimo respiro profondo della giornata, tentando di radunare qualsiasi frammento di calma possibile ed evitare di farmi venire un esaurimento nervoso prima del tempo.
«Ok… tutto bene, tutto apposto!» cercai di tranquillizzarmi «Facciamo il punto della situazione: non so dove mi trovo, non so come ci sono arrivata… non mi dispiacerebbe farmi in fretta una doccia, magari».
In effetti, quest’ultimo punto non era esattamente considerabile come una delle priorità, ma una macchia marrone molto sospetta spiccava in bella vista sulla mia maglietta – maglietta che, tra l’altro, non ricordavo di avere, ma in quel momento quale fosse il mio outfit era l'ultimo dei miei problemi- e speravo fortemente si trattasse di fango; l'idea di poter essermi rotolata nel sonno sul grazioso souvenir di un qualche amabile cagnolino non mi allettava particolarmente, anzi, non mi allettava affatto.
Faticosamente mi alzai, con la stessa grazia di un leone marino mummificato, i postumi dell’aver dormito fra le rocce ben impressi in ogni singola porzione della mia pelle.
Massaggiandomi una spalla nel vano tentativo di svegliarla dal torpore che la avvolgeva, cominciai a camminare senza una meta precisa o una qualche idea su cosa sarebbe stato meglio fare. Volevo credere che prima o poi sarei riuscita a raggiungere un luogo vagamente familiare che mi avrebbe aiutato a capire dove mi trovassi. Perché sarebbe successo, vero? Dopotutto, quanto lontano potevo essere finita se non mi ricordavo nemmeno di essere uscita di casa?
Intorno a me era un susseguirsi di alberi enormi – veramente troppo enormi per gli standard della mia città, il cui concetto di vegetazione si limitava ad una specie di parchetto di qualche metro, composto per la maggior parte da cemento e bottiglie abbandonate-, cespugli piuttosto tetri e ancora alberi enormi. Non volevo nemmeno fermarmi a pensare a chissà quanti insetti mi stessero guardando dall’ombra delle loro tane in quel momento, pronti per uscire dai loro nascondigli e lanciarsi contro il mio povero corpo indifeso e dolorante per sottopormi a chissà quale malvagità.
Mi portai mani al petto, accarezzandomi le braccia per cercare di aumentare almeno un po’ la mia temperatura corporea, ma probabilmente avrei ottenuto il medesimo risultato se avessi tentato di abbracciare una confezione di polaretti.
Stavo già cominciando a maledire la mia idea di andarmene a zonzo totalmente a caso per una foresta sconosciuta: sarebbe stato molto meglio rimanere nel campo ad aspettare che qualcuno venisse a cercarmi piuttosto che perdermi, rischiare di essere sbranata da qualche vecchio orso o di cadere in un crepaccio; o di cadere in generale, visti i rami che continuavano a sbucare a tradimento dal terreno minando il mio, già precario, equilibrio.
Mi fermai, lasciando dondolare sovrappensiero un piede nel terriccio che ricopriva quell’area, guardandomi intorno nella speranza di trovare un punto di riferimento: le mie capacità di orientamento non erano propriamente il massimo, ma intorno a me tutto continuava ad essere perfettamente identico, non importava quanto continuassi a camminare. Non mi aspettavo mica di trovare un cartello segnaletico, un'insegna neon o qualcosa del genere lì, in mezzo al nulla, ma un vago indizio che stessi andando nella direzione giusta non mi sarebbe dispiaciuto; o almeno un qualche cambio di scenario che mi avesse dato l’idea di star effettivamente muovendomi nello spazio e il tempo.
«Allora…» mi sforzai di pensare, cercando di resuscitare dei vaghi ricordi di una cosa che avevo sentito dire durante l'ora di geografia «Era a nord o a sud che cresceva il muschio?».
Sospirai, scocciata; saperlo non avrebbe cambiato nulla e io mi ero inequivocabilmente persa, inutile continuare a negarlo. La situazione cominciava seriamente a farsi preoccupante e non pensavo sarei riuscita a mantenermi a lungo in quello stato di calma interiore forzata, il cuore che cominciava a battermi più veloce nel petto a causa dell’ansia crescente.
Proprio nel momento in cui mi stavo pizzicando un braccio, sperando di risvegliarmi dalla situazione assurda in cui mi ero ritrovata, mi parve di scorgere un'ombra tra gli alberi; una sagoma dalle fattezze piuttosto umane, a parer mio.
Sobbalzai leggermente per la sorpresa e poi strinsi gli occhi, cercando di mettere a fuoco la figura apparsa improvvisamente nel mio campo visivo: non riuscivo a distinguerla chiaramente dato che era piuttosto lontana rispetto a dove mi trovavo e la poca luce che riusciva a farsi spazio fra le fronde degli alberi non rendeva le cose più facili.
Inizialmente il mio sesto senso – o almeno quella specie di intuito tarocco che possedevo- mi suggerì che forse era il caso di andarsene, e anche abbastanza velocemente. Cominciare a vedere ombre nel mezzo di una foresta non mi pareva esattamente una buona cosa.
Tuttavia, quel giorno, il mio istinto di sopravvivenza aveva deciso di chiudere definitivamente i battenti, quindi cominciai ad muovermi verso di lei: tanto peggio di così non poteva andare! Anche se effettivamente a rigor di logica era molto meglio continuare a passeggiare in un bosco da sola piuttosto che rischiare di farlo inseguita da un potenziale serial killer; ovviamente il pensiero non sfiorò minimamente il mio cervello, già troppo impegnato a concentrarsi sul non farmi finire con la faccia a terra per colpa del terreno accidentato. Ero veramente pessima nel multitasking.
«Ehm… mi scusi?» cominciai, schiarendomi poi la voce, un po’ roca a causa del tempo passato senza che la utilizzassi «Credo di essermi persa, no… mi sono completamente persa e non so che fare…».
Più mi avvicinavo, più avevo la sensazione che la mia meta si facesse più lontana. 
Dopo qualche minuto di camminata mi fermai, accigliata: nonostante avessi percorso diversi metri l'ombra si trovava ancora nello stesso punto di prima, decisamente troppo lontana rispetto a quello che mi sarei aspettata.
Ma che stava succedendo?! 
Era vero che la mia percezione spazio-tempo lasciava piuttosto a desiderare, ma persino a una come me cominciava a sorgere qualche dubbio se per percorrere una quindicina di metri ci stavo impiegando mezz'ora; forse avevo veramente preso una qualche botta in testa, una piuttosto forte.
«Mi può aiutare?» tentai di nuovo, sperando di smuovere un minimo il cuore della persona che mi stava osservando, di impietosirla e fare in modo che mi desse mano ad andarmene da quello strano luogo. Insomma, gli avevo pure dato del lei! Non mi poteva abbandonare così! Nessuna persona sana di mente avrebbe abbandonato una povera giovane donzella spaventata e confusa in mezzo al nulla, vero?
E invece lo fece… l’ombra scomparve. Volatilizzata nel nulla ancor prima che me ne rendessi conto. Molto d’aiuto, grazie.
«Se ne è andato!» mormorai incredula, sbattendo irritata un piede sul posto e facendo sollevare una leggera nuvoletta di terra col mio movimento brusco «Mi ha mollata in mezzo a una foresta!».
Sussurrando diversi appellativi molto poco carini nei confronti della figura che mi aveva appena abbandonata, della società crudele e di qualsiasi altra cosa mi potesse venire in mente in quel momento - persino verso la bidella infame che nascondeva la carta igienica durante l’intervallo-, indietreggiai, decidendo saggiamente che era arrivato il momento di ritornare sui miei passi e di aspettare che qualcuno mi venisse a cercare; o almeno, quello sarebbe stato il piano, ma qualcosa mi colpì con forza alla nuca e, prima che me ne rendessi conto, il mondo aveva cominciato a perdere le proprie fattezze di fronte ai miei occhi, venendo avvolto dall’oscurità.
Dovevo ammettere che la giornata non era esattamente partita nel migliore dei modi.
 
Angolino dell'autrice: 
Ciao a tutti! Ho deciso di provare a cimentarmi nella scrittura di una fanfiction sulla mia principale fissa del momento, Naruto ( ennesimo tentativo di una lunga serie di storie lasciate a marcire in una cartella non ben definita del mio computer). La mia fantasia in ambito di titoli lascia sempre molto a desiderare, ma spero che vi piaccia e buona lettura!
Piccolo aggiornamento dal futuro: considerando che ho cominciato a scrivere questa storia nel lontanissimo 2011 e che, grazie al cielo, voglio almeno sperare che il mio stile di scrittura abbia subito un minimo di miglioramento rispetto ad allora, sto cercando di riscrivere i vari capitoli. Per quando riguarda la struttura della storia e lo sviluppo della trama, quello non subirà cambiamenti ( anche se adesso ci sono delle cose che avrei organizzato in tutt'altro modo), ma voglio almeno rendere la scrittura un po' più vicina a ciò che sono adesso. 
Per quando riguarda i nuovi capitoli ho ancora intenzione di scrivere una conclusione, presto o tardi ( anche se ormai, in realtà, le opzioni sono tardi o tardissimo), ma per il momento sono consumata da un terribile blocco dello scrittore che mi tiene ancorata alla metà della stesura del capitolo 42. Comunque abbiate fede in me, non ho intenzione di lasciare inconclusa questa storia!
  
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