Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Pudentilla Mc Moany    22/07/2011    2 recensioni
Non esiste una cosa come “troppe informazioni”. Ci sono solo mappe buone e cattive mappe. La mia sarà una buona mappa. Nessuno vi si perderà. Nessuno si perderà mai più in questo regno.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Accidental fieldwork
Quarto livello della Scalata al Wolfstar di wolfstar_ita. Il prompt è Mappa del Malandrino, e io la invio anche qui perché sono una squallidona in cerca di commenti.


Accidental fieldwork



Ogni cosa è collegata a qualsiasi altra, ma le cose vicine sono più relazionate di quelle lontane.*
Il cartografo vergò sulla pergamena l’ultima frase dell’introduzione, poi posò la penna accanto al volume già rilegato di pelle vermiglia. Sospirò devotamente, e quando chiuse il libro carezzò leggermente la copertina sulla quale, a lavoro ultimato, sarebbe stato inciso il suo nome.
Stava scrivendo un lavoro rivoluzionario, e lo sapeva. Se lo sognava da anni, di scrivere una cosa simile, da prima, oh, molto prima, che il suo principe lo chiamasse a disegnare la mappa del regno.
Aveva concepito la mappa come il suo progetto più ambizioso, degno corollario del suo manuale di geografia, ma la considerava appunto nulla più che un corollario, e questo dava la misura della grandezza del suo lavoro di redazione.
Non ci dormiva la notte, e ardeva della passione febbrile di un amante. Dentro di sé sapeva di avere ragione (e i posteri l’avrebbero riconosciuto), perché avrebbe rivoluzionato la geografia e anche la filosofia, e chissà, magari l’umanità intera. Stimava il suo lavoro, un compendio di geografia universale, come un cosmo in scala ordinato ed efficiente, mistico come l’intrico dei meccanismi complessi di un orologio, semplicissimo una volta che se ne siano svelati i misteri.
Per la prima volta, grazie a lui, sarebbero state tracciate mappe non solo di luoghi vicini e lontani, ma anche di volti e sentimenti e sorrisi, facilmente scomposti nel linguaggio musicale dell’algebra. Si sarebbero potuti veramente leggere gli altri, e muovendosi agevolmente, anche sconfinare sarebbe stato possibile; servono a questo le mappe, a non perdersi, e nessuno avrebbe più avuto paura. Un giorno ogni cosa sarebbe stata mappata, e allora nessuno si sarebbe mai perso, e chissà, il mondo sarebbe stato un posto meno triste- meno triste ma infinitamente più piccolo, sospriava il cartografo, e nei giorni normali si rimetteva a lavorare a questo o a quel calcolo per ricacciare via un languore inspiegabile che gli rendeva il cuore come di piombo.
Non pensiate tuttavia che con tutta questa passione per la scrittura il cartografo tenesse in spregio la sua maestranza. Al contrario, gli piaceva moltissimo il suo mestiere. Gli dava la sensazione gratificante di essere utile alle persone almeno quanto un medico o un sacerdote, e tutti gli erano grati del suo duro lavoro. Fabbricava le sue mappe con tenerezza, e con un ultimo incoraggiamento e lo sguardo fiero le mandava in giro per il mondo, fra le mani di qualche esploratore coraggioso che se le sarebbe portate oltreoceano o nella bisaccia di un pellegrino stanco che vi si sarebbe appoggiato come a un bastone, quando il viaggio si fosse fatto duro e la solitudine più buia.
Il cartografo si perdeva anche in questi pensieri, quando la sua opera lo rendeva triste, e anche lui si sentiva meno solo. E poi c’era il suo principe a fargli compagnia, nelle belle mattine assolate come quella.
Erano appunto le dieci, e la luce stessa del sole sembrò smuovere le tende con un avvertimento silenzioso. Il cartografo si riscosse dai suoi pensieri e si avviò verso l’ingresso, dove il principe lo attendeva per una passeggiata prima di pranzo.

<< …Una mappa del regno in scala uno ad uno sarebbe la più più dettagliata mai esistita.>>
<< Ma sì, innovativo, grandioso, regale! Solo mi preoccupa la parte dello- dello srotolamento, se capite cosa intendo.>>
<< Un problema che il reale architetto può risolvere facilmente.>>
Il principe non replicò e riprese a camminare. Con le mani dietro la schiena e i capelli neri mossi dalla brezza fresca avanzava sul pendio verde senza fretta, come se non avesse nessun problema al mondo. E in effetti, si disse il cartografo, che genere di problemi poteva avere un principe, per giunta bello e amato come quello?
Lo seguì su per la collina contando mentalmente i passi fatti, un’abitudine che era più di una deformazione professionale. Misurare le distanze, se necessario misurare anche le vicinanze.
Misurare il passo, avere senso della misura; non era sempre la stessa cosa, del resto? Erano le basi del suo mestiere e della saggezza, cose preziose che lo proteggevano dagli attacchi velenosi dell’imprevisto. Una persona misurata, ecco come gli piaceva apparire. Il che ingigantiva alquanto il problema delle smisurate aspirazioni della sua scienza.
<< Il problema di una mappa così grande è che ci si può perdere dentro, però. Non trovate?>>
Il principe decise di tornare alla carica qualche minuto dopo.
<< Il reale architetto…>>
<< Sì, sì. Ma non capisco a che serve, una mappa uno ad uno. Dicono che voi siate un genio e io ci voglio credere, ma non capisco perché dovete metterci proprio tutto. Mi sembrano troppe informazioni tutte in una volta.>>
<< Non esiste una cosa come “troppe informazioni”. Ci sono solo mappe buone e cattive mappe. La mia sarà una buona mappa. Nessuno vi si perderà. Nessuno si perderà mai più in questo regno.>>**
<< E dov’è il divertimento, allora?>>
Il principe non ebbe risposta; il cartografo si limitò a contare. A contare i suoi passi e il tempo trascorso, che erano cose che gli piacevano. A contare fino a dieci per non esplodere, anche, che era una cosa necessaria, anche se gli piaceva un po’ di meno. La verità era che non aveva ancora una risposta a quelle domande.
<< Eccoci qua.>> Annunciò il principe, e fece un gesto ampio della mano che accompagò con un sorrisetto soddisfatto. La luce del sole giocava con le foglie verdissime di alberi alti, e col grigio dei suoi occhi.
Erano in un bosco, e il cartografo se ne rese conto solo in quel momento.
Come diavolo avevano fatto ad arrivarci senza che se ne accorgesse?
<< Dovevate essere troppo impegnato a contare.>> Lo canzonò il principe.
A ben pensarci era piuttosto strano che lo facesse, perché lui non aveva proprio parlato. Era un po’ come restare a guardare mentre qualcuno gli leggeva nella mente. Inquietante. << E’ un bel bosco.>> Decise allora di fare notare con un gesto del mento, per salvare la conversazione e le apparenze. Era una soluzione di comodo, indegna di un uomo di scienza. Non mentiva, però; era un bel bosco davvero, con gli uccelli che cinguettavano e le foglie secche che scrocchiavano piacevolmente sotto i piedi. Se solo avesse saputo dove si trovassero avrebbe potuto aggiungerlo alla sua mappa, anche solo per avere una scusa per ritornarci, da solo col principe come quella mattina.
<< …Ci saremo anche noi, in quella mappa?>>
Di nuovo il principe. Questa volta il cartografo riuscì a ignorare la strana sensazione che sapesse cosa stava pensando. << Non ci sono persone, nelle mappe.>>
<< Una mappa senza persone non vale niente.>>
<< Non esiste nessuna mappa con le persone.>> Ribattè il cartografo, sempre meno convinto. In effetti doveva essere quello il senso del suo manuale, no? La cartografia umana e tutte le belle idee che un giorno avrebbe voluto mettere in pratica. Non sapeva ancora come, però, e il principe correva troppo.
<< Dovreste inventarla, allora.>>
Il cartografo si sentì la schiena percorsa da una marea insidiosa di disagio. << Dove siamo, principe?>> Sbottò di colpo, tanto per cambiare discorso.
<< Vi siete perso?>>
<< Un geografo non è mai perso. E’ tutto lavoro sul campo. Lavoro sul campo accidentale.>>***
Per un po’ il principe rise di lui con la sua bella risata cristallina, poi si stancò (presto, come al solito; come di tutto) e lo guardò.
Sembrava davvero che gli leggesse l’anima, e tutto questo senza che gli fosse stata prodotta alcuna mappa. Il cartografo ebbe paura. Allo stesso tempo, però, sentì che il disagio di poco prima si trasformava in qualcosa di diverso, più confortevole e infinitamente più grande, sotto il cui peso schiacciante non riusciva a muoversi. Era bloccato e cedevole come un animale in trappola.
Il principe colse quel momento per avvicinarglisi. Molto lentamente gli posò una mano sul collo, quasi con esitazione. Poi lo ripetè. << Ti sei perso?>>
A quel punto il cartografo era francamente confuso; la sensazione l’aveva ben presente, però, ed era quella di mille aghi roventi lungo la gola e nella bocca. Si era perso?
Perdere il senno perdere il filo perdere la bussola.
Perdersi negli occhi di qualcuno. Amare perdutamente.
Tutte le cose che si facevano perdendosi erano eccitanti e potenzialmente pericolose, e il cartografo le aveva sempre evitate come la peste. Non era solo deontologia professionale: ci credeva davvero, era il modo in cui aveva sempre vissuto e la vera radice del suo lavoro di geografo, lo stesso modo in cui trovava le soluzioni delle lunghissime equazioni che riassumevano i suoi rilevamenti, e manteneva la calma anche dibattendosi nella selva di numeri che amava tanto. Ogni tanto c’era quell’ansia, era vero, come se la fine dell’ultima equazione fosse molto lontana e inconsistente, ma in definitiva era sempre stato convinto che non fossero cose a cui dare troppo peso.
Ad ogni modo, tutto questo era prima che il principe gli spostasse la mano dal collo alla guancia, e lo guardasse per un tempo interminabile prima di decidersi a baciarlo piano, senza che lui osasse o pensasse anche minimamente di osare opporre resistenza. Quel momento cambiò tutto, per il cartografo, ma forse, in fin dei conti, era qualcosa che aveva sempre avuto dentro, come un rumore di fondo o una malattia ereditata. Se così non fosse stato gli ci sarebbe voluto molto più tempo per ammettere quello che ammise una volta che si fu scostato un po’ dal principe.
<< Credo- credo di essere un po’ perso, sì.>> Gli si arrese sulle labbra con un trionfo che non credeva avrebbe provato. Fu sempre sulle labbra che il principe gli sorrise.
<< Immagino che ti ci voglia una mappa.>>
A quel punto il cartografo aveva rinunciato a capirci qualcosa, ma tentò ugualmente un flebile << Pensavo fossero inutili.>>
<< E’ una mappa diversa, infatti: chissà che tu non ti ci possa ritrovare. In questa le persone ci sono, sai? E ci sono anch’io.>>
Il principe parlò dolcemente, si frugò nella tasca interna del mantello e ne estrasse un foglio di pergamena elaboratamente ripiegato. Non era una mappa comune, e certamente era diversa da tutte quelle che il cartografo avrebbe mai potutto progettare, in quella vita. Si apriva soltanto con parole segrete, ma loro le conoscevano tutte e si schiuse quasi subito; quando il cartografo trovò il suo nome tutto svanì in una nebbia leggerissima e l’ultima cosa che vide prima che il mondo attorno a lui divenisse nero fu il lampo degli occhi grigi del suo principe.
Trovami.

Remus Lupin si svegliò con un sussulto.
Gli ci volle un po’ per capire dove si trovava; gli doleva parecchio la testa. Probabilmente perché aveva dormito riverso sulla scrivania tutto quel tempo.
Era stato un gesto incredibilmente irresponsabile da parte sua. Si era prefisso il compito di cercare sulla mappa del malandrino i punti mobili di Harry, Ron e Hermione; era certo che ne avrebbero combinata una delle loro, forse avrebbero pensato di salvare quell’Ippogrifo. Doveva essersi addormentato senza neppure accorgersene, e adesso magari era troppo tardi ed erano già stati espulsi. Gli venne la nausea al pensiero di dover fare i conti con un senso di colpa simile, e si passò una mano fredda sulla fronte chiedendosi quanto tempo avesse dormito, trattenendo i brividi di freddo che annunciavano il completo risveglio. Fuori dalla finestra il crepuscolo stendeva il suo mantello rossastro sulla Foresta Proibita; presto sarebbe stata sera, ma per il momento voleva soltanto dire che non era passato troppo tempo e c’era ancora speranza. La luce non era troppo cambiata dall’ultima volta che aveva guardato fuori dalla finestra.
L’idea di guardare l’ora gli balzò in mente come un pensiero collaterale poco dopo, e maledicendosi per ogni secondo che passava guardò la pendola quasi ferocemente. Lei non sembrò scomporsi troppo, e col sorriso beffardo delle lancette gli indicò un’ora improbabile: erano passati soltanto tre minuti da quando l’aveva guardata l’ultima volta.
Sembrava molto più tempo- era convinto di avere dormito un’eternità, e invece erano solo tre minuti, una dormita brevissima che gli aveva lasciato la sensazione torpida di un sogno molto strano. Ci avrebbe ripensato più tardi, però, così si disse: adesso era ora che si desse una mossa e ricominciasse a cercare Harry e i suoi amici.
L’ultima volta che aveva visto i loro nomi sulla mappa stavano uscendo di gran corsa dalla capanna di Hagrid; non potevano essersi allontanati troppo, però. Insomma, quanto potevano essere veloci dei ragazzini?  
Accese una candela con la punta della bacchetta e stese per bene la mappa: il contatto con la pergamena ruvida gli fece riaffiorare in fondo alla mente il ricordo molto vago di un’altra mappa, ma non lasciò che quella sensazione si impadronisse di lui ( non lo fece mai più, e quel ricordo andò perduto come una cosa rotta).
Si concentrò sul percorso probabile dei ragazzi, e quando finalmente li vide, beh, quello che vide superò di così tanto le sue aspettative che per la prima volta in molti anni Remus Lupin non solo vacillò, ma, e questo era molto più grave, si sentì pericolosamente vicino al crollo totale.
Nei campi aperti vicino al castello di Hogwarts si muovevano quattro punti. C’era Harry, ovviamente, e c’era anche Hermione. Ron era con loro, e c’era Peter Minus.
Verso di loro si muoveva in fretta il cartiglio col nome di Sirius Black.


* Everything is related to everything else, but near things are more related than distant things -Waldo Tobler, prima legge della geografia.
**  Rielaborata spudoratamente da: There is no such thing as information overload, only bad design -Edward Tufte.
*** La citazione originale è meglio ed è questa: Geographers never get lost. They just do accidental fieldwork -Nicholas Chrisman.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Pudentilla Mc Moany