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Autore: braver than nana    23/07/2011    4 recensioni
{Raccolta di storie ispirate alla canzone Fuckin' Perfect di P!nk}
01 - Mattina (Neff)
02 - Pomeriggio (Flichard)
Erano bastati alcuni sguardi, poche carezze e si era trovati, come se per anni avessero vagato nel buio, incontrandosi senza mai vedersi veramente e alla fine avessero trovato la luce. Ed era sempre stata a portata di mano ma tra di loro c'era Jeff e c'erano i Warblers e tutto il resto della scuola. Sembrava che tutti fossero decisi a rimanere saldi nelle loro posizioni, pronti ad attaccare per difendere i loro piedistalli, a impegnarsi per tenerli separati.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Kurt Hummel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Made a wrong turn
Once or twice
Dug my way out
Blood and fire

01 - Mattina.
Mistreated, misplaced, missundaztood
Miss “no way it’s all good”
It didn’t slow me down
Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Look, I’m still around

La sveglia era suonata da poco, aveva ancora il tintinnio scalpitante di quell'aggeggio infernale piantato nel cervello ma, al contrario di quanto si possa immaginare, era tranquillo, in pace con il mondo. Aveva aperto gli occhi, sentito il piccolo grugnito del suo compagno di stanza venire dal suo letto, ed era rimasto steso tra le coperte, attorcigliate attorno alle sue gambe, con gli occhi chiusi e le braccia spalancate come nell'attesa di un abbraccio. Sorrise al soffitto bianco macchiato da qualche ombra dell'umidità dell'Ohio e sospirò alzando un polso per assicurarsi dell'orario. Erano le sei e trentasei minuti, aveva ancora tempo prima della prima lezione di quel giorno anche se presto avrebbe dovuto cercare di tirare giù dal letto quel pigrone di Jeff.
Girò il volto verso il suo amico, con il viso piantato nei cuscini e un'espressione corrucciata. Non stava dormendo, il rumore lo aveva svegliato esattamente come aveva fatto con lui ma stava cercando di riposare ancora, di ricadere nel mondo dei sogni dal quale era stato prepotentemente strappato solo qualche minuto prima. Era sempre la stessa routine e questo, a Nick, andava benissimo.
La vita alla Dalton gli piaceva, i professori forse erano un po' troppo esigenti e il carico di compiti che gli assegnavano era decisamente pesante ma comparando tutto quello alla sensazione di avere tante belle persone attorno, alle amicizie che si era fatto, la stanchezza scompariva anche se non era stato sempre così.  Ma quando quel ragazzo era entrato nella sua vita qualcosa era nettamente cambiato.
Era arrivato lì a quattordici anni sentendosi un alieno, lontano da casa, lontano dalla rassicurante quotidianità, sbattuto in un dormitorio insieme ad altre centinaia di persone ed era stato tragico. Il primo giorno ancora se lo ricordava ancora, perfettamente vivido nella sua memoria, con una valigia in una mano e tante lacrime trattenute negli occhi. Gli avevano piantato un paio di divise pulite in una mano e le chiavi della sua stanza nell'altra e gli avevano detto di sistemarsi velocemente per poi ritrovarsi nell'Auditorium per una prima assemblea, come succedeva tutti gli anni. La sala, vista dalla sua statura, era gigantesca e colma fino all'orlo di persone sconosciute che sembravano fissarlo e giudicarlo, di adulti dall'aria imponente e ragazzi con sorrisi inquietanti. Ed aveva solo quattordici anni, e si sentiva infinitamente piccolo immerso in quella maestosità.
Si ricordava il discorso del preside che con la sua voce possente aveva parlato delle responsabilità, dei compiti, degli oneri e degli onori di studiare in una scuola importante e prestigiosa come la Dalton Accademy, aveva elencato alcune delle regole del dormitorio e aveva presentato la prima, grande esibizione del Glee della scuola. Accolti come delle celebrità avevano cantato una canzone bellissima che per qualche istante gli aveva fatto dimenticare di tutta la tensione ma quando, dopo i dovuti applausi da stadio e gli inchini, i ragazzi in divisa blu e rossa erano scomparsi dietro le tende del palco si era ritrovato catapultato di nuovo nella realtà. Ricordava di aver tremato quando tutta la scuola si era alzata, dirigendosi verso l'uscita, di essersi sentito come traspostato da una forte corrente, incontrastabile e feroce, terrorizzato dall'idea di rimanerne schiacciato e maltrattato.
Quella scuola era grande, era imponente e lui aveva solo quattordici anni. E sembrava che il mondo si stesse chiudendo le sue porte, lasciandolo lontano e estraneo, incurante del suo bisogno di essere capito. Però lui aveva iniziato a correre, e i giorni erano passati, e aveva fatto degli sbagli, aveva tentato ed era inevitabilmente arrivato secondo, ma non si era arreso. Aveva stretto i denti, aveva studiato come un pazzo cercando di farsi notare e alla fine, un giorno di Gennaio aveva incontrato lui.
Alto e con un'aria svampita era in piedi sulle scale con vicino una grossa valigia, con un paio di divise pulite in una mano e le chiavi della sua stanza nell'altra. L'espressione stranita, intimorita dalla possenza dell'ingresso della scuola, ma felice. Avevano riso dal primo istante, quando si erano ritrovati stesi sul pavimento per colpa dei suoi compagni di classe che avevano deciso di divertirsi a loro modo e quando gli aveva aperto la porta della stanza che avrebbero condiviso tutto era diventato perfetto.
Si alzò dal letto, cercando di districare il nodo di coperte in cui si ritrovava ogni mattina, e si avvicinò a quello di Jeff che dormicchiava tranquillo. Chissà se si era mai accorto di quanto la sua vita era migliorata dal suo arrivo, di come avesse scombinato la sua vita rigirandosela su di un dito per poi sistemarla nel verso giusto. Si accovacciò all'altezza del suo viso e con lentezza misurata si avvicinò, posando un bacio sulle sue labbra.
«Sveglia, pelandrone.» aveva sussurrato e il biondo aveva aperto un'occhio. Gli aveva sorriso con solo un angolo della bocca e dopo aver mugugnato qualcosa nella sua strana lingua mattutina si era sporto un po' per catturare un altro bacio del buongiorno. Nick lo aveva accontentato e poi si era alzato per il suo turno in bagno, mentre prendeva lo spazzolino da dentro il suo contenitore si era guardato allo specchio e aveva visto il suo viso decorato da un sorriso felice, lo stesso che aveva dal giorno in cui aveva conosciuto Jeff.
Da quel giorno era tutto assolutamente, fottutamente perfetto.

Fine.

Non riesco a togliermi dalla testa questa canzone, Fucking Perfect di P!nk e quindi ho deciso di scriverci questa storia, che verrà seguita da altre due in una piccola raccolta. Divise in mattina, pomeriggio e sera/notte -devo ancora decidere- la prossima sarà dedicata alla Flichard, per il mio amore D, e l'ultima sarà una Hummerwood, per Jess. Questa, che ovviamente una Neff, è dedicata a Lisa e Gaia. Ogni fic avrà come base una strofa della canzone e ognuna sarà fottutamente perfetta. Ok, sulla perfezione non ci contate ma io mi ci impegno, ok? Questa mi è uscita strana, non so perché ma mi piace. Un piccolo Nick di quattordici anni mi mette tanta tenerezza e loro due appena svegliati sono un amore.
Vista l'ora assurda a cui posto sempre, vi dò la buonanotte. Domani sera o lunedì mattina la Flichard.
Un bacio, Nacchan.

P.S. il titolo, non c'entra nulla con le storie, ma mi piaceva troppo.
   
 
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