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Autore: Noirechatte_    19/07/2011    1 recensioni
Era sicuro, nel suo profondo, che l’altro non si sarebbe mai dimenticato di quel giorno di Gennaio, dove lui gli aveva mostrato che non è possibile riuscire a far tornare tutti sulla retta via, se non hanno il seme della bontà dentro; era riuscito a far tremare anche l’anima dell’altro, aveva avuto la certezza che anche lui, in quel bacio, avesse sentito qualche cosa spezzarsi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Okay. Nonostante io abbia due fan fiction da continuare, non ho saputo resistere alla tentazione di scrivere una Drarry. E' ambientata nel Principe Mezzosangue, per lo più dal punto di vista di Draco, ma a volte anche da quello di Harry. Credo sia inutile dire altro... Fatemi sapere che cosa ne pensate voi con una recensione!

I want to share my sorrow with you


Draco Malfoy era sempre stato un attento osservatore. Scrutava con lentezza e analisi scientifica ciò che lo circondava, amando soffermarsi su dettagli talmente piccoli che il resto delle persone, talvolta, catalogava come ovvi. Fin da quando era bambino, e in quel preciso istante gli sembrava che fossero passati secoli da quando aveva osservato il mondo con una certa ingenuità, aveva preferito dedicarsi alle attività dove il ragionamento, le capacità deduttive e un pizzico d’astuzia erano gli strumenti principali.

In quella fredda giornata di Gennaio, Draco stava seduto al tavolo dei Serpeverde, le mani intrecciate che fungevano da appoggio per il suo mento fine e gli occhi grigi fermi, non poi così differenti da quel cielo carico di nubi e annunciatore di tempesta che aleggiava sopra di lui, piccolo cadavere dalla carne tenera, come un cupo avvoltoio. La confusione e l’allegro chiacchiericcio della Sala Grande gli rimbalzavano addosso senza riuscire mai a penetrare nei suoi pensieri, le delicate e sinuose mani di Pansy che gli accarezzavano il collo gli cadevano addosso come se fossero state tanti piccoli granelli di sabbia.

Era passato circa un mese da quando Draco aveva cominciato a costruire una spessa muraglia intorno a lui, desideroso soltanto di separarsi dal resto di quella scialba umanità, perché sperava che, eliminando tutto ciò che lo rendeva veramente un essere umano, cioè i sentimenti, sarebbe riuscito a togliere la vita a un suo simile. E, in effetti, un po’ ci era riuscito. Appariva come un automa, con gli occhi perennemente circondati da un paio di occhiaie che tendevano al viola scuro e la pelle più bianca che mai; il suo viso era stanco, sciupato, come se fosse vissuto da statua di ghiaccio fino a quel momento. Le persone lo evitavano, spaventate di incrociare lo sguardo di una persona tanto apatica, tanto estranea a loro. Tuttavia, non era riuscito a eclissare tutti i sentimenti dal suo corpo, non era riuscito a chiudere il suo cuore al mondo e, nonostante non riuscisse ad arrendersi all’evidenza, perché lui era consapevole di non poter esimersi dal provare sensazioni, anche in quel momento erano le emozioni che stavano ancorando i suoi occhi a un’immagine, a una persona ben precisa.

Al tavolo posto sull’estrema destra della Sala, quello più chiassoso e allegro di tutti, in netto contrasto con quello dei Serpeverde, stava seduto un ragazzo dai capelli neri indomabili, gli occhi verdi che brillavano da dietro i suoi occhiali decisamente non alla moda e con un’espressione rilassata in volto. Mangiava con appetito, ma non con furia, seduto tra i suoi amici di sempre, Hermione Granger e Ronald Weasley. Si godeva la colazione in silenzio, ma se qualcuno lo salutava, lui rispondeva sempre con un leggero sorriso e un «ciao», alzando il viso dal piatto, e se poi quel qualcuno aveva l’intenzione di cominciare una conversazione più o meno breve, lui appoggiava la forchetta sul tovagliolo, degnando di tutta l’attenzione possibile l’interlocutore.

Draco Malfoy stava osservando con attenzione Harry Potter, senza riuscire a spiegarsi con chiarezza il vero motivo di ciò. Forse per fare una piccola smorfia con il naso nel notare quante persone, ragazzi che lo guardavano ammirati e ragazze che lo squadravano sbattendo le palpebre come delle stupide cerbiatte, lo idolatrassero senza che lui avesse mai fatto qualcosa di spontaneo per meritarselo; oppure per poter inarcare un sopracciglio nel vedere il sorriso gentile e un po’ timido che rivolgeva a tutti. Non che lui fosse invidioso, assolutamente. Sapeva benissimo che se avesse voluto sarebbe potuto essere molto più apprezzato di Potter, poiché era più intelligente, arguto e bello, ma Draco non aveva più tempo da perdere in stupide gare o provocazioni cui lo Sfregiato non mancava mai di rispondere con tutta l’impulsività degna di un Grifondoro. Adesso aveva una missione da compiere e quando ci sarebbe riuscito, perché, dannazione,  doveva riuscirci, avrebbe fatto tornare all’antico splendore la sua famiglia. A lui non importava niente, tranne che salvare lui e la sua famiglia dalla morte. Avrebbe ottenuto l’approvazione di suo padre, sua madre sarebbe stata orgogliosa di lui e l’avrebbe potuto stringere fra le braccia, braccia che correva il rischio di non possedere più insieme al resto del suo corpo.

Tuttavia, un peso ulteriore a quello che Draco covava nel petto da mesi, prese vita. Più guardava Potter, più stava male, eppure non riusciva a smettere, non riusciva a vietarsi quello spettacolo velenoso. E meno Harry rivolgeva l’attenzione verso la tavolata verde-argento, più Draco sentiva il fiato venire meno. Avrebbe solo voluto sbattergli in faccia quello che stava passando, quasi a dimostrargli che lui stava portando sulle sue spalle un peso che non aveva niente da invidiare al suo, eppure nessuno era lì a consolarlo, a nessuno importava di Draco, tutti ronzavano solamente in giro a Malfoy, quello adorato dalle ragazze e temuto dai ragazzi con un minimo di cervello. Avrebbe voluto vedere se Potter, quel ragazzo così pateticamente gentile anche con la nullità più scadente che gli passava accanto, sarebbe riuscito a trovare qualcosa di bello in lui e ridergli in faccia poi, perché non ce l’avrebbe mai fatta.

Dannazione, aveva bisogno di tornare indietro. Sentiva crescergli dentro il desiderio di andare dal Bambino Che è Sopravvissuto, lanciargli uno Stupeficium e dirgli che lui non era sicuro di vedere l’alba dei suoi diciotto anni. Adesso riusciva a sentire le carezze di Pansy e le trovava maledettamente asfissianti, quasi gli stessero rubando, piano piano, tutte le cellule dal corpo. Non volse il collo verso di lei, ma si limitò a scrollare un po’ le spalle per farla smettere. Anche lei era diventata meno asfissiante da quando Draco aveva ricevuto il Marchio. Forse riusciva a sentire che non era più il caso di giocare, con lui… A volte il braccio sinistro gli bruciava talmente tanto che doveva lasciare le lezioni, oppure scappare dal luogo in cui si trovava, specialmente se era affollato. Allora andava in bagno, si alzava la manica del maglione e si gettava dell’acqua sopra il braccio, strusciando con forza, anche se ovviamente non avrebbe mai potuto cancellare quella cicatrice.

Un’altra pazza idea gli balenò in testa: Sarebbe potuto andare da Potter e mostrargli la sua, di cicatrice. S’immaginava già gli occhi di un verde così sorprendentemente lucente dell’altro allargarsi a dismisura, mentre gli sputava addosso un sacco di domande sul perché l’avesse fatto e dire con un buonismo assurdo: «C’è sempre un’altra possibilità, Malfoy». Forse c’è per i buoni, ma coloro che hanno da sempre avuto l’anima avvolta dalle tenebre, non hanno via d’uscita. Che cosa avrebbe dovuto fare? Allearsi con l’Ordine e far nascondere la sua famiglia? Quando si ha un’indole buona, non si ha idea di quanto a fondo possa spingersi il male. E poi, quegli idioti, non sapevano che Piton stava facendo il doppiogioco. Già, Piton. Solamente l’ennesimo ostacolo per ottenere l’approvazione del suo vero Signore, suo padre.

Harry aveva appena passato un vassoio di cinnamon rolls a Hermione, quando ebbe una strana sensazione. Non riusciva a spiegarsi bene da dove nascesse, ma la sentiva avvolgersi attorno al suo corpo come un serpente, lento, a spirale, con gli occhi giallognoli, la lingua biforcuta che saettava veloce, il tocco affascinante, mortifero. Istantaneamente, rivolse il suo sguardo alla tavolata dei Serpeverde e non ci volle poi tanta attenzione per accorgersi chi è che aveva fatto nascere quella nebulosa sensazione. Sussultò, guardandosi un attimo intorno per accettarsi che tutti fossero impegnati a fare qualsiasi cosa tranne che prestare attenzione a lui.

Gli occhi freddi di Malfoy lo stavano osservando, non prestandogli attenzione solo per il naturale movimento delle palpebre. Qualcosa, una strana consapevolezza, una bizzarra alchimia, lo costrinsero a guardarlo di risposta. Era tanto tempo che non avevano più uno scontro diretto, fatto di frecciatine e di insulti. Nonostante lo seguisse- Harry si rifiutò di pensare che lo stesse pedinando, giacché lo stava facendo solo per scoprire la verità e per quella curiosità che da sempre lo aveva messo nei guai- non c’era mai stata l’occasione di far ricreare quel loro strano rapporto che gli portava sempre a scontrarsi, a collidere e, nonostante questo, a non cessare mai di attrarsi… Per scontrarsi, era ovvio. Harry sapeva perché Malfoy era diventato così introverso, taciturno, depresso: Era diventato un Mangiamorte e probabilmente aveva qualche missione da compiere. I suoi amici dicevano che era ossessionato da quel ragazzo, da ciò che faceva, ma loro non sapevano che da qualche tempo aveva sviluppato un interesse anche nei confronti di ciò che provava. C’era qualcosa in quegli occhi, incatenati con i suoi che brillavano di una luce interrogativa, che lo lasciava confuso e con uno strano senso di frustrazione addosso. Avrebbe voluto chiedergli che c’era che non andava, che cosa lo aveva fatto diventare più simile a un morto che cammina che a un ragazzo. Erano stati sempre in conflitto, ma erano due esseri umani e Harry, obbedendo al suo altruismo, voleva aiutarlo, salvarlo dalla missione che Voldemort gli aveva assegnato. Non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma vedere quelle guance incavate, quegli occhi spenti, quello sguardo sofferente, gli faceva male.

Quando Harry aveva cominciato a fissarlo di rimando, Draco si sentì leggermente compiaciuto e uno strano calore aveva cominciato a bruciargli dentro, ferendolo. Vedeva una leggera traccia di pietà negli occhi dell’altro e questo lo fece innervosire. Si alzò dal tavolo bruscamente, con lo sguardo e i leggeri borbottii dei suoi compagni di Casa come scia. Camminava velocemente e con il fiato corto, chiedendosi il perché. Aveva ottenuto quello che voleva, no? Far provare una minima parte di ciò che lui provava a Potter, ma sentiva ancora il sangue scorrergli nelle vene a una velocità inaudita, il cervello che lavorava frenetico e sembrava pronto per scoppiare. Si allentò leggermente la cravatta, stringendosi nel mantello.

Si appoggiò a una colonna del cortile interno, vuoto e pieno di neve. Oh, la neve era così candida e sembrava ricoprire ogni cosa, annullandola. Avrebbe tanto voluto essere un piccolo fiocco, cadere dal cielo con leggiadria e lasciarsi andare in caduta libera, cadendo su quel soffice terreno, aspettando solo di venire ricoperto da altri fiocchi, per poi sciogliersi al primo raggio di sole…

«Malfoy! Malfoy, aspetta!». Girò il collo stancamente, osservando Harry Potter corrergli incontro con la sciarpa rosso-oro avvolta alla bell’e meglio attorno al collo. Harry ansimò un po’, cercando di riprendere fiato, piegando la schiena e poggiando le mani sulle ginocchia. Draco lo osservò, muovendo gli occhi freneticamente. Che diavolo era venuto a fare lì fuori? Dannazione, si era ridotto veramente così male da far pena a Potter?

Harry si mise davanti a lui, incapace di trovare delle parole adatte da rivolgergli. Osservava il ragazzo davanti a sé, e gli sembrava così fragile che perfino la più delicata folata di vento lo avrebbe spezzato. Adesso che lo vedeva più da vicino, sentiva quella strana sensazione crescere dentro di lui, come se fosse sommerso dal mare; la sentiva crescere a ondate sempre più potenti, inarrestabili, ribelli. Avrebbe tanto voluto far smettere a quel mare di essere infuriato, ma non riusciva a trovare la maniera.

Draco decise di guardarlo e sentì il bruciore crescere. Osservava quel viso dalla carnagione rosea, più scura della sua; si specchiava in quegli occhi verdi, talmente nobili da sembrargli liquido veleno, talmente minacciosi nella loro bellezza da farlo sanguinare; vide in quelle labbra semi aperte, carnose e morbide, il posto ideale per far sentire che cosa provasse a quel maledetto.

Lo tirò bruscamente per la cravatta e con la stessa furia fece collidere le loro labbra. Sentiva la morbidezza di quei pezzi di carne distruggerlo e salvarlo contemporaneamente, odorava quel profumo accogliente e se ne lasciò ammaliare. Voleva solo dividere tutto quello che poteva con Potter, voleva mostrargli tutta la sua sofferenza, voleva donargli una parte del suo dolore, voleva fargli perfino vedere quanto fosse rosso il proprio sangue.

Harry sentì la consistenza delle labbra di Draco sulle proprie e rimase inerme, con gli occhi spalancati. Percepiva le ondate diminuire, ma uno strano calore accendergli il corpo. Si sentiva attratto da quelle labbra, aveva la mente annebbiata e la mano destra di Malfoy occupata a spingere contro di sé la sua schiena. E allora Harry chiuse semplicemente gli occhi e cominciò a baciarlo.

Draco leccò le labbra di Harry, che vennero schiuse con naturalezza, come se non avessero aspettato altro per anni. Le loro lingue cominciarono a cercarsi, a intrecciarsi con ardore. I loro corpi erano schiacciati l’uno contro l’altro, le mani di Harry erano scese a toccare il bacino magro di Draco, attirandolo verso il suo. Il bacio si fece più passionale, le soffici labbra furono martoriate da denti bianchi e il calore che aveva preso vita nei loro corpi li spingeva a strusciarsi sempre di più l’uno contro l’altro, a cercare una soddisfazione che sembrava allontanarsi ogni secondo di più, destinata a rimanere incorrotta. Tutto ciò non era poi così diverso dalle loro liti, stavano sempre lottando. Era una lotta fatta di sospiri leggeri, schiocchi di labbra che si divoravano, lingue sinuose che danzavano come due cavalieri medievali impegnati in un duello.

Fu Draco a sciogliere quel contatto intimo che si era creato fra loro, tirando leggermente i ciuffi d'ossidiana di Harry per allontanarlo da lui. Gli occhi di Draco osservarono le gote leggermente arrossate, le labbra gonfie e lo sguardo ancora immerso nel loro momento di passione di Harry, lasciando che un piccolo velo di amarezza gli oscurasse il volto lunare. Fece per toccare con il dorso della mano sinistra il volto del ragazzo, ma si fermò, con il braccio a mezz’aria. Senza degnarlo di attenzione, se ne andò, avvolto nel mantello scuro, lasciando Harry con lo sguardo impietrito.

Un sorriso amaro fiorì sulle labbra di Draco. Aveva mostrato un po’ della sua distruzione a Potter e forse era riuscito a essere anche la sua, per un limitato arco di tempo. Era sicuro, nel suo profondo, che l’altro non si sarebbe mai dimenticato di quel giorno di Gennaio, dove lui gli aveva mostrato che non è possibile riuscire a far tornare tutti sulla retta via, se non hanno il seme della bontà dentro; era riuscito a far tremare anche l’anima dell’altro, aveva avuto la certezza che anche lui, in quel bacio, avesse sentito qualche cosa spezzarsi.

Tuttavia, aveva sentito anche qualcosa rinascere, farsi più forte, come se avesse preso una medicina. E detestò ancora una volta Harry Potter, semplicemente perché era riuscito a farlo stare bene per un istante, decidendo, con la sua fastidiosa generosità, di prendersi un po’ del suo dolore e di donargli un po’ del proprio amore. 

  
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