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Autore: Phantom of a Rose    16/07/2011    5 recensioni
Blaine e Kurt vivono nel 1881, un tempo in cui non possono nemmeno tenersi per mano in pubblico senza paura di un rimprovero - o peggio. Come si evolverà il loro amore in questa diversa epoca? AU, Klaine.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Love, A Simple Duty - Capitolo 1


"Thou wouldst be loved?- then let thy heart
From its present pathway part not!
Being everything which now thou art,
Be nothing which thou art not.
So with the world thy gentle ways,
Thy grace, thy more than beauty,
Shall be an endless theme of praise,
And love- a simple duty." (*)

Blaine, sdraiato sul suo stomaco, posò il mento sulla sua mano e guardò in basso il suo libro di poesie pigramente. Il libro era appoggiato aperto sulla schiena nuda di Kurt, alcuni raggi di sole filtravano dalla finestra e illuminavano la sua pelle chiara.
“Non dovresti mai smettere di leggere poesie”, sospirò Kurt stringendo un cuscino e voltò la testa verso di Blaine. “Riesci a far sembrare interessanti quelle parole noiose.”
“Gli scritti dei poeti sono difficilmente noiosi, sir”, commentò Blaine, girando una pagina in modo assente. La sua mano scivolò dalla pagina sulla pelle di Kurt, le sue dita tracciando languidamente percorsi giù per il suo dorso, facendo venire la pelle d’oca alla pelle lattea del ragazzo.
Blaine amava le mattine in cui lui e Kurt potevano svegliarsi nello stesso letto, parlando e leggendo insieme, o, in più di un’occasione, continuando quello che avevano fatto la notte precedente fino al primo pomeriggio. I giorni in cui il padre e la nuova matrigna di Kurt erano fuori città per fare qualche genere di affare e il suo fratellastro Finn sgattaiolava nella casa della Signorina Berry per trascorrervi anche lui la notte. Blaine spostò il libro dalla schiena di Kurt e lo lanciò sul pavimento dietro di lui. Chinandosi, il lenzuolo scivolando più in basso sul suo torso, baciò un punto in mezzo alle scapole di Kurt, facendolo rabbrividire.
“Ti amo”, mormorò Blaine. Le sincere parole che poteva dire solo dietro a delle porte chiuse, dove solo Kurt le poteva sentire. Le parole che sperava di poter dire mentre stringeva la sua mano al parco, o ai galà di suo padre.
“Ti amo”, rispose Kurt dolcemente, contorcendosi anche lui nelle lenzuola e portando il volto di Blaine verso il suo, le loro labbra incontrandosi in un bacio rovente.
Dal fondo delle scale, il grosso orologio a pendolo del nonno di Kurt suonò dodici volte nella stanza dei suoi genitori, facendo sì che Kurt interrompesse il bacio con un sospiro. “Mi spiace”, sussurrò, la sua mano ferma sulla guancia di Blaine. “Gli altri torneranno presto. E la tua famiglia ti starà aspettando.”
Blaine sbuffò, l’aria portando indietro leggermente i capelli di Kurt. “Hai ragione.” Strinse la mano dell’altro ragazzo, sfiorando con le labbra le sue soffici nocche.
Kurt fu il primo a scendere dal letto, infilandosi i pantaloni e poi la camicia. Si stava abbottonando il gilè quando Blaine disse, quasi assente, “Kurt – pensi che ci sarà un giorno in cui noi potremo tenerci per mano in pubblico? In cui potremo… sposarci?”
Kurt si fermò al penultimo bottone del suo panciotto color crema. I suoi occhi azzurri incontrarono quelli nocciola di Blaine, con più tristezza di quanto quest’ultimo potesse sopportare. “Se quel giorno mai arriverà, Blaine”, disse Kurt, la sua voce rotta. “Non penso che io vivrò abbastanza per vederlo.” Tirò su dal pavimento la sua giacca blu, dove era stata lanciata frettolosamente la notte prima, e la infilò.
“Come fai a dirlo così facilmente?”, chiese Blaine, facendo scivolare le sue gambe giù dal letto e raccattando i suoi abiti.
“Sai bene quello che la chiesa dice di noi, Blaine”, disse Kurt, quasi con rabbia. “Ci vado ogni Domenica, proprio come te, e settimana dopo settimana ci viene detto che è sbagliato che due uomini si dormano insieme nello stesso letto. Se uscissimo allo scoperto come omosessuali, potremmo venire uccisi, Blaine. Mi piacerebbe vivere nel tuo mondo di arcobaleni e belle cose, ma non posso. Vivo in una piccola città nel 1881, dove tutti si aspettano che tu sposi una brava ragazza e faccia tanti bambini.”
Poi si sedette su una sedia vicino all’armadio, i suoi occhi che seguivano Blaine mentre questo si vestiva goffamente. Tirò un sospiro, chiudendo gli occhi. “Mi dispiace”, disse. “Sono stato sgarbato.”
“Sgarbato, forse sì”, affermò Blaine, camminando verso il suo innamorato e inginocchiandosi di fronte a lui per poi prendere una sua mano. La sua camicia era ancora sbottonata e probabilmente i suoi capelli erano scompigliati, cosa che avrebbe dovuto sistemare prima di tornare a casa. “Ma hai ragione, suppongo. Vorrei che tu non l’avessi, ma non è così.”
Entrambi i ragazzi rimasero in silenzio per un lungo momento finché Kurt aprì di nuovo gli occhi, che luccicavano di lacrime.           “E se mio padre si aspettasse che io mi sposi presto, Blaine? La Signorina Brittany S. Pierce è venuta a cena da noi in più di un’occasione. Potrà anche una donna… sciolta, ma sempre una donna. E se mio padre si stesse mettendo d’accordo con il suo?”
Blaine strinse la sua presa sulla mano di Kurt. “Riusciremo a farcela se succederà”, disse con calma. “La Signorina Pierce non è coinvolta, occasionalmente, con la signorina Lopez?”, chiese alzando un sopracciglio.
“Sì, ma sono solo voci. Nessuno può provarlo.” Kurt sospirò. “E gente per la maggior parte le ignora e le spinge sotto un tappeto.”
“Kurt, ti amo”, disse d’un tratto Blaine. “E non lascerò che nessuno ti porti via da me, nemmeno una donna.” Ridacchiò e baciò la guancia di Kurt teneramente, poi si alzò e continuò a vestirsi.
“Potresti restare per mangiare qualcosa”, disse il più giovane mentre scendevano le scale, già pettinati e in ordine.
“Non vorrei impormi”, rispose l’altro. “E sebbene io sia il tuo migliore amico, non voglio che tuo padre o Carole si insospettiscano. Ero qui quando sono tornati da diversi viaggi.”
Kurt si accigliò e guardò in basso l’elaborato tappeto che stava nell’entrata. “Penso che mio padre già lo sappia…”
Blaine si bloccò, guardando il suo amante con gli occhi spalancati. “Ne sei sicuro?”
L’altro alzò le spalle. “Non posso saperlo per certo a meno che non glielo chieda, ovviamente. Ma sento come se lui lo sappia…” Sospirò e alzò di nuovo le spalle. “Non lo so.”
“Ma lui non sembra… arrabbiato?”, chiese Blaine, tenendo la mano di Kurt saldamente.
“Non penso che lo sia.”
“Questo è sorprendente”, disse Blaine. Sospirò e prese il suo cappello dall’appendiabiti, mettendoselo in testa. “Ci vediamo alla Dalton, suppongo. Ti amo.” Baciò Kurt un’ultima volta prima di aprire la porta d’ingresso e affrettarsi giù per le scale. Si girò quando arrivò al cancello degli Hummel e salutò l’altro ragazzo con la mano, che era ancora sull’uscio, corrucciato.
Blaine era andato a casa di Kurt a piedi anziché prendere il mezzo di trasporto della sua famiglia. Avrebbe potuto salire su una carrozza pubblica, dato che la sua casa non era esattamente vicina a quella degli Hummel, ma voleva tempo per pensare.
Ci impiegò poco più di un’ora per arrivare a casa, pensando e sognando un mondo dove lui e Kurt potessero essere felici insieme, pubblicamente. Lo avrebbe sposato in un batter d’occhio se avesse potuto. Cementato il loro amore su un foglio e spiritualmente. Si domandò se avrebbero adottato un figlio. Se sarebbero invecchiati insieme.
Alla fine, Blaine arrivò a destinazione, una grande casa nella periferia della città, in qualche modo deprimente. Aprì la porta principale e sgattaiolò all’interno il più silenziosamente possibile.
“Signor Anderson, vedo che siete tornato tardi”, disse la governate, Marie. Aveva un’espressione accusatoria sul volto.
Blaine le sorrise, il può convincente possibile. “Salve, Marie. Ero a casa di Kurt la scorsa sera. Era tardi e ho pensato che non fosse il caso di tornare a piedi a casa. Spero di non avervi fatta preoccupare. Ho lasciato un biglietto con scritto dov’ero andato.”
“L’ho visto”, disse, ancora accigliata. “Penso che dovreste andare a cambiarvi. Magari anche ripulirvi un po’. Vostro padre aspetta ospiti questa sera e voi non dovreste sembrare uno che ha passato la notte in un bordello, giovanotto.”

Blaine arrossì. Apparentemente non si era risistemato abbastanza per Marie. Non riusciva a pensare a una buona scusa, quindi invece si affrettò su per le scale nella sua camera. Stava per prendere vestiti puliti dal suo guardaroba quando realizzò che di aver lasciato il suo libro di poesie da Kurt. Sospirò e lanciò un’occhiata fugace al telefono che aveva nella sua stanza, poi ci ripensò. I genitori di Kurt probabilmente erano già arrivati adesso. Avrebbe recuperato il suo libro qualche altra volta, o Kurt lo avrebbe visto e glielo avrebbe ridato a scuola il giorno dopo.
 
Una volta che Kurt vide Blaine scomparire dietro l’angolo, superando le poche persone che passeggiavano nei dintorni, chiuse la porta e sospirò. Risalì le scale ed andò in camera sua, accigliandosi una volta visto lo stato del suo letto. In qualche modo, la maggior parte dei cuscini erano caduti a terra e l’unica cosa ancora sul letto era il lenzuolo.
Arrossendo, incominciò a sistemare il letto in maniera decente. Era dal lato di Blaine quando quasi inciampò su qualcosa. Si accucciò e raccolse quello stupido libro di poesie che Blaine portava con sé praticamente ovunque. Alzò gli occhi al cielo e sospirò per poi posare il suddetto libro in cima alle sue cose per la scuola; glielo avrebbe riconsegnato il giorno dopo.
Una volta che la sua stanza fu di nuovo presentabile, Kurt si ripulì e si cambiò i vestiti. Ad un certo punto mentre si stava vestendo, udì la porta principale aprirsi e richiudersi.
“Kurt?”, chiamò la voce di Finn, salendo rumorosamente su per le scale.
“Sono nella mia stanza, Finn”, rispose Kurt, sedendosi di fronte al suo specchio per sistemarsi i capelli.
“Oh hey”, disse Finn. “Ti sei tenuto occupato la sera scorsa mentre ero via? Scusa per averti lasciato così.”
L’altro ragazzo cercò di tenere a bada il suo rossore. Sebbene lui e Blaine stessero insieme da più di un anno, in segreto ovviamente, e la loro relazione fisica stava andando avanti ormai da diversi mesi adesso, non si ci era ancora davvero abituato. “Sì. Mi sono tenuto occupato. Come stava Rachel?”
“Bene”, disse Finn.
“Spero che tu non abbia fatto nulla che tua madre non approverebbe – non abbiamo bisogno di un altro incidente come quello con la Signorina Fabray.”
Circa un anno e mezzo prima, Quinn Fabray aveva scatenato uno scandalo di non piccole dimensioni. Era stata corteggiata da Finn, anche se non era ancora molto serio, ma era terminato con una gravidanza. All’inizio aveva cercato di incolpare Finn, ma si scoprì in seguito che Noah Puckerman, una ragazzo con una brutta reputazione per aver sedotto donne sposate in città, era il vero padre.
Subito Quinn stava per essere spedita in una casa per madri non sposate, ma fu accolta dalla famiglia Jones, sotto l’ala di Mercedes, la migliore amica di Kurt. Sebbene loro non fossero proprio benestanti, essendo una famiglia di colore, Quinn sembrava felice lì. Quando partorì, diede la bambina in adozione e l’incidente fu dimenticato.
Finn arrossì alle parole del fratellastro. “Lo sai che Rachel non mi farebbe fare nulla di simile. Nemmeno i suoi genitori affidatari non lo permetterebbero. Ho dormito nella stanza degli ospiti.”
Rachel era stata probabilmente in un caso simile a quello della giovane Quinn. Era stata adottata da Hiram Berry, un uomo non sposato che voleva un bambino di cui prendersi cura. Tom Johnson era una caro amico di Hiram fin da quando erano giovani, e si era trasferito a casa sua per aiutarlo a prendersi cura della bimba.
Ovviamente, i pettegolezzi che giravano per la città dicevano che Hiram e Tom fossero omosessuali, pettegolezzi che Kurt stesso sapeva fossero veri. Rachel glielo aveva confessato all’inizio della loro amicizia. Kurt non aveva trovato il coraggio di parlare ai due uomini, cosa che Rachel gli aveva suggerito (disse che lei sapeva che lui non era come tutti gli altri ragazzi, e infatti gli ricordava i suoi padre, che era il modo in cui li chiamava dietro a muri sicuri).
Kurt si domandò pigramente se avesse dovuto dire a Blaine dei padri di Rachel. Era sicuro che lui sarebbe stato rassicurato da come fossero le vite dei due uomini. Ovviamente, era una cosa ben lontana dalle pubbliche dimostrazioni d’amore che Blaine immaginava nei suoi sogni, ma era qualcosa.
“Sì be’, quella è la cosa più rispettosa da fare”, disse Kurt in modo assente.
 “Blaine è rimasto a dormire?”, chiese Finn, appoggiandosi al telaio della porta. Era così alto che la sua testa toccava quasi la parte superiore.
Kurt rimase zitto per un momento, prima di annuire. “Sì. Abbiamo fatto i compiti e finito tardi.”
“Hmm”, fu tutto quello che rispose Finn.
“Tua madre e mio padre arriveranno a casa presto”, disse Kurt. “Forse dovresti andare a ripulirti.”
“Giusto”, rispose l’altro, alzando le spalle e rimettendosi dritto per poi scendere nella hall e verso la sua camera da letto.
Il padre di Kurt e Carole arrivarono a casa entro l’ora successiva. Burt aiutò la donna con il suo cappotto prima di togliersi il suo e appenderli entrambi all’appendiabiti, insieme al suo grosso cappello.
“Come è andato il vostro viaggio?”, chiese Kurt, rimanendo esitante sull’ultimo scalino.
“È andato bene, figliolo”, rispose Burt. “Penso che abbiamo portato a termine una buona parte di lavoro.”
Il padre di Kurt era un meccanico, che stava lavorando a rendere le automobili più accessibili alla gente comune. Lui e altri stavano ancora cercando di renderle più sicure.
“Il treno per Columbus è stato poco piacevole, però”, disse Carole, entrando nel salotto, piuttosto esausta. “Davvero affollato.”
A Kurt piaceva Carole. Fino ad un anno prima lei era davvero mal vestita, ancora una vedova in lutto per la morte del suo primo marito, che venne ucciso durante una battaglia della Guerra Civile. Poi Kurt le diede delicati consigli sulla moda femminile, cambiando i suoi sciatti, banali vestiti in alcuni più colorati con fluide sottovesti e cappelli eleganti. Il ragazzo fu anche il motivo per cui suo padre aveva corteggiato la donna. Era stato per un tentativo fallito di avvicinarsi a Finn, per il quale Kurt aveva avuto una cotta.
Alla fine, ovviamente, Kurt non aveva combinato nulla. Nemmeno detto a Finn che gli piaceva, perché Kurt sapeva che lui era etero e non poteva semplicemente confessare all’altro ragazzo di essere omosessuale. Cosa sarebbe successo se la sua reazione fosse stata meno che amichevole?
No, le uniche persone che sapeva erano Blaine, ovviamente, e Mercedes Jones, la sua migliore amica.
Kurt sospirò, guardando suo padre seguire Carole nel salotto per rilassarsi dopo il lungo viaggio. Aveva sempre sognato di parlare alla sua famiglia di Blaine e lui. C’era comunque sempre una parte della sua mente che lo spaventava tanto da impedirglielo. Cosa sarebbe successo se tutti lo avessero rinnegato? E se Carole non lo avrebbe approvato, mentre suo padre sì, causando una rottura tra di loro, o vice versa?
“Hai già fatto pranzo, caro?”, chiese Carole dall’altra stanza, risvegliandolo dai suoi pensieri.
“No”, rispose. “Posso preparare qualcosa per tutti.” Era già sulla strada per la cucina. Kurt cucinava molto per la sua famiglia, fin da quando sua madre era morta e la balia che Burt aveva assunto per Kurt se ne era andata un anno dopo. A volte la gente diceva che un giovane uomo in cucina era la ricetta per combinare un disastro, ma a Burt non sembrava importare. Lui non sapeva cucinare per niente e amava quando Kurt faceva le ricette della sua vecchia moglie alla perfezione.
“Sarebbe perfetto, caro”, disse Carole dal salotto.
Kurt iniziò a darsi da fare, preparando qualcosa in cucina, la sua mente che ancora creava scenari su cosa sarebbe successo se lui fosse uscito allo scoperto con la sua famiglia.
 
Note dell’autrice:

Ebbene sì, avete letto giusto. Sto davvero facendo una fanfic a più capitoli! Di solito sono più per le one-shot, ma ho immaginato che per questa sarebbe stato più appropriato fare diversi capitoli.
Le recensioni sono le benvenute!

Note della traduttrice:

(*) Ecco la traduzione della poesia (anche se non è che sia esattamente sicura della sua correttezza):

"Tu vuoi essere amato? – Allora non lasciare che il tuo cuore
Si separi dal suo attuale percorso!
Essendo tutto ciò che ora tu sei,
Essendo nulla che non sei.
Quindi, con i modi gentili del tuo mondo,
La tua grazia, la tua più che bellezza,
Devrebbe essere un tema infinito di lode,
E l'amore – un semplice dovere. "


Rieccomi qua, dopo davvero troppo tempo, a tradurre questa bellissima storia di Phantom. Preciso che la storia è già completata in lingua originale, e sono otto bellissimi capitoli. Prevedo di postare 1-2 capitoli per settimana, di più non riesco.
La storia è basata su una fanart che potete trovare qui: http://miryah.deviantart.com/art/1800s-Kurt-and-Blaine-198945440
Direi che non ho nient’altro da dire. :) Spero che la storia vi abbia incuriosito – fidatevi, più si va avanti e più è bella – e che la traduzione sia venuta decentemente. Sono apertissima a tutti i consigli per migliorare! Il titolo l’ho lasciato in inglese perché… be’, suona molto meglio. XD
A presto, JulesCullenMeyer.

  
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