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Autore: Andy Grim    17/07/2011    1 recensioni
Tutti i fan della saga Urusiana conoscono a memoria il film citato nel titolo, soprattutto la parte finale relativa alla seconda (e ultima) sfida all’onigokko da parte di Lamù verso l’uomo della sua vita. Chi scrive ha letteralmente demolito una videocassetta, a furia di vederla, soprattutto alla ricerca dei “fermo immagine” più significativi (spero di non fare altrettanto col DVD)!
C’è qualcuno che si è chiesto (oltre al sottoscritto, ovviamente) come l’abbiano vissuta, quell’epopea conclusiva, dentro al protagonista maschile? Come abbiano reagito quei Fewer, Simons, Humper, Percival, Racer (lui, in particolar modo…) che tutti i lettori della mia demenziale Storia Segreta dei SISAS hanno potuto vedere all’opera?
Mentre le immagini del cosiddetto Capitolo Finale mi scorrevano davanti agli occhi, già alienato dalla mia versione introspettiva, non potevo fare a meno di chiedermi come si stavano comportando i membri biologici dell’individuo più discusso dell’Universo e mi stuzzicava l’idea di metterlo nero su bianco! Se non che, l’idea della trama parallela che concludeva idealmente la “Spacelove Story” dei nostri due eroi partendo dal finale di Only You, ha preso (malauguratamente?) il sopravvento.
Tuttavia, leggendo le ultime fanfic dedicate alla nostra fantastica aliena cornuta (averne di cornute così...) mi è tornato un certo stimolo che... beh, vediamo cosa ne salta fuori!
Dedico questa fanfic ai miei "seguaci" Achille88 e Kitsune no Pao (alias Ryoda & Oropa) che mi hanno permesso di rivivere un poco di me stesso nelle loro bellissime storie!
Genere: Demenziale, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atarù Moroboshi, Lamù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 5 (giorno 10): Qualcuno ci deve provare

Capitolo 5 (giorno 10): Qualcuno ci deve provare!

 

 

S

puntò infine la tragica alba dell’ultimo giorno per quella mai così singolar tenzone…!

Dopo essere scivolato giù dal grosso gambo fungino che da dieci giorni gli faceva ormai da letto dopo avere sfondato la sua stanza, Ataru Moroboshi si trascinò stancamente in bagno, dove, dopo essersi liberato del pigiama, entrò nella vasca, tirò la tenda della doccia e aprì il rubinetto dell’acqua fredda a tutto volume.

“Vacci piano, Burt” esclamò Humper, constatando lo sbatacchiamento degli aghi dei galvanometri collegati ai dermo-sensori “vuoi fargli venire una sincope?”

“Lascialo fare” gli rispose Dick Hoffman “qui ci vuole una terapia d’urto, se vogliamo che si presenti almeno alla partenza!”

“Come stiamo, a calorie?” s’informò il Coordinatore.

“Siamo ancora in carica” rispose Meals, dalla Metabolica “il livello è ancora al di sotto della media giornaliera di consumo.”

“Allora sarà bene farlo mangiare!”

“Sì, ma non troppo” intervenne Racer “se sfora il peso-forma, è finita!”

*Finirà comunque…!* pensò amaramente Fewer.

“Mamma, la colazione…” chiese Ataru, dopo essersi seduto al tavolo del tinello.

La signora Moroboshi comparve poco dopo sbattendo sgarbatamente sul tavolo una ciotola piena di riso. Il suo rampollo afferrò allora una boccetta di salsa di soia e la versò sul cibo, per mettere poi mano alle bacchette. Mentre mangiava rialzò lo sguardo, andando a incrociare quello cupo e corrucciato della genitrice.

“Qualcosa non va?” domandò, incautamente.

“Perché, c’è forse qualcosa che sia mai andato liscio, in questa casa disgraziata?” fu infatti la risposta di ritorno.

Ataru alzò le spalle: “Non sono stato io a volere tutto questo.”

“No, eh?” ribatté ironicamente la signora.

“No. Devi prendertela col tuo aspirante consuocero e con la sua idea di conquistare questo pianeta del piffero!”

“L’idea di sposarne la figlia, però, è stata tua.”

“Balle e lo sai bene! Fu tutto un equivoco: io volevo sposare Shinobu.”

“E perché non glielo avevi detto?”

“Gliel’avevo detto. Non ha voluto credermi!”

“Se volevi Shinobu, perché non l’hai lasciata per lei?”

Ataru cominciò a perdere la pazienza: “Come fai a lasciare una che ti punta un’arma contro, da fuoco o elettrica che sia? Lo volete capire, sì o no, che mi costretto a vivere con lei, con la forza?!”

“E tu non volevi vivere con lei…”

“MA CERTO CHE NO, PER GLI DEI!!”

“E allora perché sei andata a riprenderla da quel bel tenebroso?” domandò, implacabile, la madre.

Il suo unicogenito la fissò intensamente, poi abbassò gli occhi e si versò un bicchiere di latte: “Per principio!” rispose, prima di vuotarlo tutto d’un fiato.

Quale principio?”

Ataru s’alzò in  piedi: “Non era in quel modo che intendevo sbarazzarmi di lei! A parte che non sono la carogna che tutti credete: quell’esaltato poteva anche farle del male.”

“Che animo nobile, figliolo” commentò la donna, sarcastica “e ora?”

“E ora vincerò questa corsa. Semplice.”

“Sai bene che non è possibile!”

“Lo vedremo…!” rispose lui, facendo per andarsene.

“Ne vale la pena?” riuscì a chiedergli la signora, prima che varcasse l’uscio.

A quella domanda Ataru si bloccò, per tornare a girarsi verso la madre, drizzando la schiena e gonfiando il petto: “Sì, ne vale la pena, mamma! Comunque vada a finire, ne varrà la pena. È ora che cambino le cose, in questo fottuto universo al femminile. Sono millenni che ci manipolate, tirandoci i fili da dietro le quinte: la donna sceglie l’uomo che la sceglierà… è ora di finirla! Dobbiamo essere sempre noi a dichiararci, noi a scusarci, noi a capirvi, noi a proteggervi, noi a soddisfarvi… ecché…!!”

“Oh, povero piccolo” lo commiserò la signora, a braccia conserte, con uno sguardo fra il materno e il malizioso “e pensi di essere proprio tu a poter cambiare le cose?”

“Non lo so! Forse no. Forse non cambieranno mai… ma, per tutti i diavoli dell’inferno, almeno un uomo, per una volta, ci deve provare, perdio!! CI DEVE PROVARE…!!!”[1]

Detto ciò se ne andò definitivamente, sbattendo la porta di casa. Al che la signora Moroboshi, dopo avere riflettuto per un attimo, si ritrovò a mormorare, sorridendo: “Buona fortuna… bambino mio!”

***

E, per l’ultima volta, l’essere umano terrestre Ataru Moroboshi si presentò sul martoriato campo di battaglia della semidistrutta Tomobiki.

La sua bellissima controparte era già là, stupenda come sempre, con un’espressione indecifrabile sul volto. Che poi tanto indecifrabile non era, visto che l’esausto Simons poteva leggerne l’elaborazione emotiva sul proprio computer: malinconia, fierezza, muto rimprovero e diverse altre cose, che ora come ora non c’era sicuramente tempo d’interpretare.

“Qui Centrale Operativa a tutte le sezioni: siete pronti?” domandò il Coordinatore A1.

Uno dopo l’altro, tutti i reparti diedero conferma. Ai comandi della Motoria, Burt Racer appoggiava le mani sulle leve degli arti inferiori, cercando d’esercitare la minor pressione possibile, come a evitare il minimo spreco di energia.

*Coraggio* pensò, tergendosi frettolosamente la fronte sudata *stasera sarà tutto finito… in un modo o nell’altro!*

L’ultimo sparo della pistola di Rupa fu peggio d’un tuono e un brivido gelido riscosse le membra del capo-sezione: “Via…!” sospirò.

Così, quella macchina meravigliosa (per lo meno dal punto di vista atletico) si rimise ancora in moto a passo di corsa, anche se con uno sprint decisamente più moderato rispetto ai giorni precedenti.

“Ehi, Burt” lo appellò Fewer, dal comunicatore “guarda che, se non aumenti la velocità, tanto vale che stiamo fermi!”

“Sta’ calmo, genio” ribatté il pilota, seccato “devo sciogliergli un po’ i muscoli, prima!” “Tanto a che serve?” commentò malinconico il capo della Neuro.

“Stia zitto, Simons” ordinò A1 “aspettiamo almeno il tramonto, per piangerci addosso!”

“Signorsì…!” rispose l’altro, mentre il collega della Muscolare affondava rabbiosamente le dita di Ataru nella polpa carnosa d’un gambo.

Con perizia degna del miglior sestogradista, il ragazzo s’arrampicò fin quasi sotto la cappella del vegetale, con la sua avversaria che fluttuava a pochi ma fondamentali metri di distanza.

“Se solo la smettesse di fissarlo in quel modo…”

“Taci, Hugh!” gridò Racer, dando poi il comando per il balzo. Che andò come al solito a vuoto, grazie ad un minimo spostamento del bersaglio.

“Pronti al colpo…!” annunciò il pilota.

Dopo l’urto della caduta, Ataru non ci rimise comunque molto a rialzarsi e, riprendendo la corsa dietro a Lamù, arrivò poco dopo quasi a portata delle sue gambe…

“Forza, Burt: quasi ci sei” lo spronò Fewer, ringalluzzito, nuovamente dietro di lui “ancora un piccolo sfor… NO, CHE FAI??!!”

Il corpo di Ataru si tuffò all’improvviso sopra quello di Lamù, ma quest’ultima eseguì una lievissima accelerata e le braccia del suo inseguitore si richiusero su sé stesse, senza risultato. Ancora una volta il corpo del giovane finì a mordere la polvere del selciato…

“Burt… che ti succede? Il colpo di reni non serve a niente!!” lo rimproverò il capo della Cerebrale.

Il collega si voltò, mostrando un’espressione psicologicamente distrutta. Credeva forse Brad che lui non lo sapesse? Quante volte lo aveva detto agli omologhi Tergison e Kirby, quando chiedevano consiglio a lui su come vincere gli inseguimenti di loro competenza?[2]

“Perché, credi forse che tutto il resto serva a qualcosa?!” gli chiese allora, esasperato.

Fewer sospirò, stringendogli una spalla: “Su, coraggio… coraggio, amico mio!”

Ma non era più una questione di coraggio. Al di là di tutte le sue risorse, Burt Racer non poteva fare miracoli. Ormai la giornata volgeva inesorabile verso il crepuscolo, come mostravano i raggi del sole, sempre più obliqui. E l’andatura del povero Ataru era sempre più fiacca, nonostante le scariche di adrenalina che Simons lanciava di continuo alla Cardiaca, attingendo a scorte sempre più scarse.

“Adesso basta, Moroboshi” gli gridò il professor Onsen, dopo averlo affiancato, spinto da un inedito impulso paternalistico “dille che l’ami. Su, coraggio…!!”

Ma il giovane non si curò nemmeno di rispondere, probabilmente perché non ne aveva più nemmeno il fiato. Nel frattempo, tale questione se la poneva la stessa Lamù…

*Perché non puoi dire che mi ami? Mi accontenterei anche di una menzogna! Ma vorrei che, almeno una volta…*

Tuttavia la risposta di Ataru, muta come la sua domanda, era sempre monocorde: *Sei una stupida! Se te lo dicessi ora, come potresti capire se sto mentendo o se sto dicendo la verità?!*

Poteva Hugh Simons dargli torto? Solo per tale motivo il capo della Neuro moroboshiana continuava a respingere tristemente tutti gli isterici appelli che la sua omologa Eileen Venus gli mandava dalla Neuro lamuttiana.

*Non ce la faccio più…* si lamentava il povero capo-sezione *…basta, basta…!!*

E intanto Ataru si trascinava ancora sui gambi di quei maledetti funghi… e sempre Lamù lo faceva fesso all’ultimo istante, per vederlo precipitare in fondo, logorandosi sempre più con quei pesanti impatti al suolo. Wendy Neblos, responsabile della sua Immunitaria, si chiedeva come potesse quell’organismo resistere al dolore, non considerando probabilmente che i muscoli di Ataru erano ormai talmente irrigiditi, da non protestare più di tanto!

Sembrava però che la bella oni cominciasse a titubare, nel suo continuo sfuggire all’amato libertino. Jerry Humper aveva notato che lo sguardo di lei andava mano a mano ammorbidendosi e le sue onde cerebrali non manifestavano più quell’indignazione riscontrata all’inizio della corsa. Era forse anche questo particolare che contribuiva a tenere in vita l’ostinazione del terrestre!

Ci fu persino un momento in cui, mentre Ataru stava per spiccare l’ennesimo balzo improduttivo verso Lamù dopo avere risalito un fungo, lei lo guardò quasi con pena e tenerezza, tanto che Racer s’illuse, per un attimo, che non si sarebbe mossa…

Anche Fiona Mercury sentì di dover rivolgere una muta interrogazione alla collega della Cerebrale. Tuttavia Minerva Platos, dopo un istantaneo consulto con Eileen Venus, che scosse la testa quasi piangendo, ruotò il pollice verso il basso e la Mercury sottrasse ancora Lamù dalla presa del suo concorrente.

*Tesoruccio…!!* si disse penosamente la oni.

Stavolta, però, all’ennesimo urto col terreno, il povero Racer si trovò nei guai. Il contatore energetico era praticamente a zero e lui ebbe un bel sollecitare i comandi delle gambe e delle braccia: la carcassa del suo assistito non si spostava d’un millimetro, a parte i vitali movimenti della respirazione.

“Che succede, Burt?” gli chiese il collega della Cerebrale, costantemente alle sue spalle.

“Temo sia finita, Brad… le calorie sono del tutto esaurite!”

Poco dopo i ricevitori della Sensitiva cominciarono a captare incitazioni dalla folla circostante, fra le quali spiccava la voce imperiosa di Megane: “ALZATI, MOROBOSHI… ALZATI!!!”

Humper non poteva naturalmente recepire anche i messaggi partiti dagli altri amici che assistevano alla corsa attraverso un monitor, predisposto sotto la tenda dove si erano sistemati. Alla vista del corpo esamine del suo perenne “rivale in amore”, l’altezzoso Shutaro aveva stretto il pugno: “Su, alzati, Moroboshi… e non venirmi a dire che non hai più forze, perché non lo accetto! Forza: alzati e prendi Lamù…!”

“Esatto, Moroboshi” replicò Benten, punta sul vivo “alzati e vai!!”

“Ti scongiuro” lo implorò persino la dolce Shinobu “alzati, Ataru…!”

“Muoviti, Moroboshi…!” aggiunse infine Ryunosuke.

Perché tutta questa insistenza? Era il solo dispiacere di non rivedere più Lamù e tutti gli altri amici alieni, che sarebbero stata cancellati dalla loro memoria? O era forse il più celato desiderio di veder coronata una volta per tutte quella lunga quanto difficile love story interstellare?

“Accidenti… non puoi fare qualcosa?” scappò chiesto a Fewer.

La calma del pilota si esaurì definitivamente: “E COSA CAZZO PRETENDI CHE FACCIA?! CHE ESCA DI QUI E LO PRENDA A CALCI IN CULO?! TI DICO CHE È FINITA!!”

“Proprio adesso” si rammaricò la voce di Simons “ora che sembrava che Lamù stesse per cambiare idea. Non può essere… non è giusto…!!”

“Non rimane che dichiararsi” sentenziò Fewer “a quanto sembra, il povero sesso forte rimarrà per sempre succube di quello gentile!” concluse, con filosofia.

“NO…!!!”

Tutti i responsabili di sezione sussultarono a quell’esclamazione perentoria. Che non proveniva affatto dal Coordinatore, bensì dal responsabile della Metabolica.

“Che le prende, signor Meals?” domandò Wellington, sorpreso che proprio lui si fosse spinto a intervenire “Avrebbe trovato forse una qualche alternativa?”

“Io… ecco… forse sì, signore!” rispose l’altro, con leggera titubanza.

Facendo uno sforzo per reprimere il suo scetticismo, A1 ribatté: “Beh, se è così, cos’aspetta a illuminarci?”

“Ecco… io ritengo che… si possa ricavare ancora un po’ di energia da… dal…”

“Da dove, Larry? Sbrigati a dircelo!” lo spronò Fewer, impaziente.

“Dall’STF…!”[3]

“Ma sei tocco, Sweeper?!” rimpallò subito Humper “Dall’STF?! E che ce ne facciamo degli spermatozoi?”

“Non sto parlando degli spermatozoi” ribatté il capo della Metabolica “sto parlando del liquido di trasporto: calcio, fruttosio, magnesio, potassio, vitamine… ecco l’energia che ci occorre!”

Il capo della Cerebrale restò in apnea per qualche istante: “Insomma, stai suggerendo… di introdurre l’STF nel circuito di alimentazione. Ho capito bene?”

“Affermativo…!”

Fewer e Wellington si scambiarono un’occhiata confusa. Poi il secondo s’avvicinò al comunicatore: “Ripro, da Centrale!”

“Parlate, Centrale…”

“Ha sentito tutto, signor Percival?”

“Purtroppo sì… signore!”

“Bene. La procedura è fattibile?”

Trascorsero altri secondi preziosi.

“Sì… è possibile!” dovette poi ammettere il capo della Genetica.

“Occorre molto tempo?”

“No…”

“Controindicazioni?”

“Una…”

“Quale?” s’informò subito il responsabile dell’Immunitaria.

“Beh… al termine della procedura i circuiti renali, utilizzati in senso inverso per immettere l’STF nel sangue, vanno risterilizzati e anche i mixer dei riproduttori[4] devono essere risettati” il responsabile genetico si tamponò il sudore, poi proseguì “inoltre, per motivi di sicurezza, il circuito erettivo viene automaticamente inibito durante tutto il tempo occorrente a riconfigurare lo scambiatore prostatico per la sua funzione ordinaria…”

“Tradotto in parole povere?” lo incalzò Hugh Simons, che si perdeva in tutti quei dettami biotecnici.

“Saremo impotenti per 36 ore…!” rispose August Percival, con voce piatta.

Il capo della Neuro sbiancò in volto e indirizzò lo sguardo verso A1 e il collega della Cerebrale.

“Beh…” replicò quest’ultimo, dopo aver soppesato la faccenda “…se perdiamo la gara, una temporanea pace dei sensi sarà l’ultimo dei nostri problemi!”

“Ben detto” annuì il Coordinatore “signor Percival e signor Meals, mettete la procedura in atto!”

“Ma, capo” intervenne il responsabile emotivo, in preda a una certa preoccupazione “e se, invece, poi noi…”

“Ci penseremo al momento, signor Simons” lo bloccò deciso A1 “per adesso non c’è altro da fare!”

“Signorsì…!” rispose il neurologo, con voce flebile.

E così, nei dieci secondi successivi, gli staff della Genetica e della Metabolica furono impegnati nella più assurda e complessa procedura congiunta che mai avrebbero pensato di dover applicare e che il loro stesso assistito non si sarebbe potuto immaginare nemmeno nelle sue fantasie più perverse!

Nondimeno l’espediente parve funzionare, giacché, con sollevata meraviglia, il capo della Motoria poté rilevare sul contatore energetico una provvidenziale riserva di 2000 calorie!

“E vedi di farne buon uso” gli comunicò esplicitamente Percival “ci siamo intesi?”

“Ma dove le avete tirate fuori?” domandò, incuriosito, il pilota.

“È meglio se non te lo diciamo…!” gli rispose Sweeper Meals, con tono ancora sconvolto.

Masticando qualche battuta salace, Burt Racer scosse la testa, per rimettere quindi mano alle leve degli arti: “Vebbé… ritiriamo su questo sfigato!

 

***

E, ancora una volta, l’uomo più allupato di tutto l’universo fu in grado di stupire il mondo (o, quanto meno, il quartiere di Tomobiki): mentre tutti gli spettatori si aspettavano già il suo ritiro per sopravvenuto sfinimento, Ataru Moroboshi si rialzò lentamente: sporco, sudato e scarmigliato… ma ancora in piedi!

“Mo… Moroboshi…!” mormorò il professor Onsen, con sincera ammirazione, seppur rammaricandosi che il suo allievo non avesse mai applicato nello studio una tenacia simile.[5]

“Beh, è riuscito ad alzarsi!” commentò Benten, davanti al monitor, sotto la tenda.

“Bene, andiamo a seguire coi nostri occhi come andrà a finire” propose Sakura “forza, ragazzi…!”

“Sì, eccoci!” risposero gli altri.

Di lì a poco, molto più impressionata e commossa di quanto avesse preveduto di esserlo suo malgrado, la dolce Lamù contemplava il suo tesoruccio arrancare lentamente lungo il piano inclinato del tetto semidistrutto del liceo, con tutta la forza della sua determinazione disperata (e grazie alla manciata di calorie fortuitamente estratte dalla Ripro).[6]

Lo sconcerto della oni era perfettamente logico: in quelle condizioni lo sciagurato conquistatore del suo cuore non l’avrebbe mai più catturata. Eppure non cedeva!

Era pura testardaggine? Era semplice orgoglio? O era soprattutto la ferrea volontà di non perderla che trasudava dai suoi stanchi occhi marroni?

Tuttavia, aggrappandosi a quest’ultima felice ipotesi, giacché il tempo era quasi scaduto, perché il suo coatto compagno non voleva risolvere il problema nell’unico modo possibile?

“Come fai a essere così stupido, tesoruccio?!” sbottò infine Lamù, dopo averlo visto stramazzare per l’infinitesima volta “Vuoi veramente dimenticarmi? Dimmelo!!”

Ripetuti respiri affannosi le giunsero solo in risposta, mentre le membra del bramato nemico si sforzavano ancora di risollevarlo…

“Pat, ossigeno… mi serve più ossigeno!!” gridò disperatamente Racer, osservando il livello energetico, già prossimo a un nuovo esaurimento. 

“Te lo sto dando, Burt” rispose il capo della Cardiaca, aumentando la frequenza di pompaggio “cerca di stare calmo…!”

*Come potrei…? Come potrei dimenticarti…?!* si chiese Ataru mentre sullo schermo mnemonico di Simons scorrevano le immagini dei momenti più teneri fino ad allora vissuti dalla coppia più scoppiata dell’intero spazio. Quando l’aveva trattenuta, dopo che Lamù gli aveva avvolto al collo la sciarpa fatta a mano quella certa sera di Natale, dopo averlo salvato dal brutto tiro di Megane[7]… quando aveva recuperato la memoria dopo essere stata “rapita” da Mendo e lo incitava a raggiungerla per riportarla via con sé… quando era rientrata a Tomobiki dopo essere scomparsa lasciandogli la “bambolina-spia”, che lui aveva inzuppato di lacrime amare e assordato con le sue invocazioni a ritornare… eccetera, eccetera, eccetera. Come pure tutte le espressioni del suo splendido viso: da quelle più iraconde, quando gli lanciava le sue terribili saette, a quelle più dolci, quando riposava sul tappeto tigrato.

*Io non posso… non posso dimenticarti…* continuava imperterrito Ataru a ripetersi mentre finiva di rialzarsi e riprendeva a barcollare verso di lei *…no… non posso…*

“…DIMENTICARTIIIIII…!!!” urlò terminando la frase, facendo sussultare la Cardiaca e l’Emotiva di Lamù, che rimase a fissarlo immobile, colla bocca spalancata…

 

***

“Centrale Operativa da Neuro… centrale da Neuro…!!”

“Qui Centrale” rispose A1 “parlate, Neuro…”

“Ricevo in quest’istante una conferma dall’elaboratore: si tratta di un’autorizzazione a procedere!”

Chris Wellington masticò un’imprecazione: “Le spiacerebbe chiarire, benedetto tecno-burocrate?”

“Ataru ci sta dicendo di dirglielo…!”

Il Coordinatore rimase interdetto un istante, per poi deglutire: “Significa che vuole esternare la dichiarazione?”

“Affermativo, signore!”

Con una lieve punta di rammarico, A1 avallò allora la disposizione verso la Sensitiva: “Ha sentito, signor Humper? Trasmetta…”

“Subito, signore!”

“Non abbiamo altra scelta…” borbottò Wellington, con seccata rassegnazione.

“Provare, abbiamo provato” disse il capo della Cerebrale “ma, a quanto pare, vincono sempre loro!”

“Per favore, signor Fewer” ribatté A1, notevolmente piccato nel suo ego di organico maschile “non mi butti altro sale sulla ferita…!”

 

***

“Lamù… io…”

Nel protendersi verso di lei lo sfinito campione perse però l’equilibrio e rovinò nuovamente per terra. Fu allora che, dalla sua mano destra, schizzarono fuori due piccoli oggetti giallognoli che rimbalzarono sonoramente sul legno sconquassato del tetto. E che Lamù riconobbe subito…

*Ma… sono le mie corna! Le hai conservate fino ad ora…!!* esclamò, mentalmente, non sembrando vedere più nulla, intorno, tranne quelle due piccole parti di sé stessa.

Tanto che, con uno dei suoi soliti guizzi proverbiali, il valente Brad Fewer comprese all’istante tutto il partito che si poteva trarre da quell’inaspettata situazione: “Centrale a Motoria…”

“Qui Motoria…”

“Burt: ce la fai ad arrivare fin là…?”

Senza bisogno di ulteriori delucidazioni l’altrettanto impareggiabile pilota organico rispose, dopo aver dato uno sguardo al calorimetro: “Sì… e anche ad acchiapparla, se non si sposta!”

Tale congiunzione non aveva mai pesato così tanto nell’animo di un uomo. Ma, d’altra parte, perché non tentare?

Gli arti inferiori di Ataru, manovrati con la consueta perizia da Racer, attento a non sprecare una sola caloria di troppo, lo mossero così verso la meta… che avrebbe ben potuto vanificare ancora tutto, ma gli arti corrispondenti dell’organismo lamuttiano non eseguirono stavolta il benché minimo movimento!

“Cosa fa, miss Mercury? Se non la muove, quel disgraziato finirà per raggiungerla!”

Dopo un paio di tentativi a vuoto la pilota di Lamù dovette comunicare alla sua Coordinatrice: “Mi perdoni, signora… ma è lei che non vuole spostarsi!”

Sconcertata, L1 si rivolse alla responsabile cerebrale: “C’era da aspettarselo…!” rispose questa.

Rowena Starlet sospirò seccamente: “Miss Venus, è opera sua?” chiese poi alla responsabile emotiva.

“No, signora. È tutta opera di Lamù!”

“E va bene” concluse, rassegnata, la Coordinatrice “diamogliela pur vinta anche stavolta!”

“Tesoruccio…!” esclamò la oni mentre le stelle dei suoi occhi si riempivano di lacrime che scintillavano ai raggi del tramonto.

Con imperterrita costanza il suo tesoruccio continuava a procedere verso di lei, con uno slancio sempre più marcato, che manifestava un ritrovato vigore. Di colpo la ragazza non resistette più e gli volò incontro, abbracciando il suo stanco corpo e sollevandolo nel cielo serotino, mentre gli bagnava il viso con i suoi singhiozzi: “Sei un testone, tesoruccio…!!”

“E tu una sciocchina, Lamù…!” mormorò Ataru, in risposta.

***

“Ottimo lavoro, Racer…!!” gridò Wellington, ritrovata di colpo la sua prosopopea.

“Le corna, Burt” s’affrettò ad aggiungere Fewer, temendo che il collega se ne dimenticasse nella foga “toccale le corna!!”

“Con piacere…!” rispose il salvatore del mondo, con l’identico e compiaciuto tono del capo. Quest’euforia gli svanì però quasi subito, allorché si rese conto che la riserva energetica era nuovamente - e stavolta definitivamente - azzerata. Le braccia di Ataru erano perciò diventate due inutili appendici e i cornini rinnovati di Lamù un fatale traguardo vicino, quanto irraggiungibile.

“Oh, no… questo no…!!!” mugugnò Racer, al colmo dello sconforto, sollecitando frenetico le leve di comando.

“Che succede, Burt?” chiese Fewer “Muoviti, presto!!”

“Siamo di nuovo a secco…!!” rispose il collega, con voce isterica.

La faccia del Coordinatore tornò più smorta di quella d’un cadavere: “La nostra sfiga paperinica ha colpito ancora!”[8]

“Stavolta è proprio finita…!” sospirò il capo della Cerebrale, crollando mestamente il capo, assieme a tutti i membri dell’organismo.

D’un tratto lo scorato Racer si rese però conto che la leva del braccio sinistro si stava muovendo… il pilota guardò nuovamente il calorimetro, con l’ago inchiodato sullo zero.

“Ma com’è poss…”

Poi Jerry Humper capì, rilevando dai sensori tattili un calore delizioso. Lentamente, la mano di Ataru, sollevata da quella di Lamù, si diresse verso la sua testa, finché le dita non si chiusero, sempre sollecitate dalla controparte, sul piccolo corno della fanciulla extraterrestre: “Mi hai preso… tesoruccio!” annunciò questa, con voce piangente di gioia.

“Sì, sì” commentò Rowena Starlet, sempre guardando la Venus “continuiamo pure così… facciamoci del male!”

Un felice boato d’entusiasmo si levò quasi subito dalla folla sottostante, seguito da un sibilo sempre più forte: la famigerata macchina cancella-memoria, disinnescata dal tocco sulle corna di Lamù, stava precipitando al suolo. Un sordo boato, che confermava la distruzione dell’ordigno, mise anche la parola fine a tutta quell’assurda vicenda.

“È stata lei…” mormorava intanto lo stupefatto Racer “…è stata lei a muoverlo!”

“Ma… allora non abbiamo vinto!” osservò Hugh Simons, dopo avere riflettuto.

“No, non abbiamo vinto” convenne serafico Wellington, che si trovava in quel momento vicino al subordinato “abbiamo stravinto!”

“Non capisco, signore…!”

“Simons” gli disse allora il Coordinatore, fissandolo con uno sguardo fra il severo e il faceto “credo proprio che farebbe bene a frequentare un corso di aggiornamento, presso la sua Facoltà di Psicologia…!” gli batté quindi una mano sulla spalla e s’allontanò fischiettando.

“Brad, secondo te cos’avrà voluto dire?” chiese allora il malcapitato al collega della Cerebrale.

“Mio caro Hugh” rispose lui, sorridendo bonariamente “in questi casi è meglio comportarsi come davanti a uno spogliarello: non indagare come lo fanno, ma goditi lo spettacolo!”[9]

***

Dopo essere rimasti in aria per almeno un quarto d’ora, stringendosi e baciandosi, ubriacandosi di quella tenerezza che per tanto tempo si erano ostinatamente negati, i due componenti della coppia più scoppiata dell’universo erano ritornati giù, accovacciandosi per terra, davanti al rottame dell’enorme oni metallico che aveva fatto da involucro all’ormai defunta macchina cancella-memoria. Rimasero lì, come a riflettere e ad assimilare quant’era accaduto. Su in alto, le torme dei suini volanti di Rupa stavano divorando tutti quei famigerati vegetali, in modo da riportare finalmente la normalità su quel povero pianeta travagliato.

In poco tempo, attorno ai due ex contendenti, si era radunata nuovamente la gran parte degli spettatori che li avevano seguiti, col cuore in tumulto, per quei dieci lunghi giorni.

“Comunque non le ha detto di amarla…!” commentò asciuttamente la dottoressa Sakura.

“Sei un disastro…!!” le fece eco un’esasperata Benten.

“Allora, voi due” continuò la bella esorcista “avete per caso intenzione di continuare a litigare per il resto della vostra esistenza?”

“Noi ne abbiamo abbastanza, chiaro?!” dichiarò minacciosa la Dea della Fortuna, mostrando il pugno. Presso di lei, come sempre, la Regina dei Ghiacci non aveva bisogno di aprire la bocca: il suo sguardo tagliente li stava gelando più d’una tormenta polare.

Dopo queste prime rimostranze, altre voci si levarono via via da tutta la moltitudine di persone e ben presto i due ragazzi dovettero realizzare che, dopo l’iniziale entusiasmo, i loro supporters stavano assumendo un’aria sempre più ostile. Tanto che, a un certo punto, dovettero tagliare la corda, inseguiti da una folla sempre più inferocita…

“Fermo: dove credi di andare?”

“Ti decidi o no a dirglielo??!”

Correndo e volando i due cominciarono però a scambiarsi occhiate che, forse per la prima volta, sorridevano da entrambe le facce. Anche se quel birichino di Ataru si concesse lo sfizio infantile di lanciare una piccola pernacchia alla sua bella, come a dirle che, dopo tutto, aveva vinto lui!

Dopodichè, sia che avesse sprecato un’oncia di fiato in più del dovuto, sia che fosse rimasto preda d’un crampo, il campione della Terra cominciò a barcollare…

“Che succede?” domandò miss Venus, preoccupata, al monitor visivo.

“Devono essere proprio sfiniti!” diagnosticò facilmente miss Neblos, dell’Immunitaria.

“Ma stanno per cadere!” esclamò la responsabile della Neuro “Signora, possiamo…?”

L1 sospirò: *Devono proprio avere scambiato le destinazioni fra la mia responsabile emotiva e quella di Maria Goretti!*

“Meriterebbero che li lasciassimo in pasto alla furia popolare” ripose poi “ma tant’è… proceda pure, miss Mercury.”

“Ricevuto!” disse la responsabile Motoria.

E fu così che la generosa Lamù, afferrate le reni del suo beneamato, tornò a sollevarlo verso una quota sicura e lui, senza nemmeno stupirsene, si abbandonò fra le sue braccia, cedendo subitaneo al torpore.

“A casa, signora Starlet?” chiese la pilota.

“A casa, Fiona” confermò L1. Per poi specificare “la nostra casa, non quella terrestre!”

Eileen Venus, cogli occhi che le brillavano, fece un energico cenno d’assenso, mentre la loro assistita dirigeva felice verso il suo disco volante…

 



[1] Questa frase l’ho presa in prestito dal procuratore Jim Garrison (Kevin Costner), nel film JFK (1991).

[2] Bill Tergison e Rip Kirby sono rispettivamente i responsabili delle Sezioni Motorie di Toshio Utsumi (Matthew Isman) e Daiki Asuka (Alan), gli eterni inseguitori di Cat’s Eye (Occhi di Gatto) e Kaitou Saint Tail (La ladra Seya).

[3] Acronimo di Seed Transfert Fluid (fluido di trasporto del seme).

[4] I testicoli…

[5] Meglio incolti e trombatori che dottori e segaioli! Era il motto di Moroboshi…

[6] Vale a dire dalla sua Sezione organica più tenace. E come poteva essere altrimenti?

[7] Vedasi la parte finale dell’episodio del cartone Un natale mozzafiato.

[8] Al di là del Pacifico, sulle coste della Calidornia, in una Duckburg anch’essa devastata dai funghi dell’oscurità, il mitico Donald emetteva un telepatico starnuto…

[9] Battuta del comandante Sherman (Cary Grant) nel film americano Operazione Sottoveste (1959).

  
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