Baci
Di Sole
«Conosco
un bel posto.» aveva detto una settimana prima Artemiya, seduta al tavolo di
cucina, con una salopette di jeans rosa salmone e le gote rosse, mentre Elisa
la guardava dall’altro capo del tavolo con Andrea che si arrampicava su di lei
con perizia e dedizione.
«Ci
sono andata una volta che avevo diciotto anni…con degli amici, e lì ho pensato
che avrei dovuto portarci la mia famiglia, un giorno…» aveva indorato la
pillola con un bel sorriso, uno di quelli rossi che sanno di baci. Elisa aveva
sorvolato sulle domande di rito – chi erano quegli amici, e se erano amici e
basta – ed ora si stava godendo con espressione soddisfatta la luce calda del
sole che cadeva di sbieco nella caletta ligure in cui Mia le aveva portate, lei
e la loro bambina. Una mezzaluna di sabbia grigio perla, lambita dai flutti
vellutati di un mare blu, ombreggiato a tratti dalle proiezione delle chiome
lussureggianti dei pini marittimi che, quasi a monito per i turisti,
protendevano le loro braccia sulla gola, dall’alto delle rocce rese bianche dal
calore solare.
«Andrea,
se non metti l’acqua non viene mica. Prendi il secchiello e riempilo un po’, ma
fa attenzione…» la voce della sua compagna si alzava alla sua destra, dove era
seduta a gambe incrociate coi capelli biondi che cadevano, fluenti, sulle
spalle.
Andrea,
con il costumino rosa a fragole, aveva preso il secchiello e ora trotterellava
verso le ondicelle pacate del mare, così calmo e tranquillo in quella bella
giornata di sole estiva. Quel mare blu che tanto Mia amava osservare, mare
ligure, mare tempestoso, mare…forte e libero di vita. Scosse la testa, e quando
fu sicura che la bambina non cadesse in acqua, Mia si allungò un istante su
Elisa, sorridendo, sicura che, oltre le palpebre calate, lei sapesse che stava
avvicinandosi, e le baciò con dolcezza il viso.
«Ti
piace…?» sussurrò, una mano di Elisa che le metteva a posto il costume, sulla
sua pelle lattea che si era subito accesa di rosso per i raggi solari.
«Tanto…»
rispose dolce Elisa aprendo un occhio, osservando la donna col suo sorrisino
sbieco da ragazza cattiva, tradito dal luccichio della pupilla gioconda di
bambina quieta.
«Mamma!
Ci aiuti a fare il castello di sabbia?» la vocina fine di Andrea la raggiunse,
mentre la piccola sirena zampettava nella sabbia sporcandosi le gambe, umide
dagli schizzi marini, portando con difficoltà il secchiello pieno d’acqua.
Elisa la guardò arrancare, sorridendo e sistemandosi i Ray-Ban sul setto
nasale.
«Certo
che sì!» rispose Elisa mettendosi seduta sul telo a gambe incrociate.
«…
Ma la mamma non aveva detto di riempirlo solo
un po’…?».
Andrea
guardò l’acqua e parve pensarci un poco, gli occhi in forte concentrazione, poi
iniziò a toglierne con le manine unite a coppa, destando un riso soffice dalle
madri.
Artemiya
s’alzò per prendere il secchiello e lo sollevò.
«Vieni,
ti faccio vedere quanta ne serve…» disse con dolcezza, prendendola per mano e
accompagnandola di nuovo verso il mare, dove Elisa la osservò svuotare il
secchiello e dirle quanta ne bastava, lei inginocchiata col bikini bianco macchiato
da un lato, in ricordo della pesca che era scivolata poche settimane prima e
aveva resistito a tanti lavaggi col suo colorito caldo, e Andrea col caschetto
rosso che annuiva e sorrideva ammirata, lieta di imparare ancora, e senza
vergognarsi di chiedere perché ne bastasse così poco se c’era a disposizione
tutta quella distesa blu.
La
sua famiglia, la sua vita. Quella bellissima donna che ora era sua moglie,
bellezza nordica con cui ha vissuto tante disavventure, come la cicatrice che
ancora si poteva notare al ventre, tristo regalo del padre alla sua consorte.
Camminava piano, stando al passo della figlia che teneva a due mani il
secchiello, felice, sorridendo con sincerità e gaio, la figlia che hanno
adottato, sentendola loro ancor prima di averla vista. Amandola ancor prima che
lei amasse loro.
Le
osservò tornare indietro guardandole con la testa china da un lato, Mia che la
guardava ammiccando, che le spruzzò alcune minuscole goccioline gelide sul naso
quando Andrea stava sedendosi lì accanto per riempire il secchiello di sabbia.
«Ehi!»
fece, accogliendo Mia accanto a sé sul telo, ricevendo un piccolo bacio,
stringendo la mano alla sua.
«Dai,
renditi utile!» disse scherzosamente la bionda, allungandole un piccolo
rastrello di plastica. Elisa la guardò basita, prima di sorridere e
avvicinandosi alla figlia, e versarle la sabbia giusta per costruire un
castello. Artemiya si perse nel guardarla, scorgendo gli occhi di lei dalla
fessura laterale degli occhiali scuri, dolce nei modi e le mani delicate ma
allo stesso tempo decisi nel seguire la figlia nella costruzione del suo
maniero fatti di sogni umidi e salati come il mare, e malleabili come la
sabbia.
«Vedi,
la sabbia da sola non basta, perché è friabile e vola via… Se invece aggiungi
dell’acqua, la sabbia diventa malleabile…» le diceva con voce calda, battendo
la paletta sul secchio rosso, pieno fino all’orlo di sabbia scura. Mia che
sfiora la schiena della figlia, calda per il tempo passato sotto il sole. Era
così piccola e fragile, candida nella pelle e negli occhi, forte nei capelli.
«È
proprio come il destino, Andrea… se aggiungi qualcosa di tuo, se gli dai
qualcosa di tuo, lui sarà nelle tue mani…» affermò, lanciando uno sguardo pieno
di parole silenziose alla moglie, che l’aveva ascoltata e che ora le stringeva
la mano insabbiata e umida.
«Vedi,
ora io sto con la mamma perché ho fatto il mio castello di sabbia con lei…» le
disse, girando velocemente il barilotto rosso e battendo poco poco.
«E
spero tanto che un giorno, anche tu, costruisca il tuo castello di sabbia così…
con la persona che ami.» e sollevò piano, partorendo sotto di sé la figura
solida e scura di una torre, creando un sorriso e un battito di mani della
bambina, guardando il suo capolavoro, fatto con tanta fatica, mentre le due
madri si guardarono con uno sguardo carico di emozioni che si sprigionò in un
bacio casto, eppure pieno di tutto.
Un
bacio sotto il sole.
Per
entrambe, un “bacio di sole”.
…
e per Andrea, un castello di sabbia.