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Autore: Rota    16/07/2011    5 recensioni
L'aria sapeva di salsedine - pizzicava appena il naso, facendolo arricciare un poco all'insù.
L'aria sapeva anche di rumori vivaci, di bambini che si godevano il primo e tenue sole della giornata, forti di creme solari profumate sulla pelle e di cappellini colorati sulla testa: armati di paletta e secchiello, costruivano i loro castelli, adocchiando di tanto in tanto che la marea non giocasse loro qualche brutto tiro.
L'aria sapeva anche di profumi diversi, di focacce e pane appena sfornati da persone sveglie già da qualche ora, di frutta di mercato e persino di cuoio, laddove sandali troppo bistrattati avendo ceduto nei lacci necessitavano di un aiuto solerte. Caffè e zucchero si mescolavano dolcemente e senza intoppi, assieme alla panna e cioccolato di qualche goloso audace.
L'aria sapeva - anche - di ricordi, di piedi scalzi nella sabbia bollente e di sorrisi rubati assieme agli schizzi di acqua salata.
Nella dormiveglia, contro il cuscino candido del letto, Jiandi ricordava benissimo il colore vivace del cappellino che Caterina mai si toglieva, quando andavano in spiaggia assieme.
Era di un rosa pallido.

[Fem!RoChu - Partecipa al FemSlash Day indetto dal CoS - Colletion of Starlight]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Cina/Yao Wang, Russia/Ivan Braginski
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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*Autore: margherota

*Fandom: Axis Powers Hetalia

*Titolo: Amore fatto di vento

*Personaggi: Fem!Russia (Caterina Braginski), Fem!China (Jiandi Wang)

*Genere: Introspettivo, Romantico, Fluff

*Avvertimenti: Yuri, One shot, AU, Gender Bender, Lime

*Rating: Arancione

*Prompt fanfic100_ita: 054. Aria

*Parole: 2850

*Note: Fan fic scritta per ben /tre/ iniziative: FemSlash day - e viva lo yuri (L) - per il concorso di EFP sull'estate - evviva le lemon incompiute (L) - per una delle mie migliori amiche che aveva tanta, tanta voglia di RoChu.

Ed eccomi qua =)

Per quanto riguarda i nomi delle mie Fem!Russia e Fem!China, Caterina è riferito alla moglie di Pietro I di Russia, mentre Jiandi - al pari di Yao - è ripresa dalla mitologia cinese, facente parte del principio del buio, della Luna e dell'acqua. Non ho la pretesa di essere la prima ad usare questi nomi, molto probabilmente ci sarà stato qualcuno prima di me, nel caso questo qualcuno legga la mia fan fic non si faccia problemi a dirmelo in sede anche privata e provvederò a mettere ogni riferimento (L)

Il titolo della mia operetta è invece un verso della canzone "Lisa dagli occhi blu" di Mario Tessuno, che parla appunto di amori giovanili e/o estivi che passano in fretta. Mi sembrava appropriato.

La mia fanfic procede a questa maniera: Jiandi si ritrova nella dormiveglia a ricordare eventi appena passati. Nella sua testa l'azione è presente, viva, per questo motivo il tempo verbale è quello della realtà, anche per distaccare la narrazione vera - al passato - con quella fittizia del sogno.

 

 

 

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L'aria sapeva di salsedine - pizzicava appena il naso, facendolo arricciare un poco all'insù.

L'aria sapeva anche di rumori vivaci, di bambini che si godevano il primo e tenue sole della giornata, forti di creme solari profumate sulla pelle e di cappellini colorati sulla testa: armati di paletta e secchiello, costruivano i loro castelli, adocchiando di tanto in tanto che la marea non giocasse loro qualche brutto tiro.

L'aria sapeva anche di profumi diversi, di focacce e pane appena sfornati da persone sveglie già da qualche ora, di frutta di mercato e persino di cuoio, laddove sandali troppo bistrattati avendo ceduto nei lacci necessitavano di un aiuto solerte. Caffè e zucchero si mescolavano dolcemente e senza intoppi, assieme alla panna e cioccolato di qualche goloso audace.

L'aria sapeva - anche - di ricordi, di piedi scalzi nella sabbia bollente e di sorrisi rubati assieme agli schizzi di acqua salata.

Nella dormiveglia, contro il cuscino candido del letto, Jiandi ricordava benissimo il colore vivace del cappellino che Caterina mai si toglieva, quando andavano in spiaggia assieme.

Era di un rosa pallido.

 

-Caterina!-

Il sorriso della ragazza è dolce, sembra quasi divertito per quella cadenza strana che la tua voce, Jiandi, assume ogni volta che pronunci il suo nome.

Cate- r - ina. La "r" proprio non ti riesce bene, e vibra contro le tue labbra in maniera comica, alle sue orecchie.

Forse è per questo che ama sentirsi chiamare da te, perché nessuno proprio riesce a pronunciare il suo nome così: è una tua prerogativa.

Lei ha tra le mani pallide i suoi sandali eleganti, e aspetta che tu la raggiunga, lì dove la sabbia incontra le onde del mare ed è più fresca. Ha la pelle sensibile, quella grande russa, e poco apprezza il forte calore dei granelli nei pomeriggi della tua estate.

-Sono qui, Jiandi...-

Sempre calma, sempre sorridente. Non l'hai mai vista arrabbiata, mai alterata, eppure se questo dovrebbe turbarti invece ti rassicura profondamente.

Prima non era così, Caterina ti ha intimorita pur non facendo proprio nulla - lei ti ha avvicinato, in una gelateria sulla spiaggia. Aveva un sorriso affabile, un gelato fin troppo enorme tra le mani, la pretesa di fare la tua conoscenza sulla bocca.

Sei stata infastidita dalla sua ingombrante presenza, anche perché dopo quel primo incontro l'hai vista sbucare ovunque, alla ricerca della tua attenzione. Con un po' di ragionevolezza, avresti potuto dare la colpa al caso di tutto ciò, o a quel particolare riguardo che si riserva alle cose che, per magia, diventano interessanti, e allora pare che riempiano tutto il mondo anche in maniera indebita.

Orgoglio per orgoglio, non sei stata disposta a cedere facilmente.

Ma ora eccoti qua, eccoti qua a correre sulla sabbia, a ripetere il suo nome e sperare che lei si fermi e ti aspetti, mentre avanzi con un po' di fatica mentre il vento arriccia il tuo vestito rosso, quello che piace a lei.

Caterina si lascia prendere la mano, quando finalmente sei riuscita a raggiungerla, e comincia a giocare con i piedi con la schiuma bianca, facendoti bagnare un po' di più del dovuto. Ti è sempre sembrava una bambina un poco più grossa del normale, dal primo momento, ma se all'inizio la cosa ti ha infastidita ora non puoi che esserne intenerita.

Però è lei che ti abbraccia le spalle, con un gesto che vuole essere più possessivo che realmente dolce, obbligandoti a cingerle la vita a tua volta. La guardi in volto, a chiedere spiegazioni, ma lei ti sorride e basta, continuando a camminare.

La sua pelle ha un buon profumo, ed è morbida - vorresti baciarla come l'altra sera, ma non siete più da sole e quella non è la tua stanza, ma la spiaggia.

Ti limiti a strofinarci contro il tuo naso, stringendo appena.

Lei indica all'improvviso un venditore ambulante, di quelli che urlano a squarciagola per farsi vedere. L'omino è scuro di abbronzatura, ma la frutta che porta seco è tanto colorata e sembra anche tanto fresca. Caterina ne ha desiderio, lo senti dalla voce che freme.

-Voglio dell'ananas...-

Non fai neanche in tempo a rispondere che già siete dall'uomo, a comprare spiedini di frutta e qualche pezzo di cocco in più.

Sei felice di sederti sulla sabbia mentre il resto del mondo di vortica attorno e tu non te ne accorgi neanche, troppo presa a guardare il sorriso di lei che si infrange contro un pezzo di pesca più rosso del solito.

Lei lo nota e si rivolge a te, senza fare alcuna domanda.

Diventi anche tu rossa - proprio come quella pesca - e ti immergi con l'attenzione solo a quella frutta.

Però il suo bacio dolce sulla guancia lo senti benissimo.

 

L'aria sapeva di salsedine - pizzicava appena il naso, facendolo arricciare un poco all'insù.

L'aria sapeva anche di finestra aperta sulla spiaggia, di crema abbronzante sul mobiletto, di sandali di sughero - i suoi, messi proprio a casaccio - appena sotto la rete del materasso. Era tutto confuso, ma facendo quel briciolo di attenzione in più nell'aria si individuavano oggetti fermi e presenti.

Infatti, l'aria sapeva anche del pareo, sia quello blu rannicchiato in malo modo nell'angolo a sinistra della porta, sia quello rosso, delicatamente appoggiato sulla sedia accanto alla scrivania. Del primo, si poteva intuire lo zucchero della bibita gasata che Caterina, forse per sbaglio o forse per gioco, aveva versato sopra il tessuto, una di quelle sere. Del secondo, si sentiva perfettamente il profumo di lei, ancora tutto presente.

L'aria sapeva anche di chiuso, da un lato - quel chiuso compresso a lungo in una valigia di cuoio vecchia e in disuso che Caterina si portava appresso, in maniera nostalgica, assieme a tanti oggetti antiquati che parevano piacere solo a lei.

Nella dormiveglia, contro il cuscino candido del letto, Jiandi ricordava benissimo il colore vivace di quella collana vecchia che Caterina mai si toglieva, quando passeggiavano sul lungo mare la sera assieme.

Era di un rosa pallido.

 

-Caterina.-

La vedi sorridere, all'ombra della tenda colorata del gazebo - sulla sua pelle ci sono ombre di tutte le tonalità, e sembra quasi un arcobaleno impazzito quello che si dilunga sul suo petto e sulle sue braccia.

Ti verrebbe da sorridere anche a te, se solo ciò non significherebbe ammettere che la stavi guardando, proprio lì.

Alla luce del sole certe cose ti sembrano ancora troppo vergognose, dopotutto. La vorresti solo per te, e un'occhiata di troppo la renderebbe più volgare del dovuto.

Lei però sorride, ben conscia di essere vista e ammirata da te, Jiandi. Quasi ti viene il sospetto che quel costume l'abbia messo apposta, perché risalta troppo il suo seno e risalta troppo i suoi fianchi per non destare sospetti.

Ma forse no, non è così: dopotutto, lei ti ha appena fatto un complimento per il tuo costume, che di provocante non ha proprio nulla, anzi, e tu ti sei sentita avvampare e hai farfugliato qualcosa di assolutamente incomprensibile.

Per questo l'hai ripresa, e per questo lei ora ride. Sì, un po' ti prende in giro, e tu sbuffi, ma con un piccolo sforzo di volontà riesci anche a dimenticare lo sgarbo quando lei ti prende la mano tra le sue dita e la porta alla bocca, per baciarla con delicatezza. Non chiede scusa con la voce - non l'ha mai fatto, e intuisci che mai lo farà - e le sue labbra che sanno ora di frutta ti accarezzano così dolcemente la pelle che non ne senti più bisogno.

Voleva del gelato, tu l'hai accontentata. E ritrovarsi sulla terrazza del tuo appartamento, solo tu e lei, due coppe bianche ripiene pensi sia stata una buonissima idea.

Lì avete anche mangiato, una volta. Tu hai sempre avuto il pallino della cucina, e lei ha insistito per mangiare qualcosa di tuo. Perché in Russia non si mangia pasta e lei era davvero tanto curiosa. Le hai cucinato qualcosa, con i pochi ingredienti di casa che ti eri portata appresso e il fornellino elettrico dal quale non ti separi mai, e lei è stata contenta.

Poi sei stata contenta anche tu, a vederla mangiare così tanto di gusto quella cosa semplice che hai fatto.

Anche il gelato che mangiate ora, davvero, è opera tua. E tu sei contenta ogni volta che lei prende il cucchiaino e se ne serve un poco, gustandolo piano sotto il tuo sguardo.

Sembra quasi che voglia farti un complimento ogni volta, ma lasci a te la scelta effettiva se sentirlo o meno. Non lo ritieni un comportamento corretto, no davvero, ma non ti azzardi a dire nulla. D'altra parte, Caterina vuole molto ma non dà mai troppo.

Sai il suo nome, anche lei sa il tuo.

Sai da dove viene, anche lei sa dov'è casa tua.

Sai quale sia la sua età, anche lei sa qual è la tua data di nascita.

Sai le sue misure, o almeno le hai intuite con precisione - così tante volte sei passata sul suo corpo con le dita che, anche a intuizione, riusciresti a dire cosa misura quanto. Anche lei lo sa, perché ha fatto esattamente la stessa cosa con te. Proprio questa mattina, in fondo, ti ha detto esattamente quanti nei hai sulla schiena, giustificandosi poi nel dire che si diverte troppo a vederti tutta rossa.

Caterina probabilmente non lo sa, ma ogni volta che sorride diventa un poco più crudele con te, negandoti qualcosa di diverso che non sia solo quello.

Tristemente, ti sei già accorta che non ti basta quello che ti viene offerto - il profumo della sua pelle, il riso della sua bocca, la felicità cortese dei suoi occhi.

Mangi il gelato, soprappensiero, lasciando che il vento ti soffi tra i capelli lunghi e ti gonfi appena il tessuto leggero dei vestiti.

Vedi all'improvviso il cucchiaino di lei a mezz'aria, proteso verso di te. La guardi, lei ti guarda, e mentre ancora si sporge tu accetti la porzione di gelato che ti offre con gentilezza. Caterina guarda il cucchiaino scomparire al tuo interno, mentre a fatica mantieni lo sguardo alto - ti sembra così osceno, all'improvviso, tutto quello, che vorresti dirle di smetterla subito e di comportarsi a modo, una volta ogni tanto.

Sai già che riderebbe di te e farebbe finta di nulla, come al solito. Senza pentirsi di nulla, con l'incoscienza degna di una bambina piccola e capricciosa.

Forse la perdoni perché ha gli occhi grandi, forse la perdoni perché quando ti abbraccia non senti per nulla caldo ma invece vorresti solo lasciarti cullare e non pensare ad altro, forse la perdoni perché i suoi capelli sanno di zucchero filato e il suo mento di liquore.

Forse.

O forse perché sei ragionevolmente pazza, Jiandi.

 

L'aria sapeva di salsedine - pizzicava appena il naso, facendolo arricciare un poco all'insù.

Quando il braccio di Jiandi si dilungò verso sinistra, la dove un posto vuoto sancì un divenire banale, il lenzuolo si scoprì e rivelò nuovi e vecchi profumi, conosciuti e ritrovati.

C'era caldo, ancora, tiepido in altre parti, profumo di vaniglia e di vodka un po' stantia, di cipria scuro e di fondotinta delicato.

La giovane ragazza cinese si mosse verso quel lato del letto, non rotolando ma strisciando sul materasso, nell'affondare completamente il viso in un cuscino non suo.

Lì c'era tutto l'odore che voleva sentire, quello caldo e buono della sua Caterina.

Non voleva aprire gli occhi, non voleva limitarsi a cercarla: nel non trovarla, le si sarebbe spezzato il cuore; nel trovarla, magari intenta a preparare le ultime cose per la partenza, avrebbe comunque rovinato tutto per orgoglio e testardaggine.

Abbracciò il cuscino, mugugnando appena.

La pelle nuda contro il morbido delle lenzuola era una sensazione piacevole, dopotutto.

E nella dormiveglia, contro quel cuscino candido del letto, Jiandi ricordava benissimo il colore delle labbra di Caterina, proprio quelle che con un sorriso gli avevano detto che quella sarebbe stata l'ultima volta per loro.

Era di un rosa pallido.

 

-Caterina...-

Caterina ha un modo di amare piuttosto brutale, lo hai intuito più o meno dal primo momento in cui hai sentito le sue dita muoversi sul tuo corpo.

Eppure, Jiandi, dopo i primi tentativi di calmarla, di farle capire che un secondo in più non è sprecato ma ben goduto, non hai potuto far altro che lasciarti andare, sottomessa all'impeto della sua passione - non a lei, giammai, perché pur nella meraviglia dei suoi occhi non hai perso te stessa neppure per un istante.

E questo, forse, è la vera causa di una fine tanto banale e scontata.

La prima cosa che ha fatto è stata quella di spegnere la luce della tua camera. Tu ne sei stata sorpresa, è vero, ma ora ringrazi con tutto il cuore questo riguardo nei tuoi confronti, perché sai perfettamente che lei avrebbe preferito guardarti negli occhi, mentre ti faceva venire con le dita e poi con la lingua, ma sai anche perfettamente di come lei sia conscia del tuo imbarazzo anche solo nel toccarla, nuda, e sentire il calore del suo seno sotto le dita.

Eppure, la trovi così bella.

La seconda cosa che ha fatto non è stata baciarti, o sulle labbra, o sul collo, o sulle spalle o sul viso. No, la seconda cosa è stata quella di toglierti il laccio dai capelli, lentamente, guardando con attenzione la tua chioma scura sfilarsi e tornare libera sulle tue spalle.

Il suo sguardo ti ha imbarazzata, non poco, perché è stato così intenso che ne hai sentita tutta la gravità sulle guance. Avresti dovuto ringraziarla, per questo, ma non te la sei sentita - e poi lei ti ha baciato, rubandoti ogni parola e ogni respiro.

Non è la prima volta che fate l'amore, rotolandovi su questo stesso letto e tra queste stesse lenzuola. Forse, è la terza, la quarta, non lo ricordi neppure: ogni volta che la baci per te è proprio come adesso, pari intensità e pari sentimenti.

Per lei non sembra, anche se arrossisce come te e all'inizio ha tentennato più del dovuto nel toccarti. Poi vi siete guardate negli occhi, lei ha riso e tu le hai intimato di continuare con uno sbuffo. Più alcun problema.

Ora però sai che non ci sarà una prossima volta, e questo non ti piace neanche un po'.

Lei ti spinge e tu cadi sul letto, con un sorriso ti è di nuovo sopra. Caterina è grande, rispetto a te che sei minuta lo sembra ancora di più. Questo, intimamente, non può che renderti più contenta, perché quando cominci a baciarla ti sembra di non finire mai.

L'attiri quindi verso di te, in mezzo alle tue gambe, mentre la induci ad appoggiare con un certo vigore la sua bocca contro la tua.

Ti piacciono le sue labbra, sono morbide e voluminose.

Ti piacciono i suoi capelli, sono lunghi e profumati.

Ti piace la sua pelle, è liscia e calda.

Ti piacciono le sue spalle, ti piacciono le sue braccia, ti piacciono le sue mani, ti piacciono le sue gambe, ti piace il suo ventre, ti piace la sua schiena, ti piace il suo sedere, ti piace il suo seno...

-Mi piaci, Jiandi...-

E ti piace da matti anche la sua voce, infantile e un po' bambinesca - ma che quando pronuncia il tuo nome ti pare davvero la più bella e la più soave del mondo.

Non ha bisogno di scendere con le labbra, lei, per vedere la tua espressione tesa al piacere - le piace guardarti in volto, quando lo fa, e non per deriderti o per schernirti: lo fa perché ti trova bella.

-Mi piaci, Jiandi...-

Tu credi in quegli occhi chiarissimi, perché ti guardano e sembrano amarti.

Tu le credi.

 

-Jiandi, io torno in Russia...-

Nessuna risposta, nell'aria. Solo lo scattare della chiusura automatica dell'ampio zaino e un lento trascinarsi in avanti di una valigia senza rotelle.

Caterina non ci impiegò molto a parlare di nuovo.

-Torno a casa mia, a Mosca... è in Europa...-

Ancora nessuna risposta: Jiandi voltò il viso dall'altra parte ma non proferì alcun suono.

L'aria profumava ancora di buono e lei non voleva sporcarla con altri sentimenti.

-Mi sono davvero divertita con te... ti voglio bene...-

Non era tanto distante da lei, Caterina. Qualche passo, forse anche perché la stanza non era poi così grande.

Abbastanza vicina, dopotutto, da dar la possibilità di essere fermata, almeno per altri cinque minuti.

-Tornerò forse la prossima estate...-

Silenzio, ci volle l'aria tra di loro per creare un lieve fruscio delle tende chiare, alla finestra grande che dava sulla terrazza e sulla spiaggia.

La russa piegò il volto di lato, nel guardarla giacere nel bianco. E volle, volle con tutto il cuore, essere terribilmente crudele - crudele fino alla fine, perché ormai altro non poteva più essere.

-Non aspettarmi...-

Jiandi quasi indovinò sul suo viso un sorriso dolce, mentre lenta chiudeva la porta dietro di sé e spariva lontano, con passi cadenzati.

Con il suo cappellino, con la sua collana, con le sue labbra.

Piano si raggomitolò su sé stessa, prendendosi le gambe tra le braccia. Ma prima di iniziare a piangere, stava già dormendo. Per sognare ancora una volta.




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