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Autore: Mapi D Flourite    19/07/2011    4 recensioni
[Zoro/Sanji]
«"Che diavolo pensi di fare, sacrificandoti? Che ne sarà della tua ambizione?"»
Sanji morde la sigaretta fin quasi al punto di spezzarla, mentre le sue stesse parole gli tornano indietro più dure di uno schiaffo, attraverso l'unica voce che mai sarebbe dovuta arrivare a rinfacciargliele. «E con ciò?» mormora, poco convinto, pregando che le sue corde vocali non decidano di tradirlo proprio in quell'istante, proprio lì davanti a quegli occhi scuri e profondi che sembra vogliano dilaniargli l'anima.
«Dovrei essere io a chiedertelo. Che diavolo pensavi di fare?»

Zoro confronta Sanji dopo ciò che è accaduto a Thriller Bark.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SCHEMAEFP2

Afterward




«E quello cos'era?»
Sanji, in piedi davanti al lavandino intento a fingere di lavare boccali che hanno visto scorrere litri di rhum, stringe tra i denti la sigaretta mezza spenta che ha in bocca e resta immobile, le mani inzuppate nell'acqua tiepida e densa.
«Definisci "quello",» dice, con una punta di sarcasmo nella voce, dopo un lungo attimo di silenzio. «Perché non ho ancora il dono della lettura del pensiero, e in questi ultimi giorni ho preparato un sacco di roba da mangiare…»
«Non mi riferivo a quello,» ribatte l'altro, sempre serio, stagliato esattamente al centro della porta, le braccia lungo i fianchi e l'espressione greve in volto – e tutto questo, lui, lo capisce solo dal suono della sua voce, a riprova del fatto che lo conosce davvero fin troppo bene.
«Allora cerca di essere ancora più preciso, perché mi stai rompendo le scatole e ancora non ho capito che diavolo vuoi.»
«Cuoco.»
Non è una domanda, né un'invocazione, né un richiamo rabbioso o chissà che altro. Solo una parola, ma detta in un modo tale e con una voce talmente intensa che Sanji deve controllare a forza le sue gambe perché non si voltino troppo velocemente; fingendo di non star inspirando a fondo si asciuga le mani meno lentamente di ciò che avrebbe voluto e poi finalmente gira su se stesso, e lo vede, esattamente come aveva immaginato che fosse, con le braccia robuste stese lungo il corpo e le ombre invisibili del sangue a macchiargli il viso e gli abiti, segno fin troppo evidente che tutta quella storia tornerà a perseguitarlo ancora troppo a lungo.
Sanji sospira, appoggiando il bacino contro il ripiano e schiacciando la sigaretta nel posacenere, giusto prima di riaccendersene un'altra. «Allora?» borbotta, dopo che il fumo caldo e avvolgente è riuscito ad infondergli un po' di faccia tosta. «Che vuoi?»
«Cosa diavolo credevi di fare?»
«Il mio mestiere,» ribatte con una scrollata di spalle, esalando una nuvolette biancastra che si ammassa in un punto imprecisato tra le loro teste, prima di dissolversi lentamente verso il soffitto.
Zoro non risponde immediatamente e storce le labbra in una smorfia, come se stesse lottando con tutto se stesso per controllare i nervi che pulsano insistenti nelle sue mani e nelle tempie. «Lo sai di cosa sto parlando, quindi perché non rispondi e basta?»
«Perché è evidente che non ho la più pallida idea di cosa tu voglia dalla mia vita…»
«Io non voglio niente.»
Uno sbuffo. «Allora a cosa devo questa farsa?»
«Dalla tua vita. Io non voglio niente.»
Sanji sbatte le palpebre, leggermente confuso. Poi inala dalla sigaretta, mimando un ghigno poco convinto. «Be', brutto bastardo, me lo auguro proprio. Ci mancherebbe anche solo che tu pretenda qualcosa da me.»
«È per questo che voglio sapere cosa diavolo ti è saltato in mente.»
Sanji si stacca dal ripiano e si pianta sulle gambe, iniziando a sentire la testa pulsare rapidamente – d'accordo, forse ha una qualche idea circa l'argomento di conversazione, ma non lo ammetterà fino a che non sarà lui stesso a tirarlo in ballo. «Non so a che ti riferisci.»
«"Che diavolo pensi di fare, sacrificandoti? Che ne sarà della tua ambizione?"»
Sanji morde la sigaretta fin quasi al punto di spezzarla, mentre le sue stesse parole gli tornano indietro più dure di uno schiaffo, attraverso l'unica voce che mai sarebbe dovuta arrivare a rinfacciargliele. «E con ciò?» mormora, poco convinto, pregando che le sue corde vocali non decidano di tradirlo proprio in quell'istante, proprio lì davanti a quegli occhi scuri e profondi che sembra vogliano dilaniargli l'anima.
«Dovrei essere io a chiedertelo. Che diavolo pensavi di fare?»
Sanji ispira a fondo dalla sigaretta, cercando di immagazzinare allo stesso tempo fumo aria e coraggio e poi si stringe nelle spalle, stringendo il mozzicone tra la punta delle dita. «Anche ora che l'hai detto non capisco cosa tu voglia da me. E per tua informazione, non credo che tu abbia l'esclusiva di atteggiarti da grand'uomo.»
Per la prima volta Zoro sembra preso in contropiede, ma è un istante così sfuggevole che Sanji non può essere certo di ciò che ha visto.
«Non si tratta di questo,» sbotta, leggermente infastidito.
Sanji fa roteare la sigaretta tra le labbra. «E allora cosa? Pensi di essere l'unico, tra noi, in grado di sopportare tutto quel dolore?»
Zoro spalanca gli occhi e stringe i pugni, portando il busto in avanti, minaccioso. «Lui lo sa?!» grida, divaricando le gambe e Sanji fa un passo avanti, improvvisamente arrabbiato quanto lui.
«Con chi credi di star parlando, bastardo che non sei altro? Certo che non gli ho detto niente, non ho detto niente a nessuno di loro.» Esita un momento e poi, tradendo lui stesso ciò che si era ripromesso, aggiunge: «Avrò anche fatto la figura del cretino, ma so quando è il caso di parlare e quando è meglio star zitti. E, per tua informazione, so quello che passa in quella tua zucca vuota anche meglio di te, brutto idiota!»
Zoro indietreggia impercettibilmente, incassando il colpo, e poi rilassa i pugni, tornando improvvisamente in quello stato di calma feroce che aveva ostentato appena entrato dalla porta. «Lasciamo perdere,» dice, con un breve cenno del capo. «Non sono venuto qui a parlare di questo.»
 Sanji getta il mozzicone e si accende un'altra sigaretta. «Allora te ne puoi andare.»
«Sono venuto qui per sapere perché hai deciso di metterti in mezzo.»
Sanji sbuffa, fumo, aria, rabbia, frustrazione, perfino quella vergogna che sente scivolargli lungo il viso fino alla punta delle orecchie, sentendo più che mai vivida la voglia di sbatterlo fuori dalla sua cucina a calci. «E tu perché hai deciso di sacrificarti, sentiamo?»
«Che ne sarebbe stato della ciurma, altrimenti?» ribatte Zoro, cercando di nascondere dietro la sua maschera impenetrabile l'attimo di incertezza che aveva attraversato la sua voce. «Eravate tutti a terra privi di conoscenza, era mio dovere fare l'impossibile per proteggervi.»
«Ecco,» mormora Sanji, cercando a sua volta di mettere insieme un poco di autocontrollo, «stessa ragione. Mi spiace dirtelo, ma non sei l'unico uomo che abbiamo a bordo e nemmeno l'unico che ci tiene che tutti gli altri siano al sicuro. L'ho fatto per questo.»
«Non è vero.»
«Sì, invece.»
«Stronzate.»
«E chi diavolo saresti tu per deciderlo?»
«Non riuscivi neanche a reggerti in piedi!» sbotta, allungando un pugno contro lo stipite della porta, rischiando di farlo scricchiolare. «Come diavolo pensavi di cavartela, debole com'eri?»
«Ero pronto a morire!» grida, stringendo a sua volta i pugni e battendo il piede a terra con tutta la forza che aveva nella gamba.
Un momento dopo sono lì a guardarsi, gli occhi fiammeggianti, assolutamente immobili mentre un oceano di parole e recriminazioni viaggia tra di loro con un boato assordante. Zoro digrigna i denti e tutto il suo corpo freme, come se stesse cercando di impedire alle sue gambe di muoversi anche solo di un passo. «E avresti buttato la tua vita così? Per niente?!»
«Per niente?» sbotta Sanji, la faccia quasi violacea dalla rabbia. «Non voglio sentirmi dire certe cose da te, non quando hai fatto di tutto per essere tu a sacrificarti al posto di chiunque!»
«Era il mio dovere! Se si fosse preso Luffy, cosa ne sarebbe stato di tutti voi? Non potevo permettere che lui morisse!»
«E io non potevo permettere che morissi tu
Le parole gli scivolano via dalla bocca come acqua e quando prendono forma, nell'aria che lo circonda, è troppo tardi per ricacciarle indietro. L'aria diventa immobile, gelida e in quel preciso istante Sanji vorrebbe sentire il pavimento sotto i suoi piedi svanire come fumo e l'acqua scura del mare inghiottirlo fino a non lasciargli nemmeno più uno spiraglio di aria nei polmoni.
Zoro stringe le labbra e chiude gli occhi, scuotendo appena il capo. «Lo sapevo. Sei un idiota.»
Sanji getta via la sigaretta ma, questa volta, non ne accende altre. In tutta la sua vita, non si è mai sentito tanto umiliato come in quel momento. Distoglie lo sguardo velocemente, perché gli sembra che gli occhi brucino, e le mani tremano in maniera incontrollata mentre il peso delle sue stesse parole lo schiaccia, rendendolo consapevole più che mai che, ormai, non ha più barriere dietro alle quali nascondersi.
Sente Zoro sospirare di nuovo, pesantemente. «Sei un vero idiota.»
Sanji trema e insieme a lui anche la sua voce. «Lo so. E ora fai il favore di…» ma le parole gli muoiono in gola, schiacciate con forza da un petto premuto contro il suo e da braccia strette attorno alle sue spalle. Si rende conto distrattamente di cosa sta succedendo. Un capo premuto contro la sua tempia. Respiro sul collo. Dita grandi e callose strette tra i suoi capelli. Profumo di ferro avvolgente, misto ad un altro odore più sottile, forse medicinale, forse qualcosa di più profondo, più intrinseco, più vero. Sanji resta immobile un momento, in attesa che quel profumo, quelle dita, il respiro, insieme al capo, le braccia e il petto assumano una forma nella sua mente, e quando a quella forma può dare un nome inizia a dibattersi, afferrandogli la maglia, cercando di allontanare da sé quel calore intossicante.
«Che stai facendo? Mollami, idiota!»
Zoro lo stringe di più, con una forza inaspettata in quel corpo ancora bendato e prostrato dal dolore. «Idiota,» ripete, tra i sussurri e Sanji chiude gli occhi, cercando con tutte le sue forze di costringere le sue stupide orecchie e il suo stupido cuore che quella voce non sta tremando per niente.
«Sei un idiota, se pensi che ti avrei lasciato andare al posto mio. E lo sei ancora di più se pensi che avrei accettato tranquillamente di mangiare il cibo preparato da qualcun altro.» Gli appoggia il palmo sulla nuca e piega il capo, avvicinandosi un po' di più al suo orecchio, tanto che ogni suo sussurro è un grido capace di scuotergli l'anima. «Non lo voglio un altro cuoco.»
Sanji chiude la bocca prima che qualsiasi suono riesca a scappare dalla sua gola e poi solleva le mani, lentamente, fino a che le dita si impigliano nella sua maglia bianca e rimangono lì, in sospeso, aggrappate a lui a quel corpo ridicolmente grande e forte tanto da sembrare una roccia che si erge fin dalle profondità dell'oceano fino alla sua superficie.
«Certo che non lo vuoi,» commenta dopo un poco, la voce sommessa e Zoro sorride contro la sua gola e strofina il naso contro la sua pelle calda e umida di qualcosa che nessuno dei due ha davvero il coraggio di definire. «Sei un bastardo,» dice, a bassa voce.
Sanji stiracchia le labbra in un sorriso. «Tu di più.»
«Idiota.»
«Marimo.»
«Stupido sopracciglio.»
«Spadaccino da due soldi.»
Zoro tace un momento e inspira a fondo, prima di sollevare finalmente il capo. «Cuoco da strapazzo.»
Sanji ride. «Ci puoi scommettere






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N/A
Grazie per aver letto fino a qui! *si inchina*
Il titolo della fanfic, come molti avranno già arguito, è preso da una doujinshi del circolo 139 (non so esattamente chi sia l'autrice, but still).
Avevo in testa questa idea già da un po' - fatemi pensare, sì, dev'essere da quando ho letto la saga di Thriller Bark e ho visto Sanji con quella felpa blu che sembrava gridare ai quattro venti "Qualcuno venga qui e mi coccoli!". Era intuitivo, no? XD So che ormai sarà un tema trito e ritrito, e me ne scuso, ma sono una novizia del fandom e devo recuperare il tempo perso.
Be', insomma, spero non vi abbia fatto troppo schifo, ecco.
Ancora, grazie per il vostro tempo. ^^




  
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