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Autore: loonaty    22/07/2011    1 recensioni
"Eleanor Lizbeth Desdemona Engels.
Diciassette anni.
Italo – germanica, giapponese.
Orfana.
[...]
Si dice che il tre sia il numero perfetto, è composto da tre cifre ognuna delle quali è identica all’altra. Noi tre non eravamo identici, ma ci compensavano a creare il perfetto equilibrio. Ora, da sola sulla bilancia, credo proprio che questo equilibrio si sia spezzato. Ho bisogno di qualcuno che posi un dito sull’altro piatto prima che precipiti nel regno degli inferi. "
Genere: Commedia, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Tamaki Suoh, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

Come una giornata perfetta può trasformarsi nell'inizio di una tragedia.



Seduta sulla poltroncina vellutata mi lisciai le pieghe della gonna color sole chiedendomi che senso avesse essere una nordica occidentale senza un minimo di biondo nei capelli o di azzurro nelle iridi. Forse il DNA di una madre italiana incideva negativamente sui desideri  di qualunque ragazza di apparire splendidamente Barbie.
Problemi di estetica a parte, io, Eleanor Lizbeth Desdemona Engel , ero più che propensa a godermi quel viaggio di sola andata per il Giappone con un sorriso stampato sulle labbra e nessuno mi avrebbe impedito di godermi il volo.
Nessuno a parte il mio dannato cellulare che squillava sempre nei momenti meno propizi. Il mio vicino mi fulminò con lo sguardo, ma io lo ignorai roteando gli occhi. Risposi alla chiamata. Di certo l’aereo non sarebbe precipitato per un’innocente telefonata!
- Moshi moshi – Schioccai le labbra rispondendo in quella che, da lì a poco, sarebbe diventata la mia lingua.
- Desdemona?-  Immondo essere … Il mio tutore.  Cosa voleva adesso? Mi aveva telefonato al chek  in per dirmi che i miei genitori avrebbero tardato a raggiungermi, mi aveva chiamata mentre depositavo i bagagli, mentre salivo sull’aereo,  persino mentre l’aereo partiva!
-Miss, non salga sull’aereo, la verrò a prendere personalmente, sarò lì tra dieci minuti. -  Ma scherzava?
-  Alberich, non so come darti questa tremenda notizia, ma vedi, l’aereo è in volo ormai da un’ora buona … -
Silenzio dall’altra parte del telefono.
- Alberich?- Cominciai a preoccuparmi. –E’ successo qualcosa?-
-Si tratta dei suoi genitori mein frau* … - Ho sempre odiato le mie origini tedesche, è qualcosa che non mi è mai andato a genio eppure tutti continuavano a ricordarmelo, come a prendermi in giro. Comunque ora avevo qualcosa di più importante di cui preoccuparmi.
-Di che si tratta Alberich?-
-Hanno avuto un incidente- La mia bocca rimase aperta, a metà di un’esclamazione, i capelli che si appiccicavano al lucidalabbra costoso. Non pensai di aver capito bene.
-Cosa?- Domandai ostentando una tranquillità che non mi apparteneva.
-I suoi genitori mein frau. – Ripeté lui diligentemente. Solo un pizzico di agitazione, presumibilmente falsa, nelle sue parole. –Hanno avuto un incidente. Si pensa che non ce la faranno-
 
 
Eleanor Lizbeth Desdemona Engels.
Diciassette anni.
Italo – germanica, giapponese.
Orfana.
 
 
Eppure non ero mai stata molto propensa alle calamità naturali. Certo, ero nata in anticipo di quasi una settimana, il venerdì diciassette di un piovoso giorno di primavera. Non avevo mai brillato a scuola, ma non per mancanza di intelligenza, casomai per la voglia di studiare pari a quella di un pinguino di visitare il Madagascar e non parliamo dei pinguini esperti di arti marziali dei film d’animazione della Dreamworks.
Ero l’unica figlia in una famiglia di prodigi. Mia madre, famosa artista etnica torinese, era esperta in “schizzi di pittura gettati a caso sulla tela”. Un’arte che molti critici definivano sublime e che mi lasciava sempre basita. Non che non trovassi … Oddio, interessanti le sue opere, più che altro non riuscivo ad immaginarmi qualcuno ad appendere nel suo salotto un dipinto intitolato “Fauno e Driadi” in cui delle chiazze di colore intrecciate e decorate con tratti di pennino parevano prostrarsi l’una davanti all’altra.
Mio padre, neanche a farlo apposta, era un uomo dalla mentalità squadrata e poco incline ai vaneggiamenti sui colori che quella santa donna aveva fin di prima mattina. Potente ereditiere, possedeva più di una ditta d’informatica ed aveva un’insana passione per le armi, i videogiochi violenti, i cartoni animati, Terry Brooks e gli scacchi. Ah, certo, mio padre è sempre stato innamorato di me, ciò spiega in un certo senso perché vada in giro con un paio di Colt nella borsetta invece della classica trousse per  rifarmi il trucco.
Come dicevo, non ero mai stata una persona davvero sfortunata, anzi, la mia vita cominciava realmente a splendere.  Forse proprio per questo la limousine dei miei genitori esplose dopo un testa coda con un camion a rimorchio. Forse non è giusto che ci siano persone troppo felici.
Per me che credo nel destino fu un continuo arrovellarmi le meningi per capire cosa avevo fatto di sbagliato.
Giunsi infine alla brillante conclusione che non mi importava. Avrei continuato la mia vita. Non sarei tornata in Italia, né tantomeno in Germania. Avrei coronato il mio sogno in Giappone, nella scuola in cui mio padre mi aveva iscritta. Avrei vissuto nella nostra villa, regalata a mia madre da un suo caro amico per non so quale compleanno. Sì, era normale per noi ricevere in regalo ville, spiagge, inviti a feste galattiche o spicchi di cielo da sorvolare col nostro jet privato.
Sì, avevamo un jet privato.
Ora ce l’ho solo io.
Si dice che il tre sia il numero perfetto, è composto da tre cifre ognuna delle quali è identica all’altra. Noi tre non eravamo identici, ma ci compensavano a creare il perfetto equilibrio. Ora, da sola sulla bilancia, credo proprio che questo equilibrio si sia spezzato. Ho bisogno di qualcuno che posi un dito sull’altro piatto prima che precipiti nel regno degli inferi. **
 
 
 
Note:
*mein frau: My lady in tedesco.
**Trattsi di una leggenda egiziana che parla di Osiride, il dio dei morti, che pesava il cuore delle persone defunte poggiandolo su un piatto della bilancia e compensandolo con una piuma, se il cuore era più leggero della piuma questi andava in “paradiso” Se il piatto scendeva invece finiva giù negli inferi.
Si dice anche che Anubi, stanco di ricevere nel suo regno oscuro così tante anime cha magari avevano commesso solo pochi peccati, posasse furbamente un dito sul piatto che conteneva la piuma facendo risultare il cuore assai più leggero.
   
 
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