CAPITOLO VIII
"Balaclava"
Viviamo in tempi oscuri e se non
fossimo tanto ingannati dalle luci abbacinanti di queste grandi
metropoli moderne, ci accorgeremmo di quanto è lontana quella
idea di accettazione della diversità fra gli uomini.
In nome
della cultura o talvolta in nome della pace abbiamo potuto credere
che le cose potessero cambiare, che per lo meno gli sforzi dei nostri
precedessori non siano stati vani.
Il ventunesimo
secolo si è presentato con la sua faccia più aberrante, ci ha
lasciati smarriti nelle nostre coscienze. Quindi eccoci qui ad
elemosinare risposte che forse abbiamo già, che semplicemente non
sappiamo accettare. Non sto parlando della fine del mondo, né della
fine dell'uomo, poiché l'uomo è sempre più ratto che si nutre di
piccoli topi. L'uomo è un misero essere che non è in grado di
salvaguardare sé stesso dalla propria brama di potere. Ed ecco ora
che il suo potere lo divora, il potere è una pianta carnivora che
vive nel suo giardino.
Nel canale di Otranto, a soli
ottanta chilometri da Valona, sorgeva un piccolo porto. Uno scenario
lugubre di una mattina di agosto; l'orizzonte pareva essersi
cancellato del tutto, si nascondeva in un tutt'uno dietro
la foschia, scarsa era la visibilità. Due uomini si incamminavano
lungo la schiera di barche; il primo era un giovane con indosso una
giacca inglese tutta sgualcita e rattoppata, il secondo era un uomo
sulla cinquantina, barbuto e più che vestito male era vestito da
sera, con dei pantaloni scuri ed una maglietta aderente la quale non
lasciava alcun dubbio per quanto fosse chiaro non la cambiasse da
giorni. Il tale aveva curato i primi sbarchi albanesi del '92, era
solito nel trattare con assassini, evasori, esiliati, latitanti di
ogni paese dell'Ex Iugoslavia. Per loro sfortuna tra la nebbia
passò una volante. I due si consultarono un attimo prima di assumere
atteggiamenti poco consoni all'ordine di due civili. La volante si
fermò. I due decisero di continuare a camminare facendo finta di
niente, entrambi con le mani in tasca, quando dalla volante un
finanziere li fermò:-Altolà! Documenti prego! .
-Questo
bastardo...- Disse quello più vecchio. -Se fa storie giuro
che gli sparo in fronte.
-Calmo Tito, lascia parlare me.-
Disse il giovane.
Il finanziere si
avvicinò.
-Buongiorno.- Lo salutò il giovane, ma il
finanziere non rispose, voleva i documenti e dopo essersi guardati in
faccia cacciarono le rispettive carte d'identità con i rispettivi
permessi di soggiorno.
-Ahah bosniaci... e cosa ci fate
qui?- Domandò il finanziere.
-Siamo qui per affari,
io e il mio socio stiamo per compare un peschereccio qui in
porto...-
Il finanziere si assicurò che i documenti
fossero in ordine, li chiuse e fece un respiro profondo senza
guardarli in faccia.
-Sapete che devo portarvi con me per
un controllo?
-In base a quale procedura mi scusi? I nostri
documenti sono in regola.- Rispose Tito assottigliando gli
occhi.
-Abbiamo degli ordini ben precisi in seguito a
delle segnalazioni ricevute questa notte.
-Deve esserci un
errore... - Disse preoccupato il giovane mentre il
finanziere lo strattonava cercando di condurlo via di lì. Intanto un
secondo finanziere scendeva dall'auto. Si strattonarono ancora una
volta, poi Tito gettò le braccia sul petto del finanziere che
tratteneva il giovane e quello cadde con tutto il giovane sopra.
Quando il secondo finanziere Gli giunse vicino aveva il manganello
ben sollevato e lo caricò di forza sul volto del cinquantenne: andò
al suolo con il volto ricoperto di sangue. Il giovane si alzò quasi
subito e rifilò un calcio nello stomaco al finanziere che stava
ancora a terra, schivò l'arrivo del manganello e rispose con
un gancio destro. Il finanziere recepì il colpo restando in piedi,
caricò nuovamente il manganello e questa volta colpì il braccio
del ragazzo che non seppe come pararsi e rimase fermo sorpreso
dall'improvviso dolore, l'altro finanziere si alzò di scatto
ringhiando e lo aggrappò quasi come in una mossa di rugby. Il
giovane venne messo con la faccia contro il pavimento e più volte la
fronte gli venne pressata contro il ruvido asfalto quasi a volercelo
conficcare lì.
-Sono terroristi questi bastardi.-
Disse uno di loro. -Siede diretti in Albania vero?
A quel
punto arrivò un'auto blu sgommando. Scese dall'auto un tizio ed era
solo, nessun altro alle sue spalle. Il tizio tolse di mano il
manganello al finanziere sbarrandogli davanti agli occhi un
distintivo.
- Dovete lasciare all'istante questi uomini e
sparire dalla mia vista prima che io contatti i vostri
superiori...all'istante!
Il finanziere privato del
manganello provò a districarsi al meglio.
-Abbiamo
fermato questi uomini in quanto abbiamo l'ordine tassativo di fermare
ogni slavo che si aggiri a piedi o in auto. Non spetta a lei
ispettore Bianchi, rilasciare queste persone, devono sottoporsi ad un
controllo in caserma.
-Forse non avete capito bene
una cosa qui, siete voi che state dando una mano a noi della
Polizia, non è la polizia che si immischia nei vostri affari, quindi
ora fatemi la cortesia di togliervi dal cazzo, perché la Polizia ora
è arrivata... mi pare di aver già visto abbastanza qui eh... o
vogliamo riferire ai superiori che usate i manganelli contro gente
indifesa e disarmata?
-Hanno opposto resistenza ispettore!
- Provò a ribattere il finanziere.
- ... non mi
pare di aver chiesto il tuo punto di vista. Non credo neanche che
conti il parere di un finanziere su quello di un ispettore di Polizia
o forse mi sbaglio? Ho detto di andarvene... FORZA CAZZO!!!
VIA!!
Il tizio che si presentava in
pantaloncini bianchi e scarpe da tennis, non avrà avuto più di
trent'anni ed urlava furiosamente come se fosse stato disposto a
tutto qualora non l'avessero ascoltato. Ma era conosciuto e temuto
nella zona, così che i due finanzieri si rimasero in macchina e
molto lentamente lasciarono la zona.
-Alexander
Ludovich...ti fai chiamare così ora non è vero?-
-Già
ispettore,mi chiamano proprio così. E' da molto che non ci si
vede io e te vero?
- A quanto pare arrivo al momento
giusto. - Rispose l'ispettore Bianchi, quando poi ancora prendeva
respiro da quelle urla, era fermo e manteneva il busto eretto con le
gambe divaricate come se avesse picchiato qualcuno. Era castano,
occhi chiari, un uomo di bell'aspetto e dal fisico atletico. Il fatto
che girava in pantaloncini e scarpette da tennis di primo mattino non
esclude che non sarebbe arrivato a fine giornata con quella
freschezza con la quale si presentava al momento. Era solito
nel perdersi nel suo lavoro. Ludovich lo conosceva bene.
-Cosa
diavolo ci fai qui Cosma?- Chiese Ludovich.
-Ho
saputo che Ivanovich è stato incastrato in Albania, fatto
prigioniero nella prigione di Tirana. Era prevedibile che
incaricassero te per liberarlo. -Continuò l'affascinante
ispettore. - Dovevo aspettarmi che non sei ancora in grado di
coprirti le spalle come si deve.-Aggiunse.
-Mettila
come ti pare, noi gli avremmo pestati a sangue quelli. - Alzò lo
sguardo verso la direzione opposta Ludovich, in segno di non curanza nei confronti dell'ispettore.
-Sì certo come no, uno smilzo ed
un panzone alcolista che non sa neanche alzarsi da terra...
avreste sicuramente battuto due finanzieri smaniosi di pestare
a sangue due slavi. A proposito... cos'è questa storia che hai la
cittadinanza bosniaca ora?
-Secondo te dovrei andare
in giro ancora con i miei vecchi documenti? Connetti il
cervello e fatti più furbo sbirro... spacciarmi per
slavo mi dà più vantaggi nel mio lavoro.
-Ma
guardalo... questo farabutto... hai il coraggio anche di chiamarlo
lavoro questo!?
-Non ricominciare Cosma... stavamo andando
al bar a prenderci qualcosa, vieni con noi?- Ammiccò per
sfottere ed assunse anche una certa aria da sfida
che infastidiva non poco l'ispettore Bianchi. -Andate... andate
pure.... tanto verrà anche il vostro giorno, è solo una questione
di tempo.
Tito affrettava il passo per
andarsene verso il locale, quei due non li capiva. Conosceva anche
lui, il famoso ispettore Cosimo Bianchi, se non altro per fama, e
nutriva un sentimento del tutto contrario alla simpatia nei suoi
confronti. Quando Ludovich si allontanò dall'ispettore, Tito gli
chiese subito:
-Perché inviti quel poliziotto a bere con noi?
Sei forse impazzito?
-Lascia stare Tito, lui non è un vero
poliziotto... o meglio... è uno di quei poliziotti falliti che non
riuscirà mai a prendermi.- Ludovich affrettò il passo
toccandosi la mascella come se fosse stato colpito in faccia da un
pugno, ma pugni non ne aveva presi, era solo quell'aria da duro che
si impossessava di lui. Era la presa di coscienza dopo un
combattimento
-No, Tito... lui non mi arresterà mai.
-
Ma chi ti pensi di essere tu? Diabolic, Arsenio Lupen?
Rischi troppo a parlare con quel tipo. E poi , non vuoi mai
dirmi nulla... e allora tenitele per te le cose, non rendermi
partecipe...
-Ma no Tito caro, io ho imparato tutto da te,
solo che ora non siamo nella posizione di parlarne apertamente su
certe cose.
-Sei in rapporti con la Polizia?Vuoi
tradire Bota? - Chiese Tito asciugandosi del sudore dalla fronte
mentre i due salivano qualche gradino.
-Bota, dopo
tutto, è un buon capo, non ci ha fatto mancare nulla sino ad
oggi...no, non credo potrei mai tradire Bota.- Disse Ludovich
chinando il capo, quasi si stesse sentendo in colpa.
-.... ma
se non è Bota il problema qual è? La Mahskadov? Non ti piacciono i
loro metodi vero? Eh lo so... sono loro allora...
-Tito non
pronunciarti così dinanzi a nessuno, sai che ci aspetterebbe una
brutta fine ad entrambi dovessero solo sospettare che io non sia
d'accordo con i loro piani.
-E cosa hai intenzione di
fare?- Chiese Tito preoccupato.
-Proprio un bel
niente, ho intenzione di svolgere il mio lavoro e basta....- Lo
rassicurò il giovane, ma nel suo atteggiamento vi erano troppe cose
che non andavano. Era chiaro quel manifestarsi del dissenso,
troppo palese e allo stesso tempo pericoloso. Alexander
Ludovich si sentiva appeso ad un filo sul punto di spezzarsi da
troppo, veramente troppo tempo.
Nel piccolo locale del
porto entrò prima Ludovich, seguito qualche istante dopo da Tito.
Seduto ad un tavolo li attendeva un pescatore anziano, aveva in
volto un berretto sbiadito con la visiera rivolta verso il basso,
quasi e non voler mostrare il proprio sguardo.
-Alexander
Ludovich...- Disse il pescatore.
-Sei tu Giacomo?-
Chiese il giovane.
-Non vedo nessun altro qui a parte me, te e
il buon Tito.- Parlava molto lentamente, delle volte sistemandosi
la dentiera. -Tito.-Disse Ludovich.-Controlla che non vi
sia nessuno in cucina e vieni a sederti qui con noi.
-Allora
Alexander.... con quanti uomini saremo di ritorno?
-Con te
incluso saremo in dieci.
-Il mio peschereccio ne trasporta
massimo sei.
-Mi aveva detto Tito che era abbastanza grande
come barca.- Rispose con tono autorevole il giovane.
-E'
grande ma ha non ha un motore abbastanza potente sotto,se il carico supera
un tot di tonnellate rischio di rompere il motore. Non posso correre
certi rischi caro ragazzo...- Affermò il pescatore che intanto
mandava giù un bicchiere di brandy, ma il ragazzo non stava a
sentirlo troppo:
-Facciamo otto più qualche ferro pesante.
Intanto si sedette anche Tito,
l'uomo intervenne anche lui nel discorso:
-Giacomo di cosa ti
preoccupi? Se saremo tutti sani e salvi al ritorno avrai così tanto
denaro da startene fermo per due o tre anni. Ludovich malgrado l'età
sa alla perfezione quello che fa.
-Sarà anche come dici tu Tito,
ma otto persone il mio peschereccio non le regge, soprattutto di
notte quando il mare è più agitato.- Provò a tirare la ragione
dalla sua il pescatore che diventava preoccupato ad ogni suo sorso di
brandy.
-Possiamo anticipare il ritorno di qualche ora e
viaggiare con qualche ora di sole in più. Partire alle sette di sera
magari.- Disse Ludovich mentre si tolse la giacca sotto la quale
aveva una revolver Smith and Wasson. Giacomo se ne accorse subito e
iniziò a sudar freddo e a parlare più agitato di prima.
-Parli
di anticipare quando poi non sai neanche se ti andrà bene laggiù...
non ho mai visto gente partire da casa con delle armi come le vostre
e tornare indenni dai conflitti a fuoco.
-Più che
altro...-Aggiunse Tito al discorso del pescatore...-Tu non hai
mai visto gente partire con delle armi da questo porticciolo del
cavolo.Sei un contrabbandiere cagasotto e questo lo abbiamo capito,
ma dimmi un po'... diecimila euro non bastano per far contenta la tua
mogliettina e le tue belle figliole... fallo per loro no?
-Mia
moglie ha gli incubi tutte le notti... nel sonno quasi ogni notte mi
vede morire in mare, è quella la sua disperazione. Come
potrei farla contenta in una cosa del genere?
Ludovich sbuffò
per una serie di secondi, si alzò dal tavolo e cercò di vedere
oltre la foschia.... non si vedeva null'altro che qualche barca
ondeggiare accanto a qualche boa; il mare non lo si poteva vedere in
quel giorno cimiteriale, era questo a preoccupare tutti.
-Fa
troppo caldo per poter ragionare...-Esclamò Tito. - Non vedi
nessuno lì fuori Alexander?Dovrebbe arrivare a momenti.
In
quel preciso momento passarono nelle vicinanze dei fari blu;
probabilmente la finanza costiera che non era neanche visibile dalla
postazione del bar.
-Nessuno Tito, e spero che Cosma mi tenga
buona la sbirraglia almeno per un altro po'. Quanto tempo ci
mettono ad arrivare questi tuoi mercenari?
-Ah vero, con
Bota eravamo rimasti che ne avrebbe mandati due ma all'ultimo siamo
riusciti a trovarne solo uno.
-Chi è questo, lo
conosco?
-Non credo, anche se ha già lavorato per Bota,
proviene dagli Stati Uniti, un ex soldato dell'esercito... forse è
meglio che te lo dica prima che tu...-
La potrà si aprì di
colpo; Ludovich posto proprio dietro la bloccò a metà. Continuò a
spingere ed a opporsi con tutto il corpo.
-Ei cazzo, ma è
modo di trattare così un cliente assetato??
-Il circolo è
chiuso bellezza, apriamo alle nove!- Rispose schietto Ludovich
pressandole ancora di più la porta sopra.
-Figlio di puttana
fammi passare o giuro che ti becchi una pallottola nel cranio!-
Ludovich la lasciò passare e la guardò attentamente. La tizia si
guardò un braccio per controllare se avesse riportato dei lividi.
-Io ti faccio fuori se mi hai lasciato anche solo un cazzo di
graffio... -
-Ma come siamo nervosi di primo mattino...
Helèna....- La salutò Tito alzandosi dal tavolo.
Helèna
digrignava ancora i suoi denti contro Ludovich, lui passò dietro al
bancone ed aprì una bottiglia di rum qualsiasi. Ne versò un
bicchiere e tracannò prima di parlare.
-Non facciamo scherzi
ok? Dimmi che non è come penso Tito.
-Alexander tu sarai
anche bravo nel tuo mestiere, ma se permetti Bota ha più esperienza
di te nel selezionare la gente...
Helèna aguzzò bene
le orecchie.
-Tito lei è una ragazza... tra l'altro più
giovane di me, diventiamo seri ok? Dimmi che è uno scherzo, abbiamo
ancora molte ore per trovarne uno bravo...
Intervenne
Helèna:
-Aspetta un attimo... non sarai mica tu Alxander
Ludovich?- Chiese Helèna.
-Certo che sono io....-
Rispose quasi imbarazzato Ludovich.
-Ti facevo molto più
alto e molto più grosso dalle descrizioni che mi sono
giunte...
-Esagerano sempre...- Sorrise il ragazzo staccandosi
totalmente dalla seccatura di qualche istante prima. La ragazza
acquisiva sempre di più un volto deluso ed amareggiato.
-Dico
sul serio... ti facevo un omone alto e muscoloso e con un handicap
alla mano destra... che devo dire non noto.Nessun uomo alto, nessun
handicap da riportare come segno particolare.
Qui Tito si
mise a ridere dicendo:
-Io adoro la storia dell'handicap di
Ludovich.- E Tito faceva riferimento sicuramente alla stranezza
che conservava la storia.
-Dicono che eri un pianista
prima...che hai dovuto smettere in seguito ad una ferita
causata da una pistola.- Continuò a battere sul discorso
Helèna.
-Girano molte voci su di me... non so chi le
metta in giro...-Guardò male Tito- ma la maggior parte di
quelle voci sono fatte per confondere il nemico.
-Quindi
eri o non eri un pianista?- Si impuntò Helèna.
-Questo
che importanza ha?- Sborbottò Ludovich tornando nuovamente
serio.
-Ha importanza invece...- Volle spiegare
meglio Tito...- Ha importanza per questa ragazza ad esempio,
sicuramente anche lei si domanderà se sei la vera macchina di morte
che tutti descrivono.
-Io svolgo bene il mio lavoro
attuale...-Disse Ludovich.-Questo è quanto si ha da
sapere.
-Ok caro mio, non entreremo più nelle tue faccende
personali.- Portò le mani avanti Tito in segno di
arrendevolezza, poi parlò nuovamente del lavoro.-Secondo le
indicazioni di Bota questa ragazza vale due uomini e noi non possiamo
discutere le scelte di Bota caro Alxander, lo sai meglio di
me.
Ludovich mise a posto la bottiglia e si avvicinò
nuovamente alla ragazza.
-Hai mai viaggiato su di un
peschereccio?
-No...- Rispose la
ragazza.
Ludovich strizzò gli occhi disapprovando.
-Sai
qual'è la missione da portare a termine?
-Liberare dalla
prigione di Tirana, un'ora di tratto navale da qui e mezz'ora di
macchina da Valona, un certo Ivanovich... un pezzo grosso
dell'organizzazione Mahskadov giusto?
-Un pezzo molto
grosso della Mahskadov, se dovessimo fallire sarà meglio annegare
assieme al peschereccio. Ivanovich è stato catturato in seguito ad
un incontro con l'attuale leader del G99, un movimento di
giovani di estrema sinistra; a quanto pare vi è stata un'imboscata
da parte della polizia albanese e non sappiamo ancora quanto il G99
possa esserne complice.
-Gran bella
fregatura...-disse Helèna un po' scettica.
-Ci
daranno una mano alcuni uomini di Ivanovich scampati alla
retata.
-Ho sentito parlar molto bene degli uomini di
Ivanovich.- Disse Helèna.
-Dipende da quale punto di
vista... nel nostro lavoro non sbagliano mai, o quasi... sono
spietati, molto forti e non guardano in faccia nessuno. Portano a
termine ogni missione, per questo sicuramente ne avrai sentito parlar
molto bene nel nostro ambito.
-E allora a quale altro
punto di vista dovrei riferirmi Ludovich Alxander?
-Sotto
il profilo umano...sono degli uomini di merda, venderebbero la
propria madre per poche centina di dollari.
Poi il
discorso dei due venne spezzato da Giacomo che aveva ascoltato tutto
non togliendosi la preoccupazione dal suo volto.
-Quindi
ricapitolando... saremo quattro all'andata e se ne aggiungeranno
altri quattro al ritorno?
-Precisamente...- Rispose
Tito.
-Porteremo Ivanovich e tre dei suoi uomini con
noi.- Giacomo a quel punto si alzò a uscì dal locale.
Quando erano le 20.32 di sera,
giù al porto non c'era anima viva. Il
cielo era pieno di stelle quella sera, i turisti popolavano la zona
poco distante che poteva notarsi tramite i fari puntati dall'acqua in
direzione del castello. Non c'erano volanti a sorvegliare e quello
non era un segnale positivo per il ritorno, Ludovich lo teneva in
conto. Contrariamente a quello che la sua età e il suo aspetto
trasandato portavano a pensare era un abile calcolatore di
ogni evenienza, c'erano ovvie ragioni se quel mare calmo
incuteva una certa paura. Somebody
Else Is Taking My Place di Peggy Lee
suonava da un'auto radio.
-Tito...
dacci un taglio con sta musica...- Disse
Ludovich.
-Rilassati Alexander,
arriverà a momenti...- Provò a
rasserenare il compagno il buon Tito che scese dalla sua
vettura con in bocca uno stuzzicadenti. Era presente anche la
nuova recluta Helèna, che seduta su uno scoglio fissava un punto
qualsiasi del mare. Da lontano si udì qualcosa simile ad un
ronzio d'ape, avvicinarsi sempre di più. Dopo un minuto Giacomo
arrivò con un vecchio motorino sfracellandosi sull'asfalto.
I
tre lo guardarono un bel po' perplessi.
-Non
è colpa mia, è stata mia moglie a mettersi di mezzo... non voleva
che io venissi, mi ha tolto anche l'auto, così ho preso il
motorino.- Rialzò il vecchio catorcio
con disinvoltura e lo parcheggiò in un angolo; Ludovich si mise le
mano tra i capelli disapprovando del tutto.
Nel giro di
pochi minuti la barca fu pronta per partire.
-E'
un Mitsubishi cinquecento cavalli, sei cilindri, a quattro
tempi...- Disse Giacomo con una certa
soddisfazione.
-Pensi che io ne
capisca qualcosa di barche Giacomo? Per me deve portarci solo a
destinazione...e farci fuggire qualora incontrassimo dei carramba.
Ti è chiaro?
- Interloquì Ludovich accendendosi una sigaretta.
-Sono
stato su pescherecci con motori molto più veloci... e con cannoni
impiantati sopra... mettiti bene in testa una cosa Ludovich, è
impossibile che esista sul mercato una barca in grado di sfuggire ai
motoscafi della Guardia Costiera o della Finanza. -
Volle dire anche la sua l'esperto Tito.
-Infatti
per prevenire ogni male... ci ho pensato io.-
Esclamò Helèna tirando fuori da un sacco a pelo, un bazooka
spagnolo.
-Adesso iniziamo a
ragionare.- Sorrise Ludovich e fu un
sorriso di piena intesa con quella ragazza che era stata zitta per
ore.
-Come mitraglia ti va
bene una MG.42 Ludovich?- Estrasse la
mitragliatrice sempre dal sacco nero che sembra non aver
fondo.
-Troppo pesante per me... ei,
ma aspetta un po' ragazzina, come hai fatto ad avere tutte queste
armi?
- Che vuoi che ti dica, ho derubato degli islamici prima
che andassero a sbattere contro una cabina... è stata una vera
fortuna guarda, se non fosse stata per quella DeLorean non ce
l'avrei fatto a teletrasportarmi sin qui.- propose
con sarcasmo Helèna.
La barca pian piano iniziò a
muoversi. C'era qualcosa in quella ragazza che lo convinceva poco,
era troppo giovane e non aveva ancora gravi ferite su quel corpo. Un
soldato cinese dall'apparenza così rude ed ostile, nulla
c'entrava con quel suo corpo non troppo muscoloso. Helèna
se avesse voluto avrebbe potuto intraprende la carriera di modella
per le sue gambe perfette, per quelle spalle toniche e ben disegnate,
il seno sodo e non troppo pronunciato. Non era troppo alta ma neanche
una donna da considerarsi bassa per essere un'asiatico-americana. Si mise a
scrutare un'altra volta il mare stando con i piedi in equilibrio
sulla ferriata che delimitava la prua. Spalancò le braccia stendendo
bene le dita con esse, prese un grosso respiro, racchiuse i pugni.