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Autore: Shainareth    23/03/2006    5 recensioni
Sono passati tre anni da quando Roronoa Silk è entrata a pieno titolo nella ciurma del futuro Re dei Pirati, e due da quando l'abbiamo lasciata diretta verso Alabasta insieme ai suoi compagni.
Cos'è accaduto a Monkey D. Rufy e ai suoi uomini su Raftel Island? Perché Silk non sorride più come un tempo?
Una tragedia si è abbattuta non soltanto sul loro equipaggio, e amici e nemici, compagni e rivali, si troveranno a dover collaborare per raggiungere l'obiettivo di una vita votata all'intramontabile sogno di ritrovare il leggendario tesoro.
Il seguito di "Piece Main".
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piece Main'
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Capitolo I – Due anni dopo…

 

PIECE MAIN

- Ritorno a Raftel Island -

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo I – Due anni dopo…

 

Deglutì. Una spada puntata alla gola. Le pupille nere risalirono la lama e si posarono infine su colei che lo stava minacciando di morte: non era che una ragazza: capelli rosso rame, raccolti alla bell'e meglio sulla nuca, ciuffi sparsi che ricadevano attorno al viso e sulle spalle; gli occhi grandi, nocciola, profondi... mai visti occhi tanto espressivi; la bocca... ora era severa, ma non era quella la piega che solitamente prendeva su quel viso chiaro, aggraziato...

   Sorrise sudando freddo. «Va bene, va bene... hai vinto tu...» ammise sperando che lei lo lasciasse andare. «Ora però, via questa spada... può essere pericolosa...» disse scostando la lama con una mano.

   Ma quel semplice gesto gli fu ostacolato dall’arrivo di una seconda spada, puntata sempre allo stesso delicato punto.

   «Non lo farei, fossi in te» fu la voce che gli sconsigliò di muovere altro muscolo. «Dovresti saperlo che con lei non si scherza...»

   Il governatore ammutolì, pallido in volto.

   Il giovane che accompagnava la rossa distese le labbra con fare divertito. «Ti sei spinto un po’ troppo in là, vecchio mio... E’ normale che ora lei sia furiosa» prese a spiegargli. «Nessuno ha mai cercato di portarle via quel che le appartiene, perchè la gente ci tiene alla testa... cosa che invece, a quanto ho potuto capire, per te non ha molta importanza»

   «A... aiutami...» boccheggiò il governatore, cominciando ad intuire di non avere molte vie di fuga, con quelle due furie che lo avevano costretto con le spalle in terra.

   L’altro rise. «E perchè? Pensi davvero che sia così scemo da mettermi contro l’unica persona al mondo in grado di farmi la pelle?» domandò scuotendo il capo. «Andiamo, sii serio...»

   «Io... io... ti ricoprirò d’oro!» promise l’altro, iniziando a piangere come un bambino nel momento in cui la spada della ragazza tornò a pungergli il collo.

   «Quello potrei prendermelo lo stesso anche se lei ti fa fuori» alzò le spalle il pirata, allontanandosi dai due e rubando una mela dal cesto di frutta in bella mostra sulla scrivania dell’uomo. «Piuttosto...» riprese rivolgendosi alla compagna. «Che ne dici di concludere l’opera e svignarcela prima che accorra la Marina

   La rossa sospirò pesantemente. «Per l’ultima volta, dov’è il bambino?»

   Il governatore rimase zitto, tremante, lo sguardo vuoto, spaventato, che vagava da una parte all’altra della stanza, cercando una via di fuga.

   «Guarda che se non glielo dici, ti fa fuori per davvero...»

   «Non essere sciocco!» ribatté la ragazza, stanca e nervosa. «Lo sai che non uccido mai nessuno, io!»

   Il giovane rise di nuovo. «Devo proprio insegnarti tutto?» chiese addentando il frutto dalla polpa succosa. «Quando si minaccia di morte la gente, non le si fa sapere che non siamo assassini...»

   L’altra sbuffò. «Sono già nervosa per conto mio!» urlò. «Anche se non posso ucciderlo, posso sempre fargli molto, molto male, soprattutto sotto la cintura! Esattamente come farò con te se non ti metti a cercare il bambino!»

   «L’ho già cercato dappertutto!» si difese lui. «Ma se questo qui non parla, non riusciremo a trovarlo!»

   Un altro sbuffo. Gli espressivi occhi scuri della ragazza tornarono a fissare l’uomo steso sul pavimento: stava cercando di strisciare via approfittando del loro diverbio. La spadaccina lo immobilizzò violentemente in terra pestandogli il petto col tacco della scarpa.

   «Forse non ci siamo capiti...» sibilò fra i denti, lo sguardo furibondo. «Quel bambino è la mia vita»

   «Siete pirati! L’avrete sicuramente rapito!» strillò l’altro, le lacrime agli occhi per la paura.

   «E’ mio fratello, per la miseria!» insistette lei, gettando via la spada e tuffandosi a cavalcioni sul suo stomaco, prendendolo poi per il bavero della giacca.

   A quel punto Sota fu costretto ad intervenire in difesa del poveretto.

   «Tesoro, sta solo cercando di fare il suo lavoro...»

   «Ma non può decidere di portarmi via Ryu!» rimbeccò la rossa, sempre più furiosa, strattonando il governatore e ributtandolo in terra, per poi scoppiare a piangere. «La prego...» riprese quindi con voce rotta dai singulti. «Mio fratello ha soltanto me...»

   L’uomo la guardò stranito: quella... quella era Roronoa Silk?

   Erano vere, allora, le voci che davano per distrutto l’equipaggio di Monkey D. Rufy?

   Raftel Island... quel posto maledetto... aveva portato via tutto quel che possedevano, gli amici, la famiglia, gli affetti più cari...

   Si credeva fossero morti anche loro due, in quella tragedia, e invece erano lì, ora. Ma come diavolo avevano fatto a salvarsi, a sopravvivere a quel cataclisma?

   Sota, che si era precipitato a prendere la compagna per le spalle per lasciar libero l’ufficiale, la teneva stretta a sé, carezzandole la schiena nel tentativo di farla calmare, cullandola come fosse stata una bambina. Le sussurrava che andava tutto bene, che il piccolo sarebbe tornato con loro, e che si sarebbero rimessi in viaggio quanto prima.

   Lei continuava a piangere, a farfugliare il nome del fratello, unico sopravvissuto oltre loro: era così piccolo, Ryuma, e già si ritrovava senza genitori, senza altro affetto che non fosse il suo. Avrebbe combattuto contro tutto e tutti per lui, avrebbe sfidato anche Dio: NESSUNO li avrebbe mai separati.

   E ora doveva dare ascolto al primo arrivato che, approfittando della sua alta carica nell’isola in cui si erano ritrovati dopo la tragedia, reclamava di dover prendere il bambino sotto la sua custodia per non farlo crescere fra due ricercati come loro? Piuttosto avrebbe commesso una strage.

   «Silk-chan, amore mio... calmati...» le bisbigliò il giovane baciandole il capo e cingendole con le mani il viso fradicio di lacrime. «Tornerà con noi, te lo giuro»

   «Come... come hai detto che si chiama?»

   «Ryuma» rispose tornando a rivolgere lo sguardo verso il governatore. «Ha due anni»

   L’altro si rialzò a sedere, continuando a fissare la ragazza, stretta al petto del pirata, che piangeva con fare inconsolabile: era davvero straziante.

   «Non posso lasciarvi uscire di qui, i miei uomini vi stanno cercando dappertutto» cominciò il marine abbassando gli occhi. Sospirò. «Voi... non siete ancora maggiorenni, vero

   «Io lo sarò fra poco più di un mese, mentre Silk ha appena compiuto diciotto anni»

   «Secondo la legge non potrei lasciarvi il bambino, anche se tu compirai ventuno anni a breve» scosse il capo. «Non ci sono vincoli di parentela fra voi»

   Sota tacque per qualche istante, tornando a prestare attenzione alla compagna che pareva essersi momentaneamente calmata e che aveva preso ad ascoltare il loro discorso con fare attento.

   «E se ci sposassimo?» chiese lui.

   «Dovreste comunque aspettare che uno dei due diventi maggiorenne, mi spiace»

   «Capisco» annuì, quindi.

   «Posso... posso vederlo?» domandò la spadaccina con voce flebile, completamente abbandonata tra le braccia del ragazzo.

 

Non appena riuscì a scorgere l’amata testolina verde fra la moltitudine di pargoli di tutte le età presenti nell’orfanotrofio, lo chiamò a gran voce, correndo verso di lui. Il bimbo si volse nella sua direzione, e sul visetto paffuto spuntò un sorriso enorme. Un attimo dopo era di nuovo fra le braccia della sorella che lo tirò su e lo strinse al petto con tutta se stessa, riempiendolo di baci.

   «Grazie» fu Sota a parlare per entrambi.

   L’uomo rispose soltanto con un cenno del capo.

   Silk spostò la sua attenzione su di lui, fissandolo con riconoscenza.

   «Andate via, ora... non potrò coprirvi ancora per molto: anche se ho dato ordine ai miei uomini di smettere con le ricerche, qualcuno potrebbe avvisare il governo della vostra presenza sull’isola»

   «Ha ragione,» convenne il giovane porgendogli la mano. «si è esposto sin troppo, per noi...»

   Lui però non la strinse. «Non l’ho fatto per voi, ma per il bambino»

 

E così ora si ritrovavano dall’altra parte dell’isola, su una spiaggetta libera, abbandonata. Sulla riva si poteva scorgere lo scheletro di qualche vecchia scialuppa, corde tranciate, remi spezzati, vele lise. I gabbiani ne avevano fatto il loro rifugio, e poco importava loro se ora avevano visite. Ryuma cominciò a puntare con lo sguardo le bestiole, il ditino teso verso di loro.

   «Uttellini...» mormorò con espressione seria.

   Silk affondò le labbra sulla sua guancia morbida. «Hai visto che belli, tesoro?» sorrise lisciandogli il capo.

   «Non abbiamo una nave né tanto meno il becco di un quattrino» faceva i conti Sota, frattanto, tuffandosi a sedere sulla sabbia chiara, una mano fra i capelli neri. Scosse il capo guardandosi intorno. «Anche rimettendo in sesto uno di questi scafi, è cosa improponibile, prendere il mare con un’imbarcazione così minuscola...»

   La Grand Line... temuta e maledetta dai più, lì nel lontano East Blue che aveva dato loro i natali. Ora sapevano il perchè: fino all’ultimo, non si sapeva cosa mai avrebbe riservato.

   Rivolse gli occhi verso la ragazza che, il piccolo in braccio, continuava a vezzeggiare quest’ultimo con fare affettuoso: era disperata... Si stava aggrappando con tutte le sue forze alla remota speranza che anche gli altri, come loro, fossero riusciti a cavarsela in qualche modo; lui, invece, per quanto si sforzasse di vedere le cose in positivo, non riusciva ad essere comunque tanto ottimista.

   Se anche qualcuno si fosse salvato, come si sarebbero ritrovati?

   Sospirò. «Abbiamo bisogno di trovare un lavoro, almeno per mangiare»

   «E come?» domandò scettica Silk, volgendo il capo verso di lui. «Ti ricordo che siamo ricercati»

   «Vuoi rubare?»

   «No»

   «Cosa proponi

   Lei si sedette al suo fianco e parve pensarci su per qualche istante, cercando di acquietare Ryuma che frattanto cercava di scendere dal suo grembo per raggiungere i gabbiani sulla riva.

   «L’unica opportunità che abbiamo è quella di dividerci»

   «Non ti lascio da sola» s’impuntò lui con tono che non permetteva repliche.

   «Intendo solo fino a che non avremo qualcosa in tasca» insistette la ragazza. «Come credi potremo cavarcela, altrimenti? Con un bambino a carico, per di più. Ryuma non lo lascio da nessuna parte, chiaro?»

   «Non ho mai pensato fosse un peso, e lo sai» l’ammonì Sota fissando gli occhi scuri in quelli del bimbo che, udendo il suo nome, si sentì chiamato in causa. Il giovane gli sorrise e gli stuzzicò il nasino, facendo finta di rubarglielo e sentendolo ridere come tutte le sante volte che ripetevano quel gioco. «Avresti accettato?» disse poi, d’un tratto.

   La rossa cascò dalle nuvole. «Cosa

   «Di sposarmi...»

   Distese le labbra, scosse il capo e tirò fuori la lingua. «No»

   Sota rise. «Streghetta...» sussurrò sporgendosi nella sua direzione per baciarla. «Al porto» ricominciò con fare serio. «Forse lì troverò qualcosa da fare...»

   Lei annuì. «Io proverò in qualche locanda lì vicino, magari cercano una cameriera... Solitamente le taverne nei pressi del porto scarseggiano di personale, vista la gente che circola...»

   «Starò in ansia tutto il giorno, ma non vedo altra soluzione...»

   «Spero me lo facciano tenere...» mormorò stringendo Ryuma fra le braccia.

 

Alla fine, avevano aspettato che calasse la sera per tentare di guadagnarsi qualcosa per vivere, e ora due figure incappucciate, due mantelli improvvisati con le vele trovate sulla spiaggia, si aggiravano per il porto con fare guardingo, attenti agli sguardi della gente, attenti a non imbattersi in qualche cacciatore di taglie o, peggio, in qualcuno che lavorasse per il governo. Sul molo, illuminato solo dalle fioche luci dei lampioni, si vedevano soltanto uomini di mare; che fossero masnadieri, pirati o semplici pescatori non era dato saperlo, ma quelle facce non piacevano a nessuno dei due ragazzi. Istintivamente Sota passò un braccio attorno alla vita della compagna per poterla avere più vicina a sé, come volesse tranquillizzarsi che nessuno potesse avvicinarsi a lei, armata di spada, certo, ma comunque troppo presa a difendere il bimbo che stringeva fra le braccia, affamato e addormentato sul suo petto due ore prima, piuttosto che se stessa.

   Poco più in là, dalle parti degli hangar in cui venivano riparate alcune imbarcazioni, dei marinai scaricavano merce da un grosso galeone appena attraccato.

   «Proverò a vedere se hanno qualcosa per me...» cominciò il giovane fermandosi ed inducendo la ragazza a fare la stessa cosa. «Ma prima ti accompagno là dentro»

   Fece cenno verso una taverna che si affacciava proprio lì sul molo, l’insegna sbiadita che ondeggiava lentamente alla brezza del mare, le luci dei lampadari che dall'interno si andavano a disegnare sul ciottolato creando dei rettangoli gialli frammentati dall’ombra delle grate delle finestre.

   Entrarono lentamente nella locanda, affollata abbastanza da riempire tutti i tavoli: uomini dappertutto. Le uniche presenze femminili erano quelli della padrona della taverna e della cameriera che, vestita di un abito lungo e scollato, andava ancheggiando fra i clienti sorridendo a chiunque le posasse una mano sul didietro.

   Silk alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo; Sota storse la bocca.

   «Qui non ti lascio» dichiarò afferrando la compagna per un braccio e cercando di trascinarla via con sé, fuori dalla locanda.

   Quella però si liberò. «Abbiamo-bisogno-di-soldi»

   «Ti metteranno le mani addosso» sibilò l'altro fra i denti, guardandola indispettito.

   «E secondo te sono talmente idiota da lasciarglielo fare?» sospirò lei esasperata, tornando a varcare la soglia, seguita a ruota da Sota che le si parò davanti impedendole di procedere oltre.

   La rossa sbuffò. «Fammi passare»

   «Non ti lascio in questo tugurio» tornò a ripetere il giovane.

   «Sota, non poss...»

   «Tesoro, mi bloccherai l’entrata ancora per molto?»

   La domanda dell’oste fece voltare entrambi verso di lei: era una donna alta, formosa, truccatissima, e con tutta probabilità quella che aveva in testa era una parrucca... o forse no... ad ogni modo, era qualcosa di decisamente grottesco, tanto da lasciare il pirata alquanto perplesso.

   «Avventurieri?»

   Silk si fece avanti, il cappuccio calato sul viso, il bambino nascosto sotto il mantello. «Signora... cerco lavoro» prese a domandare avvicinandosi al bancone dove la donna era impegnata a ripulire il ripiano bagnato.

   «Qui? Sei sicura?» chiese quest’ultima continuando a passare lo straccio umido per asciugare quel che i clienti sporcavano.

   «Ho bisogno di soldi»

Si fermò e prese a sbirciare sotto il cappuccio della ragazza, incontrandone gli occhi scuri e intelligenti.

   «Come ti chiami?» domandò abbassando il tono della voce. «No, non dirmelo... tanto mi darai un nome falso» si convinse. «Sei ricercata, vero?»

   «Ho bisogno di soldi» ripeté l'altra con fare insistente.

   «Giù il mantello» e vedendo che la spadaccina esitava a muovere muscolo, la rassicurò con un sorriso. «Tesoro... metà delle teste calde che vedi qui intorno ha una taglia sulla testa, e l’altra metà non è così stupida da andare a denunciarla. Né lo sono io: mi danno lavoro, e finché vengono qui ad ubriacarsi, a me sta bene» spiegò riprendendo a pulire. «Ora, giù il cappuccio: ho bisogno di vederti in volto»

   «Perchè?»

   «Se non hai un bel visino... non se ne parla»

   «Non farlo» bisbigliò Sota andando vicino alla compagna. «Non mi fido»

   Ma Silk non lo ascoltò e tirò giù il cappuccio lasciando scoperto il capo dai capelli ramati.

   La donna tornò a sorridere. «Charlotte mi ucciderà, ma me ne infischio: cominci subito»

   «Ora?!» scattarono all’unisono i due giovani.

   Lei spostò lo sguardo sul ragazzo, come a volerlo studiare. «Tu?»

   «Cosa

   «Chi sei

   «Ha importanza?»

   «Smettila...» sospirò stancamente la rossa.

   «Non la smetto, non mi piace questo posto!»

   «Sei suo marito?»

   I due ammutolirono.

   «Ci ho preso?»

   «No, è mio... fratello...» sparò Silk distogliendo lo sguardo, imbarazzato.

   «Sì, e io sono tua nonna...» fu la risposta che fece calare nuovamente il silenzio. «E’ vostro figlio?»

   «Chi?» domandò Sota aggrottando le sopracciglia.

   L’oste si sporse oltre il bancone allungando il braccio verso Silk e, afferrando un lembo del mantello, scoprì il piccolo che la ragazza portava aggrappato al seno.

   Questa abbassò gli occhi. «E’ mio fratello...»

   «Un altro?» la guardò scettica la donna.

   «Quello vero» sbuffò il giovane, e tornando a guardarsi intorno incrociò lo sguardo della cameriera. Imprecò, si coprì meglio il volto, e volse nuovamente le spalle alla folla.

   «Avete fame?» chiese l’altra togliendosi il grembiule di dosso. «Venite con me»

   Li condusse al piano di sopra, dove un piccolo atrio introduceva ad un corridoio pieno di porte chiuse, tutte recanti un numero sul lato esterno.

   «Allora...» riprese l’oste, muovendo pesantemente il corpo non più giovanissimo. «Su al secondo piano ci sono i clienti, i viaggiatori che sostano per una o due notti...» cominciò a spiegare portandoli ad un’altra scalinata di legno, in fondo al corridoio. «Qui al primo piano, invece, ci sono le ragazze» e nel dirlo lanciò uno sguardo eloquente ai due giovani.

   «E’ un bordello?» protestò Sota sempre più nervoso.

   La donna scosse il capo, portandosi le mani ai fianchi. «Chi sei, un puritano?»

   «Mi preoccupo per la mia compagna, posso

   «Sì, ma non è il caso di farlo ora: non sono così matta da offrire questo tipo di lavoro ad una ragazza tanto giovane» ribatté riprendendo a salire e giungendo infine al terzo piano, quello che presentava meno stanze. «Qui c’è la mia camera. Quella là è di Charlotte, le altre sono vuote. Questa...» spiegò cacciando un mazzo di chiavi dalla tasca dell’abito verde smeraldo, damascato e trapuntato d’oro, decisamente troppo sfarzoso per una semplice oste. «...è quella per te» e dicendolo fece scattare la serratura e aprì la porta.

   Non era una stanza molto ampia, ma era comunque abbastanza spaziosa e, essendo dotata di due finestre, di giorno doveva risultare di sicuro ben illuminata. Un letto a una piazza, una grossa cassettiera, un tavolino rotondo, due sedie, un divanetto, uno specchio senza cornice, un tavolo da toiletta e una porta che conduceva ad un piccolo bagno dotato di tutto il necessario.

   «Non è una reggia, ma c’è il minimo indispensabile. Le tende le ho lavate stamattina, per domani a mezzogiorno saranno pronte. Per la cena... ve la porterò in camera quanto prima, ma...» si interruppe spostando lo sguardo su Sota. «Tu non puoi restare»

   «Perchè?» la voce di Silk sembrò tradire l’ansia della solitudine.

   La donna le carezzò il viso. «Ospitare un ricercato è già un rischio; ospitarne due, vuol dire mettersi in guai veri e propri» affermò. «Siete i due che cercavano oggi, vero? Ho sentito dire che avevate rapito un bambino, ma dal modo in cui lo tieni stretto a te...»

   «E’ mio fratello» ripeté la ragazza con sguardo severo.

   «Il governatore è un brav’uomo: non te l’avrebbe lasciato se non fosse stato certo di potersi fidare» sorrise l’altra. «Cominci domani. La paga è di duemila berry al giorno, ma potrai arrotondare anche fino a duemilacinquecento con le mance». Sospirò tornando sui suoi passi e fermandosi sulla soglia si rivolse nuovamente al giovane. «Arriverebbe anche a tremila se si lasciasse andare come Charlotte, ma immagino che se qualcuno si avvicinasse a lei...»

   «Lo ammazzerei» tagliò corto lui, senza preoccuparsi di nascondere i propri sentimenti.

   «Stanotte puoi restare, ma domattina ti voglio fuori di qui, intesi?» e vedendolo annuire rassegnato, tornò a rivolgersi alla rossa. «Ah, prima che me ne dimentichi: occhio a Charlotte, è piuttosto gelosa dei suoi clienti»

   Non appena ebbe chiuso la porta alle sue spalle, Sota si lasciò andare alla collera. «Non mi piace per niente, questo posto!»

   «Per lo meno abbiamo un tetto sulla testa» mormorò la ragazza adagiando Ryuma sul letto.

   «Vado a vedere se trovo qualcosa da fare giù al porto... Non muoverti da qui, torno subito» e sparì sotto ai suoi occhi lasciando solo la finestra spalancata.

   Silk si affacciò sulla strada, l’aria era fresca e la notte senza stelle: avrebbe piovuto. Socchiuse le ante per dare modo al compagno di rientrare senza troppi problemi, e si guardò attorno.

   Triste. Da qualunque parte la guardasse, quella camera le sembrava incredibilmente triste. Come la piega che aveva preso la sua vita.

   Nonostante la lampada ad olio sul tavolino fosse accesa rischiarando l’ambiente, le sembrava tutto buio. Volse nuovamente lo sguardo fuori dalla finestra e vide il giovane che l’accompagnava in quella disperata ricerca, affrettarsi verso un gruppo di marinai.

   Sota...

   Senza Sota, sarebbero morti anche lei e Ryuma.

   Morti...

   Si morse le labbra cadendo in ginocchio, le braccia e la fronte poggiati al davanzale: non era rimasto niente della gloriosa ciurma del re dei pirati. Niente.

   Fu tentata di lasciarsi andare nuovamente alle lacrime, ma le ricacciò indietro non appena la porta si spalancò, facendola sussultare e voltare di scatto.

   «Preghi?» scherzò l’oste mostrandole il vassoio con la cena. «Dovrebbe bastare per tutti e tre» disse poggiando il tutto sul tavolo. Spostò lo sguardo sulla ragazza ancora accovacciata in terra, e la fissò negli occhi scuri. «Non so quale inferno abbiate passato, ma... qui dovreste essere al sicuro per un po’» affermò rimboccando le coperte al piccolo che continuava a dormire senza curarsi di quel che gli accadeva intorno. «Di’ un po’... sei tu la figlia di Roronoa

   «Sì»

   «Bene: da oggi ti chiamerai... Miranda? Almeno fino a che resterai sotto questo tetto» sospirò prendendo a rovistare nel corpetto e porgendole una boccetta. «To’, prendi»

   «Cos’è?» domandò la ragazza accigliata, non sapendo se accettare o meno.

   «Tintura per capelli» la informò l’altra. «Non puoi pretendere di andartene in giro in questo posto con quella chioma fiammante e la spada: ti riconoscerebbero tutti»

   «Ha ragione...» mormorò Silk allungando la mano per prendere la bottiglietta.

   «Il tuo... amico?»

   «In bagno»

   «Domattina all’alba giù dal letto, mi raccomando»

   «Sta bene»

   Si fissarono in silenzio per qualche istante, e infine la donna prese ad uscire dalla stanza.

   «Senta...» la richiamò indietro la spadaccina, rimettendosi in piedi.

   L’oste si fermò in attesa che lei parlasse.

   «Grazie...»

   Un sorriso, e la porta venne richiusa.

   Rimasta nuovamente sola, la ragazza chinò lo sguardo sulla boccetta che aveva in mano. Scosse il capo sconsolata e si tuffò a sedere sul letto, accanto al fratellino.

 

Una grossa nave mercantile avrebbe attraccato al porto poco dopo l’alba, o almeno così gli avevano detto. Servivano braccia giovani e forti, e anche se la paga non era delle migliori, per cominciare poteva anche bastare.

   Quando rientrò in camera, spalancando la finestra e richiudendola subito dopo alle sue spalle, vi trovò soltanto Ryuma, ancora addormentato. Il mantello di Silk sulla spalliera del letto, il rumore di acqua che scorreva attraverso la porta del bagno. Si liberò finalmente del cappuccio e del pastrano, e curiosò fra le pietanze che erano state servite loro. Da quanto non mangiavano decentemente? Non lo ricordava neanche più.

   La porta del bagno si aprì, e quando Sota si voltò verso la compagna, per poco non gli venne un colpo.

   «Che diav...?!»

   Silk sospirò nervosa. «Me l’ha consigliato la padrona, così non verrò riconosciuta e non attirerò troppo l’attenzione dei clienti...» spiegò sedendosi al tavolo e prendendo a spizzicare qualcosa dal vassoio. «Sto così male?» domandò alzando gli occhi al cielo quando si accorse che il giovane non riusciva assolutamente a spiccicare parola.

   Questi si scosse, infine, e sedendo di fronte alla spadaccina, prese a farfugliare qualcosa che, a suo avviso, dovesse sembrare un complimento: «No... affatto... ma... il rosso lo preferivo... sei meno sexy così... ma hai comunque il tuo fascino... credo...»

   «Taci e mangia»

   «Ok» balbettò obbedendo all’istante. «Ho trovato un lavoretto per domattina» la informò quindi. «Non è molto, ma meglio che star con le mani in mano...»

   «Quanto credi che ci costerebbe una nave?»

   «Una nave?» ripeté Sota contrariato. «Tesoro... credo che non ce la faremmo neanche se ci spaccassimo la schiena ventiquattr’ore su ventiquattro per vent’anni di fila...»

   Silk lo guardò con occhi affranti, e il suo cuore si piegò in un “crack”.

   «Troverò qualcosa di meglio al più presto, te lo giuro» promise quindi, scoccandole un bacio sulle labbra.

 

 

 

 

Un po’ in anticipo a quanto credessi, ma eccovi il primo capitolo del sequel che stavate aspettando. ^^

Come avrete notato, a distanza di più di tre anni e mezzo da quando cominciai a scrivere Piece Main, sono cambiate molte cose sia nello stile della storia, sia, spero, nel mio modo di scrivere.

Mi auguro di tutto cuore che questa nuova fanfiction possa tenervi compagnia nel migliore dei modi, anche se con ritmi molto più lenti rispetto a quella che l’ha preceduta, dato che è ancora in via di stesura. Sono molte le idee che attualmente mi frullano per la testa, e spero di metterle nero su bianco quanto prima, anche perché prevedo una storia ancora più intricata della precedente, con molta più avventura ed innumerevoli flashback che aiuteranno i lettori a capire pian piano cos’è accaduto in questi due anni (e poco più) di vuoto, vale a dire da quando abbiamo lasciato l’equipaggio di Monkey D. Rufy diretto ad Alabasta, fino alla tragedia di Raftel Island.

Non so quando aggiornerò con il capitolo secondo, ma intanto vi ringrazio per la cortese attenzione che rivolgete a tutti i miei lavori.

Shainareth J

 

 

 

  
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