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Autore: Fenrir Greyback    22/07/2011    1 recensioni
Anno 2012. Italia.
Un regime dittatoriale ha colpito la Nazione proprio quando tutto stava per andare bene. L'umore della gente è sotto zero, così come la loro fiducia e sarà un gruppo di ragazzini a dare il coraggio.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ribellione
Non è mai troppo presto per crescere.
Capitolo 1
Scuola.

Sentivo il ticchettio dell'orologio. Mi perforava i timpani e il cuore, perché mancavano ancora venti minuti alla fine di quella tortura. Era l'ennesima, noiosissima, lezione di Storia. La professoressa era solita farci leggere in silenzio e successivamente ci assegnava quanto eseguito. Fin quì tutto bene. Il problema reale stava nel fatto che, tuttattavia, quella, storia, non era. Erano fatti contemporanei raccontati con estrema falsità in cui i cattivi erano gli uomini rossi. Lo erano sempre e noi dovevamo imparare a riconoscerli per difenderci. Era per il nostro bene. Stronzate.
-Oh.. André.. Andrea..- scossi il mio compagno di banco, intento a fissare con disgusto le parole stampate.
Esatto. Come me. anche lui e tanti altri non credevano a quelle bugie. Sapevamo che la verità era un'altra e non volevano raccontarcela. Era una continua lotta al potere, ormai.
-Che schifo- mormorò, facendo una smorfia -Ma a chi vogliono darla a bere!-.
-Non lo so- dissi sconsolata -Davvero non lo so-.
-Signori, se avete finito di parlare- ci interruppe la professoressa alzando gli occhi dal suo tomo blu -Continuae la lettura, o altrimenti dovrò punirvi-.
Il suo nome era Margaret. Margaret Rossi. Aveva i capelli biondi, quasi argentati, gli occhi azzurri e un volto gentile. Poteva avere si e no trent'anni, non di più. Eppure la odiavo. La odiavo perchè neanche lei ci diceva la verità. Era solo una sottomessa e basta. Stupida, stupida. Avrei davvero voluto alzarmi e dirle che qualcosa doveva cambiare, che il Paese in cui vivevamo non era più lo stesso, che non mi andava di vivere così. Ma non ebbi mai il coraggio, fino a quel momento. Mi alzai presi un bel respiro e la guardai.
-Si sieda- mi ordinò con un tono che, se da un lato era gentile, dall'altro non esigeva obiezioni -Adesso-.
-No- la guardai con un misto di sfida, mentre i miei compagni iniziarono ad alzare la testa e osservare la scena con attenzione.
-Non voglio ripeterlo, si sieda-.
-No. Lei adesso mi ascolta e dopo può anche cacciarmi da qui. Non importa. Questa non è verità. Questi uomini rossi non sono dei diavoli venuti a rubarci l'amore di Dio nostro Signore- esordii citando a memoria il libro -Nè tanto meno quell'uomo osannato ovunque è un profeta-.
-Ma cosa dice signorina?!- era pallida, aveva paura delle mie parole e lo sapevo, distolse lo sguardo -Il nostro Salvatore è unico e buono e quei diavoli sono rossi e perfidi!-.
-La smetta!- urlò Andrea, alzandosi e stringendo i pugni -Non è vero!-.
Oramai la donna aveva gli occhi velati di lacrime. Quando parlò, stava tremando.
-C-credete che io no-non l-lo sa-sa-sappia?!- mormorò, la voce ridotta ad un sussurro -Cosa devo fare? Hanno mi-mi-minacciato la mi-mia famiglia!-.
-Professoressa- Anthony, si alzò -Ma questo servirà a cambiare tutto! Se iniziamo a ribellarci..-.
Non riuscì a terminare la frase. Un uomo, vestito di grigio, con la pelle chiara e l'espressione da duro entrò in classe. Era la pattuglia dei corridoi della scuola. Vi era in ogni istituto superiore ed università. Avevano l'idea che noi, più consapevoli, ci potessimo ribellare. Almeno una cosa l'avevano capita. Una sola, però.
-Tu- mi indicò -Assieme a quei due,seguitemi-.
Aveva in mano un fucile a pompa. Alla cintura era legato un manganello, una pistola e dei fumogeni. Sembrava dovesse partire per una guerra che non c'era.
Uscimmo, deglutendo. Sapevo cosa ci avrebbero fatto. Picchiato, nella migliore delle ipotesi. Era tutto molto surreale, dovevo ammetterlo. Io non ero mai stata molto coraggiosa. Prima che tutto cambiasse ero una fifona, una che si lasciava mettere i piedi in testa. Invece, da un giorno all'altro, tutto era cambiato. La dittatura era stata instaurata da un momento all'altro e noi non eravamo più ragazzini. Eravamo diventati adulti. Io e i miei compagni, miei coetanei, avevamo iniziato a riunirci. Usavamo la scusa dei compiti per stare insieme, ma in realtà avevamo organizzato una vera rivolta.
-Allora- ci disse l'uomo, con fare sprezzante -Avete pensato, parlato e vissuto troppo per i miei gusti-.
Deglutii rumorosamente. Sentivo, al mio fianco, i respiri dei miei compagni farsi affannati. Sarebbero svenuti da un momento all'altro. Ne ero sicura.
-È un avvertimento, questo- continuò la guardia, abbassando il fucile -Alla prossima, verrete puniti e mi sembra che i vostri genitori lavorino per lo Stato, non è così?-.
Tenni testa al suo cipiglio sprezzante. Quella non era democrazia, quello non era Stato. Quello era un Regno orribile.
Ci spinse in classe con forza e non ebbi tempo di fare nient'altro che suonò la campana. Tre trilli. Era il momento dell'addestramento. In palestra.
Era quasi finita un'altra giornata schifosa. Ma eravamo vivi e questo bastava.

  
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