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Autore: Melanyholland    18/07/2011    7 recensioni
Il particolare più ironico –e se c’era qualcosa a cui Dan sapeva dare valore era proprio l’ironia, dato che gli permetteva di farsi scivolare via di dosso gli sguardi boriosi dei suoi simpatici compagni di scuola– era che si sentiva in colpa nei confronti di Blair Waldorf.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Dan Humphrey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Too Bad She’s Bad

Autrice: Melanyholland

Summary: Il particolare più ironico –e se c’era qualcosa a cui Dan sapeva dare valore era proprio l’ironia, dato che gli permetteva di farsi scivolare via di dosso gli sguardi boriosi dei suoi simpatici compagni di scuola– era che si sentiva in colpa nei confronti di Blair Waldorf.

Timeline: dopo la 2x08 (Pret-à-Pour-J)

Main Characters: Dan Humphrey, Blair Waldorf (cenni Dan/Serena, Blair/Chuck)

Disclaimer: Gossip Girl non è mio, mi diverto solo a giocare con i suoi personaggi.

 

 

 

Too Bad She’s Bad

 

 

 

Non è una buona idea.

Non è affatto una buona idea, pensò Dan mentre varcava i corridoi del St.Jude per accedere al cortile comune fra le due scuole. Si era già bloccato un paio di volte con l’intenzione di tornare indietro, una delle quali aveva perfino fatto una mezza piroetta su se stesso, andando inevitabilmente a sbattere contro un suo ameno compagno di corso, il figlio di un direttore di banca che aveva aggrottato la fronte infastidito con una smorfia arrogante sulle labbra.

“Levati di mezzo”, aveva sbottato.

“Wow, vedo che i migliaia di dollari spesi per la tua educazione hanno dato i loro frutti.” aveva risposto ironico, mentre quello sbuffava e si allontanava. “È stato un piacere!”.

Adorava quell’ambiente quasi quanto adorava l’idea che, probabilmente, il patrimonio degli Humphrey era custodito proprio nella banca del signor Von Miller, padre di quella perla di ragazzo.

È una pessima idea, rifletté, mentre sbucava finalmente in cortile.

Purtroppo continuavano a tornargli in mente gli occhi azzurri di Serena, la sua amica Serena, ricolmi di delusione e rimprovero, e ogni volta sentiva lo stomaco annodarsi. Ora che lo stava provando sulla propria pelle, cominciava a capire perché Serena avesse l’aria così mortificata ogni volta che lui la giudicava male per qualcosa. Era terribile sentirsi tanto sporco a livello viscerale.

Il particolare più ironico –e se c’era qualcosa a cui Dan sapeva dare valore era proprio l’ironia, dato che gli permetteva di farsi scivolare via di dosso gli sguardi boriosi dei suoi simpatici compagni di scuola–  era che si sentiva in colpa nei confronti di Blair Waldorf. La stessa ragazza che aveva schiavizzato Jenny l’anno precedente, che continuava a far piangere matricole indifese solo perché indossavano leggins come pantaloni e che a quanto pareva aveva giocato un perfido scherzo a Vanessa, riuscendo perfino a far risultare nel confronto con lei Chuck Bass più umano. Ora, che qualcuno, chiunque, potesse dimostrarsi più crudele di Chuck Bass era un’idea che Dan trovava a un tempo inverosimile e terrificante, perché come si faceva a essere peggio di lui? Ma così aveva detto Vanessa, e lei era una delle persone più oneste che conosceva. Si fidava ciecamente di lei.

Alla luce di tutto ciò, era davvero strano provare rimorso per il piccolo, insignificante dispetto che aveva fatto a Blair, minando la sua sicurezza, dissuadendola dall’aprire il suo cuore a uno che probabilmente l’avrebbe ridotto in frantumi con un ghigno sulle labbra. Anzi, a vederla da quel punto di vista, le aveva al contrario fatto un favore, come aveva detto anche a Serena. Non c’era motivo di essere a disagio.

Così si ripeteva in quel momento, così si era ripetuto la notte precedente, mentre si rigirava fra le lenzuola del suo letto. Ma erano parole che suonavano tanto come giustificazioni, e Dan stesso condivideva lo scetticismo di Serena mentre le ascoltava vorticare nella sua mente stanca. Andiamo, Dan, tu sei un bravo ragazzo, gli aveva suggerito una voce molto simile a quella di suo padre subito prima che si addormentasse.

Gli occhi di Serena e la voce di Rufus lo avevano pertanto condotto lì. Dan cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di Blair, frugando fra la folla di studenti ciarlieri. Non fu difficile individuarla, benché accanto a lei non vi fosse la presenza abbagliante di Serena, né lo stuolo di ragazze malefiche che l’avevano eletta leader, per ragioni che Dan comprendeva senza difficoltà. Blair era seduta su uno dei tavolini, concentrata su un basso plico di fogli, vestita come al solito con cura e modestia: stivaletti neri che probabilmente costavano l’equivalente di quattro stipendi mensili di un impiegato, calzettoni bianchi, gonna a pieghe rigorosamente fino al ginocchio, camicetta abbottonata che lasciava tutto all’immaginazione e pullover scarlatto a righine blu orizzontali, in tinta con il cerchietto a treccia che Dan aveva sempre considerato un accessorio da bambine, più che da liceali. Il sole illuminava d’oro i riflessi biondi dei capelli castani, arrotolati in boccoli che sembravano così morbidi da allettare qualunque mano nelle vicinanze.

Ma più che sull’aspetto di Blair, Dan si ritrovò a riflettere sull’atteggiamento. Chiunque altro –compreso lui stesso– sarebbe stato chino sui fogli che leggeva, leggermente ingobbito, mentre Blair teneva la schiena perfettamente eretta, le gambe accavallate in una posa sicuramente studiata per suggerire regalità. Era così rigida rispetto a Serena, che sedeva spesso sbadatamente appollaiata in pose rilassate e senza pensieri, ma ugualmente attraente, benché in modo diverso. 

Dan  si avvicinò, e Blair non lo notò finché la sua testa non le fece ombra sui fogli. A quel punto sbuffò stizzita e alzò il capo, pronta di certo ad aggredire verbalmente chiunque avesse commesso l’imperdonabile crimine di disturbarla.

“Ehi, Blair.” l’anticipò lui, e Blair inarcò le sopracciglia, battendo ritmicamente la penna che aveva tra le dita sui fogli con una serie di ovattati thump.

“Humphrey. Solo perché ti ho sfruttato per un paio di giorni non significa che puoi illuderti che siamo amici.”

“Credimi, è l’ultimo dei miei pensieri. O desideri, per la cronaca.”

“Bene. Sono lieta che ci siamo chiariti.” concluse nel suo tono più dolcemente altero, prima di dedicare di nuovo tutta la sua attenzione ai fogli. Dan la fissò a metà fra lo sbigottito e il rassegnato per un paio di secondi, poi insisté:

“Non vuoi sapere perché sono qui?”

“Non c’era più posto come venditore di hot-dog?” ipotizzò lei sprezzante, senza degnarlo di uno sguardo.

“Ah, carina, davvero”, commentò infastidito, e la vide fare un mezzo sorriso, compiaciuta. “Ma non intendevo qui al St.Jude, intendevo qui, ora. Da te.”

“No”.

Una parte di Dan si disse che aveva fatto il possibile, se Blair non voleva ascoltarlo, non era certo imputabile a lui. Fine della storia.

Pensavo che tu potessi aiutarla a essere coraggiosa, per questo le ho detto di parlare con te.

Azzurro deluso e arrabbiato. Serena aveva scosso la testa come se lo trovasse disgustoso. Per fortuna dopo avevano chiarito, e lui aveva perfino rivelato a Chuck la verità prima che se ne andasse dalla galleria, ma Serena aveva ragione: Blair si era fidata di lui e lui l’aveva ingannata. Certo, Blair e Chuck facevano in continuazione carognate di quel tipo, però Dan aveva sempre pensato di essere migliore di loro. Che l’Upper East Side cominciasse a corromperlo come era accaduto con Jenny l’anno prima? Solo che Dan non era giovane e ingenuo come la sua sorellina, perciò non avrebbe avuto scusanti se così fosse stato.

Quindi, si schiarì la gola rumorosamente e Blair tornò a guardarlo, palesemente spazientita.

“D’accordo, parla. Ma fa’ in fretta, non vorrei che troppe persone ci notassero insieme”, sospirò in tono stanco e condiscendente, sventolando la mano. Dan notò l’anello di rubini e si chiese se non avesse un significato speciale per lei, dato che non era la prima volta che glielo vedeva all’anulare. Cominciò a ronzargli in testa la storia di una ragazza ricca e viziata che custodiva gelosamente un gioiello ricevuto in dono da un misterioso sconosciuto quando si ricordò che non era il momento di pensare al tema per un racconto, bensì a come rivelarle la verità. Dubitava che Blair avrebbe accolto la sua confessione con un sorriso di tenera indulgenza.

“Senti, riguardo a ieri sera, quando stavi andando da Chuck, io... io ti ho dato un cattivo consiglio di proposito. Mi dispiace”.

Blair lo fissò imperscrutabile e severa per un lungo momento, poi domandò freddamente:

“E perché l’avresti fatto, Humphrey?”

“Per quello che tu e Chuck avete fatto a Vanessa.” rivelò, e la voce gli si appuntì di rimprovero e biasimo.

“Che le abbiamo fatto?” chiese Blair in tono candido, incrociando le mani sul tavolo e posandovi sopra il mento, con uno sfarfallio di ciglia tutto curiosità e innocenza. Era ancora seria, ma i suoi occhi sembravano scintillare di malizioso divertimento. Dan fu colto in contropiede da una tale sfacciata ipocrisia e si accorse suo malgrado che Blair l’aveva spinto con destrezza in un vicolo cieco.

“I-In realtà non lo so...” la vide distendere le labbra lucide di rossetto in un sorriso di scherno e si affrettò ad aggiungere: “Voglio dire, so che le avete fatto uno scherzo perverso, perché me l’ha detto, ma non so cosa esattamente. I particolari, intendo”. Si rese conto che il suo blaterare lo rendeva solo più ridicolo agli occhi di lei, quindi abbassò un istante le palpebre per raccogliere le idee e concluse: “In ogni caso non ha importanza. Mi dispiace. Volevo solo dirti questo.”

“Deludente.” giudicò Blair con una scrollata di spalle che le fece scivolare sulla schiena una ciocca striata di biondo.

“Come, scusa?”.

Adesso si sentiva sinceramente confuso. Il sorriso di Blair si accentuò, e Dan si chiese come una ragazza tanto carina potesse sembrare così maligna quando faceva qualcosa di obiettivamente positivo come sorridere.

“Sapevo già cosa avevi fatto, Humphrey. Serena me l’ha detto stamattina. Certo, l’ho trovato oltremodo offensivo, ma diciamocelo, era anche un progresso, per te. Sembrava che cominciassi a imparare le regole di questo mondo, anche se non sei mai riuscito a imparare come ci si veste, in questo mondo.” commentò pungente, arricciando il naso mentre lo squadrava da capo a piedi.

“Sono in divisa scolastica!” protestò veemente, allargando le braccia.

“Meno male, altrimenti non ho idea di come ti saresti presentato.” dichiarò orripilata, poi distolse un momento gli occhi, puntandoli pensosa verso sinistra mentre si faceva rotolare distratta fra indice e pollice una delle perle della collana che aveva al collo. Dan rifletté che probabilmente lo stava immaginando con addosso qualcosa di terribile e scosse la testa, un sorrisetto incredulo e allibito sulla faccia.

“Il punto è, Humphrey, che invece non hai imparato proprio niente. Non ci si scusa, dopo una vendetta!” affermò quasi ridendo, come se dimostrare dispiacere per aver fatto qualcosa di male fosse un’idea talmente bizzarra da provocare l’ilarità. “Per quanto non sopporti tua sorella e sia decisamente felice che non sia più qui ad infestare i corridoi della Constance con il suo profumo comprato al supermercato, devo ammettere che almeno lei ha saputo ambientarsi in fretta, quando ha voluto. È stata perfino disposta a rubare un Valentino per non sfigurare. Ma tu, Dan Humphrey, sarai sempre il ragazzo che a una serata di gala viene scambiato per il cameriere perché è vestito come lo staff.”

“Oh, mi dispiace di non aver mai rubato niente e di essere stato gentile con te. Non accadrà più, te l’assicuro.” replicò, sarcastico.

“Ti ringrazio”.

Dan non riusciva a crederci. Gli ci era voluto uno sforzo immenso per andare lì a essere civile con lei, e per tutta risposta, Blair lo criticava e derideva. Ma avrebbe dovuto aspettarselo: Blair Waldorf era un focolaio di cattiveria e superficialità concentrato in un metro e cinquanta di altezza senza tacchi. Gli era ancora un mistero come la dolce Serena potesse essere la sua migliore amica.

“Ora potresti andar via? Mi stai facendo ombra.” dichiarò Blair, gesticolando verso il mucchio di fogli fittamente scritti in una calligrafia spigolosa e raffinata. Dal titolo, Dan evinse che si trattava di un saggio sul Cymbeline di Shakespeare che lei stava riguardando.

“Credevo che nel vostro mondo si pagasse qualcuno per correggere i compiti a casa.” commentò, tagliente. Era profondamente irritato per quello che era accaduto e non riuscì a trattenersi.

“Perché, ti stai offrendo volontario?” intervenne una voce carezzevole come la pelle di un serpente. Ci mancava solo lui, pensò Dan, con un sospiro. “Mi spiace, ma preferiamo i professionisti, non scrittori dilettanti senza talento”.

Chuck era scivolato al fianco di Blair e le aveva posato una mano sulla spalla. L’atteggiamento era rilassato, ma gli occhi erano ancora più piccoli del solito, socchiusi in uno sguardo di ostilità e disprezzo. Che quei sentimenti avessero a che fare con il loro recente scambio in prigione, con il trasferimento di Nate a casa sua o semplicemente con il suo essere un Humphrey e non ad esempio un Von Miller, Dan non lo sapeva con esattezza. Ma, conoscendo Chuck Bass, si trattava probabilmente di tutte quelle ragioni insieme.

“Vedo che voi due avete risolto i vostri problemi, alla fine.”

“Ma come sei perspicace, Daniel. Dovresti unirti a un circo e fare l’indovino”.

 Blair rise divertita e Chuck le sorrise, visibilmente compiaciuto.

“Bene. Ci vediamo, allora. O anche no.” concluse, girando sui tacchi per allontanarsi. Davvero non riusciva a sopportarli, quei due. Erano così pieni di sé, indisponenti e snob, sempre pronti a prendersi gioco degli altri. L’emblema di tutto ciò che disprezzava in quell’ambiente patinato.

Blair seguì con gli occhi Dan che se ne andava visibilmente seccato e percepì la mano di Chuck che le scostava i capelli dietro l’orecchio.

“Che cosa voleva?”

“Oh, non ne ho idea. Fingevo solo di ascoltarlo.” dichiarò leggera, correggendo un errore di distrazione con una stoccata della penna nera.

“Vuoi che ci vendichiamo contro di lui per ieri sera?” la tentò Chuck in un sussurro, invitante come il diavolo. “Ho già un paio di idee.”

“No, lasciamo stare.”

“Perché?”.

Chuck sembrava deluso. E sospettoso. Dan gli aveva già soffiato Nate come amico e Blair capiva perfettamente quanto Chuck fosse suscettibile nei confronti del ragazzo di Brooklyn. Probabilmente si era precipitato lì per scoprire cosa stava succedendo non appena li aveva scorti a confabulare. Doveva ammettere che la gelosia di Chuck non la disturbava, anzi. Sarebbe stato divertente stuzzicarlo un po’, lasciandogli intendere che fra lei e Humphrey potesse esserci –assurdo!- qualche specie di legame.

Magari la prossima volta, lo risparmiò magnanima con un sorrisetto. Si strinse nelle spalle, rispondendo con calcolata disinvoltura:

“Non è alla nostra altezza. Ora, se vuoi scusarmi”.

Si alzò, infilando il compito nella borsa di Louis Vuitton di pelle rossa e dirigendosi verso i corridoi della Constance. Trovò Serena vicino al suo armadietto e non per la prima volta si chiese come fosse possibile che la preside Queller le permettesse di gironzolare per il prestigioso istituto con gonne tanto corte da coprirle a malapena le cosce. Se si aggiungevano la camicetta scollata e le scarpe col tacco, Serena incarnava il sogno erotico di un pervertito con l’ossessione per le collegiali.

“B! Mi chiedevo dove fossi finita.” la salutò la sua migliore amica, frizzante come l’aria mattutina. 

“Il tuo ex è venuto a parlarmi.”

“Dan? Dici sul serio?” ribatté, stupita.

“No, S. Adoro rovinarmi la reputazione inventando incontri con Dan Humphrey.” dichiarò sardonica, e Serena le rivolse il suo sorriso indulgente che nel loro tacito linguaggio, sviluppato in anni di indistruttibile amicizia, significava Sei tremenda, ma ti voglio bene comunque.

“Che cosa ti ha detto?”

“Si è scusato per avermi sabotato ieri sera.”

“Davvero?”.

Il sorriso di Serena si riempì di felice tenerezza. È così semplice, pensò Blair fiera di sé. Sicuramente, gli unici che credevano alla storiella di Dan e Serena amici erano Dan e Serena. 

“Sembrava sinceramente dispiaciuto.” enfatizzò, poi fece una smorfia e aggiunse, in tono duro: “Patetico, in altre parole.”

“B.!” la redarguì Serena, gettandosi dietro la spalla l’indomita chioma bionda. “È stato carino, invece. Non è sempre facile scusarsi con te, sai?”

“Perché dovrei rendere le cose facili a qualcuno che si sta scusando con me? Se si sta scusando, significa che mi ha fatto un torto.” ribatté argutamente Blair, piccata.  

Il bello di avere una conversazione con Serena, rifletté, era che non ci voleva molto per metterla in scacco.

Il brutto di avere una conversazione con Serena, pensò quando ricevette la sua risposta, era che se anche finiva in scacco, si limitava a sorridere benevola e a scuotere la testa, negando ogni soddisfazione alla sua vittoriosa interlocutrice.

Mentre entrambe si dirigevano verso l’aula di letteratura inglese, Blair notò che Serena sembrava decisamente più di buonumore rispetto a quella mattina, quando le aveva raccontato crucciata della misteriosa ragazza che era salita in moto con Aaron Rose. Due risultati favorevoli in un solo colpo.

Blair sorrise, soddisfatta. 

 

Fine

 

Note dell’Autrice:

 

[1] “Too Bad She’s Bad” è la traduzione del titolo “Peccato che sia una Canaglia”, un film commedia del 1954 con Sophia Loren.

[2] Mentre cercavo un’idea per l’aggiornamento della mia raccolta su Chuck e Blair, mi è venuta voglia di scrivere su Dan e Blair. Perciò ho buttato giù questo piccolo missing moment, che avrebbe dovuto essere un momento carino fra i due, ma poi hanno cominciato a battibeccare ed è venuto fuori quello che avete letto.   

Non appena l’ispirazione mi invierà qualcosa per Purple Suits & Red Lips la metto su Word e aggiorno la raccolta, promesso.

Alla prossima storia,

Melany

  
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