Ehi, posso sedermi qui?
Odiavo
i ricevimenti cui ero costretta andare; che diamine, un’adolescente sclerotica
in un covo di ricchi che ostentavano sorrisi falsi a chiunque, le quali mogli
indossavano cappellini ridicoli neanche fossero al matrimonio di William e
Kate.
Quale
persona sana di mente avrebbe organizzato poi un ricevimento nel giardino di
casa in piena estate?! Mia madre, ovviamente, che aveva tutta l’intenzione di
presentare il suo nuovo ragazzo a metà Stati Uniti.
Ah,
il suo nuovo compagno faceva il modello vivente ad Abercrombie. Il massimo
dello squallore, insomma.
Il
sole batteva forte sulle tende colorate che mia madre aveva fatto installare
nel giardino per evitare inconveniente scottature agli ospiti, i timidi raggi
di sole si riflettevano sul piccolo lago artificiale e le gocce d’acqua, dovute
all’irrigazione perenne, dei fiori –esotici e non- risplendevano: era bello
sapere che la natura faceva di tutto per convincerti ad apprezzare quel dannato
e stupido ricevimento formale.
Per
tutto il tempo mi ero annoiata a morte, però mantenendo sempre un sorriso falso
e accondiscendente con tutti cosicché non rovinassi la festa a mia madre e al
suo fidanzato. Se solo avessi avuto il coraggio di dire a mamma che il suo carissimo modello mi aveva palpato il
culo, allora mi sarei divertita. Peccato per la mia mancanza di schiettezza e
sfacciataggine.
Con
un’ennesima scusa mi liberai dell’ospite impertinente che continuava a parlarmi
animatamente di cavalli puro sangue, incroci e roba varia, come se mi
interessassero: avevo sempre mentito sul saper cavalcare e solo per fare bella
figura. All’insistenza del tizio di cui non conoscevo neanche il nome –e lui
affermava che eravamo amici negli anni passati- sorrisi cortesemente e mi
congedai verso i tavoli all’ombra, posti il più lontano possibile dalla folla
di teste piumate e smoking del pomeriggio.
Giunta
lì mi afflosciai con poca eleganza sulla sedia, immersa nei miei pensieri
confusi da adolescente. Dopo attimi di tranquillità una voce calda e amichevole
mi distrasse dal mio ormai momento di oblio detto più comunemente sonno.
“Ehi,
posso sedermi qui?”
Alzai
lo sguardo fino a incontrare due occhi cioccolato, una massa indefinita di
ricci castani e una parlantina tutt’altro che noiosa e ossequiosa come quella
degli altri. Abbozzai un sorrisetto e con un cenno lo invitai a sedersi accanto
a me: finalmente qualcuno normale!
“Anche
tu stai fuggendo dagli ospiti particolarmente invasivi? – chiese il ragazzo
senza nome. Lanciai uno sguardo verso mia madre, che squittiva con altre tre
donne – vogliono sapere anche di che colore sono le tue mutande” aggiunse
infastidito.
“No,
purtroppo no. Sto solo scappando da domande sui cavalli, ma dopotutto Eleonoire
McDermott dovrebbe saper cavalcare, e invece no – ridacchiai, togliendomi di
dosso quei vestiti improponibili che mia madre mi aveva fatto indossare. –
piacere, sono la figlia anticonformista della tizia che ha organizzato questa
tortura cui sei sottoposto”
Il
ragazzo si allentò la cravatta, si sbottonò i primi tre bottoni della camicia
candida e, seguendo il mio esempio, appoggiò i piedi su una sedia vicina.
“Nicholas.
Nicholas Jonas”
Soffocai
un gemito di stupore: mia madre teneva in ostaggio anche delle rockstar!
Assurdo!
“Oh,
Nick Jonas! – sospirai, presa da tutto tranne che dall’emozione, - il ragazzo
che non sorride mai! Sai, avrei preferito te come patrigno invece che il
modello di Abercrombie”
Nicholas
sfoggiò uno dei suoi rarissimi sorrisi; in quel momento gli avrei fatto una
foto come ricordo.
“Non
penso di essere interessato alle quarantenni”
Inarcai
un sopracciglio: era stato con una di ventotto, così si era visibilmente
avvicinato al traguardo che costituiva mia madre.
Il
silenzio che si formò non era per niente carico di tensione, anzi, avevo la
sensazione che a momenti sarei scoppiata a ridere.
“Dovresti
sorridere più spesso – esordii, fissandolo. Nicholas si voltò verso di me, il
sorriso affiorava ancora sulle sue labbra. – sei più carino”
Il
sorriso si allargò maggiormente a quella mia affermazione, tanto che mi imbarazzai
per colpa del mio comportamento: insomma, stavo flirtando con uno che non
conoscevo neanche da dieci minuti!
“Ma
non farlo troppo, altrimenti ti si sloga la mascella” commentai per
sdrammatizzare, e ci riuscii miracolosamente.
Dopo
un po’ di sano far niente mi alzai dalla sedia (che mi aveva ridotto il sedere
a quadretti), cosicché potessi tornare nelle mie vesti di ascoltatrice passiva
e leccaculo con gli ospiti, che si aspettavano un mio brillante intervento sui
cavalli. E invece stavo in silenzio: sorridevo e annuivo, sorridevo e annuivo…
e ogni tanto lanciavo delle occhiate a Nick per vedere se era ancora lì. Trenta
minuti dopo di discorsi inutili, tornai da lui, sempre con i piedi sulla sedia
e un’aria sognante, ma non mi sedetti e restai in piedi per un po’ a osservarlo,
finché non mi avvicinai per sussurrargli qualcosa nell’orecchio.
“Ehi, posso sedermi qui e guardarti sorridere?”
L'angolo di Mari
Okay, io mi vergognavo a postare questa shot e non so perchè (forse per il modello di Abercrombie?) Ah, l'ispirazione mi è venuta mentre dormicchiavo sul divano, speranzosa di non fare i compiti che poi ho dovuto fare.
Il personaggio di Eleonoire appartiene in tutto e per tutto a me, lei è ME, è una parte di ME come lo è Brittany di Hopeless che però è COMPLETAMENTE ME. Osate rubarmi Eleonoire McDermott o Brittany e passerete le pene dell'inferno, parola mia e del mio esercito amoroso e tanto affettuoso :)
Il banner è di quella genia di Demsmuffin, conosciuta anche come Sarah, grazie tesoro, va a te 'sta cosa che ti ha fatto ridere solo dal titolo!
Ah, e va a tutte le componenti dell'Esercito, e a Irene, che ha per la prima volta ammesso in vita sua che questa storia le piace anche se c'è l'INDIVIDUO. Dai, che ti voglio bene :)
Spero di avervi strappato un piccolo sorriso, ci vediamo domani con Hopeless (cliccate sull'immagine per andare alla storia!)
Mari