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Autore: _hush    19/07/2011    3 recensioni
"Era il secondo giorno di primavera, ma sembrava il primo giorno d’inverno.
L’aria, fuori dal vetro, era fredda e immobile.
Il cielo scuro era coperto dalle nuvole e di sicuro, nel giardino spoglio, si poteva sentire l’odore della tempesta.
I germogli timidi non erano ancora sbocciati.
Theodore Nott posò una mano pallida sul lucido vetro della finestra, con la grande tentazione di alitarci sopra.
Avvicinò il viso e sbirciò fuori."

Una Theodore/Daphne, senza pretese.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Thunderstorm over the bliss


22 Marzo 1997
 



Era il secondo giorno di primavera, ma sembrava il primo giorno d’inverno.
L’aria, fuori dal vetro, era fredda e immobile.
Il cielo scuro era coperto dalle nuvole e di sicuro, nel giardino spoglio, si poteva sentire l’odore della tempesta. I germogli timidi non erano ancora sbocciati.
Theodore Nott posò una mano pallida sul lucido vetro della finestra, con la grande tentazione di alitarci sopra. Avvicinò il viso e sbirciò fuori.
Solo due figure, avvolte in un mantello nero, strette l’una vicina all’altra, procedevano a passo spedito verso il grande portone d’ingresso. Una delle due figure alzò la testa e guardò dritto verso di lui. Impassibile, Theodore si allontanò dalla finestra e riprese a camminare lungo il corridoio deserto, illuminato fiocamente dalla poca luce che proveniva dalla finestra, e dalle fiaccole appese lungo i muri di sasso. 
Camminava lentamente, con la sua solita flemma e compostezza.
Come poteva lasciarsi sfuggire un sentimento? Come poteva mostrare la persona che era in realtà? Come poteva essere se stesso, lui, Serpeverde e figlio di un Mangiamorte?
Tuonò; un lampo attraversò il corridoio, riflesso dei veri fulmini fuori dal castello.
Il primo temporale di quella falsa primavera.
Si fermò, lì in mezzo al corridoio. Al di là della finestra una nuova scarica di lampi illuminò ogni cosa; gli spettrali alberi spogli, in lontananza, si ergevano verso il cielo, nel tentativo disperato di afferrarlo con le loro scheletriche mani e sollevarsi dalla terra, per non tornare mai più.
E più in là, ancora, viaggiando per la brughiera, per gli scogli e per il mare c’era suo padre. Solo, chiuso dentro una fetida cella, un povero vecchio che da giovane aveva fatto una scelta sbagliata.
L’aveva cresciuto da solo, inseguendo lo spettro e l’immagine morta della moglie. Solo, solo come il figlio che era cresciuto nelle sale della loro grande casa vuota.
L’unica cosa che rimaneva, ad entrambi, era l’affetto che provavano per l’altro. Ma ora, a lui, Theodore, cosa era rimasto? Nulla se non polvere di passato.
Sentì un vago bruciore agli occhi.
Strinse convulsamente il libro di pozioni nella mano destra, ed ebbe la voglia di scagliarlo lontano. Nessuno degli altri Serpeverde sembrava capire, a nessuno sembrava importare qualcosa di lui, della sua vita, di ciò che gi stava accadendo.
All’improvviso, sentì dei passi leggeri dietro di lui. Si fermarono esattamente dietro la sua schiena.
Una mano calda si posò sulla sua spalla.
“Theò.” La voce di Daphne vibrò, scandendo ogni lettera. Lei strinse la mano sulla spalla e vi affondò il viso, respirando piano sulla pelle di lui.
Theodore Nott non veniva mai chiamato ‘Theò’ dalle altre persone. Nott, per la maggior parte delle volte. Alcuni Theodore, quasi nessuno Theo.   A Daphne, invece, era sempre piaciuto aggiungere l’accento alla lettera finale, come a voler precisare che lui era proprio il suo Theò,e non qualcun altro. Solo suo e basta. E lui invece l’aveva sempre trattata da amica,  senza rendersene conto, senza rendersi conto di quanto lei gli volesse bene, fin troppo.
Daphne era sempre riuscita a capirlo, da ogni piccolo gesto o sospiro sommesso, e si attaccava alle poche parole che pronunciava come ad un’ancora, perché completavano la sua amata quotidianità. Un saluto, una richiesta, qualsiasi cosa. Anche se non aveva detto nulla per tutto il giorno,a nessuno, Theodore Nott le riservava sempre una parola gentile, soltanto a lei, magari solo un ‘buonanotte’ prima di andare a dormire, prima che lui scomparisse su per le scale del dormitorio maschile. Theodore Nott lo faceva senza pensarci, per istinto. E inconsapevolmente completava la giornata di Daphne Greengrass con una punta di felicità.
Daphne Greengrass era innamorata di Theodore Nott, da un tempo infinito.
“Theò, voltati.” Lo sentì irrigidirsi sotto la sua guancia.
Lui non rispose.
“Voltati.”
Lentamente, Theodore si girò. I suoi lineamenti, che lei aveva sempre trovato perfetti, erano tesi, sconvolti. Negli occhi scuri c’erano panico e tristezza profonda.
Pieni d’amarezza per tutta la sua vita.
“Daphne.”
Il temporale infuriava oltre il vetro, a pochi metri da loro.
“Dammi la mano.” Daphne prese tra le sue la grande mano bianca di Theò.
La strinse, come se fosse stata un tesoro prezioso, e la portò al fianco sinistro insieme alla sua.
Si incamminarono, in silenzio, attraverso il corridoio vuoto.
La tempesta infuriava, sì, ma fuori dal vetro.












Note d'Autore

Ebbene sì, adoro questa coppia e sono convinta che si sposeranno.
Se mi dite che questo pezzettino vi piace, potrei cavarci fuori anche una long fiction degna del nome. Sarebbe molto interessante -non ne ho viste molte in giro su loro due.
Ah, precisazione per chi non lo sa: Theodore Nott è il figlio di un anziano Mangiamorte, rinchiuso ad Azkaban nell'estate che precede il suo sesto anno ad Hogwarts; sostanzialmente è uno di quelli arrestati dopo la Stanza delle Profezie. Questo racconto è ambientato proprio nel sesto anno di Theodore, Harry, Ron, Draco e combriccola.
Grazie a quelli che leggerano o recensiranno,
_Hush
  
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