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Autore: Shanimalrules    18/07/2011    3 recensioni
Tutto quello che mi rimane è una fotografia.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autoreQuesta one-shot l'ho scritta in occasione del mesiversario del concerto dei 30 Seconds to Mars all'ippodromo delle Capannelle a Roma a cui io personalmente ho partecipato.Sia chiaro che questo NON è ciò che è capitato a me purtroppo. Ma è vero che tutto ciò che resta sono le fotografie e i ricordi. Mi farebbe piacere se recensiste, vorrei sapere che ne pensate. Detto questo buona lettura!
 


A PHOTOGRAPH OF YOU AND i
 
 
Sono qui. Finalmente. Da quanto tempo sogno questo momento?
Talmente tanto che ho perso il conto degli anni.
Non ricordo nemmeno come li ho conosciuti, ero praticamente una bambina, eppure già mi piacevano. I miei genitori, i miei parenti e i miei amici mi prendevano in giro, pensavano che ascoltassi musica per drogati o per membri di sette sataniche.
Io non c’ho mai dato peso.
 Ho sempre saputo chi erano loro; cosa suonavano; cosa cantavano.
Non mi è mai piaciuta la musica italiana. La Pausini, Ligabue e Vasco non sono mai stati il mio genere, bravi quanto volete, ma non erano Loro. Sarebbe stato tutto più semplice: tournèè italiane, meet&greet nelle librerie o conferenze stampa in teatri.
E invece no, io ho sempre voluto lottare, tentare e ritentare fino a quando raggiungi il tuo obiettivo e dentro di te sorridi e dici ‘porca miseria ce l’ho fatta davvero, sono fiera di me stessa!’.
Questo è uno di quei momenti. Sono fiera di me stessa, ho raggiunto l’obbiettivo a cui più tenevo: il concerto dei 30 Seconds To Mars.
E finalmente adesso posso cantare a squarciagola insieme agli Echelon, insieme a loro, le canzoni che fin troppe volte ho ascoltato nel mio iPod.
Schiacci play e la musica parte. Certo un sollievo per tutti i cinque sensi, ma non è come averli davanti ai miei occhi, vedere ognuno di loro suonare lo strumento che più preferiscono con una carica e una dedizione unica.
Il concerto è iniziato da circa mezz’ora. L’Ippodromo delle Capannelle di Roma è in delirio, una folla di persone che canta con Jared al ritmo della batteria di Shannon e alle incitazioni Tomo e della sua chitarra.
E tra quella folla ci sono anch’io.
IO.
 Lo ripeto così tante volte nella mia mente, che quasi inizio a crederci.
 In questo momento stanno suonando Search&Destroy, una delle mie canzoni preferite.
Poi tutto succede in meno di una frazione di secondo.
“La prossima canzone voglio che decidiate voi, per questo chiamerò qualcuno sul palco!” Dice Jared.
Ancora una volta l’intero Ippodromo esulta, questa volta talmente tanto quasi da poter sentire la terra tremare sotto i piedi.
 O erano le mie ginocchia forse, non lo so.
Io mi limito a sorridere. Jared chiama sempre sul palco i fans, ma io sono troppo dietro perchè lui mi veda.
Cioè in realtà riesco a vedere lui nitidamente, riesco persino ad individuare il blu intenso dei suoi occhi quindi potenzialmente può scegliermi.
Ma non mi monto la testa nè inizio a sperare un pò; al 99,99% delle possibilità chiamerà qualcuno che sta in prima o seconda fila.
Jared si guarda un pò intorno, poi vedo il suo dito puntato dalla mia parte.
“Yes, you.”
Inizio a sudare più di quanto già non lo fossi, ho il battito irregolare, il fischio alle orecchie e mi si annebbia la vista. In quel momento temo di svenire, probabilmente nella mente sono già deceduta, ma il corpo regge e non so per quanto ancora.
Jared mi invita a salire sul palco facendo un cenno con la mano, come solo lui sa fare.
 Io non muovo un muscolo del mio corpo, il cervello non riesce a mandare i segnali.
“Allora che fai, non sali?” mi domanda il bodyguard con un chiaro accento romano, attirando la mia attenzione.
Gli Echelon davanti a me aprono un varco per farmi passare.
“Ha chiamato proprio me?” Balbetto io, totalmente in tilt.
“Certo, chi altri se no?” risponde il bodyguard con un sorriso ironico.
Ero davvero patetica in quel momento, ma soprattutto EMOZIONATA.
“Beh c’è una marea di gente attorno a me.” Controbatto. Ma forse sto perdendo troppo tempo, i ragazzi dietro mi spingono e mi incoraggiano e così fa anche l’omone della security.
Do la mano al bodyguard, che mi aiuta a saltare la transenna e arrivo direttamente sul palco.
Goffa e imbranata come sono, arrivo sul palco in una posizione strana dopo essermi fatta male, e non poco, alle ginocchia.
All’altezza del mio sguardo vedo la mano di Jared.
Ancora una volta non connetto.
 Poi improvvisamente il mio cervello mi suggerisce qualcosa di sensato.
E’ il tuo momento, goditelo.’ Mi ripeto in mente.
Così prendo la mano di Jared, incredibilmente liscia e morbida, e mi alzo.
Superfluo sottolineare che passo tutto il tempo sul palco in apnea.
Per la prima volta guardo: la visuale che c’è dal palco mi fa rimanere a bocca aperta.
 La mia famiglia, gli Echelon, in tutto il loro splendore.
Jared mi mette un braccio intorno al collo e inizia a parlare. Tendo bene le orecchie, ovviamente non parla in italiano, ma per fortuna l’inglese lo capisco piuttosto bene.
“Do you speak english?”
“Yes, I do.” Rispondo dopo che il cervello mi suggerisce di rispondere con una short answer.
“Perfect. What’s your name?”
“Isabella.” Accenno, dopo che Jared avvicina il microfono alla mia bocca.
“Ok Isabella, now I wanna know what’s your favourite song of 30 Seconds to Mars.” Mi sorride.
Gli sorrido a mia volta e il mio cervello inizia ad eleborare tutti i brani dei tre cd dei 30 Seconds to Mars. Poi si sofferma su uno.
“Alibi.” Rispondo convinta.
Sì, è senz’altro la canzone che mi fa emozionare di più.
“Ok let’s sing Alibi.” Jared si allontana un momento per andare a prendere la chitarra e ritorna subito dopo.
Mi prende per mano. “Come with me.” E ci dirigiamo sulla passerella.
‘No warning sign, no alibi,
We’re fading faster than a speed of light...”
Poi mi avvicina il microfono. Il mio cervello va in tilt nuovamente e per una frazione di secondo non ricordo più le parole della mia canzone preferita.
“Took our chance, chrashed and burned
No, we’ll never ever learn..”
Finalmente ricordo le parole e per fortuna non vado fuori tempo, ma non so se sono abbastanza brava da essere intonata.
Jared mi sorride e sembra abbastanza soddisfatto, gli sorrido di rimando e continuo a cantare con lui quella dolce melodia fatta solo di chitarra classica e delle nostre voci.
Niente di più bello.
Niente di più magico.
Al termine della canzone Jared prende dalla mia mano la macchina fotografica, mi mette un braccio intorno al collo e scatta una foto.
Un piccolo gesto, ma il più significativo che possa esistere per me.
Qualcosa che mi rimarrà tutta la vita: una fotografia.
‘A photograph of you and I’ cantava Jared in ‘Was it a dream?’
Già, è tutto un sogno quello che sto vivendo? Non mi interessa saperlo, per adesso sto bene nel mio sogno. Amesso e non concesso che lo sia.
“Thank you so much!” Mi dice e mi abbraccia.
Lo abbraccio anche io, forse anche troppo forte e gli sussurro nell’orecchio le stesse sue parole. “Thank you so much, Jared.”
Mi sembra di avergli detto troppo poco, ma in quel momento le uniche parole che mi vengono in mente sono le più semplici: GRAZIE. Il minimo che potrei dirgli.
Capisco che è il momento di lasciarlo, di scendere dal palco, ma prima ho bisogno di ringraziare Shannon e Tomo, a tutti i costi.
Mi giro e Tomo è proprio lì che si sta preparando con la sua chitarra.
“Tomo!” lo chiamo.
Lui si gira verso di me.
 “Thank you!” lo ringrazio ricevendo in cambio un suo vivace e allegro sorriso.
Poi lascio, a malincuore, la presa di Jared che ancora ha il suo braccio intorno alla mia spalla.
Mi dirigo a destra, vagamente ricordo che è da quella parte che si scende dal palco.
In realtà l’unico motivo che mi spinge ad andare da quella parte è la posizione della batteria con il “mio” Shannon.
Finalmente riesco a scorgerlo, tra i milioni di piatti del suo amato strumento.
Dal vivo è ancora più bello e sexy.
Mi guarda.
Altro black-out.
Rimango lì impietrita per più di qualche secondo a guardarlo, mentre lui guarda me.
“Thank you.” Esce dalle mie labbra; un debole grazie, che temo Shan non abbia sentito.
Contrariamente a cio che penso lui mi sorride e alza un pollice.
Dalla mia bocca parte un sorriso a cinquantaquattro denti.
Non sono mai stata così felice come stasera.
Adesso posso scendere da quel palco con la consapevolezza di aver realizzato il mio sogno.
 
 
 
 
 
 
E ora?
Tutto quello che mi rimane è una fotografia.
No, non era un sogno.
È successo davvero.
Un mese fa.
Un fottuto mese fa ero lì con voi.
Stavo vivendo.
Adesso invece non mi resta che guardare questa foto e far sì che i ricordi mi divorino.
Sto ascoltando quella canzone, quella che ormai è diventata la colonna sonora della mia vita:
Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves
A photograph of you and I...”

Cambio traccia. Oh beh questa invece è la nostra canzone, non lo scorderò mai quel momento.
No warning sign 
No Alibi 
We're fading faster 
than the speed of light..

Took our chance 
Crashed and burned 
No we'll never ever learn...”
Faccio scorrere tutto il cd, lo riascolto e riascolto, come se fossi ancora lì,
ancora in quell’ippodromo a contemplarvi e a cantare con voi.
Sull’iPod sta scorrendo Closer to the edge.
“...One day maybe, we’ll meet again.”
Togliamo pure quel maybe. Ci rincontreremo, ve lo giuro.
   
 
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